Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Le stirpi dei non morti - Manoscritto antico
Le stirpi dei non morti - Manoscritto antico
Le stirpi dei non morti - Manoscritto antico
E-book277 pagine4 ore

Le stirpi dei non morti - Manoscritto antico

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Colei che è scampata al massacro Voordalack in Bulgaria, cova un inestinguibile desiderio di vendetta nei confronti degli odiati Vis del clan italiano. È sola e isolata, imprescindibilmente costretta a cercare un alleato per ricominciare.

Quale sarà l’infame punizione inferta agli inconsapevoli Vis? Come potranno difendersi dalla loro conclamata nemica e da quelli che l´appoggiano?

Quali altri segreti muovono le file di quella che sembra un´apparente vendetta?

È il passato, i remoti anni a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, a poter dare una risposta; sono i protagonisti di quell’epoca a far chiarezza, seppur nella loro intricata esistenza.

Der Ursprung, l’origine, una parola che rappresenta molto di più rispetto al suo significato ed è il fil rouge del romanzo. Tempi diversi che scorrendo svelano qualcosa in più del presente e del passato.

E il segreto non sarà più tale: forse i nemici saranno amici. Ma sarà la via giusta?
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2014
ISBN9788867823727
Le stirpi dei non morti - Manoscritto antico

Leggi altro di Mara Cassardo

Correlato a Le stirpi dei non morti - Manoscritto antico

Ebook correlati

Narrativa romantica fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Le stirpi dei non morti - Manoscritto antico

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Le stirpi dei non morti - Manoscritto antico - MARA CASSARDO

    GDS

    MCW

    Manoscritto Antico

    EDITRICE GDS

    Mara Wilma Cassardo

    Le Stirpi dei Non Morti - Manoscritto Antico©EDITRICE GDS

    EDITRICE GDS

    di Iolanda Massa

    Via G. Matteotti, 23

    20069 Vaprio d’Adda (MI)

    tel. 02 9094203

    e-mail: edizionigds@hotmail.it ; iolanda1976@hotmail.it

    Immagine in copertina di ©Davide Capponi

    Tutti i diritti riservati.

    Capitolo 0:il sonno

    Primavera1612- Sassonia

    Ode alei che non si èarresa al Dio che l’ha creata. A lei che ha imposto il suo volere sopra quello del suo padronespezzando lecatene del controllo. Ci inchiniamo di fronte alla sua forza nel sopportare il peso della punizionee la necessità di vivere tra i demoni. Ode a lei che ha nutrito Caino con il suo sangue facendone il primo non morto. ÈLilith che ha fatto tutto questo ed è a lei che dobbiamo essere riconoscenti. Questa è la nostra origine:che la si ami o la si odi. [Der Ursprung]

    Ancora una volta in quella cappella. Gli dava pace restare lì in silenzio a osservare le lastre che con lettere dorate svelavano il loro ospite. Mapoteva solo essereun assistere silenziosoe passivoal riposo altrui.Le preghiere, infatti, da tempo immemore, non eranopiùsfoghia cui si dedicava.

    Forse un giorno,se avesse fattoi giusti passi per la redenzione… ecco, sì, forse allora quelle sue visite avrebbero assunto un significato diverso. Ma adesso,non era ancora il momento.Non erapronto. Non sentiva di volerlo davvero,nonostante quello che era successo.

    Nel silenzio diffuso di quel luogo, interrotto dal profondogracchiaredelcorvo che abitava sull’abeteaccantoalla cappella, si rilassavacon la schiena appoggiata ai marmorei epitaffi,mentre il sonno prendeva possesso del tempo. Lento come il gelo che cristallizzaciò che aggredisce,risaliva la sua menteanestetizzandolacontoccoleggero fino a spegnerla,sinapsi dopo sinapsi. Una sensazione fantasticaquella del sonno.La agognavaperchépoteva permettergli di vedere ancora lei, per comela sua mente antica gli permettevadi ricordarla. Sorrise mentre, con le braccia conserte in grembo,l’ultimo brandellodi coscienza venivaavvolto dal piacevole riposo.

