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L’altro volto della verità
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L’altro volto della verità
E-book237 pagine3 ore

L’altro volto della verità

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Info su questo ebook

Luca va indietro nel tempo ricordando i viaggi estivi fatti insieme alla sua famiglia con i caravan. I suoi ricordi appaiono vividi, piacevoli momenti goliardici trascorsi  insieme ai figli di altre famiglie, unite alla sua, per lunghe avventure di città in città. 
Sette viaggi, ventuno partecipanti, diversi percorsi, diverse mete. Organizzazioni ossessive, rigorose ed alcuni strani episodi, cominciano ad intorpidire i magnifici graffiti nell’adolescenza di Luca. 
Una foto scatenerà nella sua mente una spinta compulsiva per comprendere la motivazione di una espressione di sgomento, letta nello sguardo di uno dei componenti dei viaggi.
Di volta in volta, le gradevoli memorie si adombrano sempre di più fino a prendere pieghe terribili. 
Segreti che Luca mai avrebbe potuto immaginare...
La ricerca della verità invece di rendere liberi, in questa storia lega a nuove malvagie catene. Lì dove la verità libera in luce, nelle righe nere dell’autore condanna ad un gioco infinito di oscurità.

Coalberto Testa vive e lavora a Bologna come  libero professionista e amministratore di una Società di Ingegneria. Tecnico che si occupa  di  impianti, sicurezza  e prevenzione incendi  per la Pubblica Amministrazione. Ricopre il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione  per numerose Istituzioni Scolastiche e  Amministrazioni Pubbliche. Membro del comitato di Tecnico di Prevenzione Incendi dell’Emilia Romagna fino al 2013, dal 1996 svolge attività di docenza in materia di Sicurezza.
Laureato in Ingegneria.
Da sempre appassionato lettore di thriller, ha deciso di cimentarsi in questo genere letterario con il suo libro d’esordio, L’altro volto della verità
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2020
ISBN9788830628946
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    Anteprima del libro

    L’altro volto della verità - Coalberto Testa

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2020 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-2894-6

    I edizione elettronica ottobre 2020

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Prologo

    Era sveglio nonostante fossero ormai le tre di notte. Sarà colpa di quel dannato raffreddore, pensò, o dell’allarme, che mezz’ora prima l’aveva svegliato a causa di un animale notturno, oppure, più probabile, delle foto di quarant’anni prima che aveva sfogliato quella sera.

    Gli era apparso un po’ strano guardare scene della propria famiglia nel momento in cui suo padre e sua madre erano più giovani dell’età che adesso aveva lui.

    E ancora più strano che nelle foto apparissero felici, perché felici proprio non li ricordava. Le foto congelano il passato così come uno specchio congela il presente. E così quelle immagini, come spesso accade di notte, amplificavano i ricordi, facevano riaffiorare scene già vissute e sepolte in qualche remoto angolo di memoria. Molti dei personaggi di quelle foto ormai non c’erano più.

    Si rese conto che da tanto tempo non si abbandonava ai ricordi e così, nonostante il raffreddore, finalmente si lasciò un po’ andare e la notte assunse un sapore dolce.

    Anche i suoi genitori, seppur in un tempo lontano, erano stati felici (o almeno così gli piaceva pensare). Rivide gli amici di un tempo, rivisse con la memoria quello che le tante vacanze in gruppo gli avevano regalato: le serate festose con musica, balli, giochi e i tanti luoghi visitati. Ed erano proprio tanti luoghi, soprattutto per quei tempi, in cui si viaggiava poco e i mezzi di comunicazione e le possibilità delle famiglie non erano quelli dei giorni nostri.

    Pensò di dover essere grato ai suoi genitori per quelle esperienze che gli avevano consentito di diventare l’uomo di oggi.

    E gli piacque cullarsi in questi pensieri fino a quando, pensando a tutti quelli che non c’erano più, decise di alzarsi e riguardare quelle foto perché, a pensarci bene, c’era qualcosa di strano, che non riusciva a mettere a fuoco ma che un po’ lo inquietava.

    Un dettaglio, pensò, ma proprio non riusciva a tornargli in mente o forse non lo aveva colto completamente.

