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La teologia della relazione cultuale nel Dialogo con Trifone
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E-book343 pagine4 ore

La teologia della relazione cultuale nel Dialogo con Trifone

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Info su questo ebook

Il presente lavoro si incentra sul tema dottorale della relazione cultuale tra Padre e Figlio – a livello immanente, cioè nel sabato protologico – e tra il cristiano e il Figlio - a livello economico, ossia nel sabato storico-soteriologico -, facendovi emergere delle piste di approccio a tale tematica, a cui il cristiano è chiamato ad attenersi per poter vivere tale relazione non solo nella vita quotidiana, inclusa la liturgia eucaristica, ma anche nella vita futura, ovvero nel sabato millenario ed escatologico.

L'autrice di questo lavoro è teologa e cultrice in materie storico-religiose. Ha collaborato a vari istituti universitari, riviste e case editrici, insegnando e pubblicando numerosi articoli e monografie. Attualmente è collaboratrice al Pontificio Ateneo Salesiano, dove nel 2007 ha conseguito il Dottorato in Teologia Dogmatica, applicata alla Patristica.
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2015
ISBN9788867514977
La teologia della relazione cultuale nel Dialogo con Trifone

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    La teologia della relazione cultuale nel Dialogo con Trifone - Cinzia Randazzo

    1994.

    Capitolo primo

    IL CONTESTO STORICO

    DELLA VITA E DELLE OPERE DI GIUSTINO

    Nella presente trattazione avremo modo di delineare non solo il periodo storico in cui visse Giustino, ma anche l'ambiente culturale greco, giudaico ed ereticale, nel quale si è maturata la personalità di Giustino martire e nel quale fiorí la sua produzione letteraria.

    1. Il contesto storico

    Come prima tappa di questo lavoro esploreremo il periodo storico in cui Giustino si è trovato a vivere; periodo in cui erano presenti la cultura greca, il giudaismo e le tendenze ereticali, con le quali Giustino venne inevitabilmente a contatto e con le quali si dovette confrontare.

    1.1. Età degli antonini

    La figura di Giustino martire si colloca nel periodo storico ben definito età degli antonini (II sec. d. C.), un periodo prospero dal punto di vista culturale, politico, sociale e artistico. In questo arco di tempo si susseguirono i seguenti tre imperatori: Adriano (117-138), Antonino Pio (138-161) e Marco Aurelio (161-180). Soprattutto i primi due imperatori, Adriano e Antonino Pio, mostrarono una discreta tolleranza nei confronti dei cristiani, i quali pertanto vissero un periodo di relativa pace. Inoltre Adriano, rispetto al suo predecessore Traiano che mirava a una politica di conquiste, si orientava verso una direttiva di pace col proposito di conciliare l’Oriente e l’Occidente e, con questo fine, favorì la penetrazione nell’impero delle religioni misteriche, nonché i culti di Mitra, di Iside e di Osiride.¹

    In questo contesto i cristiani si accattivarono la simpatia dell’imperatore, il quale riteneva che gli ebrei, diversamente dai cristiani che avrebbero favorito la sua politica di pace tra Oriente ed Occidente, si sarebbero opposti alla sua decisa politica di ellenizzazione, finalizzata a imporre i caratteri romano-ellenistici alla loro tradizione.

    Questa fu una delle tante ragioni per cui scoppiò l’insurrezione guidata da Bar Kokeba (132-135). La Storia Augusta attribuisce l’inizio di questa rivolta al divieto dell’imperatore Adriano di praticare la circoncisione.²

    Invece Cassio Dione attribuisce lo scoppio della rivolta al proposito di Adriano di mutare il nome di Gerusalemme in Elia Capitolina.³ Anche lo storico Orosio, parlando della seconda guerra giudaica che si concluse con la disfatta di Bar Kokeba da parte del governatore romano Rufo, rileva tuttavia come Adriano, dietro sollecitazione degli apologisti Quadrato ed Aristide, non condannava i cristiani senza una prova sicura che attestasse il loro atteggiamento sovversivo nei confronti della legge imperiale romana.⁴

