Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Canto di Natale
Canto di Natale
Canto di Natale
E-book108 pagine1 ora

Canto di Natale

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Edizione speciale con impaginazione natalizia. Nella fredda notte che annuncia il Natale, il vecchio Scrooge, visitato dal fantasma del suo vecchio socio in affari, si trova a compiere un doloroso viaggio nel passato, nel presente e nel futuro della sua miserevole vita. Una grande storia sulla possibilità di cambiare il proprio destino. Una riflessione sull'equilibrio difficile fra il presente, il passato e il futuro. Una denuncia dello sfruttamento minorile e dell'analfabetismo. Ma soprattutto una favola, una delle più commoventi che siano mai state scritte.
LinguaItaliano
Data di uscita1 dic 2017
ISBN9788894303483
Autore

Charles Dickens

Charles Dickens (1812-1870) was one of England's greatest writers. Best known for his classic serialized novels, such as Oliver Twist, A Tale of Two Cities, and Great Expectations, Dickens wrote about the London he lived in, the conditions of the poor, and the growing tensions between the classes. He achieved critical and popular international success in his lifetime and was honored with burial in Westminster Abbey.

Correlato a Canto di Natale

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Canto di Natale

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Canto di Natale - Charles Dickens

    storia

    Prima strofa

    Lo spettro di Marley

    Prima di tutto bisogna specificare che Marley era morto. Non c’era alcun dubbio su questo. Il registro mortuario portava le firme del prete, del chierico, dell’impresario delle pompe funebri e della persona che aveva guidato il carro. Anche il signor Scrooge lo aveva firmato e il nome di Scrooge, su qualunque fogliaccio fosse scritto, aveva un incredibile valore. Sì, il vecchio Marley era morto; morto, per citare un nostro proverbio, come il chiodo di una porta.

    Badate: non voglio mica lasciare intendere che io sappia cosa ci sia di defunto in un chiodo di porta. Se fosse stato per me, avrei detto che il pezzo di ferramenta più vicino alla morte sia il chiodo di una bara; ma poiché nelle similitudini risiede la saggezza dei nostri nonni, non farò il sacrilegio di usare parole mie, altrimenti il paese andrebbe in rovina. Lasciatemi dunque ripetere, in maniera solenne, che Marley era morto come un chiodo di porta.

    Scrooge era a conoscenza di questa morte? Certamente. Come avrebbe fatto a non saperlo? Erano stati soci per non so quanti anni. Scrooge era il suo unico esecutore testamentario, unico amministratore, unico procuratore, unico legatario universale, unico amico, unico organizzatore delle esequie. Eppure il nostro Scrooge, che in verità non aveva granché sofferto per la perdita, si dimostrò sottile uomo d’affari persino il giorno stesso del funerale, durante il quale riuscì a concludere un grosso accordo economico.

    Il ricordo della cerimonia funebre mi fa tornare al punto di partenza: non c’era dubbio che Marley fosse morto. Questo tenetelo bene a mente, altrimenti niente di meraviglioso potrà scaturire dalla storia che sto per narrarvi. Se non fossimo perfettamente convinti che il padre di Amleto sia morto prima che si alzi il sipario, la sua passeggiatina notturna su per i bastioni, al vento di levante, non ci farebbe maggiore effetto della passeggiata bisbetica di un qualunque galantuomo attempato che vada in giro di notte in un posto ventoso – poniamo nel cimitero di San Paolo – per il solo gusto di sbalordire l’idiozia del suo figliuolo.

    Scrooge non cancellò dall’insegna il nome del vecchio socio. Parecchi anni dopo, sulla porta del magazzino si leggeva ancora la scritta Scrooge & Marley; la ditta era nota proprio con questo titolo. A volte capitava che qualche novizio agli affari chiamasse Scrooge ora con il suo nome, ora con quello di Marley; Scrooge rispondeva in entrambi i casi: per lui era la stessa cosa.

    Oh, ma che stretta sapevano avere le benedette mani di Scrooge! Come afferravano, spremevano, torcevano, scuoiavano, artigliavano le mani di quel vecchio e avaro peccatore! Aspro e tagliente come una pietra focaia, dalla quale nessun acciaio al mondo aveva mai fatto schizzare una potente scintilla; chiuso e solitario come un’ostrica. Il freddo che aveva in corpo gli gelava il viso decrepito, gli deturpava il naso appuntito, gli increspava le guance, gli snelliva il portamento, gli faceva diventare rossi gli occhi e turchine le labbra sottili; fuori mostrava una voce acre e graffiante; su capo, sopracciglia e mento biancheggiava una fresca brina. La bassa temperatura se la portava sempre addosso: il suo ufficio era gelido nei giorni più caldi, mentre a Natale non lo scaldava di un grado.

    Caldo e freddo non avevano effetto sulla persona di Scrooge. L’estate non gli dava calore e il rigido inverno non lo assiderava. Non c’era vento più aspro di lui, non c’era pioggia più spietata, non c’era neve più impenetrabile: il maltempo non lo impressionava. La pioggia intensa, la neve, la grandine e il nevischio potevano vantarsi di essere migliori di lui solo per un motivo: più di una volta si spargevano tra la folla. Scrooge no, mai.

