Parla il cuore Parole d’amore
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Anteprima del libro
Parla il cuore Parole d’amore - Bruna Filomena Cipriani
Albatros
Nuove Voci
Ebook
© 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma
www.gruppoalbatrosilfilo.it
ISBN 978-88-567-8171-7
I edizione elettronica febbraio 2017
PREFAZIONE
« Nemmeno le parole scritte
descriverebbero
tutto ciò che è
nel cuore
rimarrà per sempre»
L’universo comunicativo di ogni autore – che sia prettamente poetico o narrativo poco importa – è capace di emerge dalle pagine ricoperte di inchiostro nei modi più disparati, rispondendo a necessità ben precise, a volte di difficile decifrazione, spesso capaci di colpire direttamente il lettore per la loro immediatezza, arrivando per quest’ultimo ad una quasi totale identificazione emotiva con chi scrive.
Sono stata
scaraventata
incosciente
in questa vita
per svegliarmi cosciente
nel fuoco
delle tribolazioni
sono stata dimenticata...
(Svegliarsi nella vita)
È questa una riflessione che nasce spontanea dopo aver letto l’opera di Filomena Bruna Cipriani Parla il cuore. Parole d’amore. Ci troviamo di fronte, infatti, un percorso che si è dispiegato nel corso degli anni in cui l’autrice, realizzando quello che potremo definire un diario poetico
, ha parlato dei suoi moti d’animo
con una grazia e una sensibilità diventate doti molto rare oggi.
Scorre
scorre l’acqua del fiume
scorre come i nostri giorni
veloce
eppure piano.
Così scorrono
i nostri giorni
volano via
quello che ci rimane
dentro
è l’essenza dei nostri giorni.
[...]
(L’essenza di ciò che siamo)
Nella corposa raccolta si avvicendano componimenti dal taglio essenziale, con un verso chiaro, netto, quasi del tutto libero da punteggiatura ma che fortemente gioca sulla concatenazione ritmica delle parole che si accavallano spesso in versi disgiunti, con il ripetersi di segmenti chiave che rende la lettura molto connotata musicalmente.
[...]
ed io ho sensazioni strane...
mi sento di far parte
dell’infinito
mi sento di far parte
di qualcosa...
che non so definire
e sento che la vita
non è quella vissuta
[...]
(Sensazione...)
Non manca la volontà da parte dell’autrice di farsi portatrice di un pensiero libero, condivisibile o meno, che sia voce di quelle situazioni al limite che sempre più si diffondono nella nostra quotidianità. Con un forte impatto, è un aprire gli occhi, non restare in silenzio e a capo chino di fronte ad emergenze e sofferenze che devono scuotere gli animi, che non possono continuare a essere ignorate.
In questo c’è un profondo senso di umanità e condivisione, una fratellanza che va oltre il legame di sangue ma che abbraccia ogni persona: è la consapevolezza che esiste un senso del tutto unico, che non può passare sotto silenzio.
A questo, però, si unisce anche un profondo senso di solitudine – l’uomo è comunque interiormente sempre solo con se stesso in questa vita – una mancanza che è prima di tutto assenza emotiva, che quasi arriva a lambire le sponde di quella spirituale. Da qui la difficoltà per la parola di esistere come segno comunicativo, come se non esistessero parole a volte per esprimersi veramente.
[...]
qualcosa...
che non riesco a definire
qualcosa di illogico
e irreale
è quello che mi fa
stare male
è la sensazione...
che il silenzio parli
parli
parli più delle parole
ed io ancora non so
il linguaggio del silenzio
mi sento...
mi sento un bambino
appena nato.
(Sensazione...)
Ciononostante, l’autrice non smette mai di affermarsi e affermare la vita, di dire io ci provo, non mi arrendo
, e la sua poesia diventa questo: una testimonianza viva di sé che con forza – ma anche con tenerezza e dolce, quando per esempio parla della maternità – non smette mai di essere un momento di speranza anche per gli altri.
Pamela Michelis
Presentazione
Bruna ha paura di non essere poetessa.
La paura, si sa, uccide, abbatte; segno di poca fede (ricordate l’episodio di Gesù sulla barca nel lago di Tiberiade?).
Se fossi (come dice Montale) un critico laureato, scriverei cose, come dire, intelligenti su Bruna; come ad esempio che la sua scrittura nasce da una chiara nevrosi e che si depura, si decanta in una tramatura
dolce, morbida, fatta di a capo
frequentissimi, in spregio al verso lungo di whitmaniana memoria.
Il duello (vera e propria lacerazione) tra Whitman e Pound, con l’istanza democratica del primo e la fissazione calligrafica del secondo. Tra questi due (grandi) Maestri, dove porre Bruna? Parlare di lei come una mistica del verso, o di una (apparente) naif? Vedere in lei il buon selvaggio
della lirica, che mette in versi tutto quello che sente (e Bruna molto sente, moltissimo, specie sotto il profilo morale) oppure la semplice maestra di una umanità nuova (rinnovata) dall’Amore? Perché poi chi è senza cultura
(accademica) dovrebbe valere meno ed essere meno valido di chi è nato
poeta? Perché (e anche qui, come altrove, i romantici vedevano bene) poeta nascitur, così come si nasce piccoli o grandi (di statura), biondi o bruni, magri o grassi. Perché il peccato
(primo, e capitale) che c’è, ed è imperdonabile (tale che anche il Signore farà fatica a perdonare), è la menzogna, il bluffare, l’insincerità, la malafede, il dolo, la scaltrezza, il fingere.
