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Sant'Agostino - Storia universale della filosofia
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E-book239 pagine3 ore

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Nessuno che abbia qualche conoscenza degli scritti di S. Agostino si rifiuta di numerarlo tra i grandi filosofi, cioè tra quei pochi, i quali hanno saputo, meglio degli altri, scoprire e contemplare le ultime cause di ciò che si presenta nell'esperienza degli uomini. Fénelon, trovava in lui più metafisica che non in Platone e in Cartesio. Di ben pochi, se pure di alcuno, l'influsso è stato così esteso e così profondo.

Ma lo studio della filosofia di S. Agostino presenta speciali difficoltà. Soltanto i suoi primi scritti appartengono in prevalenza alla filosofia. Ben presto e principalmente dal tempo della sua consacrazione episcopale, egli si preoccupa di esporre e di illustrare la fede cristiana e non si cura più della filosofia per se stessa. Senonché nello sforzo che fa per capire e difendere le verità rivelate, egli riscontra i problemi filosofici e li penetra, ora l'uno, ora l'altro, con tutto l'impeto della sua mente avida di luce. Bisogna perciò raccogliere attraverso opere direttamente teologiche o esegetiche quei tratti concessi all'esercizio della pura ragione.

Estratti questi brani preziosi, non è sempre facile vederne il vero senso. Noni sono parti di un trattato scolastico, ma appartengono non di rado a una dimostrazione più ampia in cui hanno una funzione determinata da diversi fattori, cioè dalla qualità dell'avversario, dai suoi argomenti, dai suoi pregiudizi, dalle sue concessioni ecc.. Prenderli senza badare a tutto ciò, è esporsi a travisarli gravemente.

Sebbene poi S. Agostino sia un autore chiaro, che non ricerca le parole tecniche e ripeta spesso gli stessi concetti, egli però dovette, per scrutare nuovamente o più profondamente i più gravi problemi, foggiarsi una lingua adatta, di cui non poche parole non si lasciano tanto facilmente interpretare.

Il nostro metodo non ha segreti a cui il buon senso non arrivi. Sorto un dubbio sopra il senso di una dottrina agostiniana, cerchiamo prima di tutto i testi in cui l'autore ne ha trattato più espressamente; alle volte, basta un passo, se l'autore risponde esplicitamente alle nostre questioni, per determinare il senso di cento atri che lascerebbero incerti. Laddove non appare un cambiamento dagli scritti anteriori ai posteriori, studiamo il senso in cui tutti i testi si possano accordare. Quando il dubbio persiste, ci aiutiamo con i punti già accertati e ci pronunciamo secondo la coerenza intima del sistema.

Affinché il lettore abbia sempre gli elementi necessari per farsi una propria opinione, noi, da una parte, esprimiamo decisamente le nostre interpretazioni, e, dall'altra parte, non solo portiamo i testi del nostro autore che le giustificano, ma anche diamo conoscenza delle interpretazioni divergenti e delle loro ragioni.

Possa questo libro invogliare molti studiosi alla lettura diretta di Sant'Agostino. I volumi del santo Dottore restano una fonte inesauribile di luce intellettuale e un, incitamento perenne all'elevazione morale.
LinguaItaliano
Data di uscita27 lug 2017
ISBN9788892675834
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    Anteprima del libro

    Sant'Agostino - Storia universale della filosofia - C. Boyer

    INDICE

    PREFAZIONE

    CAPITOLO I

    CAPITOLO II

    CAPITOLO III

    CAPITOLO IV

    CAPITOLO V

    CAPITOLO VI

    CAPITOLO VII

    CAPITOLO VIII

    CAPITOLO IX

    CAPITOLO X

    CAPITOLO XI

    CONCLUSIONE

    Sant'Agostino

    Storia universale della filosofia

    C. Boyer

    Prima edizione digitale 2017 a cura di David De Angelis

    PREFAZIONE

    Nessuno che abbia qualche conoscenza degli scritti di S. Agostino si rifiuta di numerarlo tra i grandi filosofi, cioè tra quei pochi, i quali hanno saputo, meglio degli altri, scoprire e contemplare le ultime cause di ciò che si presenta nell'esperienza degli uomini. Fénelon, trovava in lui più metafisica che non in Platone e in Cartesio. Di ben pochi, se pure di alcuno, l'influsso è stato così esteso e così profondo.

