Passione dolceamara
Di Cindy Gerard
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Cindy Gerard
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Anteprima del libro
Passione dolceamara - Cindy Gerard
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Taming The Outlaw
Silhouette Desire
© 2002 Cindy Gerard
Traduzione di Elisabetta Elefante
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-666-2
Frontespizio. «Passione dolceamara» di Gerard Cindy1
Andando via da Sundown, sei anni prima, era sicuro che prima o poi ci sarebbe ritornato. Aveva tanti amici qui. Tanti ricordi, alcuni belli, altri un po’ meno. Cutter Reno ci era nato a Sundown ventisette anni prima, sebbene quel piccolo paese del Montana non fosse la prima cosa che gli veniva in mente quando pensava alla parola casa.
Quello che non aveva mai immaginato era che il suo ritorno a Sundown sarebbe stato nelle vesti di Gran Maresciallo, in occasione della parata del Quattro Luglio.
Non lo avrebbe mai detto. Ma non avrebbe mai nemmeno pensato di vincere il Campionato Nazionale di monta del bronco sellato. E proprio quella inaspettata celebrità aveva spinto il suo vecchio amico Sam Peterson a rintracciarlo per chiedergli di partecipare alla sfilata.
Si assestò sulla sella e ricambiò il sorriso di tutte le facce allineate lungo i marciapiedi, cercando di non pensare alle gare e ai montepremi in denaro che si era perso per venire lì.
«Domani ci sarà tutta la contea a vederti sfilare» gli aveva detto Sam la sera prima, quando si erano incontrati al Dusk and Dawn Bar per bere qualcosa insieme. «Ci sarà un sacco di gente.»
Considerando che Sundown contava un totale di quattrocentosettantatré anime, Cutter doveva riconoscere che di gente ne era venuta parecchia: la folla assiepava i marciapiedi di quattro interi isolati lungo il vialone principale del centro abitato che, per l’occasione, era stato decorato con striscioni bianchi, rossi e blu. Davanti a lui sfilava persino la banda della scuola, composta da una trentina di musicisti in erba.
«Sareste stati in ventidue a sfilare se Billy Capper non si fosse fratturato il naso andando a sbattere contro una mazza da baseball durante una partita, ieri pomeriggio» aveva ridacchiato Snake Gibson, un mandriano dal collo taurino che si era unito alla combriccola.
Bevendo birra gelata in bottiglia e sgranocchiando noccioline, si era deciso all’unanimità che poiché la squadra locale alla fine si era aggiudicata la partita battendo quella della vicina Shueyville, nessuno avrebbe pianto per l’assenza del povero Billy, che aveva comunque tutta la loro comprensione.
La banda marciava a un passo tutto suo, rifletté Cutter. Provò quasi pena per quei poveri adolescenti che suonavano una vivace marcetta e sudavano copiosamente nelle loro uniformi di lana rossa cercando di rimanere nei ranghi. Ce la stavano mettendo tutta, ma inutilmente perché, notò Cutter con un certo imbarazzo, gli occhi di tutti gli astanti erano puntati su di lui.
Tutti... o quasi, si corresse mentre nella sua mente riaffiorava un ricordo che era sicuro di essere riuscito a cancellare, nel tempo. Nell’attimo in cui vide Peg Lathrop, non fece nemmeno più caso al sole abbagliante di quella fulgida mattinata d’estate.
La banda, le risate e le esclamazioni di giubilo che si levavano dalla folla si smorzarono, tramutandosi in un lieve rumore di sottofondo, mentre Cutter assecondava con gesti automatici i movimenti del suo baio che, spaventato da un palloncino sfuggito a un bambino, si impennò. Tutta la sua attenzione era rivolta alla giovane donna dai capelli castani che, al suo passaggio, si era voltata dall’altra parte, distogliendo lo sguardo di proposito per non incrociare i suoi occhi.
«Proprio un bel micione, non trovi?»
Peg si allacciò le braccia sotto i seni e rivolse un sorrisetto a Krystal. «Più che micio, un gattaccio di strada. Un randagio senza fissa dimora. E che per giunta, si crede chissà chi. È sempre stato così.»