    Nessuno si sognava di fermarlo in strada per dirgli con aria allegra: «Come va, mio caro Scrooge? Quando verrà a trovarmi?». Nessun mendicante gli chiedeva la più piccola carità, nessun bambino gli domandava che ore fossero, né uomo o donna, in tutta la loro vita, si erano mai rivolti a lui per chiedere informazioni. Persino i cani dei ciechi davano l’impressione di conoscerlo perché, quando lo vedevano arrivare, trascinavano i loro padroni in un vicolo; poi scodinzolavano dolcemente, quasi a voler dire: «Povero padrone mio, meglio non avere occhi che avere il malocchio!». Ma a Scrooge non importava. Tanto meglio, anzi, perché ci provava gusto: per Scrooge farsi strada lungo gli affollati sentieri della vita, avvisando la brava gente di tenersi a debita distanza, era come per un ingordo sgranocchiare pasticcini.

    Un giorno – il più bello dell’anno, ossia la vigilia di Natale – il vecchio Scrooge sedeva tutto affaccendato alla sua scrivania. Era una giornata fredda e uggiosa, dominata da una fitta nebbia. Fuori si udiva la gente, col respiro affannato, correre su e giù nel cortile fregandosi forte le mani e battendo i piedi sul selciato nel tentativo di scaldarsi. In strada gli orologi avevano appena battuto le tre, ma era già quasi buio. Dalle finestre dei negozi le luci, come tante piccole macchie, rosseggiavano sull’aria grigia e pesante. La nebbia penetrava da ogni fessura, da ogni buco di serratura, ed era così densa che, nonostante lo spazio stretto e inospitale del vicoletto, le case di fronte parevano fantasmi. Le nuvole scure che scendevano sopra ogni cosa lasciavano presagire che la natura stesse per scatenare la sua ira.

    La porta dell’ufficio di Scrooge era aperta in modo che potesse tenere d’occhio il suo impiegato che, nello studio di fronte – una specie di sgabuzzino, – stava ricopiando alcune lettere. Nel suo camino Scrooge aveva acceso un fuoco piccolissimo, ma il fuocherello dell’impiegato era ancora più misero, tanto che sembrava alimentato da un solo pezzo di carbone. Non poteva neanche incrementarlo, perché la cesta del carbone era nello studio di Scrooge, e quando il poveruomo entrava con la pala per prenderne un po’, il vecchio avaro minacciava di licenziarlo. All’impiegato non restava che avvolgersi nella sua sciarpa bianca e cercare di scaldarsi con la fiamma di una candela; ma non essendo un uomo di grande immaginazione, il tentativo era vano.

    «Buon Natale, zio! Un felice Natale. Dio ti benedica!» gridò una voce allegra. Era la voce del nipote di Scrooge, piombato nell’ufficio talmente all’improvviso che lo zio non lo aveva sentito arrivare.

    «Bah» rispose Scrooge, «sciocchezze!»

    Il nipote, a furia di correre fuori al gelo, si era scaldato così bene che sembrava infervorato: il viso era rosso e simpatico, gli occhi scintillavano e il fiato ancora fumava.

    «Come, zio, il Natale una sciocchezza?» esclamò il nipote. «Tu non lo pensi davvero.»

    «Altroché se lo penso!» ribatté Scrooge. «Che motivo hai tu di stare allegro? Quale diritto? Sei piuttosto povero, mi pare.»

    «Via, via» riprese il nipote ridendo. «Che motivo hai tu di essere triste? Che ragione hai di essere affranto? Sei piuttosto ricco, mi pare.»

    Scrooge, che sul momento non aveva una risposta migliore, tornò al suo: «Bah, sciocchezze!».

    «Non essere così di malumore, zio» proseguì il giovane.

    «Sfido chiunque a non esserlo quando si vive in un mondo di matti come questo» ribatté Scrooge. «Un Natale allegro… Al diavolo il Natale con tutta l’allegria! Che altro è il Natale se non un giorno in cui non si hanno soldi in tasca per pagare i conti, in cui si invecchia di un anno senza però essere diventati più ricchi, il giorno di chiusura del bilancio in cui ci si accorge, dopo dodici mesi, di non avere una sola partita all’attivo? Se potessi fare a modo mio, ogni idiota che va in giro con questo Buon Natale sulla bocca finirebbe bollito nella propria pentola e sepolto con un rametto di agrifoglio nel cuore. Proprio così!»

    «Zio!» lo pregò il nipote.

    «Nipote!» rimbeccò accigliato Scrooge. «Tieniti il tuo Natale e lasciami il mio.»

    «Il tuo Natale? Ma che Natale è il tuo se non lo festeggi?»

    «Vuol dire che a me sta bene così, lasciami in pace. Possa il tuo Natale portarti bene, proprio come te ne ha portato finora d’altronde» disse Scrooge in tono sarcastico.

    «Molte sono le cose da cui avrei potuto trarre beneficio, è vero» ammise il nipote, «e il Natale è tra

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1