L'occhio senza palpebra e altri racconti fantastici
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Anteprima del libro
L'occhio senza palpebra e altri racconti fantastici - P. Chasles e altri
2019
L'OCCHIO SENZA PALPEBRA
di P. Chasles
Tutti a gridare a squarciagola «Hallowe'en! Hallowe'en!».
«Questa è la notte degli spiriti... la notte degli skelpies¹ e delle fairies!² E voi? Carrick... Colcan, non venite anche voi? Sono già tutti qui gli amici di Carrick-Border³, e dopo verranno anche Meg... e Jeannie. Porteremo tanto whisky da riempire tutti i boccali, birra schiumante, parritch⁴ gustosissimo. Il tempo è bello, ci sarà una luna magnifica. Le rovine del castello di Cassilis-Downans non avranno mai visto una festa così riuscita».
Era Jock Muirland a parlare, il fattore, che era rimasto vedovo ancora giovane. Come molti contadini scozzesi amava bere, era un po' teologo e anche un po' poeta, e stava molto attento a non spendere. Lì vicino, non lontano da Cassilis, con lui c'erano Murdock, Will Lapraik e Tom Duckat. Sono sicuro, non conoscete Hallowe'en: è la notte delle fate, si celebra verso la metà di agosto. Durante quella notte si consulta lo stregone del paese, e tutti gli spiriti, i folletti, ballano impazziti per i campi illuminati dai pallidi raggi della luna. È il carnevale degli spiriti e degli gnomi. Non c'è grotta né roccia che non faccia festa, non c'è fiore che non si emozioni al soffio di una silfide, non c'è donna di casa che non spranghi la porta per impedire allo spunkie⁵ di rubare la colazione del giorno dopo, che non sacrifichi alla sua insolenza il pasto dei bambini che dormono insieme, abbracciati, nella culla. Era questa la notte, solenne, che intrisa di capriccio fantastico e di inconfessabile terrore saliva fin sulle colline di Cassilis. Immaginatevi un profilo montuoso, tanto ondulato da somigliare al mare, e le colline, nella penombra, ricoperte di muschio verde e brillante. Più lontano, in cima a un altura, ecco i merli e le mura di un castello diroccato, con la cappella priva di tetto ma ancora quasi intatta, un maniero che troneggia nell'aria limpida con i suoi pilastri, sottili come i rami degli alberi scheletrici durante l'inverno. La terra è arida, ci cresce poco o nulla. La ginestra serve solo come tana per le lepri. La roccia è spoglia, bianca, a perdita d'occhio. Chi si abbandona a un potere soprannaturale solo nella solitudine desolata e nel terrore, considera queste terre aride come un segno divino del destino. La bontà infinità di Dio ci ispira ben poca gratitudine: adoriamo la sua inflessibile severità e le sue punizioni, i suoi castighi. Gli spunkies ballavano sui prati di Cassilis e la luna diventava grande e rossa quando i suoi raggi attraversavano quello che rimaneva della vetrata sul portone della cappella. Pareva sospesa, sembrava un rosone amaranto su cui si stagliavano i contorni di un piccolo trifoglio di pietra scheggiata. Gli spunkies ballavano. Lo spunkie! La testa di una donna bianca come la neve, con lunghi capelli di fuoco. Le ali, come drappeggi sostenuti da fili sottili ed elastici, non sono attaccate alle spalle. Seguono invece le braccia bianche ed esili, disegnano il loro profilo. Lo spunkie è ermafrodita. Ha il viso femminile, e, contemporaneamente, l'eleganza agile e tenera del ragazzino. Lo spunkie è coperto solo dalle sue ali, fatte di un tessuto fine e morbido, compatto, al tempo stesso impenetrabile e leggerissimo, come le ali di un pipistrello. Una sfumatura scura, di un azzurrino e rosa brillante, risalta su quell'abito naturale che ricopre lo spunkie, come le pieghe di una bandiera attorno all'asta, quando è immobile. Lunghi fili come di ferro brunito sostengono quelle velature in cui lo spunkie si avvolge. Sulle punte, unghie d'acciaio servono come arma di difesa. Rischia la vita la donna di casa che di sera si spinge fino alla palude dove è nascosto lo spunkie, o si avventura nel bosco dove ama passeggiare. Il ballo degli spunkies era già iniziato sulle sponde del Doon⁶ quando la bella compagnia di donne, bambini e ragazzine si avvicinò. I folletti sparirono immediatamente. Le loro grandi ali che si aprono all'unisono oscurano l'aria, sembrano un nugolo di uccelli che si alzi improvvisamente in volo dal centro di un canneto. Per un momento il chiaro di luna fu come velato. Muirland e i suoi amici si fermarono.
«Ho paura» urlò una ragazza.
«Sciocchezze...» replicò il fattore. «Sono anatre selvatiche che fuggono».
«Muirland...» gli disse il giovane Colean con un'aria seria «... farai una brutta fine, tu non credi a niente».