Non sembrava molto cambiato, decise, osservando il cowboy che salutava la folla dalla sella del grosso castrato messogli a disposizione dal comitato organizzatore della parata.
Con una certa difficoltà, si costrinse a staccare gli occhi da Cutter Reno e disse a se stessa che rivederlo non le procurava nessun dolore. Non era nemmeno più arrabbiata con lui. Solo sarebbe stato più facile perdonarlo se Cutter non fosse stato così sfacciatamente consapevole di piacere alle donne. E così opportunista da approfittarne. La sua fama di sciupafemmine era ampiamente meritata.
«Almeno strofinati gli occhi, no?» continuò Krystal, chiaramente abbagliata. «No, dico, tutto quel ben di Dio...»
Peg raddrizzò le spalle e guardò torva Krystal che, con quegli ammiccanti occhi verdi e i capelli castani acconciati in un taglio sbarazzino, poteva passare per un’oca giuliva. In realtà era una ragazza seria come poche. Ed era anche una delle pochissime donne felicemente sposate di sua conoscenza.
«Se Sam vedesse come gli sbavi addosso, ti farebbe trovare le valigie dietro la porta di casa.»
Krystal rise e si sollevò meglio sul fianco Grant, il suo bambino di due anni che si stava impiastricciando la faccia con un enorme cono gelato. «La bellezza va ammirata. E guardare non è peccato» commentò, filosoficamente. Schioccò un grosso bacio sulla guancia paffuta di suo figlio. «Il tuo papà non avrebbe niente da ridire, vero, campione?»
Sentendo nominare suo padre, il piccino si illuminò. «Dove, papi? Papi viene?»
«Papà è sul furgone dei vigili del fuoco, tesoro. Guarda la sfilata. Tra poco arriva. E intanto la tua mamma si rifà gli occhi con quel bel fusto a cavallo che sta passando adesso.»
Peg mugugnò. «Cerca di venir su come tuo padre, Grant» disse, accarezzando la testa del bambino. «Non si trovano molti uomini come lui, in circolazione.»
E tenerseli stretti era un’impresa, rifletté mentre il suo sguardo, involontariamente, si spostava fino a fermarsi sul sorriso aperto e accattivante di Cutter Reno.
Raggelò nell’attimo in cui i loro occhi rimasero allacciati. Mentre Grant continuava a parlottare, rimase ipnotizzata a fissare quegli occhi di un azzurro limpidissimo. E di colpo sentì che il cuore le accelerava i battiti.
Si affrettò ad abbassare lo sguardo e afferrò la mano di sua figlia. «Andiamo, Shell. Ho visto il nonno. Vediamo se ha preso il posto per vedere i fuochi d’artificio.»
«Ma la sfilata non è ancora finita» protestò la bambina, piantando i suoi minuscoli stivali rossi nell’asfalto arroventato.
Peg guardò il suo musetto imbronciato. I lisci capelli biondi che fuoriuscivano dal cappello azzurrino da cowboy erano bagnati di sudore e si arricciavano, sfuggendo dalle due trecce che le aveva fatto quella mattina. Il fresco abitino giallo era macchiato sul davanti dello stesso gelato al cioccolato di Grant e su quel viso angelico arrossato dal sole e dall’eccitazione della giornata si andava delineando un’espressione cocciuta e inamovibile.
«La vedrai anche meglio dalle spalle del nonno.»
Peg capì di averla spuntata quando la bambina, avvistato Jack Lathrop alla fine dell’isolato, cominciò a muoversi in quella direzione.
«Non saluti Krystal e Grant?» le ricordò sua madre.
«Ciao» farfugliò sbrigativamente Shelby, senza perdere tempo a girarsi.
Peg roteò gli occhi e rivolse un sorriso contrito a Krystal, che però la studiava con un’espressione enigmatica. «Che cosa c’è?»
«Cosa hai deciso? Andrai a parlargli?»