    E la vide, bellissima nella sua camicia da notte bianca. Le gote rosate e uno splendente sorrisochele animava ilvolto.Lui si trovavaal di là di quel vetro che lo separava dalla sua stanza,con la certezza cheleinon potesseaccorgersidella sua presenzacosì avvolto nel buio.

    Non sembrava fosse sola, le sue labbra si muovevano e faceva smorfie buffe tenendo un piccolo pupazzo di pezza tra le mani e facendolo ballonzolarelìdi fronte a lei.

    «Guardami, girati, io sono qui per te.» una frase che involontariamente gli uscì dalle labbra.

    Lei alzò lo sguardo. In qualche modo lo aveva sentito. Strano… ma tutto poteva accadere nei sogni… anche poter attraversare quel vetrocon le parole.

    «Tu…» e le parole di lei grondavano dolcezza, «sei qui, come…comehai fatto?» e il sorriso fu ancora più ampio.Se avesse acconsentito,adesso avrebbe potuto abbracciarla e portarla con sé.

    «Vieni, lascia tutto questo. Vieni via.»divenne coraggioso nei suoi desideri ele porse la sua mano gelida.Lei,abbandonato il pupazzo sul letto,si alzò e fece un passo avanti verso quella mano tesa.

    E poi un dolore forte al petto.

    E la coscienza che si risvegliava.

    E delle vocicherealirimbombavano tra le pareti della tombamentre una croce gli bruciava la pelle e delle catenecercavano dibloccarglii polsi.

    Forse doveva scappare.

    O forse no.Non era più il tempo.

    Capitolo 1:lapaura

    Primavera2009– Europa Orientale

    Correva…

    Correva…

    Correva rapidaschivandoi tronchi degli alberichecrescevano fitti sullescoscese pendici dellemontagnerumene.La natura,vigile nella primavera ormai avanzata,era ricca e piena,le fronde eranocarichedi foglieche, fitte,impedivano alla vista diandare oltre al loro verde. Meglio per lei,sarebberisultatapocoindividuabilelì in mezzo. L’ansia che la seguissero, che fossero sulle sue tracce, che potessero improvvisamente raggiungerla per finire quel che avevano iniziato,non la abbandonava.

    Era riuscita a sottrarsi a quel destinoall’apparenza ormaisegnato. Furbizia o forse solo fortuna… Non avrebbe saputo dirlo, soprattutto in quel momento in cui la sua usuale lucida freddezzasieracomedissolta. Un animale braccato. Questo si sentiva.Tutto nei suoi movimenti eneisuoi spostamenti era dettato dall’angoscia che in certi momentiprendevail sopravventosullasua volontà,mentrele ombre e i frusciidel bosco accompagnavanoil rapido battere della sua corsarendendola,se possibile,ancora più folle.

    Devo allontanarmi il più possibile. Via da lì.Via da loro. Via dal mio passato.Non c’è scelta, non c’è alternativa,siripeteva con ostinazionenella mentecontinuando a macinarechilometrisuchilometri.

    Cercava rifugio nei posti piùdiversi,bastava che fosserobennascostiesoprattuttoisolati. Abbandonava i sentieri quandola luce del mattinoiniziava a bruciarlela pelle,e riprendeva la sua fuga non appenail solelasciavala coppa delcielo.

    Le giornate nuvolose eranosicuramentequelle più stancanti:martirizzava il suo corpoandandoavanti ancora e ancora.

    Senza riposo.

    Senza soste.

    Senza tregua.

    Stava evitando con cura i piccoli paesiche di rado incontrava sulla via,ma non avrebbe potuto farlo ancora per molto, lo sentiva. Aveva bisogno di nutrirsi per riprendere le forze che le sarebberoservitepercompletare quellungo viaggio.Sentiva che si stavano affievolendoederasempre più spossata.