    Così, nel silenzio notturno della casa, mentre Isabel dormiva tranquilla, si alzò e andò nel suo studio.

    Luca Benassi viveva con la sua compagna, un cane e due gatti e, per circa dieci giorni al mese, con i figli di Isabel, Luigi e Pierpaolo, due adorabili adolescenti che nel pieno della loro età, avevano colorato anche la vita di Luca.

    Abitavano in una villetta sui colli in periferia di Firenze, un po’ isolata, con un magnifico panorama sulla città. Un posto tranquillo nelle vicinanze di Fiesole, ai margini di un bosco.

    Ma quella sera, a causa di qualcosa che aveva notato in quelle foto, che Luca non era riuscito a comprendere, l’atmosfera iniziava ad assumere un tono inquietante. Lo studio, a quell’ora, con la sola luce sulla scrivania accesa e tutto il resto della casa al buio, appariva un po’ spettrale anche perché la presenza di uno specchio a lato della scrivania, rifletteva nel buio la sua immagine.

    A causa dell’orario e dell’alba ancora lontana, il senso di inquietudine aumentò mentre accendeva il computer per riguardare quelle vecchie foto digitalizzate. Anche la luce azzurra del computer contribuiva ad aumentare la suggestione e così, prima di proseguire, decise di andare in cucina e bere qualcosa.

    Dall’esterno provenivano alcuni rumori che a causa del suo stato d’animo apparivano inconsueti ma Kimba, il suo cane, non abbaiava e l’allarme non rilevava nulla di strano. Qualche cinghiale, pensò, o qualche cerbiatto, visto che praticamente ogni sera e ogni mattina si avvicinavano alla casa e rappresentavano, per Luca e Isabel, uno spettacolo da ammirare tutte le volte.

    Quella notte però i rumori sembravano più intensi del solito, come se qualcuno stesse lavorando intorno alla casa. Colpi sordi, ritmati e molto intensi. La suggestione iniziò a generare quel fenomeno di autoamplificazione che di notte distorce spesso le sensazioni.

    In quel clima spettrale, di silenzio rotto solo da quei rumori inconsueti, Luca rimase con l’orecchio teso senza sapere bene cosa fare.

    Decise quindi di accendere tutte le luci in maniera tale da far capire, semmai ci fosse stato qualcuno lì fuori, che all’interno erano svegli e pronti a… e qui si fermò perché davvero non avrebbe saputo cosa fare. Telefonare alla Polizia, aprire le finestre per guardare, oppure rimanere chiuso dentro e sperare che andassero via?

    Sì, ormai era convinto che lì fuori ci fosse qualcuno.

    Dopo un tempo che sembrò interminabile, così come erano venuti, i rumori cessarono, al punto da far pensare ad un’allucinazione. Una carezza al cane, un dolcissimo pastore tedesco, e dopo aver bevuto un succo di mirtillo, Luca tornò nel suo studio.

    Iniziò a riaprire le foto una alla volta cercando di guardarle con occhi più attenti, quasi fossero quelli di un detective.

    Film americani ne aveva visti tanti e la sensazione che provava in quel momento sembrava effettivamente provenire da uno di quelli. Le foto erano relative ad un viaggio di quarant’anni prima: Il Tour Europa del Nord.

    Ventuno famiglie, provenienti da varie regioni d’Italia, ognuna con il proprio caravan (a quel tempo i camper erano ancora piuttosto rari), organizzate in un club di campeggiatori, avevano deciso di trascorrere le vacanze estive partecipando ad uno dei soliti viaggi itineranti del club.

    Erano viaggi impegnativi, non erano anni di Europa Unita e le frontiere erano ben controllate. L’attesa per poter passare da uno Stato all’altro poteva anche durare molte ore e le perquisizioni alla frontiera erano sempre molto attente e accurate.

    Una volta, al rientro di uno dei tanti viaggi, Luca ricordava perfettamente che ci furono lunghe perquisizioni in tutti i caravan.

    I militari della dogana sembrava che provassero gusto a trattenere tutti, ed erano anche piuttosto scortesi nei loro confronti, apparivano nervosi, quasi sospettassero di qualcosa che non riuscivano a scoprire.