Peg si guardò le punte dei sandali, ma non fece finta di non capire. Da quando Sam, il marito di Krystal che presiedeva il comitato organizzatore, aveva annunciato che Cutter Reno aveva accettato di prendere parte alla sfilata, la sua amica le aveva dato il tormento. «Non se posso evitarlo.»
La fronte di Krystal si aggrottò.
«Scappo» continuò Peg, decisa a svignarsela prima che l’amica le facesse l’ennesima paternale spiegandole i mille motivi per cui avrebbe dovuto incontrarsi con Cutter.
«Va bene, va bene, niente più domande» concesse Krystal. «Almeno, non su Cutter. Ma ci vediamo al picnic stasera, prima dei fuochi?»
«Ci sarà anche lui?» L’altra annuì. «Allora non è il caso.»
«Peg...»
«Per favore, non ricominciare» tagliò corto Peg. Ma resasi conto di essere stata troppo brusca, fece marcia indietro. «Ti prego, non insistere. Lasciami fare a modo mio.» Diede un buffetto a Grant. «Se tutto va bene, ci vediamo stasera al parco, per i fuochi.»
Senza più guardare in direzione della parata, si fece strada tra la folla per raggiungere la bambina che aveva già preso per mano il nonno che Peg aveva sempre chiamato papà.
Un giorno soltanto. Poche ore di pazienza. L’indomani Cutter sarebbe ripartito da Sundown. E tutto sarebbe tornato come prima.
Davvero uno schianto di ragazza. Cavoli, pensò Cutter mentre la vedeva percorrere il marciapiede. Era sempre stata un bel bocconcino, ricordò. Il tempo aveva solo ammorbidito quel corpo curvilineo che già all’epoca gli aveva fatto girare la testa. I corti pantaloncini di denim elasticizzati fasciavano un fondoschiena a mandolino, lasciando scoperte un paio di lunghe gambe abbronzate. E la canotta rosa confetto stentava a contenere quei seni prorompenti, che sembravano ballare a ogni passo.
Il suo cavallo procedeva, tenendo il passo imposto dalla banda, e Cutter allungava il collo per seguirla con lo sguardo. Sotto uno Stetson di paglia che le proteggeva gli occhi dal sole, pioveva una serica cascata di capelli castani che scendeva fin quasi alla vita. E quando finalmente lei si sollevò appena il cappello sulla fronte, Cutter si perse piacevolmente nel ricordo della dolcissima estate di sei anni prima.
Peggy. La ragazzina tutta gambe e capelli. Peggy, dagli occhi color cioccolato.
Aveva avuto un’avventura con quella ragazza, sei anni prima. Era stata l’estate del suo primo anno da professionista, nel circuito dei rodei. Tutto gasato per essere stato nominato la Rivelazione dell’Anno, tornando a Sundown per le vacanze, era stato accolto come un eroe. Aveva trovato una Peg cresciuta, all’improvviso: da ragazzina, si era fatta donna. E quando era ripartito, si era portato via un altro importante trofeo.
Continuando a studiarla, si passò le redini del cavallo nella mano sinistra e si strofinò una coscia. Impossibile che lei non ricordasse. Glielo aveva letto negli occhi in quel brevissimo istante in cui i loro sguardi si erano incrociati. Aveva anche aspettato che Peggy gli sorridesse. Ma lei aveva guardato subito altrove. Lui invece ancora la osservava. In quegli ultimi anni era stato troppo preso per ripensare alle infuocate notti d’estate che avevano trascorso insieme, ma non aveva dimenticato niente. L’erba bagnata di rugiada. La luna piena, nel cielo. I sospiri di Peg, mentre si dava a lui. Rivederla era bastato a riportare tutto quanto a galla. C’era stata in Peg un’innocenza, allora, mista a una sete di scoprire, di esplorare, a una totale mancanza di inibizioni che lo aveva toccato nel profondo. Ricordava l’entusiasmo di quella ragazza. La sua arrendevolezza. Il suo calore. Rivedendola, non poté non chiedersi come fosse la