    Certo, il suo lungo viaggio...

    Le era ben notoil posto chestava abbandonando, aveva ancora in mente la distruzionelasciata, i corpi della sua gente trafitti e bruciatisu una improvvisata pira funebre allestitadai maledetti Visper coprire illoromisfatto. Un rogo immenso, chelei, ben nascosta,aveva atteso si spegnessefino all’ultima brace.Ricordavai volti soddisfatti dicoloro dai quali stavafuggendo, così come la crudeltà che li aveva mossi in quella notte di massacro. Corpi ovunque, sangue, fetido odore di putrescenza.E adesso tutto quel correre per scappare da ciò che aveva visto, da ciòche aveva rischiato di distruggerla, così come era accaduto per tutti gli altri.

    Ma non le eraaltrettantochiara la destinazione di quelsuo correre. Era la paura che la guidava, una paura cieca a cui si era abbandonataeche,con ferma caparbietà,si era ancorata alla sua mente,resa fragile da quel che era accaduto.

    Nel suo vagare aveva perso il senso del tempo. Giorni, settimane? In fondo da quanto continuava a ricercare la sua salvezza?

    Non era in lei.

    Ipensieri galleggiavanonella confusione della sua mente dandole un marcatosenso di nausea e capogiro.Non era ancora riuscita a interiorizzare quello che era successo ai suoi. Come poteva essere possibile che tutta la loro forza non fosse stata sufficiente a resistere all’attacco?

    Il potere, il clan…tutto distrutto.

    Non aveva la lucidità per mettere insieme quello che era successo.Chi li aveva traditi? Come poteva essere successo a loro, i grandi Voordalack. Loro, simbolo della tradizione e del sangue che scorre,lorochescaltramenteeranoriuscitia infiltrarsi nell’organizzazione Vis,i traditori, professatori dell’evoluzione del sangue fermo; come era potuto accadere che a loro volta fossero infinediventati obiettivo di un diverso ma così arguto inganno?

    Possibile o impossibile?

    Pensieri chesi agitavanoela facevanoaffogare:tanti,troppi. Apparivano, si sovrapponevanoquasi per salvarsi dall’oblio delle profondità,confondendosi ancora.Equando infinesembravanopotersirisolvere,restando isolati e immobili uno accanto all’altro nell’immensità di quella follia,nesaltava fuori d’improvviso un altroche distoglieva l’attenzionedi colei che li ospitava,rendendo nuovamentevacuo il quadro complessivo. Ma non si dissolvevano né si semplificavano e lei non riusciva in nessun modo a venire a capo di niente.

    Eraschiacciata:poteva solo augurarsi diriuscire a smettere di pensare.

    Correre…

    Solo correre…

    Veloce, fluttuante, quasi invisibile nella boscaglia…

    Era ciò che le dava sollievo. Fuggire lontano era l’unico pensiero che, solitarioesenza troppe pretese,letrasmettevaforzae tranquillità.E quindi continuava imperterrita,anche a discapitodi soddisfare le esigenze basilari di un vampiro.

    Avrebbe trovato il modo per ricomporsi in tutta la sua bellezza, adesso doveva solamente sopravvivere a tutto quello che era successo e chele confondeva lamente.

    Se stessa era tutto quel cheorale rimaneva e si sarebbe difesa fino all’ultimo brandello di carne che le fosse rimasto addosso.

    Radu? Il clan? Erano ormai il passato.

    Non riusciva a provare pena per loro.

    Non sentiva la loro mancanza.

    Non provava sentimenti di nostalgia per l’essere a cui si era accompagnata perpiù di centoanni.Non era nella sua natura.Emai lo era stato.

    Sicuramente provavamalinconiaperquel che era stata con lui, per quello che aveva contato, per dove sarebbe potuta arrivare, per la posizione di potere che avrebbe potuto ricoprire... se soloAmelia,lavampirache avevano catturato e portato al castello per scoprire i segreti dei Vis,non si fosse intromessa nei suoi piani,rovinando tutto.

