Professional Consumer
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Questa la regola che governa l'Economia dei Consumi; quella che gli accademici non scorgono e che le facoltà di Economia non insegnano.
Basta allora con il fare dilettante; scatta l'ora di imparare il mestiere del fare la spesa.
Clienti di tutto non possiamo più essere, dobbiamo allora fare di necessità virtù; in bilico tra il fare prodigo e l'avarizia prendere misura, selezionare. Per questo nuovo fare occorre imparare il mestiere.
Da buon ficcanaso, mi sono messo ad indagare, intercettare; ho poi “teorizzato” come, dove, quando consumare: l'ho scritto.
Al riparo da tentativi di colluttazione ideologica, fuori da imperscrutabili sofismi.
Al centro dell’attenzione il mercato: il luogo del nostro agire, zeppo di merci stipate in ogni dove; là dove un ormai strutturale eccesso di offerta pretende un altrettanto eccesso di domanda.
La vita spesa a fare la spesa diventa un obbligo per tenere in equilibrio il sistema.
Possiamo sottrarci a questa pratica quando, così facendo, vengono generati i 2/3 del PIL?
Vi è un’altra pratica che sappia con altrettanta efficacia trasformare le merci in Ricchezza?
Tre domande capitali, una risposta esemplare: se consumo obbligato ha da essere, lavoro sia!
Se tanto ci da' tanto, rivendicare un ristoro economico dall’esercizio obbligato del consumo si rende possibile, addirittura necessario, per tenere in piedi un meccanismo economico/produttivo altrimenti logoro.
Acciocché sia spendibile questa opportunità, una nuova figura si aggira al mercato: il PROFESSIONAL CONSUMER che sappia produrre Domanda e gestire l’Offerta.
Un tizio insomma, attrezzato di tutto punto, in grado di gestire i “fattori del consumo”.
Nel testo vengono indagati i modi per intercettare le svariate forme di reddito, che si celano negli anfratti della scena economica, fino a portare alla luce i ruoli e le prerogative che competono ai Consumatori Professionisti nel rendere efficiente la gestione dei meccanismi di mercato.
Declinando, declinando si arriva infine a mettere in calce il codice che disciplina l’agire professionale e precisa i contorni di responsabilità dei Consumatori nella gestione del ciclo di produzione della ricchezza e degli equilibri di una Terra, altrimenti puzzolente.
Leggi altro di Mauro Artibani
Format: La Gente, la crisi e il bandolo della matassa: Una storia per otto video Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa domanda comanda:: Verso il Capitlismo dei Consumatori, ben oltre la crisi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa vita spesa a fare la spesa Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTrattato dell'Economia dei Consumi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
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Anteprima del libro
Professional Consumer - Mauro Artibani
Mauro Artibani
PROFESSIONAL CONSUMER
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Indice dei contenuti
Note
Sono Mauro Artibani, l’Economaio. Studio l’Economia dei consumi, quella che gli accademici non scorgono e che le facoltà di Economia non insegnano.
Autore del libro, Professione Consumatore (2009)
Autore del libro, La domanda comanda: verso il capitalismo dei consumatori, ben oltre la crisi
Autore del decalogo del Professional consumer
Ho in corso la redazione del Sillabario dell’Economia dei consumi, testo che riallinea le voci dell’economia al nuovo paradigma della produzione.
Autore della web series: La gente, la crisi e il bandolo della matassa.
Autore di oltre 500 articoli sui temi della crisi e dei consumatori.
Autore del romanzo La vita spesa a fare la spesa
Encomiabili Colleghi,
Sono un individuo sano, di media statura; maschio adulto di razza bianca, che ostenta il grigio della rada chioma. Provo diletto nell’esercizio del consumare, ancor più quando mi aggiro nel mondo delle merci con fare professionale.
Faccio questo perché sento necessario mettere in campo il presidio del mestiere per dare un sostegno operativo alla mia condizione benestante.
Lo faccio pure per sottrarre i miei comportamenti dalla routine del compracompra che rischia di avvizzire il me
. Eppoi, suvvia, la crescita economica si fa con la spesa.
Amo uscire di casa per fare affari nel fare shopping: questo mi delizia. Così acchiappo tre piccioni con una fava: risparmio, guadagno e inoculo ricostituente per la mia mente.
Un Mestiere, quindi, fatto di passione, competenza e un po’ di gaudio: non è difficile.