    Il suo successore Antonino Pio non seguì la politica del suo predecessore Adriano, anzi concesse agli ebrei di praticare la circoncisione⁵, tanto che si formò la leggenda di una sua stretta amicizia con rabbí Jehudà e addirittura di una sua conversione segreta al giudaismo.⁶ Antonino Pio si mostrò favorevole nei confronti degli ebrei, per il fatto che la loro religione era ritenuta antica e propria di un popolo ben definito rispetto ai cristiani, la cui religione era invece considerata nuova e, in quanto tale, causa di disordine pubblico.⁷

    Ad Antonino Pio seguì Marco Aurelio, il quale, impregnato di stoicismo, si mostrò sfavorevole nei confronti dei cristiani: il coraggio che i cristiani mostravano nell’andare incontro al martirio era da lui avvertito come insensato e irrazionale.⁸ Durante il suo governo i cristiani subirono un’ondata di persecuzioni, determinate da un suo rescritto che vietava l’introduzione di nuove religioni nella vita dell’impero.

    1.2. Le accuse

    Le accuse delle autorità contro i cristiani erano di natura politico-religiosa: i cristiani erano accusati non solo di ateismo, perché non si sottomettevano al culto politeistico proprio della religione greco-romana, ma anche di lesa maestà perché rifiutavano di tributare culto all’imperatore. Plinio il Giovane, legato imperiale e portavoce dell’autorità imperiale, accusava i cristiani di essere irragionevolmente superstiziosi.

    In modo più aggressivo Tacito affermava che i cristiani erano oggetto di odio da parte di tutta l’umanità per quella loro infondata superstizione e, per ciò stesso, meritavano le più gravi punizioni.¹⁰ A queste accuse si affiancavano quelle del volgo che imputavano ai cristiani la pratica del cannibalismo e dell'incesto: essi ritenevano infatti che nel rito eucaristico si bevesse il sangue di un fanciullo sgozzato, e che nelle agapi venisse favorito ogni disordine morale.¹¹ Pertanto lo scopo degli apologisti era quello di difendere il messaggio evangelico, rendendone palese ai cristiani l’autenticità ed il suo alto valore morale.

    1.3. Confronto con la cultura ellenistica

    I Padri apologisti, inseriti nell’ambito culturale pagano e da questo provenienti e acculturati, nel presentare il messaggio cristiano si avvalsero degli stessi strumenti culturali del mondo pagano, per essere convenientemente compresi. Sotto questo profilo c’è da dire che il kerigma originario, pur acquisendo termini e concettualità formali di tipo ellenistico, non tradì mai il suo contenuto di fede. Il fatto che il cristianesimo si rivestì perciò di formule e di espressioni ellenistiche comportò una più notevole sottolineatura dell’elemento intellettuale, che servì ad una chiara definizione dogmatica del dato rivelato. Il cristianesimo a tal riguardo, nel mentre assimilava progressivamente la metafisica greca per una chiarificazione del dato rivelato, trasponeva il contenuto kerigmatico nelle forme espressive proprie della filosofia greca.

    Tuttavia è bene precisare che con l’ellenismo, con il quale la chiesa si è dovuta confrontare per rendere intelligibile il kerigma ai pagani, non s'intende in senso unilaterale l’area della filosofia platonica ed aristotelica, ma in senso dinamico lo sviluppo delle nuove correnti di pensiero filosofiche, nelle quali la filosofia platonica ed aristotelica si sono evolute. In tale prospettiva, quindi, ammesso che la formulazione del kerigma nelle categorie proprie della cultura greca abbia comportato, come asserisce Harnack, una perdita della purezza originaria del vangelo¹², tuttavia non è azzardato affermare che la traduzione del kerigma, nei mezzi espressivi propri della cultura greca, favorì una più profonda comprensione del messaggio da parte dei pagani.

    Infatti il kerigma, in quanto codificato nelle categorie filosofiche, è stato arricchito di nuovi concetti, a seguito dell’impatto del kerigma stesso con le più svariate culture esistenti in tale periodo, al fine di presentarlo in modo chiaro non solo al pubblico pagano ma anche all’interno della chiesa stessa.¹³ In tale prospettiva si sviluppa l’apologetica: la chiesa, nel difendere il kerigma, come abbiamo visto dalle accuse pagane, intende presentare il messaggio evangelico ai pagani colti dell’epoca, avvalendosi degli strumenti propri della cultura greca per spingerli ad aderire al cristianesimo.¹⁴

