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Ritratti_di_donna_e Ritratti di donna e…la via della lumaca e…la quadratura del cerchio: Vol.I: Richiamo
Ritratti_di_donna_e Ritratti di donna e…la via della lumaca e…la quadratura del cerchio: Vol.I: Richiamo
Ritratti_di_donna_e Ritratti di donna e…la via della lumaca e…la quadratura del cerchio: Vol.I: Richiamo
E-book498 pagine6 ore

Ritratti_di_donna_e Ritratti di donna e…la via della lumaca e…la quadratura del cerchio: Vol.I: Richiamo

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Info su questo ebook

L’esistenza si riassume in tre semplici domande: Che cos’è la nascita? Che cos’è la morte? E che cosa facciamo tra di mezzo? La terza domanda si risolve da sé, poiché è la storia dell’uomo, di ogni singolo individuo. Anche se l’uomo è libero di scegliersi il percorso, l’esperienza lo porta prima o poi a seguire valori precisi e preesistenti nella sua mente. Poiché l’evoluzione è la realizzazione dell’impossibile, si pone la domanda: che cosa succederebbe, se si seguissero questi valori già da subito e con determinazione?
Il libro narra sei storie nelle quali la femminilità ha in questo percorso un ruolo decisivo. Condurranno il lettore a un finale a sorpresa, dove lui stesso è parte della soluzione.
LinguaItaliano
Data di uscita28 lug 2014
ISBN9788862599191
Ritratti_di_donna_e Ritratti di donna e…la via della lumaca e…la quadratura del cerchio: Vol.I: Richiamo

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    Anteprima del libro

    Ritratti_di_donna_e Ritratti di donna e…la via della lumaca e…la quadratura del cerchio - Egysis

    EDIZIONI SIMPLE

    Via Weiden, 27

    62100, Macerata

    info@edizionisimple.it / www.edizionisimple.it

    ISBN edizione digitale: 978-88-6259-919-1

    ISBN edizione cartacea: 978-88-6259-859-0

    Stampato da: WWW.STAMPALIBRI.IT - Book on Demand

    Via Weiden, 27 - 62100 Macerata

    Tutti i diritti sui testi presentati sono e restano dell’autore.

    Ogni riproduzione anche parziale non preventivamente autorizzata costituisce violazione del diritto d’autore.

    Prima edizione cartacea dicembre 2013

    Prima edizione digitale luglio 2014

    Copyright © Egysis

    Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo, riservati per tutti i paesi.

    © 2012 Egysis (versione rielaborata)

    Quadri e grafici © Egysis CP 268 – 6713 Serravalle CH

    Copertina: Pensieri in viaggio (Egysis)

    RITRATTI DI DONNA

    PER CHI AMA LE STORIE

    E...

    LA VIA DELLA LUMACA

    PER CHI AMA IL BUON UMORE

    E

    PER CHI CREDE CHE L’IMPOSSIBILE SIA POSSIBILE:

    LA QUADRATURA DEL CERCHIO (1)

    1. L’università di Parigi, nel 1775, ha dichiarato impossibile la quadratura del cerchio.

    Indice generale

    Volume primo: Richiamo

    1. Misteri, misteri, misteri (parte prima)

    2. L’undicesimo giudice (con quadratura del cerchio, 0,417% di differenza dal calcolo con π dopo due mosse)

    3. La giusta misura

    4. Le ali della libertà

    Elenco quadri:

    Pensieri in viaggio - olio su tela 100x120 (copertina)

    Eva 2012 (particolare) - olio su tela 50x70

    La contemplatrice - olio su tela 60x60

    Angelo agli arresti domiciliari - disegno

    Donna con cappello - olio su tela 70x80

    Nel regno dei pentiti - olio su tela 120x130

    La dormiente - olio su tela 60x80

    Oltre l’orizzonte - olio su tela 60x60

    Costanza da giovane - acquarello 32x38

    Volume secondo: Risveglio

    (con quadratura del cerchio, 0,0003%)

    Volume terzo: Attacco Frontale

    (con cerchiatura del quadrato, 0,000018%)

    L’uomo è la penna con cui scrive la propria storia. Il suo compito è ultimare l’opera.

