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L’odore del sangue e il profumo della salsedine
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L’odore del sangue e il profumo della salsedine
E-book225 pagine3 ore

L’odore del sangue e il profumo della salsedine

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Info su questo ebook

A causa di un incidente in auto Flavio per alcuni mesi resta in coma, in un totale stato di incoscienza. Quando si risveglia si accorge che la donna che amava, una delle persone più importanti della sua vita, è scomparsa nel nulla. Dopo ricerche, dubbi, domande senza risposta, inevitabile la denuncia e così il nome di Nancy finisce in quello di una lista di donne scomparse e che all’improvviso avevano fatto perdere le loro tracce nella zona delle saline di Trapani. Perché non si trovano e cosa può essere successo? Forse la mano di un serial killer? Storie di degrado, di violenze e di vendette si incrociano tessendo una trama che solo il tempo riuscirà a sciogliere svelando, con sorpresa, un epilogo inaspettato. A volte, infatti, basta un attimo per rendersi conto che nulla è come sembra e che spesso ciò che gli occhi vedono non è ciò che vede il cuore perché la vita è imprevedibile, una sorta di linea che si interseca con gli eventi e disegnata dalla mano del beffardo destino.
LinguaItaliano
Data di uscita11 set 2017
ISBN9788856784671
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    Anteprima del libro

    L’odore del sangue e il profumo della salsedine - Luca Argenti

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8467-1

    I edizione elettronica settembre 2017

    All’universo donna,

    l’unico instancabile motore capace di dare un senso al viaggio.

    "Non devi pensare di avere una cosa, una cosa per tutta la vita

    qualsiasi cosa, una donna, una casa... una vita".

    (Stadio)

    Capitolo 1

    Camminava percorrendo il viale che conduceva alla sua abitazione con l’andamento che avrebbe avuto un giocattolaio scalzo. Buffo, disarmonico ed intriso nel contempo dal totale senso di poesia che era solito portarsi dentro, accanto a quell’amore negato per i giorni a venire.

    Non piace a nessuno sentirsi solo, solo dentro. È una sensazione di vuoto profondo, di mancanza di punti di riferimento.

    Era giunta l’ora in cui il sole iniziava a calare, il tramonto.

    Ovunque è dato per scontato, è normale che si verifichi in modo perpetuo, ma non lì, dove i turisti vanno per quell’apposito motivo. Oia, Santorini, l’unico posto al mondo dove quando il sole chiede riposo, dalle 19,45 alle 20,20, del mese di agosto, migliaia di persone si fermano sperando di scorgere anche per un solo piccolo istante l’ultimo raggio di sole, quello verde, che molti raccontano ma che forse nessuno ha mai visto. Poi il crepuscolo, con quell’aria piena, calda e spinta da un vento diverso che riesce a non darti mai fastidio. Strana la Grecia, quando ci stai ti senti quasi soffocare, ma poi quando torni ai tuoi giorni, pian piano ti rendi conto che ti è rimasta dentro, come quegli amori che vivi in ritardo, quando ti accorgi che lei è già di un altro e non puoi più farci niente, devi solo accettare questa realtà. È così e basta.

    I vicoli di Fira, Perissa o Oia sono molto simili tra loro, accomunati dall’azzurro acceso dei finimenti che spara sul bianco di tutto il resto. Quasi un flash, un’immagine che sta lì per fare effetto su chi passa, arriva al belvedere e si affaccia. In quel momento il quadro che appare dinanzi allo sguardo stupefatto è indubbiamente unico. Ristoranti, pub e bar pensili offrono il meglio della loro luce adagiati leggeri lungo il versante nord estendendosi quasi fino al mare, ed è così che la Caldera assume le sembianze di un abbraccio forte, di una cosa dinamica e familiare. Uno sfarzo di bianco nell’oscurità della notte.