    Se è possibile quindi parlare della ellenizzazione dell’annuncio cristiano, per cui il dato kerigmatico è stato in un certo qual modo influenzato dalle concezioni greche, è anche possibile parlare di cristianizzazione dell’ellenismo, in quanto verranno influenzate dal cristianesimo le correnti filosofiche dell’epoca.¹⁵ Un pensiero simile si avverte in Bedouelle, il quale afferma che gli apologisti cristiani, non operano una conciliazione della saggezza antica con il mistero del Verbo di Dio, ma incarnano la prima nel secondo.¹⁶

    1.4. Confronto con il giudaismo

    Il cristianesimo non si confrontò solo con l’ellenismo, con lo gnosticismo e con le varie correnti eretiche del tempo, ma anche col giudaismo, dal quale il cristianesimo proviene. Infatti nei primi decenni del II sec., a partire dalla Epistola dello pseudo-Barnaba, fiorì una letteratura di parte cristiana contro le varie forme di giudaismo.¹⁷

    Tale polemica sembra essere un espediente per mettere in rilievo che l’annuncio evangelico è prefigurato già fin dall’Antico Testamento.¹⁸ Un dialogo perduto tra il giudeo-cristiano Giasone e l’ebreo Papisco, proprio sull’interpretazione tipologica delle Scritture, è ricordato da Origene nell’opera Contro Celso 4,52. Al centro delle polemiche antigiudaiche del II secolo si colloca, come afferma Daniélou, l’interpretazione delle Scritture.¹⁹

    Il Dialogo di Giustino si colloca su questa linea e sviluppa un dibattito, appunto, sulla interpretazione delle Scritture. Sulla base delle molteplici forme di pensiero, scaturite a detta del Boccaccini nel periodo medio-giudaico, il cristianesimo si venne a confrontare anche con queste correnti di pensiero di matrice giudaica. Queste, venendosi ad incontrare con le varie posizioni filosofiche greche, dettero vita, per dirla con Boccaccini, a istituzioni di nuove filosofie²⁰, al fine di rendere credibile ai pagani colti, che coltivavano lo studio della filosofia greca, l’interpretazione cristiana delle Scritture.

    Quindi dall’incontro delle posizioni filosofiche greche con le concezioni religiose ebraiche si sono originate molteplici correnti di pensiero nel periodo medio-giudaico. In una loro recente ricerca Moreschini e Norelli hanno messo in rilievo che la letteratura cristiana antica, greca e latina

    arreca modifiche profonde rispetto alla tradizione letteraria precedente (...). Introduce nella letteratura greca e latina una tradizione letteraria, quella biblica, i cui modi di espressione si radicano in una particolare e diversa percezione della realtà.²¹

    Perciò le teologie cristiane, contemporanee al periodo in cui visse Giustino, nascono tutte dalla riflessione su Gesù come salvatore, sviluppatasi nel mondo ellenistico.²²

    Quindi l’inquadratura cronologico-religiosa, introdotta da Boccaccini, sarà presupposta dalla ricerca che ci proponiamo di intraprendere, al fine di dare un più corretto approccio ermeneutico al senso della dizione stessa di giudaismo rabbinico, nonché di tutti gli altri gruppi medio-giudaici formatisi in tale periodo. Dizione che non intende assumere finalità confessionali e ideologiche, soprattutto nei confronti del giudaismo cristiano che sarà oggetto del nostro studio per la tematica in seguito proposta.

    1.5. Le eresie

    Nell’età degli Antonini il cristianesimo ebbe il suo primo impatto con un mondo culturale fortemente ellenizzato, e dovette confrontarsi con il paganesimo dominante. Confronto non sempre facile spesso aggravato da persecuzioni. L’incontro del messaggio cristiano con la cultura pagana del tempo generò non poche eresie, che vennero in superficie man mano che il cristianesimo diffondeva la sua dottrina.

    Eresie di tendenza giudaizzante e di tendenza gnostica si svilupparono in questo periodo. Le prime consideravano Gesù un semplice uomo, sul quale sarebbe sceso il Cristo con un corpo apparente per redimere l’uomo. Le seconde miravano a conseguire la verità non attraverso la pura ragione, ma attraverso vie misteriche, che a loro modo illuminavano la strada da percorrere per arrivare al divino.