    Correva…

    E sentivasinuosoilsenso di paurache si attorcigliava alla spina dorsale come il serpente che sale lungo il tronco dell’albero. Perché,nonostante tutto,riusciva aessere fortesolo accantoaesserichepotevanopermearla con la lorostessaforza.Solo in questosensoRadu le mancava, l’aveva lasciata senza il suo ambiente,senza la sua posizione di potere,senza di lui…senza la sua forza.

    Rabbia, questo erailsentimento che provava, forte e animalesco.Eraciòchein quel momentosuppliva alla sua mancanza di forza.La sua essenza più cruda sgorgava dalsuocuore immobile.Isentimenti e le sensazionibasilari, senza elaborazioni,emergevanoin maniera chiara e naturale.

    Ma di una cosa era certa:quelloche aveva in tasca era il suo lasciapassare;sarebbe stato il modo per riconquistare tutto ciò che aveva perso. Se lo sentiva, era l’istinto a dirglielo.Di questo si voleva fidare.

    Era un segno,una prova del posto da dove veniva,una garanzia di sopravvivenza.Era tante cose... e non poteva andareperduto.Doveva avere pazienza e nel frattempo correre lontano, spingersi dove loro non avrebbero potuto raggiungerla. Forsea quel punto, quando davveroavrebbe fermato lasua folle corsa,la mente a un certo punto avrebbe ripreso a funzionareelei avrebbemessoin fila tutti i pensieri eavrebbe potutocapirequale avrebbe potuto essere il suo destino, non si vedeva fuggiasca nei boschi per sempre. Era una parentesi, dura, difficile, confusa,ma solo una parentesi.Un altro suggerimento genuino del suo istinto.

    Capitolo 2: la resa

    Primavera 1613 – SassoniaSiamo forti ma l’argento per noi è come un veleno,quando entra in contatto con la nostra pelle fredda la bruciacome fosse un tizzone ardente appoggiato e lasciato rovente sulla pelle umana.Sembra impossibile,ma quel metallo all’apparenza così innocuoè una maledizione per la nostra razza:i tessuti si rovinano, quasi si decompongonoe più ne rimaniamo a contatto più le conseguenze sono difficili da recuperare.[Der Ursprung]

    Giacomo era immobile, appeso per le braccia alla parete di quell’antro buio che non sapeva neppure bene dove si trovasse, così diverso dal confortante e liscio cubicolo in cui era stato catturato. Da tanti, troppi mesi quel tugurio era diventato la sua dimora forzata. Era lì da quando aveva rifiutato l’offerta di redenzione del suo carceriere: non era ciò che cercava, una redenzione da cosa? In Dio non aveva mai riposto speranza e riteneva folli coloro i quali si rivolgevano a quella figura così inconsistente e illusoria. Attendeva solo che il suo carceriere finalmente si decidesse a distruggerlo, perché la sua esistenza non aveva più senso. Da troppo tempo ormai.

    Giorno dopo giorno le visite del suo aguzzino, lì negli inferi dove lo aveva costretto, scandivano il tempo, e i continui tentativi di Giacomo di convincerlo a mettere fine al suo supplizio contribuivano a renderlo infinito.

    Stare appeso a quelle catene d’argento, in quel posto umido in cui aveva perso il senso del giorno e della notte e la sua capacità fisica era stata portata ai minimi termini, sul confine del disfacimento, rappresentava una vera tortura. Lo aveva ridotto così un po’alla volta. Si sentiva ondeggiare da una parte all’altra come una foglia rinsecchita d’autunno, senza più linfa, attaccata per inerzia alla sua esistenza. Ma ogni volta che il suo carceriere capiva di averlo portato troppo al di là del confine pericoloso, subito rimediava con abbondanti dosi di sangue spillate dalle gole fresche di qualche giovane viandante. La provenienza di quel nutrimento gliel’aveva rivelata in uno dei momenti in cui si attardava con lui, lì da basso: scelta scaltra optare per persone senza fissa dimora, non poteva certo dissentire, nessuno avrebbe mai reclamato i corpi.