    Flavio non sapeva dove potevano trascorrere le vacanze estive; aveva scelto la Grecia solo perché a Nancy piaceva il mare. Qualche giorno prima di optare per Santorini si era messo al computer del suo studio per vedere se tramite Expedia trovava qualcosa sulla rete. In fondo era già metà luglio, ma fino a quel momento né lui né la sua compagna erano riusciti a ritagliarsi una mezza giornata, a causa del lavoro incalzante, per passare ad un’agenzia di viaggi. Dalle 13,15 si era collegato ad Internet e spaziando tra le poche opportunità rimaste disponibili qualcosina era saltato fuori. Nancy arrivò trafelata, come di consueto, alle tre meno cinque del pomeriggio e considerando che il primo paziente aveva appuntamento per le tre, era praticamente fuori tempo utile per riuscire ad organizzarsi col lavoro. Flavio, con il suo viso solcato da rughe profonde accentuate ancor di più dalla lunga frangia dei capelli brizzolati che poggiavano sulla fronte fino a scendere sulle sopracciglia, se ne stava tranquillo dietro alla reception ad osservare la sua assistente che cercava in qualche modo di rimediare ai disguidi causati dal ritardo quotidiano. Si alzò per avvicinarsi a lei, aveva l’espressione soddisfatta di chi pensa di aver fatto una grande cosa, di chi è convinto che la sorpresa che sta per mostrarti ti meraviglierà, inconsapevole che quell’entusiasmo potrebbe essere deluso a breve.

    Ho trovato il posto dove andremo in vacanza. C’è un albergo ad Ibiza proprio di fronte alla spiaggia e sembra che abbia ancora alcune camere disponibili per il periodo che ci interessa. Visto dalle foto che hanno messo sul sito dà l’impressione di essere piuttosto accogliente.

    La novità non aveva avuto la reazione sperata poiché Nancy, iperattiva e rompipalle così come poche persone al mondo riescono ad essere, se ne era uscita con una risposta del tipo: Ma tesoro, io non ho bisogno del casino di un posto come Ibiza dove le persone passano la notte in giro per i locali ed il giorno dopo le trovi a dormire sotto l’ombrellone per recuperare. Piuttosto preferisco una meta tranquilla, tipo la Grecia, ci sono isolette come Kos o Karpatos…. Ed era andata avanti per altri dieci minuti buoni con la sua tesi su luoghi e usanze del posto. Da quel momento era iniziata l’affannosa ricerca per un volo e un alloggio rimasti disponibili che dava come esito finale l’isola di Santorini, località eletta per la vacanza di quell’estate.

    Flavio era comodamente seduto, appoggiato con le spalle allo schienale della poltroncina, mentre annusava il vino nel suo calice, aspettando che iniziassero a servire le portate della loro cena. Quella sera avevano scelto di mangiare allo Spix, uno dei migliori ristoranti terrazzati di Fira, con tanto di chef italiano, declamato dal titolare del locale. Dopo una breve panoramica alla carta dei vini, aveva optato per l’Asirtiko, degustandolo risultava molto simile ad un buon Vermentino, ma come era solito dire per tutti i vini bianchi sempre acqua pisciata restava…, poiché il vino, il vero nettare, la musica liquida, è solo rosso. Shyrah possibilmente, o ancor meglio un buon Barbera piemontese d’annata, con quel bouquet di frutti di bosco che da solo riesce a dar motivo dell’esito positivo di un pasto. In fondo lui era questo, aveva una predilezione per le cose ricercate che comprendevano, oltre ai vini, l’alta orologeria e la sua passione innata per le Porsche d’epoca. I suoi interessi lo gratificavano di un piacere che raramente riusciva a condividere con le persone che lo circondavano, ma per lui erano importanti e questo bastava. Di tanto in tanto si rifugiava nelle letture di testi filosofici orientali. Amava gli scritti di Antony De Mello che definiva un grande saggio capace di infondere serenità e di riuscire, a volte, a far ritrovare un po’ di quell’equilibrio che troppo spesso e facilmente ci perdiamo per strada. Flavio era un professionista serio, viveva il suo lavoro come una missione e credeva fermamente nelle persone, come esseri, individui, che andavano sempre capiti e rispettati, qualunque fosse la storia che si portavano dietro, qualsiasi forma avesse il motivo che li aveva condotti a lui.