    Ma lo studio della filosofia di S. Agostino presenta speciali difficoltà. Soltanto i suoi primi scritti appartengono in prevalenza alla filosofia. Ben presto e principalmente dal tempo della sua consacrazione episcopale, egli si preoccupa di esporre e di illustrare la fede cristiana e non si cura più della filosofia per se stessa. Senonché nello sforzo che fa per capire e difendere le verità rivelate, egli riscontra i problemi filosofici e li penetra, ora l'uno, ora l'altro, con tutto l'impeto della sua mente avida di luce. Bisogna perciò raccogliere attraverso opere direttamente teologiche o esegetiche quei tratti concessi all'esercizio della pura ragione.

    Estratti questi brani preziosi, non è sempre facile vederne il vero senso. Noni sono parti di un trattato scolastico, ma appartengono non di rado a una dimostrazione più ampia in cui hanno una funzione determinata da diversi fattori, cioè dalla qualità dell'avversario, dai suoi argomenti, dai suoi pregiudizi, dalle sue concessioni ecc.. Prenderli senza badare a tutto ciò, è esporsi a travisarli gravemente.

    Sebbene poi S. Agostino sia un autore chiaro, che non ricerca le parole tecniche e ripeta spesso gli stessi concetti, egli però dovette, per scrutare nuovamente o più profondamente i più gravi problemi, foggiarsi una lingua adatta, di cui non poche parole non si lasciano tanto facilmente interpretare.

    Vero è che veniamo tardi e che molti interpreti nel corso dei secoli hanno spiegato i principali testi in ogni questione, ed è un dovere di riconoscere il servigio, che rendono tanti studi, fatti con intelligenza e con amore della verità. In ciascuna delle nostre interpretazioni siamo debitori verso qualcuno dei precedenti scrittori. Bisogna però convenire clic la diversità delle interpretazioni è spesso un ostacolo di più. Accade anche in un periodo determinato, senza eccettuare il nostro tempo presente, che per cause contingenti il peso delle interpretazioni si porti da una parte, senza che la forza delle ragioni sia proporzionata al numero dei consenzienti.

    Le tesi dell'agostinianismo medievale o non sono agostiniane, o non hanno per lo più. in S. Agostino che un. vago fondamento; l'agostinianismo dei Giansenisti del Seicento andava alle volte contro la lettera e più spesso contro lo spirito del Dottore della grazia; gli Ontologi dell'ottocento sì dicevano discepoli di S. Agostino con. un'interpretazione oggi quasi da tutti rigettata; e forse in questi ultimi anni, lo storicismo, che inclina a sottolineare e ad ingrandire le differenze in uno stesso autore e tra i diversi autori, ha troppo impediti di vedere la coerenza del pensiero agostiniano e. la sua permanenza nella tradizione filosofica cristiana. Ci vuole in ciascuno di quei momenti una speciale e coraggiosa attenzione per esaminare con indipendenza i testi e, se sarà il caso, navigare allora Contro corrente.

    Il nostro metodo non ha segreti a cui il buon senso non arrivi. Sorto un dubbio sopra il senso di una dottrina agostiniana, cerchiamo prima di tutto i testi in cui l'autore ne ha trattato più espressamente; alle volte, basta un passo, se l'autore risponde esplicitamente alle nostre questioni, per determinare il senso di cento atri che lascerebbero incerti. Laddove non appare un cambiamento dagli scritti anteriori ai posteriori, studiamo il senso in cui tutti i testi si possano accordare. Quando il dubbio persiste, ci aiutiamo con i punti già accertati e ci pronunciamo secondo la coerenza intima del sistema.

    Affinché il lettore abbia sempre gli elementi necessari per farsi una propria opinione, noi, da una parte, esprimiamo decisamente le nostre interpretazioni, e, dall'altra parte, non solo portiamo i testi del nostro autore che le giustificano, ma anche diamo conoscenza delle interpretazioni divergenti e delle loro ragioni.