    E così l’aguzzino lo faceva godere di quella delizia pretendendo in cambio riconoscenza; ma fino ad allora non era ancora riuscito a ottenere nulla da lui. Anche se in trappola, non voleva cedere a nessun compromesso. Sperava solo di essere distrutto, ma nulla. E la sua tremenda tortura proseguiva.

    «Come potrei non punirti caro amico italiano?!» le parole uscivano dalla sua bocca permeate di profonda tristezza. «Non possiamo andare da nessuna parte se continui così, smettila di ribellarti a me e al messaggio che porto. Accogli Dio nel tuo cuore.»

    «Non me ne faccio nulla del tuo Dio», gli aveva risposto l’altro di rimando «come di nessun altro in cui l’umanità crede. Cosa pensi, di potermi salvare? Non sei tu la via. Ti avevo chiesto una cosa sola: di distruggermi. Ma tu non lo vuoi fare… e allora lasciami la libertà, ma non pensare di potermi redimere.»

    Gunther si sentiva ferito: nonostante i ripetuti tentativi, il suo ospite non cedeva e chiedeva ora la distruzione, ora la libertà, quasi indeciso su cosa volesse davvero. Gli aveva persino raccontato come fare a mettere fine alla sua esistenza. Aveva parlato del sole, di paletti nel cuore, di teste mozzate… Così era nato il suo interesse per lui. Era stato Giacomo a destare la sua curiosità. In fondo, se non poteva redimerlo, avrebbe potuto recuperare la conoscenza che di certo gli sarebbe servita.

    Ma Giacomo non appariva disposto a svelargli nulla delle origini di quella razza maledetta.

    La libertà. Come poteva pensare che avrebbe accettato? «Sei un illuso se pensi di potermi resistere. Te l’ho già spiegato tante volte e ancora sembra che tu proprio non abbia capito. Sei solo un succhiasangue che, per quanto forte, nulla può contro questa croce» e, dalla giacca che indossava, ne sfoderò una d’argento lavorato. L’aveva fatta forgiare apposta per domarlo, quando per caso aveva scoperto che quel materiale era l’unico a poterlo fermare.

    Giacomo aveva i canini protratti e la bocca spalancata in gesto di sfida. Ma era consapevole di non poter fare molto di più mentre Gunther incedeva con la croce rivolta verso di lui. «Ancora? Insisti? Ma sei sordo a tutto quanto ti ho detto finora? Non ha alcun senso che tu mi tenga qui con te. Facciamola finita» gridò il vampiro.

    «Hai ragione, sembra non esserci una via. Quel che io ti offro non è di tuo interesse e quel che tu richiedi non ha per me convenienza.» esternò Gunther lasciando perplesso il suo interlocutore. «Finalmente senza parole? Incuriosito da quel che potrei dire?» sorrise al suo prigioniero, «Lo sai che potremmo fare un patto io e te? Io potrei volere qualcosa da te e se tu fossi disposto a darmelo, la libertà sarebbe tua.»

    Giacomo era attonito ma non per questo disinteressato, e Gunther gustò quel silenzio prima di proseguire nella sua proposta. «Non so se conosci la zona in cui ti trovi» proseguì Gunther mentre Giacomo ascoltava guardandolo negli occhi, «è un territorio in cui il male ha cercato di affondare le sue falangi putrescenti. La stregoneria ha cercato di dominare i cuori della povera popolazione inerme.» lo fissava dritto nelle pupille di fuoco, «Cosa credi? Io ho visto con questi occhi bruciare le streghe qui a Quedlinburg come a Ellwangen. Corpi immondi purificati dalle fiamme. Mi ci portava mio padre per farmi capire. Per farmi conoscere.»