    Igys

    Quando si legge Omero, si ha la sensazione che ogni uomo sia un gigante.

    Sconosciuto

    Misteri, misteri, misteri

    Parte prima

    2004

    Accadde quel giorno. Non che non fosse previsto, al contrario, si sapeva, si aspettava. Eppure tutti erano molto indaffarati in mille piccole e grandi occupazioni quotidiane che, quando accadde, sussultarono. E quella contrazione suscitò una forte eccitazione generale.

    Siamo in ritardo gridarono alcuni. Sta per incominciare! gridarono altri.

    In quel frastuono tutto cominciò a roteare vertiginosamente, ma a un tratto fu silenzio, solo la lanterna dondolò ancora un po’.

    Fuori stava per calare il sole.

    Dietro le tinte grigie di quel velato e freddo cielo serale, l’ostia dorata era in procinto di calare nella bocca della notte, e in quell’attimo di profonda sospensione il campanello suonò. Parve a tutti strano che in quella totale fissità la porta riuscisse a girare sui cardini, eppure ci riuscì, semplicemente. Come sempre, d’altronde.

    L’ospite entrò nel modo che ci si aspettava, spavalda e restia al contempo, come ogni otto anni.

    Ebbe un attimo di esitazione, dove appoggiare la giacca. La sua piccola bocca, ben disegnata sia dalla natura sia dall’abbondante rossetto, fece un’impercettibile piega di disappunto, poi vide le antenne del grosso e vistoso lumacone in ceramica che sporgeva da una nicchia e decise che quelle potevano fare da attaccapanni. Gli si avvicinò e vi appese giacca e borsa.

    E così la smetti di occhieggiare in maniera strana aggiunse mentalmente.

    In quel giorno, anche il lumacone si era sentito pervaso da una blanda euforia che tardava ad acquietarsi. D’altronde aveva impiegato il suo bel tempo prima di farsi largo nella sua indole lenta e tranquilla. Venire usato da attaccapanni e così all’improvviso, disturbò alquanto la naturale lentezza dei suoi sentimenti. Lui era sì di ceramica, ma di ceramica viva! Così, anche se molto lentamente, iniziò, con impercettibili scricchiolii, a cambiare posizione per liberarsi di quei fastidiosi e pesanti oggetti femminili che gli impedivano la vista.

    Ben arrivata disse la padrona di casa. Buon compleanno.

    Buon compleanno anche a te disse l’ospite di rimando, e aggiunse: Pensa, sono già trascorsi otto anni.

    Tredici per me.

    Le due amiche si guardarono, questa volta un attimo più a lungo del solito. Si conoscevano da sempre e in genere un colpo d’occhio bastava e avanzava per riconoscere in quale stato mentale l’altra si trovasse. Sì, in genere non era difficile capirlo. Eppure entrambe sapevano che la loro lunga amicizia si alimentava proprio di quella vaga foschia che danzava tra le loro due vite, che celava e custodiva i loro segreti.

    La padrona di casa si era fermata al centro dello spazioso vestibolo che disgiungeva la cucina dal salone e dopo un attimo, che per l’ospite parve un tantino troppo lungo, fece un tranquillo, beato gesto con la mano aperta, che scivolò candidamente nel nulla.

    Che cosa vorrà mai dirmi? si chiese l’ospite e, un po’ tra lo spazientito e l’incuriosito, mandò gli occhi in ricognizione. Sentiva ancora la dura giornata di lavoro pizzicarle la nuca e istintivamente allungò il collo a destra e poi a sinistra per rilassarlo.

    Adagio i suoi occhi incominciarono ad abituarsi alla luce soffusa delle candele e a cogliere i particolari di quell’atmosfera e, a mano a mano che essi si soffermavano sui chiaro-scuri, su questo o quel luccichio, ella si disse: Sì, quest’oggi c’è qualcosa d’insolito, ma cosa?

    Decise d’inviare in aiuto agli occhi anche l’olfatto e l’udito. Così facendo, il mondo inerte delle cose si scosse dal suo obbligato intormentimento e, apprezzando quell’interesse, prese a rilucere di spirito. Un fermento di vita si sparse per le stanze.