    Possa questo libro invogliare molti studiosi alla lettura diretta di Sant'Agostino. I volumi del santo Dottore restano una fonte inesauribile di luce intellettuale e un, incitamento perenne all'elevazione morale.

    Roma, 25 settembre 1943.

    CAPO I - L'UOMO

    - 1. LA FORMAZIONE DI S. AGOSTINO

    Crediamo di dover attenerci a grande brevità nel presentare la personalità di Agostino. Egli ha raccontato se stesso fino al suo quarantesimo anno in uno dei libri più universalmente conosciuti, il libro delle sue Confessioni. Gli scrittori come Louis Bertrand e Giovanni Papini; ;gli eruditi come il Tillemont, il Casamassa, il Bardy; gli agiografi come il Concetti ed il De Romania, per nominarne solo alcuni, hanno ripreso ad illustrare la autobiografia agostiniana, completandola in gradi diversi. A noi basterà ricordare quelle particolarità dell'ambiente e quei fatti della vita di Agostino che hanno esercitato un più profondo influsso sulla formazione del suo pensiero.

    Nacque à Tagaste (oggi Souk-Ahras) nella Numidia proconsolare nel novembre dell’anno 354 (probabilmente il 13). Si è voluto dargli un'origine romana, ma con poco fondamento. Il certo è che l'ambiente era quella di una provincia romana e che nella città la lingua parlata era il latino. L'educazione di Agostino fu fatta secondo le norme della cultura latina del IV secolo.

    Il primo influsso sull'anima del fanciullo fa quello della madre Monica la madre della mia carne, come colei che desiderava nel suo cuore casto di partorire, anche a più caro prezzo, la mia salute eterna nella tua fede, che seppe innamorarlo della fede cristiana e del nome di Gesù. Pur generiche che fossero, le prime impressioni cristiane di Agostino si dimostrarono poi incancellabili e in più di un bivio lo spinsero con efficacia verso la religione di Cristo.

    Seguì la formazione scolastica, prima a Tagaste, poi nella vicina Madaura: formazione tutta letteraria che diede ad Agostino il gusto delle belle parole ma che con il commercio intemperante dei poeti e degli oratori pagani dissecò la sua pietà cristiana. Venne l'anno decimo sesto della sua età; anno che dovette passare nell'ozio a Tagaste; venne poi il soggiorno a Cartagine per la continuazione dei suoi studi: e l'adolescente, cedendo ai desideri delle sue passioni, si distaccò dalla vita cristiana. È il periodo, in somma assai breve, su cui egli, già vescovo, ha pianto nelle Confessioni con espressioni roventi.

    Infatti egli non durò molto a Cartagine senza riprendersi almeno in parte e senza dare alla sua vita un fine più alto che il piacere dei sensi o la vanità scolastica. Questo primo risveglio, lo dovette all'Ortensio di Cicerone, libro oggidì perduto, il quale esortava all'amore della sapienza. Agostino capì che l'uomo è nato per il pensiero e che la sua più nobile occupazione sta nella ricerca della verità. Si sentì filosofo: Improvvisamente mi diventò vile ogni umana speranza e con ardore incredibile dell'anima bramavo la sapienza immortale. Ma del e trovare la sapienza? Troppo radicata era rimasta nel cuore dello studente la prima educazione, malgrado il suo distacco pratico, perché egli potesse cercarla fuori di Cristo: e tutto quanto fosse senza codesto nome, per quanto letteralmente forbito e veritiero, non mi conquistava del tutto.

    Si rivolse dunque verso le Scritture; ma vi trovò uno stile umile ed un pensiero misterioso, mentre egli amava la maestà ciceroniana ed era avido di capire. Rimaneva insoddisfatto. Fu allora che i Manichei seppero cattivario alla loro setta. Voleva egli stare con Cristo? Anch'essi si dicevano cristiani e Mani si professava apostolo di Gesù Cristo. Voleva godere la verità e ripugnava a credere senza vedere? Anche essi pretendevano rigettare la fede e contentare appieno la ragione: e poi sapevano scoprire tante assurdità in ogni dottrina che non fosse la loro propria! Agostino si lasciò guadagnare da quelle promesse e da quella dialettica e per nove anni rimase nella setta, così riservato da fermarsi al primo gradino, quello degli uditori, ma così fiducioso da fare lo zelante, da impugnare i cattolici, e da conquistare alla setta anche i suoi amici.