    Gunther iniziò a passeggiare in tondo nella cella saggiando con le mani le fredde protuberanze delle pareti di pietra. «La conoscenza… la conoscenza… voglio arrivare a conoscere l’essenza tua e dei tuoi simili, voglio capire tutto di voi, del vostro modo di esistere e di come potervi distruggere. Lo voglio scritto e documentato, solo per me. Ecco, questo sarà ciò che mi dovrai dare per ottenere da mequelche deciderai sia meglio: la distruzione o la libertà.»

    Giacomo continuò a tacere, ma Gunther vide l’interesse nascere al fondo del suo sguardo. Sapeva che non l’avrebbe distrutto prima di riuscire a capire e conoscere tutto della loro esistenza. E poi? Avrebbe mantenuto laparola data? Avrebbemesso fine al suo patire? Come poteva fidarsi? I dubbi lo attanagliavano.

    Ma era davvero stanco di quell’esistenza forzata, priva di ogni libertà. Certo come vampiro non avrebbe mai potuto godere della luce del sole. Ma meritava forse di continuare a esistere così?Non valeva la pena che tutto finisse il più in fretta possibile?

    Questi erano i pensieri che lo tormentavano, lì appeso per le mani mentre il suo fluido vitale, ormai raggrumato, colorava le catene che bloccavano i polsi e le sue gambe semipiegate strusciavano sul pavimento in pietra. Desiderava fortemente non essere lì; e poi da quanto tempo effettivamente sopravviveva in quel modo? Non ne aveva più idea. Erano passati parecchi mesi da quando era stato catturato, mentre giaceva nascosto nella tomba di famiglia dei Von Köhler, la tomba di famiglia di Gunther. Forse un anno, non aveva più la cognizione del tempo. Gunther l’aveva trovato e portato via, credendolo un profanatore di tombe. Poi aveva capito davvero chi fosse. E la curiosità di quell’uomo timorato di Dio era stata la sua condanna.

    Quale senso ha il non cedere? pensava ormai annullato dal dolore che quell’umano gli faceva patire quotidianamente. È sufficiente che io accetti la sua proposta di tradimento della mia razza. Potrei sopravvivere finché tutto non sarà finito e poi sarò libero. Libero di esistere, libero di andarmene, libero di… scosse la testa provocando un turbinio di pensieri qualsiasi cosa io desideri fare.

    Non gli sembrava possibile aver atteso così tanto tempo, aver patito punizioni corporali violente ed essere stato portato a spasso nella distruzione del suo fisico prima di avere una via d’uscita da tutto quel patire. Il desiderio non esaudito di annullarsi si era trasformato all’improvviso nella voglia di ritornare a essere davvero un vampiro, perché non amava il dolore. E perché accettare quello che Gunther chiedeva forse avrebbe potuto liberarlo da quel senso di frustrazione che provava.

    Certo, avrebbe messo in pericolo i suoi simili se infine fosse stato costretto a riportare tutto per iscritto. Stava per violare la segretezza che da sempre contraddistingueva lui e la sua razza. Se gli umaniavessero avuto la certezza della loro esistenza sicuramente avrebbero iniziato un’altra violenta caccia purificatrice. Questo non avrebbe dovuto permetterlo. Ma come fare a evitarlo lo avrebbe pensato dopo: l’importante era uscire da quella fastidiosa e ormai pericolosa situazione.

    «Basta hai vinto... Sì!» un urlo scandito risuonò nelle gallerie sotterranee come il ruggito di un leone sfinito dalla gabbia. «Ti aiuterò nel tuo progetto. Ma ora basta. Basta con questo supplizio!»

    Gunther era radioso. Teneva le braccia conserte sul petto e alzava e abbassava il mento lì di fronte a lui, sghignazzando in maniera rumorosa.

    «Èinutile che gongoli per quel che hai udito. Io ho fatto la mia parte, tu dovrai fare la tua. L’hai promesso, ricorda.» sentenziò Giacomo guardandolo dritto negli occhi.

