I Misteri dell'Egitto
Di Giamblico
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I Misteri dell'Egitto - Giamblico
I MISTERI
DELL’EGITTO
GIAMBLICO
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ISBN: 978-88-85519-13-8
I MISTERI DELL’EGITTO
(Risposta del maestro Abammone alla lettera indirizzata da Porfirio ad Anebo e soluzione delle difficoltà che vi si trovano.)
Sappi che il filosofo Proclo, nel commentare le Enneadi del grande Plotino, dice che chi risponde alla presente lettera di Porfirio è il divino Giamblico e che, a motivo della congruità e della convenienza del soggetto trattato, egli simula di essere un certo Abammone Egizio; del resto, lo stile, con suoi periodi ben suddivisi così come l’aderenza al fatto riportato, la precisione, l’ispirazione dei pensieri, testimoniano della profondità di giudizio e dell’informazione di Proclo. [Nota di Michele Psello (1018-1078).]
I
II dio che governa l’eloquenza, Ermes, passa a buon diritto da moltissimo tempo per essere la divinità comune a tutti i sacerdoti; e questo unico protettore della vera scienza degli dei è il medesimo sempre e ovunque, colui al quale precisamente i nostri antenati dedicavano le invenzioni della loro saggezza, ponendo sotto il nome di Ermes tutti i loro scritti. E se noi pure prendiamo da questo dio quanto ci spetta secondo le nostre forze, fai bene a porre ai sacerdoti, come piace loro, domande di teologia tendenti alla gnosi; ed io, come è giusto, ritenendo a me indirizzata la lettera inviata al mio discepolo Anebo, ti risponderò sui temi della tua ricerca della verità. In effetti, dal momento che Pitagora, Platone, Democrito, Eudosso e molti altri tra gli antichi Greci hanno trovato l’insegnamento conveniente nei sacri scritti del loro tempo, sarebbe vergognoso che tu, nostro contemporaneo, animato dallo stesso spirito di quei grandi uomini, restassi privo dell’indirizzo che possono darti i maestri ora viventi, comunemente ritenuti tali.
Così, dunque, affronto la presente questione e tu, se lo desideri, immagina che sia quello medesimo a rispondere a quel che tu hai scritto; oppure, se lo ritieni preferibile, fa’ conto che a parlarti in questo scritto sia io o qualche altro profeta egiziano; il che non ha molta importanza; o meglio ancora, penso, lascia perdere chi parla, superiore o inferiore che ti sia, e considera invece se il discorso sia vero o falso, risvegliando attivamente la tua intelligenza. In proposito, cominciamo col distinguere i vari generi di problemi che si pongono: quanti siano e quali siano. Esaminiamo da quali teologie divine provengano le difficoltà, e vediamo secondo quali scienze determinate venga portata avanti la ricerca.
Alcuni aspirano a distinguere ciò che risulta fastidiosamente confuso, altri puntano sulla causa la quale fa sì che le cose tutte esistano e siano pensate in un certo modo; altri ancora volgono l’intelletto in direzioni opposte perché le cose vengono proposte in modo contraddittorio; alcuni, infine, ci chiedono l’esposizione dell’intera mistagogia; di modo che (le spiegazioni) vengono da settori diversi e da scienze differenti.
Gli uni, in effetti, ci spingono a soffermarci all’occorrenza sulle tradizioni ereditate dai saggi della Caldea; altri fanno rilievi basandosi sugli insegnamenti dei profeti dell’Egitto, e alcuni, che si rifanno alla speculazione filosofica, pongono le domande conformemente ad essa. Ma ecco pure che certi, per delle quisquilie, trascinano discussioni senza alcuna dignità; altri muovono da opinioni comuni tra gli uomini; tutte (queste opinioni), ognuna a modo suo, assumono vari aspetti e sono collegate le une alle altre in forme molteplici; così, per tutte queste ragioni, esse richiedono un discorso che le ordini convenientemente.
2 E dunque, per quel che riguarda le antiche dottrine degli Assiri, ti paleseremo, in verità, il nostro parere. Quanto invece alle nostre (dottrine), te le sveleremo chiaramente. E ricaveremo le une, attraverso il ragionamento, partendo dagli innumerevoli scritti dell’antichità; mentre (esporremo) le altre partendo da ciò che ha permesso più tardi, agli antichi, di compendiare in un determina to numero di scritti l’intera conoscenza sugli dèi. Ma se porrai qualche quesito filosofico, noi lo esamineremo anche secondo le prescrizioni di Ermes, che già Platone e Pitagora avevano studiato per fondare la loro filosofia, così come (terremo conto) dei problemi estranei (al discorso) o contraddittori, che tradiscono un intento polemico, (affrontandoli) con esortazioni serene e armoniose oppure ne dimostreremo l’assurdità; e cercheremo di considerare in maniera intellegibile e chiara tutto quanto deriva dalle concezioni comuni. Quanto poi a ciò che, per essere esattamente compreso, richiede un’esperienza interiore, dovremo (purtroppo) accontentarci delle parole; un discorso speculativo come il nostro, infatti, non potrebbe chiarirlo e però può porre l’accento su alcuni segni che possono permettere, a te e a coloro che ti somigliano, di giungere con l’intelletto all’essenza degli esseri; infine, per quel che riguarda quanto è conoscibile con il ragionamento, non ometteremo alcun mezzo per giungere a una sua completa dimostrazione.