Non si finge, nel regno dell’arte, perché chi lo fa (e ci sono molti che lo fanno e l’hanno fatto, vedi la gran parte di D’Annunzio, che d’altronde era un artista notevole, anzi, più che notevole) è il primo (e grande) corruttore, e a lui vada (sia destinata) la gogna del pubblico disprezzo.
La sincerità in Bruna è al limite
dell’estroflessione, dello scorticamento di sé e delle proprie emozioni; la questione morale
(si diceva così una volta, al tempo de La Voce
) è di tale intensità che porta la nostra amica a un tale diapason di sofferenza (compassione) che i versi non riescono (quasi) più a contenere l’onda di piena emotiva.
Si scrive per vivere, per non morire (lo dice pure Mann che, quanto a sensibilità poetica, non era di certo un campione); l’uccellino, scrive Marx nel primo libro de Il Capitale, canta e gorgheggia naturalmente, senza scopo (senza interesse diremmo) perché tale è la sua natura. La natura (la vocazione) di Bruna è l’amore che poi ha preso (di necessità, ecco il punto) la piega del verso, del versificare, della poesia (della buona poesia tra Whitman e Pound), dell’accorata implorazione mistica e del nudo mostrarsi al mondo (dei lettori).
Precedenti letterari non ne vedo; segno che la voce Bruna e autentica, sua, precisamente personale. Nessuno di noi deve (dovrebbe) assomigliare ad altri, perché non ci sono due fili d’erba che siano uguali.
Bruna è poetessa naturalmente, dai tempi della scuola. La vita l’ha resa esperta del dolore, della mancanza d’amore che c’è tra gli uomini. Da questo nasce in lei un tormento, un attorcigliamento della coscienza che stilla sangue. Il dolore di vivere, di essere caduta, angelo dal cielo, in mezzo ad un mondo di disamore, ad un deserto.
Piangere serve, fa bene, libera l’anima e la purifica da miasmi; scrivere è anche segno di immensa fiducia per gli uomini, perché leggendo (e ci si augura siano molti i sensibili lettori), essi diventano migliori, e si ravvedono.
Il poeta è un angelo, gli uomini un po’ meno; Bruna tende il suo arco tra questi due poli, tra sé e gli altri, e cerca di colmare la distanza con le parole. Meglio, con le immagini. Perché le immagini fanno (sono) il succo della poesia. Le immagini di Bruna sono pulite e nitide, come un mattino di primavera (o com’era il primo mattino del Mondo).
Con affetto
Orio Rossetti
Fiorirà il deserto...
Dedico questo mio primo libro di poesie a mio marito,
a tutti i miei familiari ed amici,
ai miei figli e nipoti:
Cristiano, Eliana, Andrea, Jessica,
Veronica, Jamal, Ivana, Isabella.
PRIMA ISPIRAZIONE
Sensazione...
Che strana la vita...
o forse sono io che
provo cose strane.
Un cielo terso
pieno di stelle
una luna che risplende
sulla terra
che illumina le strade
che illumina le case.
Un’aria d’autunno
un po’ frizzante
i muri bianchi delle case...
ed io ho sensazioni strane...
mi sento di far parte
dell’infinito
mi sento di far parte
di qualcosa...
che non so definire
e sento che la vita
non è quella vissuta.
Mi sembra...
di captare qualcosa...
qualcosa...
che non riesco a definire
qualcosa di illogico
e irreale
è quello che mi fa
stare male
è la sensazione...
che il silenzio parli
parli
parli più delle parole
ed io ancora non so
il linguaggio del silenzio
mi sento...
mi sento un bambino
appena nato.
(5 ottobre 1970)
Paese del sud
Paese del sud
eterna miseria
oggi è un giorno di festa
per i tuoi figli.
Han giocato i bambini
per le vie arroccate
si son fermati nelle piazze
i tuoi vecchi
i tuoi vecchi a parlare
a parlare dell’antica miseria
di figli partiti
per paesi lontani
le donne sulla porta di casa
nei neri vestiti
e poi nella chiesa a pregare.
Ormai è scesa la notte
i bambini i vecchi e le donne
accanto al fuoco.
Un boato squarcia la terra
tremano le case
fatte di pietra
grida di dolore
preghiere al Signore
urla dei tuoi figli
atterriti e sgomenti
tutto si fa scuro
i tetti
sul fuoco acceso
sono caduti
bambini morti
sotto ai detriti
negli occhi il terrore
di chi muore
i vivi si abbracciano ai morti
pulsa ancora la vita
sotto le pietre cadute
latrati di cani
le madri chiamano i figli
che mai più risponderanno
anime si innalzano nel cielo
vedono i loro corpi
ormai morti
vedono i pianti
di chi è rimasto.
Eterna miseria
di un paese del sud
eterna tragedia
non possono volare
da troppo dolore
paese del sud
eterna miseria.
(8 novembre 1994)
Ai potenti della Terra
A voi uomini
a voi donne
di questa generazione
all’alba del Duemila
a voi che sedete
su troni
vi erigete giudici
di uomini
a voi che possedete