    «Giacomo, sono un uomo di parola: ti puoi fidare… Quando mi avrai aiutato a completare il lavoro, te ne potrai andare per la tua strada o potrai essere distrutto se questo è ciò che vorrai. Non ti preoccupare. Saprò ricompensarti.»

    «E allora liberami da questa prigione di argento, fammi lavare e nutrire come si deve.» ribatté con un’aggressività poco credibile vista la situazione. Ne era consapevole pure lui.

    «Guardie presto… che il prigioniero sia sfamato.» ordinò ai due custodi armati che fiancheggiavano la porta. «Portategli subito quel che si è ben meritato con questa decisione» e poi, guardandolo profondamente negli occhi, aggiunse: «Non potrai essere libero del tutto, ne sei consapevole vero? La tua dimora continuerà a essere sicura, perché io possa essere certo di godere ancora per un po’della tua compagnia.»

    «Ma questo posto fa schifo. Non posso pensare che tu mi voglia così sporco, come mi hai ridotto.» doveva riprendere un minimo di decenza.

    «Di questo ne possiamo parlare e sono certo che riusciremo a trovare un compromesso che ti possa soddisfare, senza, sia chiaro, mettere in pericolo tutti gli abitanti del castello. Mi servi vivo e nulla più, ma una compagnia linda e ordinata potrebbe di certo facilitare quelli che saranno i tuoi prossimi mesi. E di tempo insieme credo ne dovremo trascorrere molto, prima che tu abbia ultimato il tuo lavoro.»

    Gunther voleva scoprire tutto della razza a cui apparteneva quell’essere che aveva lì davanti a sé. Aveva sentito qualche racconto di viaggiatori che arrivavano dai Balcani sulle creature che vivevano di notte e non sopportavano la luce del sole; ma i racconti erano abbozzati e molto fantasiosi. Aveva scoperto che qualcosa era effettivamente come si raccontava, ma il resto lo doveva ancora scoprire. Fin da quando aveva capito che non si trattava di un essere umano, sapeva quel che tutti gli uomini di buona volontà si sarebbero aspettati da lui. Avrebbe di certo dovuto portarlo a un tribunale dell’Inquisizione della sua amata chiesa protestante. In questo modo, seguendo le leggi della comunità, si sarebbe potuto eliminare il pericolo per la cristianità e l’umanità intera.

    Ma lui dubitava che la verità profonda a cui agognava sarebbe venuta a galla con i metodi dell’Inquisizione. E quindi, perché sprecare quell’opportunità che gli era stata concessa? Si era addirittura convinto fosse stato Dio in persona a far capitare quella creatura nella cappella di famiglia, proprio la notte in cui lui doveva andare a rendere omaggio ai suoi avi. Lo aveva trovato così, da solo, inerme. Non aveva capito subito chi fosse, ma la fortuna aveva voluto che fosse adesso suo prigioniero. Dio aveva guidato le sue decisioni. Come avrebbe potuto essere diversamente? Seppur l’Inquisizione fosse da anni un’istituzione, non poteva adesso demandare ad altri la custodia di quell’essere e del segreto che portava con sé.

    Uno spreco, non sarebbe stato altro. In fondo cosa hanno scoperto delle streghe? Poco e niente. I loro metodi non sono serviti a comprenderne la vera natura. Le amanti del diavolo hanno sempre e solo detto quello che l’Inquisizione voleva sentirsi dire. Non può succedere così anche in questo caso. Deve venir fuori la verità su chi effettivamente siano questi esseri del diavolo. Era il pensiero che aveva poco per volta infarcito giustificando a se stesso, fervente frequentatore di chiese e apostolo della parola di Dio, la mancata denuncia di quell’essere della notte. "Sarò io a svelare la verità al mondo. Mio Signore, saprò portarti la più precisa descrizione di chi siano questi esseri e di come si possa fare per

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1