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Uno di duecentocinquantamila. Troppi avvocati
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E-book158 pagine1 ora

Uno di duecentocinquantamila. Troppi avvocati

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Info su questo ebook

Dopo il grande successo di “Avvocà, per ora grazie“, Giuseppe Caravita di Toritto torna a raccontare storie di vita di avvocati nel modo ironico, riflessivo e appassionato come solo lui riesce a fare. Tra racconti più leggeri e divertenti e altri più intensi e toccanti, chi svolge la professione di avvocato oggi si ritroverà in molte delle esperienze raccolte in questo volume. Tra le righe di questo pregevole lavoro si ritrova tutta la dedizione e la passione dell’autore per il suo “gran bel mestiere” nonostante le quotidiane difficoltà che chi svolge la professione legale è costretto ad affrontare. E sono proprio gli aspetti più problematici riguardanti l’avvocatura a costituire il filo conduttore tra le storie narrate in questo volume che non può quindi mancare nella biblioteca di un avvocato ma che si presta alla piacevole lettura di tutti.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2017
ISBN9788833000152
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    Anteprima del libro

    Uno di duecentocinquantamila. Troppi avvocati - Giuseppe Caravita di Toritto

    controversie

    Premessa

    Il 6 novembre 2014, quando ho presentato all'Istituto di Studi Giuridici A.C. Jemolo il libro Avvocà, per ora grazie, ho pensato solo che i miei amici, quelli venuti alla presentazione, mi volessero molto bene. E' stata una giornata eccezionale, pensavo, ho visto occhi brillare di commozione e sentito risate di cuore. Ma sono i miei amici, pensavo, i miei confratelli del foro di Roma, anzi un pugno di confratelli (eravamo 60), con i quali ho condiviso quasi trenta anni di corridoi, di corse, di saluti rapidi, di sigarette fumate al volo. E a me sarebbe già andata bene così. Perchè i miei fratellini romani mi hanno riempito il cuore di amore, coltivato in silenzio ma sempre presente.

    Mai avrei immaginato che Avvocà, per ora grazie avrebbe girato insieme a me per tutta l'Italia per due anni.

    Brescia, Ferrara, Bologna, Genova, Napoli, Palermo, Gela, Terni, Rieti, Salerno, Cassino, Ravenna, Bergamo, Perugia, Potenza: tutti incontri emozionanti, con Colleghi e Colleghe stupendi. Un viaggio di due anni. Sembrava impossibile, e invece lo abbiamo fatto. Grazie a tutti coloro che hanno voluto ascoltarmi, sentire i miei racconti, partecipare alle presentazioni. Grazie a tutti quelli che mi hanno sorriso e stretto la mano.

    Ma le cose hanno un inizio e una fine. E così questo tour nato per gioco si conclude con un'ultima tappa a Biella, il 16 settembre 2016.

    Ma non finisce il viaggio. Ho alle stampe il secondo libro Uno di duecentocinquantamila - troppi avvocati, e già c’è chi mi ha invitato a presentarlo.

    Se mi regge la pompa, come si dice a Roma.

    Avvocato Giuseppe Caravita di Toritto

    (uno di duecentocinquantamila)

    Introduzione

    Pensate un mondo senza avvocati. Pensate un mondo senza difesa del debole contro il forte, senza difesa della ragione contro il torto. Pensate un mondo senza terzi che ascoltano, valutano, scelgono. Pensate un mondo senza confronto. Pensate: sarebbe un mondo senza litigi? Sarebbe un mondo senza scontri? Che cosa sarebbe un mondo dove il furbo può fare quello che vuole? Che cosa sarebbe un mondo senza possibilità di contraddire? Che cosa sarebbe un mondo senza parole? Pensate le aule dei Tribunali frequentate non da corsari, ma da pirati. Pensate un mondo senza il ministero degli avvocati, cioè senza il gravoso compito che l'avvocato assume svolgendo la difesa del proprio assistito. Pensate se sia mai possibile che 250.000 persone debbano ogni giorno lottare per la propria sopravvivenza: pensate se queste 250.000 persone smettessero da un giorno all'altro di esserci. Verrebbe giù l'intero sistema giustizia, perché la comunità degli avvocati è una colonna portante di questo sistema, che senza di noi non esisterebbe.

    Uno di 250.000.

    Uno di una colonna fatta di 250.000 mattoni.

    E a chi dice che siamo troppi, io dico: procedete alle revisioni degli albi, fate funzionare la disciplina, date dignità alla comunità degli avvocati affrontando il resto del mondo della giustizia come parte della colonna Avvocati, e non come scettici osservatori.

    MALE NON FARE, PAURA NON AVERE. IL SILENZIO UCCIDE, IL CONFRONTO APRE LE PORTE DELLA LIBERTA'

    Quando andò in scena la prima di Napoli milionaria, il teatro stracolmo seguì l'opera con il fiato sospeso. Era il dopoguerra, l'Italia era tutta da ricostruire. Napoli milionaria narra la storia di un uomo che, tornato a casa dal fronte, trova la sua famiglia moralmente distrutta. La moglie, con la borsa nera, è diventata una donna spietata. Il figlio, è un ladro di auto. La figlia grande è incinta di un soldato americano, sparito nel nulla. La piccola Rituccia gravemente malata, e bisognosa di un farmaco introvabile. Quel farmaco viene regalato alla piccola Rituccia da una persona gravemente danneggiata dalla avidità della moglie: nessuna vendetta, nessuna richiesta economica. La piccola Rituccia deve vivere, il farmaco è un regalo. Il medico lo somministra alla bambina, e ricorda che per vederne l'effetto occorre attendere alcune ore. L'ultima scena è drammatica: la donna è travolta dal gesto del donatore, e guarda al marito, uomo saggio, e chiede: Cosa dobbiamo fare? E vuole dire: come facciamo a tornare normali, come eravamo prima di questa guerra? E Eduardo De Filippo (Jovine, il protagonista) risponde: Ha da passà a nuttata. Luci. Sipario.

