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Parla il cuore Parole d’amore
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Parla il cuore Parole d’amore
E-book408 pagine1 ora

Parla il cuore Parole d’amore

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Info su questo ebook

«Bruna è poetessa naturalmente, dai tempi della scuola. La vita l’ha resa esperta del dolore, della mancanza d’amore che c’è tra gli uomini. Da questo nasce in lei un tormento, un attorcigliamento della coscienza che stilla sangue. Il dolore di vivere, di essere caduta, angelo dal cielo, in mezzo ad un mondo di disamore, ad un deserto. Piangere serve, fa bene, libera l’anima e la purifica da miasmi; scrivere è anche segno di immensa fiducia per gli uomini, perché leggendo (e ci si augura siano molti i sensibili lettori), essi diventano migliori, e si ravvedono. Il poeta è un angelo, gli uomini un po’ meno; Bruna tende il suo arco tra questi due poli, tra sé e gli altri, e cerca di colmare la distanza con le parole. Meglio, con le immagini.» 
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2017
ISBN9788856781717
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    Anteprima del libro

    Parla il cuore Parole d’amore - Bruna Filomena Cipriani

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8171-7

    I edizione elettronica febbraio 2017

    PREFAZIONE

    « Nemmeno le parole scritte

    descriverebbero

    tutto ciò che è

    nel cuore

    rimarrà per sempre»

    L’universo comunicativo di ogni autore – che sia prettamente poetico o narrativo poco importa – è capace di emerge dalle pagine ricoperte di inchiostro nei modi più disparati, rispondendo a necessità ben precise, a volte di difficile decifrazione, spesso capaci di colpire direttamente il lettore per la loro immediatezza, arrivando per quest’ultimo ad una quasi totale identificazione emotiva con chi scrive.

    Sono stata

    scaraventata

    incosciente

    in questa vita

    per svegliarmi cosciente

    nel fuoco

    delle tribolazioni

    sono stata dimenticata...

    (Svegliarsi nella vita)

    È questa una riflessione che nasce spontanea dopo aver letto l’opera di Filomena Bruna Cipriani Parla il cuore. Parole d’amore. Ci troviamo di fronte, infatti, un percorso che si è dispiegato nel corso degli anni in cui l’autrice, realizzando quello che potremo definire un diario poetico, ha parlato dei suoi moti d’animo con una grazia e una sensibilità diventate doti molto rare oggi.

    Scorre

    scorre l’acqua del fiume

    scorre come i nostri giorni

    veloce

    eppure piano.

    Così scorrono

    i nostri giorni

    volano via

    quello che ci rimane

    dentro

    è l’essenza dei nostri giorni.

    [...]

    (L’essenza di ciò che siamo)

    Nella corposa raccolta si avvicendano componimenti dal taglio essenziale, con un verso chiaro, netto, quasi del tutto libero da punteggiatura ma che fortemente gioca sulla concatenazione ritmica delle parole che si accavallano spesso in versi disgiunti, con il ripetersi di segmenti chiave che rende la lettura molto connotata musicalmente.

    [...]

    ed io ho sensazioni strane...

    mi sento di far parte

    dell’infinito

    mi sento di far parte

    di qualcosa...

    che non so definire

    e sento che la vita

    non è quella vissuta

    [...]

    (Sensazione...)

    Non manca la volontà da parte dell’autrice di farsi portatrice di un pensiero libero, condivisibile o meno, che sia voce di quelle situazioni al limite che sempre più si diffondono nella nostra quotidianità. Con un forte impatto, è un aprire gli occhi, non restare in silenzio e a capo chino di fronte ad emergenze e sofferenze che devono scuotere gli animi, che non possono continuare a essere ignorate.

    In questo c’è un profondo senso di umanità e condivisione, una fratellanza che va oltre il legame di sangue ma che abbraccia ogni persona: è la consapevolezza che esiste un senso del tutto unico, che non può passare sotto silenzio.