    Pensava che la mente di ogni essere umano è talmente vasta e complessa, che in fondo il suo apporto di consigliere e tutore nei confronti dei suoi pazienti poteva essere considerato come un catalizzatore che aveva come unico scopo la possibilità di aiutarli a esternare le loro qualità rimaste intrappolate sotto una fitta trama di nevrosi che, pian piano, negli anni, li avevano schiacciati in modo irreversibile. Non trovando più la via d’uscita, subendo un peso più grosso di quello che riuscissero a sopportare, spegnendosi giorno dopo giorno.

    Sorseggiando dal calice osservava la sua compagna, come si ammira un bel dipinto. A fondo, per carpirne l’anima, o almeno avvicinarsi a comprendere il motivo ed il messaggio di quell’opera, ma più la osservava e più cresceva la sua consapevolezza del fatto che, quando ci si innamora, non è mai per una logica comprensibile. A volte basta un gesto, un dettaglio e la persona che abbiamo di fronte, di colpo, diventa importante, altre volte rimane unica. Nancy stava là, davanti a lui, con la sua statura media, quel baschetto biondo cenere che faceva risaltare ancor di più i grandi occhi castani, gli zigomi sporgenti e la particolarità che lo aveva attratto fin dall’inizio, le sue orecchie… Piccole e aderenti alla testa, sul genere di quelle delle bambole, praticamente perfette.

    L’aveva conosciuta due anni prima. Era una sua paziente, intelligente, ma patologicamente affetta da un continuo senso del dovere e conseguentemente di colpa per ogni cosa che non faceva o sbagliava. Certamente la confusione dei suoi trascorsi aveva avuto un peso imponente su quello che attualmente era il comportamento di una donna adulta. Il padre era stato poco più di un fantasma. Si era invaghito di una vedova molto più grande di lui e, trovandola consenziente alle sue avances, aveva scelto di intraprendere la sua opportunità passionale abbandonando la moglie e la figlia di appena un anno. Quel gesto inatteso si era ben presto materializzato in un vuoto tale che neanche la madre, nonostante tutti i buoni propositi messi in atto, era riuscita a colmare per donargli la serenità adeguata nella quale avrebbe meritato di crescere. Crollando pian piano, sotto il peso delle proprie responsabilità, la donna aveva scelto di eludere il suo ruolo resettando quella che era stata la sua vita fino a quel momento reclamando di suo il diritto di una seconda chance. All’inizio si era limitata a serate trascorse con amici di famiglia che cercavano a modo loro di tirarla un po’ su di spirito, dopo aveva cominciato a frequentare altri uomini. Usciva dopo cena sempre più spesso, lasciando la figlia a parenti e, quando questi non erano disponibili, ai vicini di casa. Con il passare del tempo la situazione andò sempre più peggiorando, fino a toccare il fondo. A volte la donna arrivava a lasciare la figlia in casa da sola e, per maggior sicurezza, come diceva lei, preferiva addirittura chiuderla a chiave nella sua cameretta. All’età di cinque anni Nancy aveva imparato ad organizzarsi quando si presentavano quelle occasioni nascondendo scorte di cracker e biscotti nei cassetti tra la sua biancheria e attrezzandosi con un portavivande da poter utilizzare all’occorrenza come contenitore per i suoi bisogni fisiologici. Il mix tra l’abbandono del padre ed il successivo disinteresse della madre nei suoi confronti erano stati concepiti come un rifiuto personale. Ma lei non si era mai arresa a questa sentenza. A modo suo aveva cercato di reagire, scuotendo i sentimenti materni, compiacendone ogni atteggiamento, approvando le scelte della madre anche quando dentro di lei le avrebbe gridato in faccia un no secco. Il più delle volte si sentiva spossata, finita, ma sapeva bene che dire basta a tutto quel non senso significava offendere quella donna che in fondo era già stata maltrattata abbastanza dal suo destino. E così rimaneva in silenzio, somatizzando tutto, logorandosi dentro, lasciandosi scivolare addosso giorni ed anni, buttando nel cesso la sua infanzia per ritrovarsi ad essere la donna che adesso era. C’erano volute un bel po’ di sedute, ore e ore di dialoghi e appunti, riflessioni, commenti e, come al solito, l’ingrediente più importante: la pazienza. Alla fine Nancy Brescia era riuscita ad evadere da quella sua sindrome di fallimenti in parte reali, ed in gran numero immaginari, che nella sua psiche aveva collezionato a debito verso la vita. Aveva lavorato fino a farle riacquistare un’autostima accettabile e a volte quasi impertinente. Tirando le somme, un’altra terapia con esito positivo a suo credito. Ma la vita è strana, ti cuce addosso abiti che non avresti mai immaginato di indossare, ti trasporta in situazioni e luoghi nuovi. Così, inevitabilmente ed inesorabilmente ti modella a tal punto che a volte stenti a riconoscerti, non hai altre vie di scampo che conseguire quella che dà senso a questo grande circo che è la nostra esistenza, l’unica motivo della vita… Viverla. Lui, in fondo c’entrava poco, di primo impatto, con la professione che esercitava. Proveniva da una famiglia modesta nella quale il figlio che aveva studiato era sicuramente il più capace ed intelligente e quindi aveva sempre ragione e per di più, introverso e presuntuoso di carattere, non lasciava certo presagire un futuro di persona dedita a passare le sue giornate sbrogliando i problemi del prossimo. Alla fine questo era stato il primo e forse il più trascurabile dei mutamenti comportamentali che il futuro di Flavio aveva in serbo per lui.

