Nulla di vero tranne i fiori
Di Paola Sappa
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Info su questo ebook
Infermiera da più di trent’anni e sognatrice da sempre, Paola Sappa (in arte Paulette), originaria del Monferrato astigiano, vive dai primi anni ’90 in Valsusa, terra di cui si è innamorata da subito, oltre che del marito villardorese.
Appassionata di poesia, si diletta a scriverne in rima, in occasioni speciali come matrimoni, compleanni e ricorrenze varie di amici e parenti.
È al suo primo romanzo, nato dall’esigenza di creare una storia ambientata proprio nella sua amata Valmessa insieme a due elementi a lei molto cari: l’amore ed i fiori.
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Anteprima del libro
Nulla di vero tranne i fiori - Paola Sappa
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi:
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani)
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Un caffè alla cannella
Faceva abbastanza freddo, quando mise il naso fuori casa, ma lì per lì non ci fece caso. Aveva troppi pensieri per la testa e l’ultimo dei suoi problemi era il clima. Si avvolse più strettamente nella sciarpa di lana che le aveva fatto nonna Pina e si diresse verso il centro del paese. Venti e trenta, in giro neanche un’anima… per forza, a fine gennaio, di giovedì sera e a stomaco pieno, chi si sarebbe avvolto nella nebbiolina che ovattava Ciliegese?
La casetta color ocra delle Associazioni l’aspettava nella piazzetta con le luci accese, sembrava il sorriso di un presepe; di buona lena lei accelerò il passo: odiava arrivare per ultima ed essere osservata dagli altri al suo ingresso. In realtà non capitava mai e non sarebbe successo nemmeno ora. Alcune auto erano già nel piccolo parcheggio, ma non abbastanza da farle pensare ad una sala gremita di teste curiose, pronte a girarsi al suo passaggio. Un grosso sospiro e, pronta per l’ingresso, varcò la soglia. Il presidente le andò incontro, gentile come sempre, ma non manieroso così come i pochi piemontesi doc che abitavano il paese: «Benvenuta Maria Sole, ce l’hai fatta, grazie! Ti ho anche trovato un bel compagno!» Il presidente amava parecchio scherzare e di questo lei gli era sempre molto grata. Un sorriso non aveva mai fatto del male a nessuno e dava un po’ di energia alla sua vita ultimamente un po’ ammaccata…
Si andò a sedere in terza fila dopo aver salutato i vari conoscenti in modo gentile ma discreto, senza quelle parole di circostanza che andavano tanto di moda tra i paesani, i vari come va, fuori dal letto anche tu, la facciamo andare e via discorrendo, Maria Sole dava molta importanza all’uso delle parole e ne aveva sempre detestato quello inutile e noioso. La parola deve servire a comunicare qualcosa di bello, importante e a volte prezioso, oppure ad esprimere un sentimento sincero o un interessamento reale… Si concentrò su quanto esposto davanti a lei: un letto munito di super materasso color panna faceva bella mostra di sé poggiato su un piccolo palco, coperto da una bellissima coperta di lana merinos. Era la sua prima partecipazione ad un evento del genere, non sapeva bene di che cosa si trattasse, ma si fidava del presidente, perciò non le rimaneva che aspettare, qualcosa sarebbe successo. L’unico dubbio che aveva era sull’acquisto: sperava di non essere obbligata a fare nessuna strana spesa che avrebbe seriamente minato le sue già scarse risorse; dopo dieci minuti, ecco che qualcosa iniziò a muoversi.
Un robusto cinquantenne con un’incipiente calvizie e due grandi mani iniziò la sua presentazione, con una parlantina degna di un imbonitore che si rispetti: il presidente al suo fianco completava la spiegazione della serata che avrebbe aiutato l’associazione grazie alla presenza delle coppie in sala. Mah… quali coppie? Maria Sole realizzò in quel momento che l’unica single era lei e con imbarazzo guardò il presidente che prontamente ammiccò.