    A questo, però, si unisce anche un profondo senso di solitudine – l’uomo è comunque interiormente sempre solo con se stesso in questa vita – una mancanza che è prima di tutto assenza emotiva, che quasi arriva a lambire le sponde di quella spirituale. Da qui la difficoltà per la parola di esistere come segno comunicativo, come se non esistessero parole a volte per esprimersi veramente.

    [...]

    qualcosa...

    che non riesco a definire

    qualcosa di illogico

    e irreale

    è quello che mi fa

    stare male

    è la sensazione...

    che il silenzio parli

    parli

    parli più delle parole

    ed io ancora non so

    il linguaggio del silenzio

    mi sento...

    mi sento un bambino

    appena nato.

    (Sensazione...)

    Ciononostante, l’autrice non smette mai di affermarsi e affermare la vita, di dire io ci provo, non mi arrendo, e la sua poesia diventa questo: una testimonianza viva di sé che con forza – ma anche con tenerezza e dolce, quando per esempio parla della maternità – non smette mai di essere un momento di speranza anche per gli altri.

    Pamela Michelis

    Presentazione

    Bruna ha paura di non essere poetessa.

    La paura, si sa, uccide, abbatte; segno di poca fede (ricordate l’episodio di Gesù sulla barca nel lago di Tiberiade?).

    Se fossi (come dice Montale) un critico laureato, scriverei cose, come dire, intelligenti su Bruna; come ad esempio che la sua scrittura nasce da una chiara nevrosi e che si depura, si decanta in una tramatura dolce, morbida, fatta di a capo frequentissimi, in spregio al verso lungo di whitmaniana memoria.

    Il duello (vera e propria lacerazione) tra Whitman e Pound, con l’istanza democratica del primo e la fissazione calligrafica del secondo. Tra questi due (grandi) Maestri, dove porre Bruna? Parlare di lei come una mistica del verso, o di una (apparente) naif? Vedere in lei il buon selvaggio della lirica, che mette in versi tutto quello che sente (e Bruna molto sente, moltissimo, specie sotto il profilo morale) oppure la semplice maestra di una umanità nuova (rinnovata) dall’Amore? Perché poi chi è senza cultura (accademica) dovrebbe valere meno ed essere meno valido di chi è nato poeta? Perché (e anche qui, come altrove, i romantici vedevano bene) poeta nascitur, così come si nasce piccoli o grandi (di statura), biondi o bruni, magri o grassi. Perché il peccato (primo, e capitale) che c’è, ed è imperdonabile (tale che anche il Signore farà fatica a perdonare), è la menzogna, il bluffare, l’insincerità, la malafede, il dolo, la scaltrezza, il fingere.

    Non si finge, nel regno dell’arte, perché chi lo fa (e ci sono molti che lo fanno e l’hanno fatto, vedi la gran parte di D’Annunzio, che d’altronde era un artista notevole, anzi, più che notevole) è il primo (e grande) corruttore, e a lui vada (sia destinata) la gogna del pubblico disprezzo.

    La sincerità in Bruna è al limite dell’estroflessione, dello scorticamento di sé e delle proprie emozioni; la questione morale (si diceva così una volta, al tempo de La Voce) è di tale intensità che porta la nostra amica a un tale diapason di sofferenza (compassione) che i versi non riescono (quasi) più a contenere l’onda di piena emotiva.

    Si scrive per vivere, per non morire (lo dice pure Mann che, quanto a sensibilità poetica, non era di certo un campione); l’uccellino, scrive Marx nel primo libro de Il Capitale, canta e gorgheggia naturalmente, senza scopo (senza interesse diremmo) perché tale è la sua natura. La natura (la vocazione) di Bruna è l’amore che poi ha preso (di necessità, ecco il punto) la piega del verso, del versificare, della poesia (della buona poesia tra Whitman e Pound), dell’accorata implorazione mistica e del nudo mostrarsi al mondo (dei lettori).

    Precedenti letterari non ne vedo; segno che la voce Bruna e autentica, sua, precisamente personale. Nessuno di noi deve (dovrebbe) assomigliare ad altri, perché non ci sono due fili d’erba che siano uguali.