    Ora se ne stava tranquillo e beato ad assaporare quel vino greco senza pensare ad altro che non fosse il programma per il giorno successivo, la gita sul Caicco che li avrebbe portati sugli isolotti circostanti più suggestivi. Da come ne parlavano gli altri turisti doveva veramente valerne la pena, era un’escursione alla quale bisognava necessariamente partecipare per completare l’iter panoramico di quella vacanza.

    Forza che è tardi, se non arriviamo a Fira entro le dieci e mezza non riusciamo a prendere i biglietti in tempo.

    Tutti i vestiti indossati la sera prima erano ancora buttati in modo confusionario sul tavolo del salottino da dove iniziava come un piccolo sentiero che terminava ai piedi del loro letto con un perizoma in pizzo ed un paio di boxer. Rappresentava la loro abitudine più frequente; scherzando si dicevano spesso che in fondo erano nati con il preciso intento di fare sesso insieme, il che non era proprio una deduzione sbagliata visto la frequenza ed il trasporto con cui lo facevano, soprattutto dopo certe cene accompagnate da vini adeguati all’occasione. Non c’era mai un inizio prevedibile né qualcosa di nettamente definibile come afrodisiaco. Bastava che lui la accarezzasse sulla nuca, sull’attaccatura dei capelli, o che lei giocasse con le posate durante un pasto. Ogni gesto poteva essere una possibile, nuova scusa per ritrovarsi daccapo l’una sopra all’altro, con i vestiti ancora indosso o no, sempre quella forte curiosità quasi fosse la prima volta che succedeva tra loro. Non avevano semplicemente voglia di godere, di usare i loro corpi come mezzo per fare un po’ di sesso e poi concludere il tutto in un prevedibile orgasmo dopo poco più di una manciata di minuti. Il vero piacere era invece rappresentato dal modo nel quale loro due riuscivano a fondersi durante quegli amplessi. Il sapore che riuscivano a scambiarsi baciandosi a lungo per tutta l’estensione della pelle durante i preliminari, senza necessariamente soffermarsi a fare del sesso orale, ma con l’avidità di rinnovare la scoperta del corpo dell’altro, assaporandone il gusto tra le pieghe dell’inguine, lungo i fianchi, tra le pliche del collo, dentro le narici. Lasciarsi prendere e darsi totalmente e contemporaneamente. Iniziando a scivolare sul sudore del partner e sui propri umori, respirando all’unisono, tenendo lui la testa di lei tra le mani e gli occhi dentro gli occhi, perché non c’era niente di più completo e gratificante che sentirla venire mentre il loro sguardo rimaneva lì fisso, a confermare che tutto ciò era vero. Il gusto di vedere Nancy contorcersi dalle fitte di piacere provocate dal culmine di quell’amplesso racchiudeva in sé così tanto erotismo che smettere per un attimo di trattenersi era sufficiente a raggiungerla, per perdersi ancora una volta insieme a lei tra le beatitudini di quell’attimo. Si erano vestiti in fretta ed erano scesi giù per le scale dell’albergo diretti verso l’utilitaria presa a noleggio per i giorni strettamente necessari in cui bisognava muoversi durante quella vacanza. Altrettanto in fretta avevano guidato fino al parcheggio adiacente la biglietteria, con la consapevolezza dell’ansia da prestazione che non li abbandonava neanche durante i giorni di meritato riposo.