Il gaudio sta già nel Dna del consumatore; la passione si compra ad ettolitri, magari, da quegli individui prolifici che non sanno ma fanno, magari i genitori.
La competenza invece, acquisita con passione studiando e ristudiando, la vende il geometra Rossi; lui l'ha come credito di esercizio.
Eccomi fatto professionista del consumo; puro distillato dell’abnegante passione genitoriale; della sagace competenza del signor Rossi, stimato agrimensore; corroborato dal gaudio, magari solo un pizzico.
E vai col tango allora, nella balera del Mercato, dove tutti insieme si balla sulle note di una vita spesa a fare la spesa
avvinti dall’afflato poetico del testo. Tutt’affatto prosaico invece l’atteggiamento che si lascia intravedere: una vera e propria Missione.
Quest’appannaggio simil-spirituale viene conclamato dalle virtù dei gesti quotidiani di consumo: abnegazione, costanza, sacrificio, speranza.
Questi i tratti dell’incedere coreutico per l’individuo consumatore; questi i rituali incombenti di una religione laica
.
Qui sembra trovare espressione l’estasi del benessere.
Proprio qui si mostra una patente fragilità.
C’è in giro un cronico eccesso di offerta, per riequilibrare le sorti, a questa deve fare il paio l’eccesso di domanda: consumo nutrito dalla manna del debito, ingrassato dall’abiura al risparmio. L’alchemico equilibrio parrebbe scorgersi infatti nel manifestarsi di forme di prodigalità estenuata, espressione propria di una teleologia del consumo.
Se così fosse la miopia mostrerebbe i caratteri dell’evidenza. Pur mettendo la sordina alle perigliose elucubrazioni attorno alla liceità di simili atti di governo dell’economia, non appare convincente, in un mondo secolarizzato, laicizzato, ancor più affetto da congenito relativismo, l’affidare il già precario equilibrio del sistema a pratiche che sembrano mostrare eco mistiche: non ci crede
più nessuno.
Per eliminare ogni possibile azzardo si rende allora indispensabile disporre, con apposito atto deliberativo, una cogente quand’anche omeopatica risoluzione: rompere le escatologie (1) del consumo.
Anzi, si deve fare di più: bisogna condurre noi le danze, farci Musici, comporre sinfonie potenti, giocose, espressioni della forza del nostro ruolo acciocché ognuno possa, sedotto da Tersicore, sgambettare su quella pista: allegro ma non troppo. Ci aspetta un duro lavoro. Dobbiamo, con la prerogativa delle nostre azioni, farci costruttori di una nuova egemonia. Rendere così spendibile un rutilante paradigma: Consumo? Lavoro!
Questo il modo per fornire continuità al sistema economico rimuovendo le aporie che lo sfiancano; per cacciare il sistema della produzione fuori dal cul de sac dell’eccesso.
Non è facile, non possiamo sottrarci però. Questo ruolo incombe su di noi.
Ruolo pesante, ingrato. Altro che edonismo.
Costretti dal nostro impegno civile, si rende necessario riacquisire il controllo delle pulsioni emotive, recuperare lucidi gesti di ragione; farci consumernauti in uno spazio tutto da esplorare. Bisogna cercare, trovare, mettere a frutto il Valore Aggiunto della nostra pratica di consumo.
Fatti laici, pragmatici, fors’anche opportunisti, in un bilico spudorato tra vizi e virtù, alé… a caccia di occasioni dentro quello scibile multicolore.
C’è tutto dentro, dalla A di Avarizia alla Z di Zuzzurellone. Alla D c’è Desiderio, sottoporlo a regime è un obbligo; alla F c'è Fedeltà, se ben gestita, rappresenta una grossa opportunità per farci guadagnare; alla I si trovano Informazione e Identità, se controlliamo la prima possiamo modificare a piacimento la seconda. Per farlo occorre Ironia ma questa la si trova da presso.
Poi c’è la M di Mercato, il luogo dove esporre la nostra mercanzia, più avanti c’è Misura, il modo per fornire ordine agli atti di consumo e ancora, alla R c’è Responsabilità e questa dobbiamo acquisirla per intero, così come il Sapere per farci Selettivi, che troviamo alla S.
Ancor più giù nella T, toh…: Temperanza, educarci a un simile precetto può risultare conveniente.
Insomma: c’è molto da fare: bisogna vigilare; ci sono atteggiamenti che vanno calibrati, condizioni che devono essere contrattate, alleanze da conquistare, crediti da reclamare, pure significati da elaborare.