«Bruciamo le noci, schiacciamo le nocciole» riprese Muirland, senza ascoltare il rimprovero dell'amico. «Sediamoci qui e vuotiamo i cestini. Questo è il posto giusto, c'è la roccia che ci protegge e il prato morbido come un letto. Nemmeno il diavolo in persona potrà disturbare le mie meditazioni quando avrò bevuto abbastanza».
«Ma potrebbero arrivare i bogillies⁷ e i brownillies⁸» disse timidamente una ragazza.
«Che se li porti il cranreuch!⁹» la interruppe Muirland. «Avanti, Lapraik, accendi il fuoco con le foglie secche e i rami vicino alla roccia, così riscalderemo il whisky. E se le ragazze vogliono conoscere il nome del marito che Dio o il diavolo hanno riservato loro, bene, abbiamo tutto per soddisfare la loro curiosità. Bome Lesley ha portato gli specchi, le nocciole, i semi di lino, i piatti e il burro. Lasses¹⁰, non è tutto quello che serve per le vostre cerimonie?».
«Sì, sì» risposero le ragazze.
«Ma prima beviamo» aggiunse il fattore, che per il suo carattere autoritario, i mezzi economici, la cantina ben fornita, il granaio pieno di grano e la sua abilità di contadino, aveva acquisito un certo potere su tutti gli altri abitanti della zona.
Ora, amici miei, saprete di sicuro che la Scozia è il paese al mondo in cui le classi meno abbienti hanno a un tempo più istruzione e un un'infinita serie di superstizioni. Provate a chiederlo a Walter Scott, lo scrittore scozzese che deve la sua fama alla capacità, avuta in dono da Dio, di raccontare simbolicamente lo spirito di questa nazione. In Scozia credono all'esistenza degli gnomi, e nelle stamberghe si discute di filosofia. La notte di Hallowe'en è soprattutto superstizione. Ci si incontra per penetrare i misteri del futuro. I riti praticati sono ben noti e inviolabili, e non esiste culto più rigoroso nell'osservanza delle regole. Era proprio questa interessante cerimonia, un rito pagano dove ognuno è insieme prete e stregone, che gli abitanti di Cassilis vedevano come meta finale della loro passeggiata notturna. È qualcosa di magico e di indescrivibile. È un viaggio affascinante ai confini tra la poesia e la realtà. Si comunica con le potenze infernali senza rinnegare completamente Dio. Gli oggetti di uso comune vengono tramutati in oggetti magici, sacri. Basta una spiga di grano e una foglia di salice per creare speranza e terrore. La tradizione vuole che gli incantesimi di Hallowe'en abbiano inizio quando scocca la mezzanotte, l'ora in cui tutto è popolato da esseri soprannaturali e in cui non solo gli spunkies, interpreti principali della commedia, ma tutto l'armamentario della Scozia magica, diventa padrone di qualsiasi cosa. Riunitisi alle nove, i nostri amici passarono il tempo a bere, a cantare le vecchie, splendide ballate in cui il linguaggio malinconico e ingenuo si fonde perfettamente con il ritmo cadenzato, con una melodia che scende, a intervalli strani, di quarta in quarta, con un singolare uso del cromatismo. Le ragazzine, con i loro plaids colorati, vestite con impeccabili abiti di lana, quindi le donne, sempre sorridenti, e i bambini, con un nastro rosso annodato al ginocchio come giarrettiera e decorazione. E i giovani, ai quali il cuore batteva sempre più veloce mentre si avvicinava il momento misterioso in cui sarebbe stato interrogato il destino. E poi un paio di uomini anziani, che grazie alla birra erano tornati felici come ragazzini. Tutti insieme formavano un bel gruppo che Wilkie¹¹ avrebbe ben ritratto e che avrebbe rallegrato le anime europee ancora sensibili, con un sentimento autentico e profondo. Era Muirland, più di tutti gli altri, ad abbandonarsi senza freni alla rumorosa felicità che scaturiva dalla schiuma densa della birra e che si estendeva, pian piano, a tutti gli altri. Era un tipo che la vita non riesce a domare, un uomo intelligente, capace di lottare strenuamente contro i venti e le tempeste. Una ragazza della contea, che aveva condiviso il suo destino con Muirland, era morta dopo due anni di matrimonio di parto. Muirland aveva giurato di non sposarsi mai più. Nessuno, in realtà, conosceva la vera causa della morte di Tuilzie: la gelosia di Muirland. Aveva solo sedici anni quando l'aveva sposato, era fragile, quasi una bambina. Lo amava e non lo conosceva, non sapeva nulla del suo temperamento appassionato, della rabbia che poteva annientarlo, il calvario quotidiano che poteva infliggere a se stesso e agli altri. Jock Muirland era geloso, e la tenerezza ingenua della sua compagna non lo rassicurava. Un giorno, in pieno inverno, l'aveva spedita a Edimburgo per sottrarla alle presunte avances di un signorotto di campagna che aveva avuto l'ardire di trascorrere l'inverno da quelle parti. Tutti i suoi amici, anche il sacerdote, gli dicevano di finirla e lo rimproveravano. Lui replicava solo che amava Tuilzie alla follia e che solo lui poteva giudicare che cosa servisse o meno al buon esito del suo matrimonio. Nella casa di Jock si sentivano spesso pianti, grida, singhiozzi e il fratello di Tuilzie era venuto dal cognato per dirgli che il suo comportamento era scorretto, senza attenuanti. La conseguenza era stata una lite. La ragazza stava ogni giorno sempre peggio. Alla fine, il dolore che la consumava la uccise. Muirland cadde in una profonda depressione che durò parecchi anni. Ma dato che tutto passa su questa terra, pur giurando di rimanere vedovo, aveva dimenticato a poco a poco il ricordo di lei della quale era stato l'inconsapevole giustiziere. Anche le donne, che per molto tempo l'avevano evitato per la paura, l'avevano perdonato. Quella notte di Hallowe'en lo rivedeva com'era stato una volta, allegro, ironico, spiritoso, grande bevitore e narratore di belle storie, capace di scherzi improvvisati, interprete di canzoni che divertivano e intrattenevano tutta la compagnia.