    Racconta Eduardo De Filippo in una intervista che la sera della prima successe un fatto straordinario: il teatro rimase in silenzio, per una manciata di secondi che a lui sembrarono secoli. In quei venti secondi di silenzio, lui pensò: E' stato un fiasco totale. Poi guardò alla sua sinistra, in quinta, e vide un addetto al teatro che lo guardava con gli occhi pieni di lacrime. Guardò di nuovo in sala, e si accorse che in molti stavano nelle stesse condizioni. E poi il teatro venne giù: venti minuti di applausi continui, irrefrenabili, partecipati.

    Non mollare. A tutti quelli che scrivono di non riuscire a farcela, a tutti quelli che dicono di volersi cancellare io dico: Non mollare. Questa nostra professione è dura, ci sono giorni che vorresti fare altro, ci sono giorni che non sai dove girarti. Ci sono giorni in cui tutto sembra remare contro di te. Qualcuno deve mollare, va bene. E perchè proprio te? Se hai paura di affrontare la realtà delle cose, allora molla, cerca un altro mestiere, fai bene, è giusto che sia così. La realtà delle cose è che questa è una professione dove nessuno ti può garantire nulla. La realtà è che i primi dieci anni non vedi una lira, o anzi un euro. La realtà è che ci vuole esperienza per affrontare quello che adesso affronti, e poi quando hai fatto quella esperienza arrivano questioni ancora più complicate. Semplicemente stai crescendo professionalmente e i clienti ti affidano le loro cose più importanti, e tu torni a romperti la testa. Ma non mollare, non per una questione di soldi. Parla con i tuoi colleghi, confrontati, unisci le tue forze a quelle di altri. Non voglio illudere nessuno, ma per favore, prima di mollare, pensaci. Chiedi, pretendi, confrontati. E pensa che hai per le mani una professione che non si fa per avere pieno lo stomaco, ma per avere piena la testa e il cuore. Incidentalmente anche il portafoglio, ma quello viene dopo. Prima ci sei tu. E ricordarti sempre: ha da passà a nuttata. Applausi.

    IL PANAMA DEGLI AVVOCATI (QUELLI PER BENE)

    Ho sognato l'Avvocato Gastone Tomassini. Gastone non è un nome facile da portare, ma lui lo portava con eleganza particolare. Era un grande amico di mio padre, e testimone di un fatto che immediatamente vi racconterò. Gastone camminava sulla spiaggia del Circeo, nel mio sogno, vestito di lino bianco, con un panama sulla testa e una sigaretta tra le dita. Aveva la faccia abbronzata, e un sorriso divertito sulle labbra. Senza dire una parola, mi ha guardato ed è andato via.

    Gastone e papà ci portavano al Circeo: tre futuri avvocatini di qua, e tre futuri avvocatini di là, sotto le ali protettive dei papavvocati. Avevo otto anni, o dieci, e mollai un ceffone a un ragazzino molto fastidioso. Intervenne la madre, e strillò come un'aquila. Intervenne mio padre. La signora aquila disse Io sono la moglie del Notaio Tal de Tali. E qui faccio una piccola digressione: il nostro cognome intero è Caravita di Toritto.

    Mio padre dunque rispose: E io sono l'Avvocato Caravita. E si girò per andarsene via, Poi si ricordò dei sacri lombi, si girò e disse, con un dito alzato: E ci aggiunga il di Toritto.

    Disgrazia volle che la signora aquila notaia poco sapesse di patronimici nobiliari, e che confondesse dunque le parole: non ci aggiunga il di Toritto, ma Ci aggiunga il dito ritto, che andava evidentemente messo da qualche parte, non tra le più nobili del nostro corpo.

    Putiferio, indignazione, e così via...

    E a tutto questo assisteva Gastone, ridendo.

    Forse, stamattina, nel mio sogno passava di là, sulla spiaggia del Circeo, e con i piedi nudi nella sabbia fresca pensava proprio a questo: e poi spariva, con il suo vestito bianco di lino, nella bruma mattutina, nelle piccole volute di fumo, tra le vele in lontananza.

    Ciao Gastone, che hai voluto bene a mio padre: tu e lui, due persone perbene che quando si parlava di Panama, pensavano al cappello, e ridevano silienziosi.

    SOLDI ORA NO, AVVOCATO, HO TROPPE COSE DA PAGARE

    BENTORNATI, COLLEGHI, METTIAMOCI A FARE QUESTA COSA STRANA CHE FACCIAMO NOI E CHE NON RIENTRA TRA LE COSE DA PAGARE

    Ho chiesto via mail ad un cliente il saldo della rata concordata per gli incarichi a me affidati. La risposta è stata: Soldi ora no, ho troppe cose da pagare.

    Quindi, secondo logica, la mia attività non rientra tra le cose da pagare, neanche se c'è un contratto e delle rate concordate.

    Va bene, anzi va male, ma me lo aspettavo. Ma quello che mi chiedo è Che cosa faccio io nella vita? Perchè la gente ha questo atteggiamento? Cosa dobbiamo fare per cambiare la situazione?

    E sto parlando di questioni serie. Di diritti calpestati. I clienti non hanno la cultura necessaria per capire che difendere un proprio diritto comporta dei sacrifici.

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