Solo così attrezzati potremo mostrare i muscoli. Solo così, finalmente ottenere ristoro.
Diamoci da fare.
Mauro Artibani
INDICE
Prefazionando
Ugo: imprende, sorprende, dipende
I dieci convincimenti
A.A.A. cercasi
Fare impresa
Domanda di consumo, offerta di consumo
Pubblicità e non solo
Credito al consumo vs debito da consumo
Della crisi, la prima ora
Glossario
PREFAZIONANDO
Nell’accingermi a redigere questa prefazione, scritta rigorosamente post, ho avuto la ventura di andare a zonzo nella copiosa letteratura che le scienze sociali hanno messo in campo per raccontare il nuovo consumatore.
Fiuuu….
Sono uno di quelli che il pensiero sociologico tratteggia impietosamente come moralista di professione, cultore dei bisogni pochi e semplici, pigro, affetto da inerzia e conformismo intellettuale
.
Beh già che ci sono, anche comunista; di quell’esperienza conservo il rimpianto, un po’ romantico forse, dell’irresoluta diatriba sviluppo/progresso. Al non possiamo non dirci cristiani
poi, mi sono arreso da tempo.
Tutto questo ieri.
Oggi, fattomi consumatore, sono convinto non esserci lo spazio, né politico né economico, per un mondo altro: il realismo m’impone di stare in questo.
Un realismo che dà arsura però. Per questo ho bevuto d’un fiato quei testi, nella speranza di trovare conforto alle tesi che qui si intendono sostenere.
Credo alla pratica attiva
del consumo; non credo all’esistenza di un individuo che possa risolvere se stesso nell’esercizio del consumare.
Credo altresì che l’indifferibilità della pratica di consumazione e i ritmi di esercizio necessari lascino intravedere per questo nostro incedere la pratica di un lavoro. Queste le condizioni che fondano le premesse per un paradigma nuovo di zecca: CONSUMO = LAVORO e qui trovo la sponda di Jean Baudrillard (2), che riferiva del Consumatore come di un lavoratore che non sa di lavorare. Bene: quell’ignaro è tempo che lo sappia!
Per questo, smessi i panni del Tutelatore di consumatori indifesi e magari pure rimbecilliti, enfaticamente grido: se lavoro ha da essere, reddito sia, per dare conforto alle nostre azioni quotidiane di consumo. Altro che iloti! Facile invece trovare consenso, tra quegli autori, per sostenere l’indipendenza tra produzione e consumo. La relazione di indifferenza che sembra potersi accreditare non appare però convincente.
Mettiamola così: le imprese producono, nel farlo generano beni e servizi, là incontrano i consumatori che impiegano le loro risorse per trasformare quelle merci in Ricchezza: tutteddue indispensabili, tutteddue fortemente motivati, fino a indebitarsi per portare valore al circolo della produzione
.
La questione non può che manifestarsi, allora, tutta dentro il nesso tra Domanda e Offerta, nell’espressione dei rapporti di forza che solo la palestra del mercato sembra poter esaltare.
Proprio in questo contesto i consumatori sono in grado di sfoderare una poderosa forza d’urto: con la spesa si fanno i 2/3 del PIL; consumando l'acquistato fanno ri-produrre. La forza di questo fare pone la condizione per poter reclamare un ristoro d'esercizio
, lenire i nostri affanni magari pure l’indebitamento e, così confortati, continuare a fare quel che ci tocca per dare sprone alla crescita economica.
Certo c’è chi, ed io con loro, non sembra credere a un imprenditore compassionevole e ad un’impresa Biancaneve
pronta a darci ristoro; non saremmo comunque noi i Pisolo, semmai tanti, tantissimi Brontolo. Che quella stessa impresa, solo oggi, tenti di percorrere la strada della soddisfazione del cliente, okkei. Che questa soddisfazione debba essere coerente con le attese del consumatore a garanzia della qualità, prerequisito per la sopravvivenza dell’impresa stessa
, mi trova pienamente d’accordo.
Anzi a questo punto mi sia consentito sollecitare con la dovuta urgenza quella sopravvivenza.
Perché correre il rischio di perdere i nostri datori di lavoro? Giammai!
Reclamare autonomia del consumo dalla produzione,
(3) come fa Giampaolo Fabris, trovando conforto intellettuale nei presupposti della post-modernità, risulta esercizio lodevole, ma occorre andare oltre.
Credo, per mio conto, di aver individuato e scolpito 10 presupposti per confezionare