Sofia
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Anteprima del libro
Sofia - Aldo Di Gioia
Il Libro dei Racconti di Carta e Penna
Tutti i diritti riservati - All rights reserved
Copyright © 2014 by Aldo Di Gioia
Realizzato da
Associazione Culturale Carta e Penna
10138 Torino - Via Susa, 37
www.cartaepenna.it
cartaepenna@cartaepenna.it
ISBN: 978-88-97902-94-2
Prima edizione luglio 2014
In copertina: fotografie eseguite dall’autore al MAO di Torino.
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Se non avete voglia di soffrire un po’, non leggete questo libro, che porta dentro di sé le emozioni di una vita vissuta intensamente, a tratti al limite del paradosso, ma che fa fluire il sangue nelle vene, non solamente l’acqua fresca a dilavare inconsistenti sentimenti.
Prefazione
Sofia è un racconto, non so bene se possa essere catalogato tra i romanzi ma, è storia vera, racconto sopra le righe o romanzo che fa anche volare la fantasia.
Tra le righe, le difficoltà e le sofferenze sono reali, si possono toccare con mano, e le emozioni che dovrebbero potersi cogliere, possono sfiorare la delicatezza estrema o la negatività assoluta, e questo, dipende dallo scrittore, dalla sua capacità nel metterle in risalto.
Non è detto che ci sia riuscito, dovrete leggere e…se del caso, rivelare i vostri pensieri, le vostre emozioni, i vostri stati d’animo.
Questo è un gioco delle parti, un rincorrersi di toni bianchi e neri che, il carattere indomito di Sofia, infiamma.
Quei toni mutano così in cromatismi accesi; bagliori di rosso a significare la lotta per la sopravvivenza, la battaglia per la conquista della dignità e per il valore dell’equiparazione sociale.
Solo al termine della lotta quei colori saturi mutano, si distendono in sfumature, toni pastello, arcobaleno, e i contorni delineano un percorso che, correntemente, può essere definito: vita.
L’Autore
Capitolo I
Era stata lunga quella notte.
Sofia, si era addormentata adolescente, aveva poco più di sedici anni, e quel risveglio le aveva riservato l’amarezza che prova una donna matura, che ha vissuto mille vite.
In quella notte aveva rivisto gli stenti, il lavoro, la fatica, le umiliazioni, la sofferenza, il dolore.
Si era risvegliata con gli occhi increduli, e non era riuscita a versare neppure una lacrima.
Si era ritrovata tra le mani quel bimbo e non sapeva quasi come le era venuto.
Lei, si era concessa in una notte in cui la luna aveva indossato il suo abito nuziale, e candidamente aveva accettato che compisse il suo ciclo.
A quel bimbo appena nato, aveva pensato di dare un biberon di latte vaccino, per smorzare i morsi della fame, non immaginando neppure che per farlo smettere di piangere, sarebbe bastato avvicinarlo al suo seno.
Le mancava ancora quell’istinto materno.
A quell’età, era proprio una bambina Sofia che scalza portava le mucche al pascolo, e sentiva gli umori della terra così vicini da farli diventare, sua ragione di vita.
Una bella giornata di sole le trasferiva una sensazione di calore, la pioggia, era, le lacrime del cielo che si mescolavano alle sue, la nebbia, ovattava le sue emozioni per attenuare le sue insicurezze.
Era bella Sofia, con quegli occhi grigi, magnetici, cangianti di sfumature verdi o azzurre a seconda dei riflessi che solo la luce intensa del sole può dare.
Era una bimba Sofia, che attendeva il ritorno del padre. Lui, non si dimenticava mai di lei e al ritorno dal lavoro la sfiorava con una carezza, o le portava anche solo un cioccolatino, per spegnere le sue ansie e ammorbidire le sue delusioni.
Era dolce, tenero, quel padre di cui Sofia conserva un ricordo delicato.
Con un colpo secco era stato strappato ai suoi affetti, rapito così una sera, mentre tornava dal lavoro, quando lei aveva solo quindici anni e più bisogno della sua presenza.
Senza quella presenza Sofia si era sentita improvvisamente fragile, indifesa, era come in balia delle onde del mare che rischiavano di travolgerla.
Capitolo II
Arad è un paesone al confine nord occidentale della Romania, poco distante da Timişoara, città tristemente nota per la fine del dittatore Ceauşescu, che in fuga cercava su quel lato una via di scampo per espatriare.
Lì, era stato catturato ed abbattuto insieme a tutto ciò che aveva sorretto il suo regime autoritario.
Lì, era finita la sua autorità e la gente, che da quel momento si riteneva più libera, aveva cominciato a portare a termine antichi regolamenti di conti.
Era come se la brace, che da tempo cimiva sotto la cenere, fosse stata ravvivata da una ventata di improvvisa novità.
In Tutta Europa cadevano i regimi dittatoriali ma, quella rabbia repressa da decenni di autoritarismo di dittatori corrotti, dilagava insanguinando le regioni europee dalla ex Jugoslavia alla Romania, dalla Polonia all’ex Unione Sovietica.
Sofia, si era da sempre districata in un contesto generale di uguaglianza, imposto da quel regime che le aveva comunque garantito un piatto di minestra.
Non aveva mai sentito in sé la pulsione per realizzare qualcosa di suo, di personale, eppure era una ragazza vitale, esplosiva, frenetica, mortificata dalle troppe incombenze che fin da bambina aveva dovuto sostenere per sé e la sua famiglia.
Era in tutte queste cose che disperdeva la sua vitalità: prendere l’acqua alla fontana, mentre i genitori erano al lavoro, lavare gli indumenti della famiglia, mutandoni della nonna invalida compresi, rassettare la casa, accudire le vacche al pascolo.
Ecco, forse tra tutte era questa l’attività che le lasciava un po’ più di libertà.
Poteva almeno, con la mente, galoppare in quelle praterie come un cavallo brado, senza briglie né imposizioni, poteva scalciare l’aria e nitrire alla luna.
Era bella Sofia, con la sua criniera sciolta nel vento, gli occhi luminosi a guardare avanti, ed era così innocente che si fidava, si fidava proprio di tutti.
Come tutte le ragazze della sua età aveva dei sogni: guardava i bei ragazzi e fantasticava con loro e su di loro, si immaginava regina alla loro corte, e fu in quella primavera, suo padre l’aveva lasciata da appena un anno, che decise di cambiare la sua vita.
Era stanca di dover faticare per così tanta gente senza un attimo per sé.
Si abbandonò in una splendida giornata di sole, su di un prato profumato dalla fragranza delle viole e dei mughetti.
Si abbandonò e si concesse al suo principe azzurro che avrebbe dovuto portarla via su di un cavallo alato, oltre i confini della fantasia, là dove le nuvole nascondono i sogni.
Così abbandonata ed indifesa Sofia sognava per sé un mondo nuovo, con più libertà e soprattutto più gioia, che le permettesse di vivere spensierata al fianco del suo principe azzurro.
A lui aveva donato la vita, e mentre il suo corpo fremente era accarezzato da una frizzante brezza primaverile, che scendeva