«Ecco il nostro marito ritardatario!» annunciò subito, e mentre i presenti si giravano curiosi fece il suo ingresso un uomo alto, dai capelli castani e penetranti occhi verdi, fornito di meraviglioso sorriso, che con nonchalance si avvicinò a lei e con altrettanta disinvoltura le si sedette accanto con un sonoro: «Eccomi moglie cara!»
Dire che Maria Sole rimase stupita è abbastanza riduttivo: la donna ebbe un tuffo al cuore e rimase immobile come un’ebete di fronte a tanta disinvoltura: restò a fissarlo, incurante degli sguardi curiosi che li stavano circondando, e quando lui sottovoce le disse «Piacere, Pedro!» ella rimase muta e con gli occhi grandi come quelli di una bimba meravigliata davanti all’albero di Natale. E da dove saltava fuori quel po’ po’ di uomo? Non certo da Ciliegese, ma nemmeno dai paesi limitrofi dove riteneva di conoscere un sacco di gente… mentre la dimostrazione procedeva con tutte quelle parole, descrizioni con l’enfasi relativa alla morbidezza anatomica, all’importanza del Memory e alla bellezza del sonno avvolti in materiale assolutamente anallergico.
Maria Sole non stava ascoltando neanche una parola, concentrata com’era sul respiro del proprio vicino di sedia; avvertiva la sua presenza come un’energia positiva e solare. Per un attimo si sentì profondamente stupida, non aveva più vent’anni, si sentiva una ragazzina quasi al primo appuntamento… «Non ho capito il suo nome» la scosse la voce di Pedro. Lei lo guardò pensando che di uomini così affascinanti Ciliegese era veramente carente, e questo non dava certo lustro al paese. «Maria Sole» rispose sottovoce, e nel dirlo l’ultima vocale si incrinò.
Finalmente, l’evento giunse al termine, tutti si alzarono per buttarsi sulle pizzette del buffet offerto dall’associazione, ma loro due rimasero incollati al proprio posto indecisi sul da farsi. «Ed ora, che succede?» bisbigliò lei.
«Penso che dovremmo uscire fuori e conoscerci» rispose lui. Con grande imbarazzo Maria Sole arrossì fino ai piedi: «Intendevo per la sera, i materassi, se dobbiamo acquistare…»
Pedro scoppiò in una sonora risata, alzandosi la prese per un gomito e, girando le spalle agli affamati, la guidò fuori alla chetichella, incurante dello sguardo del presidente che li seguiva divertito. L’aria gelida li schiaffeggiò all’uscita, ma la donna pensò che non sapesse quello che stava facendo: un perfetto sconosciuto la stava accompagnando per la strada, deserta per altro… doveva inventarsi una scusa e rientrare fingendo di dover parlare con il presidente?
Una forza in lei la stava invece spingendo a fidarsi di Pedro e qualcosa di assolutamente fresco e luminoso la stava avvolgendo come una carezza. I due iniziarono a camminare nel viale che costeggiava il laghetto, avvolto in quel momento da un’atmosfera un po’ cupa. Maria Sole rabbrividì.
«Ti porto al caldo, dai» le disse lui passando immediatamente al tu, e la condusse al piccolo bar cremeria ancora aperto che poco distava da loro.
«Non sei una chiacchierona, mi sembra di capire, a parte il nome, posso sapere qualcosa di te?» le disse Pedro ed a quel punto lei, chinando la testa, gli disse che avrebbe potuto dire la stessa cosa lei di lui. Non le andava di essere la prima a farsi scoprire, a svelare se stessa ad un tizio mai visto prima.
L’uomo capì la sua timidezza e iniziò a parlare mentre varcavano la soglia del delizioso locale profumato di cannella e sfoglie appena sfornate.