    In fine però si accorse che i Manichei non mantenevano le loro promesse. Le parole che così smerciavano per spiegare la costituzione del mondo non si potevano intendere alla lettera, e quando l'impaziente uditore ne domandava il senso segreto, gli si rispondeva di aspettare l'arrivo di un celebre dottore manicheo, di nome Fausto, il quale gli chiarirebbe tutto. Costui però, messo alle strette dalle questioni di Agostino, confessò di non saper nulla più degli altri. Qualche tempo ancora il figlio smarrito su cui piangeva Monica continuò a frequentare la setta manichea, ma se ne staccava ogni giorno più.

    Si era nell'autunno del 383. Agostino, disgustato dal contegno sgarbato e rumoroso degli studenti di Cartagine, si sottrasse un bel giorno alla sorveglianza della madre e se ne partì per Roma, dove sperava di trovare discepoli morigerati e probabilmente anche occasioni di far carriera. Qui nell'Urbe, aprì una scuola di retorica, mentre la sua mente rifiutandosi oramai alle favole manichee, non sapeva a che cosa aderire. Ma non era fosse quella la condizione umana di cercare la verità senza speranza di punto trovarla? Così pensava la Nuova Accademia, illustrata dal grande Carneade, e difesa dallo stesso Cicerone. Agostino inclinava a dar ragione a filosofi tanto celebri e in tanto accettò la regola di guardarsi da qualsiasi assenso assoluto, come a cosa certa, ma di contentarsi di scegliere ciò che sembrerebbe più probabile.

    Questo era lo stato d'animo del nostro retore quando concorse per una cattedra in Milano, dove risiedeva la corte imperiale, e riuscì vincitore. Nell'autunno del 384, appena trentenne, Agostino arrivò in questa città. Tra le sue visite di cortesia, non omise quella al vescovo, il celebre Ambrogio, prima prefetto della città e poi portato sulla sede episcopale dall'acclamazione del popolo. Accolto affettuosamente, il giovane professore si-fece premura di andare la domenica a sentire il sermone di Ambrogio. Questi era uomo di grande coltura e di assiduo lavoro, che utilizzava per i suoi discorsi i te; seri dell'Oriente, di Filone, di Origene, di Basilio, e d'altri ancora.

    Sulle prime, Agostino guardava solo alla forma di quella eloquenza austera e forte, ma con le parole entravano le idee, e ben presto fu alle cose dette che principalmente egli si attaccò.

    Da questo punto in poi, i fatti sono presentati dai di. versi interpreti con differenze alle volte assai importanti. È stata molto discussa l'autorità delle Confessioni, che si dicevano stare in opposizione coi primi Dialoghi, scritti a Cassiciacum. Ad. Harnack, in Augustin's Confessionem, Giessen, 1888 e Gaston Boissier, nella Revue des Deux-Mondes del 1 gennaio 1888 insisterono sulle divergenze di queste due fonti, e i loro dubbi furono spinti più oltre da Fr. Loofs; da Louis Gourdon; da Hans Becker; da P. Alfarie.

    La veracità delle Confessioni e la loro concordia so. stanziale coi Dialoghi furono però fin dal principio mantenute da numerosi scrittori e già da alcuni anni sembra. no generalmente ammesse. I principali scritti in questo senso sono quelli di Fr. Wòrter; J. Martin; E. Portalié; W. Montgomery; Norregaard; J. Mausbacli; Gros; U. Mannucci; Fabo. Si sono pronunciati nello stesso senso, senza pubblicarne uno studio speciale, scrittori di grande autorità, come Paolo Monceaux, Pietro De Labriolle, Stefano Gilson, Enrico-Ireueo Marrou, etc. Quei libri della Bibbia, che i Manichei dicevano pieni di assurdità e che, almeno a prima vista, sembravano spesso andare contro i principii di una filosofia un po' elevata, ecco che presentati e spiegati da Ambrogio, non solo non contenevano niente di ridicolo, ma apparivano pieni di una dottrina profonda, armoniosa, sublime. D'altra parte, Agostino si persuadeva sempre più della superiorità della fisica dei filosofi sopra quella di Mani. Finì presto per concludere che la più grande probabilità non stava dalla parte dei Manichei e poichè cercava una religione, e non voleva fermarsi a una dottrina meramente filosofica, si risolse a considerarsi di nuovo come catecumeno nella Chiesa Cattolica.