    Ci fu un tonfo alle spalle delle due amiche. Il lumacone era riuscito finalmente a liberarsi dalla borsetta.

    Entrambe si girarono in direzione del rumore. L’ospite non vide niente di particolare a parte la borsetta scivolata a terra. La padrona di casa, invece, notò subito i due occhioni alla fine delle antenne che la guardavano con rimprovero, ciononostante non riuscì a trattenere un risolino e rivolta all’amica, disse: Scusalo, ma Augusto ultimamente è un po’ nervoso, sembra voglia lasciare la sua nicchia.

    L’ospite, che dimenticava regolarmente che in quel luogo le cose funzionavano in maniera diversa, pensò che fosse solo una battuta, ma non era così. In ogni caso non si soffermò a riflettere, perché la sua attenzione era già rivolta alla loro festa di compleanno che stava per incominciare.

    La padrona di casa aveva fatto schioccare le dita con gioia e compiacimento, e le candele, senza perdere tempo, avevano incominciato a brillare con più intensità, così almeno parve all’ospite, che ora, abituatasi a quella luce fioca, notò che in fondo al corridoio c’era stato un cambiamento. Doveva trattarsi del quadro.

    Non potendo strofinarsi gli occhi a causa del mascara, l’ospite sbatté più volte le palpebre mentre osservava il soggetto del quadro, lì al principio della scala.

    Quella donna, dal volto candido come porcellana, nel suo leggiadro vestito di seta grigio argento non si era forse mossa? Non aveva aperto per un attimo gli occhi? Non si era forse sporta in avanti?

    L’ospite scostò bruscamente lo sguardo e lo diresse verso l’amica che stava dicendo: Che giornata insolita, quest’oggi! Ti ho preparato un punch caldo.

    E mentre si dirigeva in salotto, aggiunse: "Vedo che lo hai notato. Sì, ho spostato il vecchio quadro e al suo posto ho messo La contemplatrice. – Non pare anche a te che quello sia il posto giusto per lei? Proprio lì dove le scale, come un ponte, conducono al piano di sopra, ossia in cielo? E senza aspettare una risposta, aggiunse: Sì, penso che la contemplatrice sia tra due mondi, tra dove si soggiorna e quelle sfere nelle quali c’è permesso di entrare, al momento, solo attraverso i sogni. – Credo mi abbia ringraziato per questo spostamento."

    L’ospite di solito non apprezzava i cambiamenti, ma quel giorno, con sua stessa sorpresa, approvò quella modifica e convinta disse: Sì, credo anch’io che sia contenta di poter meditare su due mondi così diversi.

    Mentre riesaminava il quadro, aggiunse: Che strano, non ricordavo gli uccelli.

    Dopo questa constatazione l’ospite avvertì una lieve apprensione. Con un moto di fastidio si sistemò il colletto della camicia. Queste continue dimenticanze la contrariavano. Non erano tanto le piccole smemoratezze, come il non ricordarsi gli uccelli – d’altronde, come lei stessa si diceva, non ci si può ricordare di tutti i particolari –, ma il fatto che queste dimenticanze le riportavano a galla la spiacevole sensazione di essersi scordata qualcosa d’importante.

    Sono gru disse Isa, la padrona di casa, interrompendo così lo spiacevole rimuginare della sua ospite. E mentre versava il punch ancora fumante nelle eleganti tazze di porcellana, aggiunse: Le gru erano considerate messaggere del cielo, garanti della felicità. Simbolizzavano l’immortalità, la fedeltà e tante altre cose ancora. Forse non è un caso che il quadro sia uscito dal suo letargo. Forse ha un messaggio per noi.

    Chissà, potresti avere ragione disse Alda rasserenandosi. La tua dama pare che voglia sgranchirsi le gambe! Dov’era prima, si stava sicuramente annoiando!

    Isa sorrise divertita.