«Mi chiamo Pedro, come ti ho detto, e vengo da Gusa. Mi ha invitato il presidente, di cui sono molto amico, lavoro in una ditta di legname e taglio boschi lì vicino. Cosa vuoi che ti racconti di me?» le chiese mentre la fece accomodare in una delle sedie rosse ai tavolini davanti alla vetrina. Il locale era molto confortevole con tutti quei colori e profumi e Maria Sole si sentì a suo agio e bendisposta verso lo straniero. «Abito da sempre in questo paese, e lavoro in quel piccolo negozio di fiori che hai visto passando per venire alla riunione. Era dei miei genitori ed ora lo gestisco con alti e bassi.
Amo la vita tranquilla, la montagna, le passeggiate e…» si interruppe con una smorfia dolorosa sul viso. «E… cosa?»
«Niente, ho avuto un passato un po’ così, ma non è il momento ora di parlarne» lo stoppò.
«Piuttosto, raccontami dei tuoi boschi… io adoro camminarci e respirarli…»
Maria Sole era veramente convinta di quanto stava dicendo, fin da piccola amava andare con i genitori o con qualche amichetta nei boschi circostanti, raccogliere fiori o curiosare nei formicai…
Tuttora, nel tempo libero, andava in cerca di pungitopi, agrifogli e bacche d’inverno per le sue belle composizioni natalizie e tralci di edere e fiorellini per gli ornamenti degli sposalizi.
Pedro iniziò a raccontare dei suoi boschi in montagna conditi di fatica, aria pulita e profumi balsamici: amava il suo lavoro con tutto se stesso, studiare gli alberi per eseguire il taglio perfetto, ma pensando anche subito dopo al rimboschimento, con oculatezza e rispetto per la montagna.
Il bosco elargisce e dona, ma bisogna averne cura. Il legname procurato forniva una ditta locale che si preoccupava della pulizia finale dei tronchi ed il relativo taglio per crearne assi e tavole, mentre gli scarti, cortecce e quant’altro sarebbe andato ad ornare giardini e parchi.
Nonostante le levatacce mattutine, Pedro era padrone del proprio tempo, non aveva grosse discussioni sul lavoro se non decidere con Albertone, il proprietario della ditta, a che ora e quanto legname fornire, per il resto era solo con i suoi pensieri, la sua motosega ed i suoi attrezzi, nonché con qualche animale del bosco che in base alle stagioni si affacciava a curiosare sul suo lavoro.
Quando il bosco richiedeva le sue pause, Pedro lavorava per tutti coloro che in valle necessitavano di pulizie giardini, potature e lavori di manutenzione vari, e praticamente non c’era valligiano che non conoscesse il suo allegro fischiettare mentre lavorava da questo o da quello.
Insomma, Pedro era felice di respirare e di essere al mondo: la vita era un’enorme opportunità, di conoscenza e di scoperta ed andava presa di petto e con energia. Certo, i casini li aveva avuti anche lui, aveva conosciuto più volte il pronto soccorso di Gusa per incidenti sul lavoro di vario genere e più volte era stato obbligato al riposo forzato a casa per colpa di qualche ferita più grave dei soliti taglietti alle dita. Non sempre i soldi gli erano bastati per arrivare a fine mese, dato che spesso la segheria non aveva liquidità per saldargli i conti, e l’unica volta che aveva preso sotto le sue dipendenze un ragazzo per farsi aiutare nel lavoro questo, dopo una settimana, se ne era scappato con la sua bella Stihl nuova fiammante.
Però il dolore più grande della sua vita (ma questo a Maria Sole non lo raccontò), era stata la persona che fino a quel momento aveva amato più di se stesso e che aveva pensato bene, ad un certo punto della loro storia, di dirgli che amava un altro e che lui non avrebbe potuto essere al suo livello, economico e sociale. Per Pedro era stata una doccia gelata sulla schiena in una notte d’inverno, e dopo otto anni di relazione aveva chiuso definitivamente con le donne. Certo, qualche avventura ogni tanto, ma nulla di impegnativo… c’era troppo da soffrire e perderci il sonno. Maria Sole si beveva ogni parola che usciva dalle labbra dell’uomo: il suo narrare pacato ma guizzante di energia la stava rilassando e riusciva a sentire il fruscio delle foglie dei suoi boschi e l’allegria nei passi di Pedro durante il lavoro.
