Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Formiche e calabroni
Formiche e calabroni
Formiche e calabroni
E-book89 pagine1 ora

Formiche e calabroni

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Roberto, un adolescente napoletano, scopre dopo la morte del padre che la sua famiglia non era quella di cui andava fiero. Ben presto a causa dei compromessi derivanti dalle scelte dei suoi genitori non riesce a liberarsi dalla morsa dei ricatti che lo tengono in ostaggio nonostante l’amore di Sandra.
LinguaItaliano
Data di uscita9 giu 2020
ISBN9788831676311
Formiche e calabroni

Correlato a Formiche e calabroni

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Formiche e calabroni

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Formiche e calabroni - Carmine Spera

    Che­ster­ton)

    Prefazione

    Chi so­no le for­mi­che? Chi so­no i ca­la­bro­ni? Chi so­no le for­mi­che e i ca­la­bro­ni in una cit­tà, in una ter­ra do­ve il bian­co e il ne­ro non esi­sto­no, do­ve tut­to è di­ven­ta­to gri­gio. Gri­gio co­me l'asfal­to bru­cia­to dal so­le che qui è più cal­do. Gri­gio co­me il sel­cia­to ta­glia­to dal fred­do che qui è più fred­do. Gri­gio co­me i pa­laz­zo­ni tut­ti ugua­li che qui so­no più ugua­li o me­no ugua­li di­pen­de dal­la la­ti­tu­di­ne dal­la qua­le ve­di, scru­ti. Dal­le per­sia­ne chiu­se, se­mi­chiu­se o aper­te. Aper­te ma che son chiu­se, tal­vol­ta, per­ché con­vie­ne non ve­de­re. Gri­gio co­me gli ani­mi che si con­fon­do­no con quel gri­gio che as­sa­le. Qui in una del­le tan­te pe­ri­fe­rie di un oc­ci­den­te che sten­ta ad ar­ri­va­re do­ve Ro­ber­to, un Ros­so Mal­pe­lo 3.0, è il pro­ta­go­ni­sta di una sto­ria che è la sto­ria di tut­te le pe­ri­fe­rie del mon­do. Qui do­ve a se­di­ci an­ni un ra­gaz­zo è già gran­de per­ché trop­po pic­co­lo quel mon­do che gli im­po­ne una cre­sci­ta. Pic­co­lo com'è pic­co­lo quel for­mi­chie­re, giun­gla di car­ne che pul­lu­la, dal qua­le è dif­fi­ci­le stac­car­si.

    Io non de­vo ur­la­re e non pos­so pian­ge­re. Per­ché ho se­di­ci an­ni. Se­di­ci an­ni... di­ce tra sé e sé, ur­lan­do­lo al mon­do, Ro­ber­to Dell’Abe­te o Dell’Abe­te Ro­ber­to per­ché po­co im­por­ta, in que­sto lem­bo di ter­ra, se vie­ne pri­ma il no­me o il co­gno­me, tan­to di lui nes­su­no se ne fot­te­rà mai, se non un ar­ti­co­lo di gior­na­le di terz'or­di­ne che pri­ma o poi gli da­rà spa­zio. Non per ren­der­gli giu­sti­zia in que­sta in­giu­sti­zia glo­ba­le, ma per vo­mi­ta­re odio, quel­lo che fa tan­to be­ne al­la no­stra me­dio­cri­tà glo­ba­le che ci fa sen­ti­re più giu­sti per­ché vit­ti­me. Ma chi è la vit­ti­ma e chi il car­ne­fi­ce? Dif­fi­ci­le tro­va­re ri­spo­sta a que­sto in­ter­ro­ga­ti­vo. For­se siam tut­ti vit­ti­me e nel­lo stes­so tem­po car­ne­fi­ci in una car­ne­fi­ci­na quo­ti­dia­na che è la vi­ta da que­ste par­ti. Di qua­li par­ti sto par­lan­do? Di Na­po­li, ma non so­lo.

    Una vol­ta rac­con­tan­do una sto­ria del­la pe­ri­fe­ria na­po­le­ta­na si rac­con­ta­va lo spac­ca­to di un ter­ri­to­rio. Og­gi si rac­con­ta­no tut­te le pe­ri­fe­rie del mon­do.

    Ro­ber­to vi­ve nel­la pe­ri­fe­ria di Na­po­li ma po­te­va vi­ve­re a Ba­ri, a Ge­la, a To­ri­no, nei sob­bor­ghi di Mi­la­no, nel­le ban­lieue pa­ri­gi­ne o a Mo­len­beek-Saint Jean al­le por­te di Bru­xel­les. Non luo­ghi do­ve cen­ti­na­ia di ra­gaz­zi­ni ven­go­no ab­ban­do­na­ti a se stes­si, do­ve la cri­mi­na­li­tà or­ga­niz­za­ta al­lar­ga le brac­cia, ar­ruo­lan­do un nu­me­ro sem­pre cre­scen­te di mi­no­ren­ni in­ca­ri­ca­ti di ese­gui­re at­ti di in­ti­mi­da­zio­ne, estor­sio­ni, omi­ci­di, spac­cio di dro­ga ed al­tri rea­ti che pre­sen­ta­no per i mag­gio­ren­ni un ele­va­to ri­schio pe­na­le.