    Ciò non significava che egli aderisse alla fede cattolica. Anzi si addentrava più che mai nel dubbio della Nuova Accademia e non sperava di poter scoprire la verità sul destino dell'uomo. In tanto però proseguiva a sentire ogni domenica la parola di S. Ambrogio e,, a poco a poco (:paulatim) il grande cambiamento, da lui stesso inaspettato, si compi.

    Lo studio delle Confessioni costringe effettivamente ad ammettere che' Agostino rinnovò con piena certezza l'adesione alla Chiesa cattolica, prima di venire a contatto col neo-platonismo. I Dialoghi, scritti quasi al tempo dell'avvenimento, lo confermano. Insiste egli stesso su questo ordine dei due avvenimenti, il quale davvero è molto importante per un esatto apprezzamento dell'influsso neo-platonico sul suo pensiero.

    Accettò l'autorità della Chiesa cattolica perché la vide garantita dalla Provvidenza, a cui, anche nel tempo del suo scetticismo accademico, sempre credette. Ecco, in breve, il suo ragionamento. Da una parte, la umanità nella sua condizione di fatto abbisogna di un soccorso che l'illumini sulle verità necessarie per conoscere il fine della vita e la retta strada che conduce ad esso; dall'altra parte, esiste la Chiesa cattolica, la quale pretende di essere appunto quel soccorso e che si presenta con un'aria di grandezza e con certezza di vittoria, che destano l'attenzione. Ella apparisce manifestamente protetta e favorita dalla Potenza suprema, in tutta la sua storia e nella sua maestà presente, la quale, in qualche modo, è resa tangibile nella persona del vescovo Ambrogio, E per tal modo mi persuadesti che erano colpevoli non colore che credevano nei tuoi libri, cui Tu desti un fondamento di tanta autorità quasi in tutto i mondo, ma coloro che non vi credevano. Ancora: Essendo noi troppo deboli per scoprire la verità con la pura ragione e avendo quindi bisogno dell'autorità di una Scrittura santa, già avevo cominciato a credere che in nessun modo Tu avresti attribuito a quella Scrittura tanta eccellenza e autorità per tutta la terra, se non avessi voluto che proprio per mezzo di essa e si credesse in. Te e Ti si cercasse . E davvero, dopo alcune pagine, e senza che nessun altro influsso sia stato rilevato, egli dice: Tu non permettevi che i flutti ove ero in balìa mi allontanassero da quella fede per cui credevo nella tua esistenza, nell'immutabilità della tua sostanza, nella provvidenza tua e nel tuo giudizio; per cui credevo che in Cristo, Figlio tuo, Signor nostro _ e nella Scrittura santa, avvalorata dall'autorità della tua Chiesa cattolica, hai posto la via che mena gli nomini salvi a quella vita che verrà dopo la morte.

    Agostino era dunque tornato alla fede cattolica prima d'incontrare il neo-platonismo, ed è perciò che egli potè dare un senso cristiano a una dottrina che cristiana non era. Si può tenere per certo che i libri fornitigli in quel tempo da a un uomo gonfio di mostruosa superbia" erano le Ennea di di Plotino, interpretate in latino dal retore Vittorino, e forse anche qualche opera di Porfirio. La lettura che ne fece, se non lo guarì delle sue miserie morali, come egli rileva con insistenza, gli portò però la rivelazione dello spirito e in qualche modo quelli che saranno i fondamenti della sua filosofia. Non si può dunque dare troppa importanza a quell'avvenimento.

    Fin qui Agostino non sapeva pensare che con nozioni falsate dal materialismo. Ogni essere, anche Dio, doveva essere un corpo: solo la quantità o la sottigliezza poteva variare. Così immaginavano i Manichei, così anche sembrava immaginare Cicerone. Ascoltando i sermoni di S. Ambrogio, il giovane retore di Milano aveva bensì sentito molte volte ripetere che Dio è spirito, e l'aveva creduto. Ma con Plotino lo capì.