D’ogni cosa renderemo ragione in modo appropriato e conveniente, daremo alle domande teologiche la risposta del teologo, quella del teurgo alle domande di teurgia, e da filosofi esamineremo con te i quesiti di filosofia; e porremo in luce seguendo i princìpi primi quelli tra essi che riconducono alle cause prime; e discuteremo in maniera conveniente dal punto di vista morale quanto si dice sui costumi e sui fini supremi; ed esporremo tutto quanto ancora resta con metodo e proprietà. Ma affrontiamo ora le tue domande.
3 Dunque tu dici, innanzi tutto, che ammetti l’esistenza degli dèi; e però non è corretto esprimersi così. Infatti, dato che nel profondo della nostra natura c’è una conoscenza innata degli dèi, superiore a ogni critica e ad ogni scelta (volontaria) ed anteriore al ragionamento e alla dimostrazione, questa conoscenza è unita originariamente alla sua causa propria e procede di pari passo con la propensione essenziale che porta la nostra anima verso il bene. In verità, più che di una conoscenza si tratta di un contatto con la divinità, poiché la conoscenza è separata (dal suo oggetto) da una sorta di alterità. Ora, prima di quella (conoscenza) che conosce qualcosa come altro da sé, v’è uno spontaneo ed uniforme legame che ci unisce agli dèi.
Non è dunque questione di ammettere o meno questo contatto (con gli dèi), né di rappresentarselo come ambiguo (esso permane sempre attuale come l’Uno), ed è inutile esaminarlo come se fosse in nostro potere accettarlo o rigettarlo; poiché invero noi siamo avvolti dalla presenza divina; è questa che ci dà pienezza e noi traiamo il nostro essere medesimo dalla conoscenza del divino. Lo stesso è da dire anche a proposito dei generi superiori che accompagnano agli dèi, cioè i demoni, gli eroi, le anime pure; in effetti, quanto a tutti questi, bisogna usare sempre un’unica definizione della loro essenza, evitare espressioni indeterminate e variabili, proprie dell’opinione umana, e tener lontano ciò che turba l’equilibrata neutralità del pensiero spingendo in un senso o nell’altro; poiché tutto questo è estraneo ai principi della ragione e della vita in quanto si volge a ciò che è di secondaria importanza e a ciò che attiene alla (mera) possibilità e alla contraddittorietà proprie del divenire.
Bisogna dunque ricomprendere gli esseri suddetti in una sola specie. Così dunque, di questi immortali compagni degli dèi abbiamo una percezione innata; e come in loro l’essere permane in maniera costantemente identica, così l’anima umana deve unirsi ad essi, in virtù dello stesso principio, attraverso la conoscenza, e senza seguire in alcun modo congetture, opinioni o qualsiasi ragionamento che proceda nel tempo, (essendo) l’essenza superiore a tutti questi mezzi di conoscenza; è attraverso le intellezioni pure e ineccepibili ricevute dagli dèi dall’eternità che (l’anima) può ricollegarsi a tali (generi superiori); tu però sembri credere che la medesima conoscenza valga per le cose divine come per qualsiasi altra, e che, procedendo a contrario, si possa pervenire alla conoscenza (del termine) opposto del discorso, come avviene ordinariamente nella dialettica; in realtà, non si tratta completamente della stessa cosa; la conoscenza degli dèi è a parte, aliena da ogni opposizione, né la si conce de o nasce in qualche momento: dall’eternità essa coesiste omogeneamente nell’anima.
4 Ecco dunque quanto ti dico del primo principio in noi, quello dal quale deve muovere chiunque voglia parlare o capire qualcosa sugli esseri a noi superiori; quanto alle proprietà peculiari di ciascuno dei generi superiori, quelle che li separano gli uni dagli altri, se tu concepisci queste proprietà come specifiche differenze all’interno dello stesso genere (per esempio, all’interno: del genere animale, la specie ragionevole e la specie priva di ragione), non riteniamo ammissibili in nessun caso delle similitudini quando si tratta di esseri che non presentano un’essenza comune che possa unificarli, né divisioni in sotto-specie del medesimo rango non sintetizzabili sulla base di un elemento comune indeterminati e di un elemento particolare determinante. Ora, se, trattando dei primi e dei secondi che si diversificano secondo l’intera loro essenza e l’intero loro genere, tu intendi per proprietà uno stato semplice in sé delimitato, questa concezione delle proprietà