    In questa congerie di tendenze mitiche, riti orfico-pitagorici, un complesso di correnti eterogenee, venne a modificarsi sempre più il concetto stesso di filosofia che divenne gnosi arcana, volta a guidare l’uomo alla salvezza. La gnosi più che conoscenza filosofica si propone come conoscenza rivelata e trasmessa segretamente a pochi eletti, conoscenza che doveva portare l’uomo alla visione di Dio. È da precisare che la gnosi eterodossa è diversa dalla gnosi ortodossa: non ogni gnosi è gnosticismo. La gnosi di per sé è conoscenza delle verità rivelate che stanno alla base dello sviluppo della fede per il cristiano.

    Lo gnosticismo invece è una corrente di pensiero che, basato sulla conoscenza intuitiva e rivelata, compendia in sé una serie di caratteristiche implicanti un concetto dualistico che si dispiega in un duplice movimento di degradazione e di reintegrazione. Alla base di questo movimento è evidente il dualismo tra il mondo e Dio.²³

    La chiesa lottò perciò contro la gnosi eretica e fronteggiò lo gnosticismo che costituiva un rischio notevole per la diffusione del messaggio. Nel secondo secolo pertanto la chiesa non solo si confrontò con la gnosi eretica, ma anche con la cultura pagana: in questo contesto è nata l’apologetica, tesa alla difesa vigorosa del kerigma originario contro le accuse che il paganesimo, sul piano culturale oltre che su quello morale e sociale, rivolgeva ai cristiani come individui e come comunità.

    1.6. Excursus sulle interpretazioni del        giudaismo

    A proposito del termine giudaismo è stato interessante il contributo che ha offerto Boccaccini.²⁴ Tale contributo è parso interessante soprattutto per il rilievo dato al senso del termine giudaismo. Tenendo conto dei pregiudizi e delle convinzioni di tipo confessionale ed ideologico che sono maturate lungo i secoli riguardo alle due grandi religioni, il giudaismo da una parte e il cristianesimo dall’altra, Boccaccini dà del giudaismo una definizione innovativa. Infatti egli lo definisce non in senso convenzionale come la religione ebraica o come un blocco omogeneo di idee e di concezioni, codificate dai rabbini in opposizione al quale si situa il cristianesimo, ma come un’unica grande famiglia di sistemi monoteistici, dei quali fanno parte sia il giudaismo rabbinico sia il giudaismo cristiano sia altri movimenti che storicamente sono scaturiti dalla stessa radice medioorientale.²⁵

    Tale concezione è innovativa se si pensa che anche il più noto dei dizionari biblici, designando col termine giudaismo la religione del popolo ebraico dalla teofania del Sinai fino ai nostri giorni²⁶, identificava il giudaismo col rabbinismo, mentre il cristianesimo veniva ad essere considerato come una religione non giudaica. Sulla stessa linea si pone lo Schürer che, sulla base dei pregiudizi e delle convinzioni ideologiche formatisi lungo i secoli, considerava tardo il giudaismo del tempo di Gesù perché, secondo tale autore, il giudaismo avrebbe conosciuto una fase di decadenza in concomitanza con l’avvento del cristianesimo, quale nuova religione che lo avrebbe sostituito.²⁷ Col moltiplicarsi degli studi sul giudaismo e con la scoperta dei manoscritti di Qumran si pervenne a un approccio meno polemico ma

    più sensibile alla dinamicità del periodo: gli studiosi moderni ci presentano invece una religione pluralistica e vitale, che agli inizi dell'era volgare letteralmente esplose in una molteplicità di gruppi e movimenti di riforma, producendo dal suo interno, sia un nuovo stadio della sua evoluzione (il rabbinismo), sia una diversa religione (il cristianesimo).²⁸

    Alla luce delle nuove conoscenze e interpretazioni l’opera dello Schürer è stata interamente rifatta dando vita al Nuovo Schürer²⁹, nel quale col termine nascente giudaismo, usato per la prima volta da Grant³⁰, è definito il giudaismo contemporaneo all’inizio dell’era volgare; epoca in cui la religione giudaica dette vita a vari movimenti di riforma, producendo come sua evoluzione interna il rabbinismo e il cristianesimo. Secondo Boccaccini anche questa visione del giudaismo tuttavia dipende troppo fortemente dal rabbinismo, per cui tutti gli sviluppi della religione di Israele, che divergono dalla linea culminata nel rabbinismo, sono semplicemente eliminati.³¹