    Un ultimo influsso, di quelli, s'intende, che possiamo in qualche maniera constatare, si esercitò in quel punto della formazione di S. Agostino e fu quello di S. Paolo.

    Meditando le lettere dell'Apostolo, egli scoprì l'essenza del cristianesimo, che sta nella miseria dell'uomo e nella potenza della grazia redentrice. Più che darsi alle dotte speculazioni, si trattava di umiliarsi e di pregare.

    Ciò che egli doveva poi insegnare con tanta forza contro il fiero monaco Pelagio, l'imparava ora leggendo S. Paolo, e l'imparava conformandosi a ciò che leggeva.

    Ormai Agostino non si preoccupa di riempirsi l'intelletto, ma di cambiarsi il cuore, e questo lo compie a poco a poco, consultando uomini venerandi, come Simpliciano, futuro successore di Ambrogio sulla sede milanese, pregando molto nelle chiese, leggendo con fervore San Paolo. Un giorno, quando più si vergognava della sua debolezza, sentì la cantilena di un ragazzo: Tolle, lege. Lesse una frase dell'epistola ai Romani ed in un istante si trovò cambiato, e cioè risoluto a vivere secondo i consigli della perfezione cristiana, nella continenza e nel distacco dalla gloria terrena.

    Lasciata allora la scuola di retorica, andò con Monica, suo figlio Adeodato, e pochi amici in una villa di Cassiciaco (oggi Cassago in Brianza), messa a sua disposizione. Là, doveva prender cura della proprietà, dare delle lezioni a due giovani, ma principalmente prepararsi al battesimo. Vi scrisse i dialoghi, preziosissimi per conoscere lo stato della sua anima e del suo pensiero in quell'alba della sua vita novella; cioè tre libri Contra Acadernicos; uno De beata Vita, due De Ordine. Fece poi nei Soliloquia dialogare per due libri la sua ragione con se stesso. Si mise anche a scrivere alcuni trattati sulle materie che aveva insegnate: compose un libro De grammatica e cominciò un De Dialettica e De Rettorica; e forse, pensa il Marron, sono a noi pervenute alcune di quelle pagine che egli stesso aveva perdute.

    Agostino tornò a Milano per farvi sotto la direzione di S. Ambrogio la preparazione ufficiale al battesimo; il vescovo gli conferì il sacramento -il giorno di Pasqua dell'anno 387. Egli volle poi tornare in Africa, e stava già ad Ostia per imbarcarsi quando, alcuni giorni dopo la celebre estasi della madre e del figlio, Monica spirò.

    Allora, per qualche ragione che non sappiamo, Agostino si trattiene a Roma fino all'autunno del 388 e scrive contro i Manichei: De moribus Ecclesiae e De mori-bus manichaeorum; poi salpa per l'Africa, che non lascerà mai più.

    A Tagaste, Agostino ordina la sua vita secondo il suo nuovo ideale. Vende i suoi beni, conservandone solo l'usufrutto; con alcuni amici costituisce una specie di comunità assai libera, di cui l'affetto per lui e la fiducia in lui formano il più forte legame. Ed egli si rimette a scrivere: manda lettere a diversi, e specialmente quelle interessantissime e Nebridio, che presto morì; compone un De Genesi contra Manichaeos, riprende il De Musica cominciato a Cassiciaco, e ne scrive diversi libri dei quali l'ultimo, il sesto, contiene una filosofia giù formata; redige il De Magistro, dialogo con il figlio Adeodato, in cui il suo pensiero filosofico appare assai maturo ed originale; poi risponde a questioni varie, che saranno raccolte in seguito nell'opera Quaestiones LXXXIII, come in una specie di Quodlibetum.

    Così durò un po' più di due anni Ma essendosi por-. tato a Ippona sul principio del 391, fu forzato dall'acclamazione popolare di accettare il sacerdozio, per.aiu.tare il vecchio vescovo Valerio. Fece allora costruire ad Ippona, in un giardino concessogli a tale scopo dal vescovo, un vero monastero, dove continuò, perfezionandola, l'esperienza di Tagaste. Là, Agostino studia e predica. Nel 393 si radunò

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