    Aspettando l’imbarcazione Nancy si mise ad osservare un tipo un po’ bizzarro dai caratteri somatici e dall’acconciatura tipicamente giamaicana che riproduceva su una tela lo splendido paesaggio che offriva l’orizzonte e con dei colpetti dati con il gomito sul braccio del suo compagno cercò di attirare la sua attenzione verso l’artista. Peccato che in quell’istante al ragazzo squillò il cellulare e la calata romanesca con la quale rispose fece crollare in un attimo tutte le ipotesi al riguardo del perché e per come un personaggio del genere si trovasse lì.

    Nel frattempo il Caicco fece la sua entrata al porto proprio come una prima donna debutterebbe ad una cena di gala. Veniva dalla caletta alla sinistra della battigia, poderoso e rassicurante, tutto rigorosamente in legno mielato accuratamente rivestito da uno spesso strato di coppale a proteggere il materiale dall’attacco dell’umidità e della salsedine. Il capitano iniziò la manovra di attracco in modo da ormeggiare con la banchina e appena calato il piccolo ponte levatoio l’equipaggio di bordo invitò i turisti a salire.

    Il giro comprendeva varie mete, tra cui la visita all’isola vulcanica di Nea Kameni ed il bagno nelle suggestive hot springs che altro non erano se non acque calde dal tipico colore ferroso provenienti da una sorgente sotterranea adiacente alla costa dell’isoletta. Forse non c’era poi niente di così tanto poetico, ma certamente l’insieme del paesaggio, gli odori e la sensazione di calore sulla pelle riuscivano a dare a quella mattinata un senso di unicità che nel tempo avrebbe difeso il suo ricordo, elevandolo alla meraviglia.

    Il freddo pungente di quel mattino era a dir poco insolito, vuoi perché era ancora agosto, se bene ai suoi ultimi giorni, ma soprattutto perché la sera prima il clima era stato afoso e umido come poche altre volte durante quell’estate. Andava da sé che l’espressione vuota che aveva Nancy, chiaramente stampata sul viso, non aiutava molto a migliorare l’insieme del momento. L’aereo partiva alle 09,30 e la vacanza a Santorini sembrava lontana un milione di anni luce. Causa prima, lo stato d’animo di Flavio, che oltre al disaccordo con la scelta fatta dalla sua compagna, era perplesso sugli eventuali vantaggi che questo viaggio poteva offrirle. Di certo per Nancy sembrava più un’evasione dalla realtà che la circondava, piuttosto che un’esperienza per la sua tesi. Purtroppo la psicologia a volte non riesce più a limitarsi ad una professione ma si trasforma in una scelta di vita, in un pensiero. Così Flavio continuando a pensare che ognuno di noi ha i suoi tempi per crescere e capire, non voleva sembrare troppo polemico o apprensivo, anche per paura che certi atteggiamenti potessero venire scambiati per gelosia. Aveva sganciato l’apertura del cofano anteriore ed iniziato a recuperare i bagagli.

    Se almeno ti degnassi di aiutarmi a scaricare le tue valige, gli uscì spontaneamente di bocca.

    Aspetta un attimo che finisco di darmi una pettinata e scendo dalla macchina.

    Nancy prese il trolley e imbracciò il bagaglio a mano, a lui toccò il resto.

    Prendiamo un caffè veloce o preferisci fare prima il check-in?.

    Lo sguardo di lei era chiaramente per la seconda opzione.

    "Bene, cerchiamo il numero dello sportello del

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