    Dopo il Nuovo Schürer gli studiosi si orientano verso un pieno riconoscimento del cristianesimo, almeno nella sua prima fase, come un movimento giudaico.³² È dunque da riconoscere con Boccaccini che il cristianesimo, alla pari del rabbinismo, deriva da un’unica grande famiglia che va sotto il nome di giudaismo perché, dal punto di vista storico, come precisa lo stesso Boccaccini, questi (sia il cristianesimo che il rabbinismo) sono coerenti sviluppi del giudaismo antico.³³

    Per questa ragione sia il rabbinismo che il cristianesimo hanno una propria identità giudaica anche se questi due sistemi monoteistici, evolvendosi nel tempo, si sono separati e ognuno ha costruito una sua specifica individualità; individualità che, come afferma Boccaccini: consiste in una originale mistura tra tradizione e novità nell’elaborazione cioè di un sistema capace di dare un senso nuovo allo stesso patrimonio ereditario gelosamente conservato.³⁴

    La stessa concezione è condivisa da Sacchi, il quale osserva che il cristianesimo non è in contrapposizione al giudaismo, ma deriva da quest’ultimo, solo a partire dal quale è possibile comprendere il pensiero cristiano.³⁵ Tuttavia egli ricorre a un’altra definizione cronologica che dà il titolo alla sua storia del secondo tempio: naturalmente egli parte dal VI sec. a. C., cioè dall’antico giudaismo, e si ferma alla distruzione del secondo tempio senza occuparsi ex professo del giudaismo rabbinico. Boccaccini invece denomina il periodo compreso tra il III sec. a. C. e il II sec. d. C. come mediogiudaico, perché è il periodo creativo e vitale in cui sorgono diverse specie di giudaismi, tra i quali il fariseismo, nascente cristianesimo, essenismo, ecc. Tale periodo è posto tra l’antico giudaismo (sec. VI-IV a. C.) e il II sec. d. C., a partire dal quale spiccano in modo rilevante il giudaismo cristiano e quello rabbinico.

    2. Vita e opere di Giustino

    Come seconda tappa di questo nostro lavoro ci accosteremo alle opere di Giustino, dalle quali possiamo cogliere non solo la sua vita e il suo travagliato iter spirituale negli anni della sua giovinezza, ma anche la sua fondamentale dottrina di teologo cristiano.

    2.1. Vita

    Tra gli apologisti la figura di Giustino riveste un’importanza capitale non solo per la sua produzione letteraria, in parte conservataci, attraverso la quale abbiamo potuto conoscere il suo pensiero e il suo itinerario spirituale, ma soprattutto perché è stato il primo filosofo cristiano nella storia della letteratura apologetica.

    Giustino nacque a Flavia Neapolis in Samaria³⁶ da genitori pagani.³⁷ Inizialmente attratto dalla filosofia greca perché convinto che essa conducesse a Dio, si abbeverò ai valori della paideia greca e frequentò gli stoici, i peripatetici, i pitagorici e da ultimo i platonici, per i quali mostrò un grande entusiasmo perché gli diedero una qualche idea di Dio:

    (...) senza vie d'uscita, decisi di entrare in contatto anche con i platonici, i quali pure godevano di grande fama (...). Mi affascinava la conoscenza delle realtà incorporee e la contemplazione delle idee eccitava la mia mente. Ben presto dunque ritenni di essere diventato un saggio e coltivavo la sciocca speranza di giungere alla visione immediata di Dio. Perché questo è lo scopo della filosofia di Platone.³⁸

    Tuttavia egli non rimase appagato neppure del platonismo, perché non trovò in esso la via per un pieno e reale incontro con Dio. Rimasto inappagato, Giustino si ritirò in solitudine in un luogo non lontano dal mare e qui incontrò un vecchio (Dial. 3-7) il quale, venuto a conoscere il problema che assillava Giustino, lo convinse che l’uomo con le proprie forze non può giungere alla conoscenza della Verità e gli fece conoscere quei personaggi dell’A.T. che, in forza dello Spirito di Dio, erano considerati portavoce della Sua parola e annunciatori di Cristo, attraverso il quale è possibile raggiungere la felicità, ovvero la visione di Dio. Prima del suo commiato da Giustino, il vecchio lo invitò a pregare perché possono pervenire alla luce della Verità solo coloro ai quali Dio e il suo Cristo lo ha concesso. Ad aumentare la sua fede in Cristo contribuì anche la esemplare vita morale dei cristiani e la loro forza eroica nel martirio.³⁹ Alla fine di questo lungo itinerario intellettuale-spirituale Giustino si convertì al cristianesimo nel 130 probabilmente a Efeso dove, secondo quanto ci tramanda Eusebio, avvenne l’incontro di Giustino con Trifone.⁴⁰