La cameriera interruppe le parole dell’uomo per le ordinazioni e Maria Sole ordinò un caffè alla cannella (specialità del posto) con una bella sfoglia alle mele. Era molto golosa, adorava i dolcetti, i biscotti all’uva passa ed i ciliegesi, dei cioccolatini ripieni di rhum con la ciliegia all’interno.
L’uomo invece, optò per un bel caffè con rhum. Un attimo di silenzio imbarazzato quando la cameriera se ne andò e poi un «E tu?» uscì dolcemente dalle labbra maschili davanti a lei…
No, Maria Sole non era ancora pronta per la domanda… quella domanda, si schernì con un colpo di tosse e la risposta semi-ironica «Sto bene, grazie» coprì momentaneamente la sua ritrosia. Non se la sentiva di condividere, in quel momento, le sue ferite, anche se passate, seppur con uomo così trasudante di empatia. In quel momento, con una folata di freddo pungente, fece la sua apparizione nel locale un biondo marcantonio, che chiassosamente investì i presenti con un vociare ad alto volume. Maria Sole si girò verso la sua direzione ed un sorriso le si dipinse sul viso. «Ciao Mirko!»
«Maria Sole! Ehilà! Hai per caso un salvagente?» fu la risposta del giovane, lasciando un tantino perplessa la ragazza, che chiese perché.
Mirko si lanciò nella sua risposta cavallo di battaglia: «Per non affogare nei tuoi occhi, cara!!!»
A Pedro andò il rhum nel caffè per traverso di fronte a tale audacia di rimorchio.
«Ma che sta dicendo?» chiese alla donna. Maria Sole con uno sguardo birichino lo tranquillizzò subito spiegandogli che Mirko trattava così tutte le donne del paese dai diciotto ai settant’anni, ma in realtà non aveva mai infastidito nessuna. Era un dispensatore di buonumore e di lusinghe, nonché esaltatore della femminilità in tutte le sue forme: non c’era donna ciliegese che non fosse sensibile alla sua gentilezza e galanteria, era amato da tutti ma soprattutto, quando arrivava lui, il buonumore scoppiava all’improvviso come un allegro petardo ed il suo umorismo piaceva anche molto agli uomini. Una birra in sua compagnia si prendeva sempre volentieri, nonché due battute sugli ultimi accadimenti e qualche apprezzamento maschile sulle giovani mamme davanti alla scuola erano quasi all’ordine del giorno. Mirko, vedendo Maria Sole in compagnia, dopo un elegante baciamano, prese congedo dalla coppia, per rivolgersi con un «Tesoro, oggi sei ancora più bella!» alla cameriera del locale che, sciolta come le creme che serviva, gli dedicò immediatamente tutta la sua attenzione. Il caffè alla cannella era più buono del solito, pensò Maria Sole, chissà perché…
«Allora, questa donna chi è, dietro a questi occhi verdi?» la riscosse la voce dell’uomo davanti a lei.
Maria Sole arrossì come una bimbetta dell’asilo, non era facile per lei parlare delle sue emozioni, del suo passato e dei suoi sogni, ad uno straniero, per giunta!
«Mah… non ho storie brillanti da raccontare, sono io, una donna semplice con un passato e un presente, abbastanza faticoso, ma un po’ come tutti, credo, nulla di così emozionante che meriti attenzione sui giornali!» ammiccò.
L’uomo fece un sorriso accattivante, si alzò, pagò il conto e la invitò gentilmente ad uscire davanti a lui, mentre l’ultimo pezzo degli Imagine Dragons in sottofondo li accompagnava all’uscita.
Maria Sole sospirò al contatto con l’aria gelida della Valfiorita, mentre l’uomo richiudeva la