    Le foto che Luca stava osservando riguardavano i momenti conviviali del gruppo, le serate insieme davanti ad una tavolata o a qualche bicchiere di vino. Luca, ancora un po’ teso per i rumori di prima in giardino, decise di guardare con attenzione tre foto di quel viaggio. La prima foto, scattata probabilmente al confine con l’Austria, nel camping in cui si ritrovarono prima di iniziare quel viaggio, raffigurava tutti i capi gruppo (i padri di famiglia) mentre brindavano.

    Al centro il presidente Fedro Rinaldi, piemontese, organizzatore meticoloso di ogni viaggio, che abbracciava il padre di Luca, Maurizio, grande amico di tante avventure. Poi Graziano, Tommaso e Federico dal Veneto, Fernando, Daniele e Claudio dalla Toscana, il gruppo dei calabresi, i napoletani, i leccesi. Ventuno famiglie provenienti da ogni parte d’Italia. Tutti sorridenti, bicchieri in alto.

    La seconda foto invece ritraeva il gruppo intorno a Luca che suonava la chitarra intonando stornelli in dialetto salentino.

    La terza riguardava la cerimonia di inaugurazione. Il presidente Fedro voleva infatti che all’inizio di ogni viaggio fosse celebrata una cerimonia, che agli occhi di un Luca adolescente era sempre apparsa un po’ troppo solenne, alla quale dovevano partecipare tutti, per ordine del Presidente.

    Durante la cerimonia si chiamavano a raccolta gli uomini su un palco e veniva assegnato un numero con una targhetta. Una specie di identificazione e, al contempo, in ogni viaggio un simbolo differente. Quell’anno la targhetta raffigurava un serpente.

    Luca continuava a guardare tutte le foto e decise di stamparle per confrontarle. Mentre le stampava, di nuovo quei rumori dall’esterno, questa volta più intensi e più ritmati. Tanti piccoli rumori in sequenza, come una specie di segnale. Luca però a quel punto non ci fece troppo caso, tanto era preso dalla voglia di stampare quelle foto e così prosegui nella sua attività di detective. Le foto denotavano in maniera evidente l’epoca e il fatto che fossero vecchie foto digitalizzate. Anche i vestiti apparivano d’epoca. Pantaloni a zampa di elefante, canottiere e tute blu di cotone per gli uomini e vestiti colorati e pieni di fiori per le donne.

    Luca, guardandole a lungo tutte insieme, finalmente notò il particolare che gli era sfuggito.

    Carlo, uno dei tre piemontesi, tesoriere storico del club, in tutte le foto era l’ultimo a sinistra un po’ defilato ed era l’unico a non apparire sorridente, anzi, a guardarlo meglio aveva un’espressione triste, era spaventato!

    Ecco il particolare che Luca in un primo momento non aveva messo a fuoco e che non gli tornava: l’espressione spaventata di Carlo!

    Ma come, pensò, si parte per una vacanza con gli amici e le famiglie, tutti brindano, sorridono e sono felici e lui è spaventato? Carlo. Ma non era quello morto prematuramente in circostanze misteriose qualche anno dopo? Così Luca fu percorso da un brivido e, di nuovo, fece caso ai rumori che provenivano dall’esterno. Questa volta colpi intensi, forti, come se stessero bussando alla porta. Si fece coraggio (ormai era l’alba e la luce iniziava a ad intravedersi fra le pieghe delle persiane socchiuse) e anche perché aveva bisogno di respirare aria fresca, andò velocemente ad aprire la porta senza riflettere sulle possibili conseguenze.

    Fuori non c’era nessuno, solo un vento gelido e tagliente che gli frustò la faccia e la netta sensazione di aver visto un’ombra scura infilarsi nel bosco!

    I

    1978 inizio del Tour del Nord Europa

    «Sbrigati Luca, fra mezz’ora dobbiamo partire e c’è ancora da portare nel caravan tutta la biancheria. Papà sarà qui a momenti e sai bene che quando arriva vuole che sia tutto pronto».

    Sua madre Vittoria, ogni volta che si doveva partire, provvedeva al fabbisogno del viaggio, sistemando all’interno del caravan tutto il necessario per la vacanza.