    Pe­ri­fe­rie fat­te mon­do do­ve la cul­tu­ra dell'omer­tà, del so­pru­so e del ri­fiu­to del­lo Sta­to è più pro­fon­da, ed è fa­ci­le per i bam­bi­ni cre­sce­re se­con­do i co­di­ci ma­fio­si. E fa­re trop­po in fret­ta il sal­to di qua­li­tà, strin­gen­do un'ar­ma in pu­gno. Qui i ra­gaz­zi so­no la ma­no­va­lan­za per­fet­ta.

    Mal­pe­lo si chia­ma­va co­sì per­ché ave­va i ca­pel­li ros­si; ed ave­va i ca­pel­li ros­si per­ché era un ra­gaz­zo ma­li­zio­so e cat­ti­vo, che pro­met­te­va di riu­sci­re un fior di bir­bo­ne. Co­sì Ver­ga qua­si due se­co­li fa ci par­la­va di un mon­do. Qual è la dif­fe­ren­za con Ro­ber­to? La man­can­za di ma­li­zia, l'in­no­cen­za cri­mi­na­le for­se, l'in­con­sa­pe­vo­lez­za, il gri­gio, il can­do­re e la spe­ran­za di ve­de­re l'Am­me­ri­ga, l'hor­ror va­cui in­con­scio, in­co­scien­te, in­scien­te, ma so­stan­zial­men­te il fat­to che og­gi i tan­ti Ro­ber­to, re­clu­te di un eser­ci­to sem­pre vi­vo, so­no pas­sa­ti dal col­tel­lo al re­vol­ver.

    Car­mi­ne Spe­ra con la for­za dell'io nar­ra­ti­vo rie­sce a far en­tra­re il let­to­re nel ven­tre mol­le di una so­cie­tà sen­za spe­ran­za al­cu­na, do­ve il de­sti­no è già se­gna­to. Do­ve a nul­la ser­ve l'aver ca­pi­to, l'aver com­pre­so, l'aver sco­per­to l'amor che mo­ve il so­le e l'al­tre stel­le. Quel­lo ser­ve nel­le fic­tion, nei film, nei rac­con­ti a lie­to fi­ne. Qui il ve­ri­smo non è trat­ta­to, in­ven­ta­to, edul­co­ra­to, è una ra­dio­gra­fia del pre­sen­te, una tac do­ve a po­co ser­ve il mez­zo di con­tra­sto se non a ve­de­re ciò che è sot­to gli oc­chi di tut­ti.

    Con que­sto li­bro Car­mi­ne, di­ver­sa­men­te da quel­lo scri­ve nel­le sue can­zo­ni per bam­bi­ni, ci fa fa­re, ve­de­re, toc­ca­re con le ma­ni del­la cru­da real­tà un sal­to, nel buio, nel qua­le sia­mo sta­ti ca­ta­pul­ta­ti dall'in­dif­fe­ren­za.

    Chi so­no le for­mi­che? Chi i ca­la­bro­ni? Può una for­mi­ca di­ven­ta­re ca­la­bro­ne? Sì. E un ca­la­bro­ne di­ven­ta­re una for­mi­ca? For­se. Qui nul­la è cer­to, nul­la è ben de­li­nea­to se non il gri­gio che as­sa­le.

    For­mi­che e ca­la­bro­ni è un ro­man­zo di for­ma­zio­ne ati­pi­co in cui il pro­ta­go­ni­sta ha un cam­bia­men­to, un'evo­lu­zio­ne che a nul­la ser­vi­rà se non co­me esem­pio per al­tri che pur­trop­po se­gui­ran­no la stes­sa stra­da, per­ché è quel­la la stra­da mae­stra di mon­do che a nes­su­no im­por­ta.

    Buo­na let­tu­ra.

    To­ni­no Sca­la

    Capitolo I

    Tre ore du­ra­no tre ore, pe­rò pos­so­no sem­bra­re tre mi­nu­ti op­pu­re tre gior­ni.

    Que­sto po­me­rig­gio non pas­sa mai.

    Dov’eri ie­ri se­ra al­le ot­to?

    Ve l’ho spie­ga­to già die­ci vol­te. Ero al bar. Ce ste­ve ‘a par­ti­ta.

    Un al­tro schiaf­fo la­scia il se­gno sul­la mia guan­cia si­ni­stra. Su quel­la de­stra, di li­vi­di or­mai non se ne con­ta­no più.

    Dal­la stan­za af­fian­co ar­ri­va­no le ur­la di Lui­gi: Nun so stat’io, non so nien­te!

    È an­che lui sot­to tor­chio.

    Io non ur­lo, non pian­go, strin­go gli oc­chi e i den­ti. Io non de­vo ur­la­re e non pos­so pian­ge­re.

    Per­ché ho se­di­ci an­ni.

    "Bri­ga­die’, io nun ce az­zec­co nien­te!!"

    Non sei sta­to tu a fa­re co­sa?

    "Io lo so ie­ri se­ra cos’è suc­ces­so? ‘O

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1