    Bruna è poetessa naturalmente, dai tempi della scuola. La vita l’ha resa esperta del dolore, della mancanza d’amore che c’è tra gli uomini. Da questo nasce in lei un tormento, un attorcigliamento della coscienza che stilla sangue. Il dolore di vivere, di essere caduta, angelo dal cielo, in mezzo ad un mondo di disamore, ad un deserto.

    Piangere serve, fa bene, libera l’anima e la purifica da miasmi; scrivere è anche segno di immensa fiducia per gli uomini, perché leggendo (e ci si augura siano molti i sensibili lettori), essi diventano migliori, e si ravvedono.

    Il poeta è un angelo, gli uomini un po’ meno; Bruna tende il suo arco tra questi due poli, tra sé e gli altri, e cerca di colmare la distanza con le parole. Meglio, con le immagini. Perché le immagini fanno (sono) il succo della poesia. Le immagini di Bruna sono pulite e nitide, come un mattino di primavera (o com’era il primo mattino del Mondo).

    Con affetto

    Orio Rossetti

    Fiorirà il deserto...

    Dedico questo mio primo libro di poesie a mio marito,

    a tutti i miei familiari ed amici,

    ai miei figli e nipoti:

    Cristiano, Eliana, Andrea, Jessica,

    Veronica, Jamal, Ivana, Isabella.

    PRIMA ISPIRAZIONE

    Sensazione...

    Che strana la vita...

    o forse sono io che

    provo cose strane.

    Un cielo terso

    pieno di stelle

    una luna che risplende

    sulla terra

    che illumina le strade

    che illumina le case.

    Un’aria d’autunno

    un po’ frizzante

    i muri bianchi delle case...

    ed io ho sensazioni strane...

    mi sento di far parte

    dell’infinito

    mi sento di far parte

    di qualcosa...

    che non so definire

    e sento che la vita

    non è quella vissuta.

    Mi sembra...

    di captare qualcosa...

    qualcosa...

    che non riesco a definire

    qualcosa di illogico

    e irreale

    è quello che mi fa

    stare male

    è la sensazione...

    che il silenzio parli

    parli

    parli più delle parole

    ed io ancora non so

    il linguaggio del silenzio

    mi sento...

    mi sento un bambino

    appena nato.

    (5 ottobre 1970)

    Paese del sud

    Paese del sud

    eterna miseria

    oggi è un giorno di festa

    per i tuoi figli.

    Han giocato i bambini

    per le vie arroccate

    si son fermati nelle piazze

    i tuoi vecchi

    i tuoi vecchi a parlare

    a parlare dell’antica miseria

    di figli partiti

    per paesi lontani

    le donne sulla porta di casa

    nei neri vestiti

    e poi nella chiesa a pregare.

    Ormai è scesa la notte

    i bambini i vecchi e le donne

    accanto al fuoco.

    Un boato squarcia la terra

    tremano le case

    fatte di pietra

    grida di dolore

    preghiere al Signore

    urla dei tuoi figli

    atterriti e sgomenti

    tutto si fa scuro

    i tetti

    sul fuoco acceso

    sono caduti

    bambini morti

    sotto ai detriti

    negli occhi il terrore

    di chi muore

    i vivi si abbracciano ai morti

    pulsa ancora la vita

    sotto le pietre cadute

    latrati di cani

    le madri chiamano i figli

    che mai più risponderanno

    anime si innalzano nel cielo

    vedono i loro corpi

    ormai morti

    vedono i pianti

    di chi è rimasto.

    Eterna miseria

    di un paese del sud

    eterna tragedia

    non possono volare

    da troppo dolore

    paese del sud

    eterna miseria.

    (8 novembre 1994)

    Ai potenti della Terra

    A voi uomini

    a voi donne

    di questa generazione

    all’alba del Duemila

    a voi che sedete

    su troni

    vi erigete giudici

    di uomini

    a voi che possedete

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