    Luca, a quel tempo sedicenne, aspettava con trepidazione quelle partenze con l’entusiasmo tipico di un adolescente.

    Il ritrovo con tanti amici coetanei di ogni regione con i quali ci si vedeva una volta all’anno, il viaggio in paesi stranieri, rappresentavano per lui il momento più atteso dell’anno. E poi estate significava scuola terminata e tre mesi tutti da godere.

    A quei tempi in cui non esistevano cellulari, non esisteva Internet, l’unico modo per viaggiare era la fantasia stimolata dalla lettura di libri, oppure queste occasioni che i suoi genitori gli offrivano.

    Una volta riempito e preparato il caravan, si rimaneva in attesa che arrivasse suo padre, su una Fiat 1500 rossa, nuova fiammante a cui era stato montato il gancio per poter trainare.

    L’operazione di aggancio del caravan alla macchina era competenza di Luca che con atteggiamento da adulto esperto e la sicurezza di chi sa esattamente cosa fare, provvedeva ad effettuarla.

    Suo padre sorrideva sempre nel vedere Luca concentrato nell’eseguire il compito che gli era stato assegnato.

    Gli aveva spiegato quanto fosse importante farla bene per la sicurezza di tutti e osservare (oltre che, ovviamente, controllare l’operazione) l’atteggiamento che assumeva Luca mentre svolgeva il suo compito, lo inorgogliva e lo divertiva un po’. Una volta agganciato il caravan, comunemente chiamato roulotte, si sistemavano gli specchietti retrovisori laterali aggiuntivi. Anche questo rientrava fra i compiti di Luca.

    Finite le operazioni preliminari, finalmente si partiva per le vacanze.

    Che emozione che provava Luca in quel momento! Tre settimane intere con la sua famiglia e soprattutto con tanti amici e tanta libertà di movimento.

    In campeggio, soprattutto a quei tempi, gli adolescenti potevano muoversi liberamente in gruppo, limitandosi a comparire per i pasti e per trascorrere la notte in roulotte. Per il resto, libertà assoluta e giornate intere all’aria aperta o a visitare luoghi sconosciuti.

    Quell’anno il viaggio, denominato Tour Europa del Nord, prevedeva tappe in Austria, Germania e Danimarca.

    In occasione del ritrovo, il presidente Fedro non faceva mancare mai il momento solenne in cui ribadiva il programma del viaggio. Si trattava di un momento in cui tutto si faceva serio e Fedro enunciava le inderogabili regole del viaggio e i suoi dictat, a partire dall’orario della cerimonia di apertura prevista, normalmente, per la mattina del giorno successivo.

    Poi tappe, giornate, orari di partenza, visite guidate, attrattive. Una organizzazione da agenzia turistica che denotava, da parte del presidente, uno studio meticoloso di ognuno dei posti da visitare. Agli occhi di Luca, una gestione perfetta.

    Dopo l’enunciazione del programma, si tornava a brindare, cantare, danzare e a notte inoltrata, esausti, ci si dirigeva, gli adulti un po’ barcollando, verso le roulotte, e nel campeggio regnava il silenzio più assoluto.

    II

    Luca richiuse la porta e notò che Kimba, che normalmente usciva scodinzolando festosamente, si era rintanata, orecchie basse, sotto il tavolo della sala.

    Rimase un po’ stordito da quella strana sensazione di un’ombra che si infilava nel bosco ma l’alba ormai aveva preso il sopravvento, il sole iniziava a scaldare l’aria e i pensieri notturni assunsero un sapore diverso quando sentì l’odore del caffè che proveniva dalla cucina.

    Isabel era già sveglia e chiese, un po’ preoccupata:

    «Come mai ti sei alzato così presto?».

    Luca rispose che non riusciva a dormire a causa del raffreddore e così si era messo a sistemare un po’ di documenti.

    Per il momento decise di tenere per sé quelle strane sensazioni perché gli apparivano un po’ infantili e molto probabilmente frutto di una suggestione notturna.

    Poi iniziò la giornata con la solita routine. Sistemati gli animali, dopo una breve passeggiata insieme ad Isabel, iniziando ad assaporare l’arrivo della

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