    Dopo la sua conversione Giustino divenne filosofo cristiano e, impegnatosi a diffondere nel mondo la nuova dottrina, giunse a Roma nel 140 sotto l’imperatore Antonino Pio. Qui fondò una scuola, nella quale gli allievi venivano educati e istruiti alla religione cristiana. Tra gli allievi figurò Taziano, il futuro apologista. Il mantello di filosofo portato sempre da Giustino gli valse una spietata avversione da parte del filosofo cinico Crescente e, accusato di essere cristiano forse dallo stesso Crescente, fu decapitato nel 165 sotto l’imperatore Marco Aurelio.

    2.2. Opere

    Della sua vasta produzione letteraria⁴¹ a noi sono pervenute: la 1 e la 2 Apologia, il Dialogo con Trifone, alcuni frammenti di opere andate perdute e alcuni scritti falsamente attribuiti a Giustino.

    La 1Apologia, scritta da Giustino verso il 150 e indirizzata ad Antonino Pio e ai suoi figli adottivi Marco Aurelio e Lucio Vero, consta di 68 capitoli. Questa apologia fu scritta da Giustino con il triplice intento di difendere legalmente i cristiani di fronte al potere politico, di esporre e dimostrare la verità della filosofia cristiana prefigurata nelle profezie dell’A.T., sforzandosi al contempo di persuadere la classe colta, e infine di dare un quadro sommario della prassi cristiana. La 1Apologia si suddivide in due parti principali: nei primi 29 capitoli Giustino difende i cristiani contro l’accusa di ateismo. Giustino spiega che i cristiani non adorano gli dei perché non sono altro che demoni malvagi. Cristo per Giustino ha liberato gli uomini dai demoni con la sua morte e risurrezione e, in quanto sapienza divina, ha seminato i semi della verità in tutti gli uomini. In ragione di questi semi i filosofi dell’antica Grecia erano degli anonimi cristiani.

    Un esempio calzante ci è dato da Socrate il quale, essendosi accorto dell’inganno dei demoni, esortava gli uomini alla ricerca della verità. Sempre in questi primi 29 capitoli si rispecchiano inoltre i grandi temi teologici della fede in Dio, della morale, della cristologia e dell’escatologia. Nella seconda parte (cap. 30-60) Giustino dimostra che già alla luce dell’A.T. Gesù si rivela come figlio di Dio. Negli ultimi otto capitoli Giustino descrive la liturgia del battesimo e dell’eucaristia celebrata nella domenica.

    Alla fine Giustino riproduce un rescritto dell’imperatore Adriano che dà nuove regole più moderate per i processi cristiani.⁴² La 2Apologia, considerata normalmente come un’appendice alla prima, fu scritta da Giustino tra il 155 e il 160 e venne indirizzata a Marco Aurelio e a Lucio Vero. Nei 15 capitoli che la compongono Giustino, partendo dalla condanna a morte di tre cristiani da parte del prefetto di Roma e dalla denuncia di un marito che la sposa cristiana aveva ripudiato, risponde alle obiezioni del filosofo cinico Crescenzio e afferma che le persecuzioni sono dovute all’astio dei demoni che, secondo Giustino, furono responsabili anche delle persecuzioni contro i giusti dell’A.T.

    Giustino afferma che i demoni hanno potere sui cristiani, perché Dio vuole condurre i suoi fedeli all’esercizio della virtù. In tal modo i cristiani, con la loro vita virtuosa proveniente dal Logos, mostrano la superiorità della dottrina cristiana sulle dottrine umane. Nella conclusione Giustino chiede che giunga a termine ogni forma di persecuzione arbitraria.

    Il Dialogo con Trifone, composto da Giustino circa il 160 sotto l’imperatore Antonino Pio⁴³, e forse la rielaborazione di una disputa

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