Avevano quasi esaurito il repertorio musicale quando scoccò la mezzanotte, e l'eco dei rintocchi si propagò in tutta la zona. Tutti avevano bevuto molto.Il momento delle solite cerimonie superstiziose era arrivato. Ad eccezione di Muirland si alzarono tutti.
«Il kail» urlarono «cerchiamo il kail!¹²».
Ragazzi e ragazze correvano nei campi e tornavano portando con loro una radice strappata, il kail. Sradicavano la prima pianta che si presentava sotto i loro passi e se la radice era diritta, la futura moglie o il futuro marito sarebbero stati belli e gentili, se la radice era storta lo sposo o la sposa sarebbero invece stati il contrario. Se la radice era piena di terra, significava matrimonio felice, se era liscia e sottile, unione di breve durata.
Immaginate le risate, la confusione, gli scherzi che provocavano queste bizzarre ricerche matrimoniali. Ci si spintonava, uno addosso all'altra, si confrontavano fra loro i risultati. E anche i più piccoli portavano con sé una radice.
«Will Haverel! Che peccato!» esclamò Muirland guardando la radice che aveva fra le mani un ragazzo. «La tua futura moglie sarà bruttissima... quella roba sembra la coda del mio maiale.
Poi si sedettero tutti in cerchio, e ognuno assaggiò la radice. Amara: cattivo marito, dolce: marito imbecille. Profumata, sposo con un bel carattere. A questa pomposa cerimonia seguì il tap-pickle. Le ragazze, bendate, colsero tre spighe di grano. Se mancava un chicco a una delle tre, il futuro marito avrebbe dovuto perdonare un tradimento commesso prima delle nozze. Nelly! Nelly! Le tue spighe, tutte e tre, non hanno il loro tap-pickle! È vero che proprio il giorno prima c'era stata una lunga chiacchierata fra te e Robert Luath. Muirland guardava tutto senza unirsi ai giochi.
«Le nocciole! Le nocciole! » gridarono tutti.
Presero dal cesto un sacco di nocciole, e tutti si avvicinarono al fuoco che era ancora acceso. Nel cielo la luna brillava meravigliosamente. Ognuno prese una nocciola. È un gioco famoso, molto amato. Le coppie si formano, e ogni nocciola ha il nome di chi l'ha scelta. Sul fuoco si pongono insieme la nocciola della fidanzata e la propria. Se le due nocciole bruciano bene, una accanto all'altra, l'unione sarà lunga e felice, se scoppiano e si separano incendiandosi, il matrimonio finirà in maniera traumatica. Capita che una affidi al fuoco tutte le sue speranze. E soffre terribilmente quando il suo futuro marito fugge scoppiettando lontano da lei.
Era già suonata l'una e i partecipanti non erano ancora stanchi di consultare i loro strani oracoli. La paura e l'ingenuità davano a quelle antiche cerimonie un fascino tutto nuovo. Gli spunkies, intanto, avevano cominciato ad agitarsi fra gli alberi. Le ragazze tremavano di paura. La luna, alta nel cielo, era nascosta dalle nuvole. Il programma continuò con la cerimonia della ciotola, quella della candela, poi quella della mela. Non svelerò come andarono le cose. Willie Maillie, una delle ragazze più belle, infilò per tre volte un braccio nelle acque del Doon: «Mio sposo futuro» disse «mio compagno senza nome, dove sei? Questa è la mia mano». Lo fece ancora per tre volte, quando tutti la sentirono gridare.
«Aiuto! Lo spunkie mi ha preso la mano» urlò. Rabbrividendo tutti si avvicinarono a lei. Tutti tranne Muirland. Maillie fece vedere la sua mano sporca di sangue i giudici di entrambi sessi, esperti nell'interpretare i segni magici, dissero senza esitare che le ferite non erano state provocate dalle spine di