    Il quadro della contemplatrice era una finestra verso un altro mondo e da lì entrava, più silenziosa di un raggio di luce, la benevola promessa che il futuro era divino – anche se il mondo prosaico, al momento, faticava a darle il dovuto benvenuto. Soltanto la dama di argilla, in piedi sulla piccola credenza, stava capendo ciò che era in procinto di succedere. Cercò una via per comunicarlo. L’unico modo per farlo, fu scuotere i campanellini di cristallo che la padrona di casa, chissà per quale inspiegabile ragione, le aveva legato attorno alle braccia.

    Le loro note brevi ma espressive stuzzicarono fugacemente l’aria per cadere leggere come piume sul tappeto beige ai piedi della credenza, disponendosi in forme coerentemente illogiche, e lì svanire.

    Alda aveva percepito quelle note chiaramente. Le aveva sentite e le aveva viste, ma la sua mente non era ancora disposta ad accettare stranezze. Stava ancora cercando di capire se aveva visto con le orecchie o udito con gli occhi o entrambe le cose. Confusa, cercò nella stanza un punto fermo.

    Lo trovò nei crisantemi.

    Il suo sguardo, dapprima, costatò che il grande vaso, traboccante di crisantemi di un delicato color lilla, infondeva al superato mobiletto a tre gambe, sul quale si trovava, un tocco di rinata eleganza, poi osservò i due grandi vasi di crisantemi giallo limone che stavano, vibranti di vita, ai lati del divano.

    Che luce! Sembrano due statue luminose! esclamò Alda, e costatò che l’amica, per festeggiare il loro compleanno, non aveva badato a spese.

    Tutto questo splendore in nostro onore? domandò.

    Isa esitò: Non so se è in nostro onore o se è in onore di qualcosa di più grande di noi, ci sto ancora pensando. Forse in onore di entrambi: noi e l’universo. Forse è un inno alla natura, all’anima delle cose, alla magia della vita...

    Non ti pare d’espanderti un po’ troppo disse Alda che aggiunse tra sé: Santo cielo, speriamo che non parta con una delle sue escursioni mistiche.

    Ma Isa se ne stette zitta. La sua mente stava andando alla ricerca di quel filo misterioso, che dalla mattina sembrava ciondolarle davanti agli occhi, ma che le sfuggiva ogniqualvolta che cercava d’afferrarlo. Sapeva, però, che se lo avesse afferrato, allora sì che sarebbe accaduto qualcosa di speciale…

    ... altrimenti non avrai pace!

    Isa sussultò, aveva colto giusto le ultime parole. Perché non dovrei aver pace? domandò preoccupata. La frase non solo non le dava un gran senso, ma le aveva risvegliato l’acquattata sensazione di essersi dimenticata qualcosa.

    Come perché? disse Alda. Se non mi presti subito qualcosa di comodo per i miei piedi doloranti, lascerò che siano loro a gestire la serata, e vedrai che non trascureranno di raccontarti neppure un dettaglio degli ultimi otto anni passati a correre tra una miriade di impegni.

    Isa si sentì sollevata a quella risposta, così stette al gioco: Oh, no! Non possiamo profanare questa magica giornata con queste onorevoli ma piccole cose. Oggi proprio no!

    Avvicinandosi al caminetto, Isa prese le calde babbucce accovacciate vicino al fuoco come due vecchie gatte assonnate, che parvero sorprese e anche un tantino infastidite di venir sollevate per la collottola e trasportate al fresco. Sentendo su di loro due mattoni di ghiaccio, rabbrividirono e furono sveglie in un attimo. Ora toccava loro entrare in azione: tastare, annusare, valutare, scaldare e passarsi osservazioni.

    Sì, senza dubbio si tratta di due piedi disperatamente freddi disse la pantofola destra.

    Non solo freddi disse la pantofola sinistra ma anche smisuratamente indolenziti!

    No, pensarono le due pantofole non sarebbe stata una delle tante serate tranquille e noiose, questo proprio no, ma poteva diventare un piacevole gioco di pettegolezzi. Una frivola chiacchierata per combattere quei sottili attacchi d’angoscia che solitamente accompagnano la quotidianità.

    Alda era andata a sedersi sulla poltrona e stava sorseggiando il suo punch. Dopo un po’ prese in mano un libro che era ai piedi del divano ed esclamò: "Stai leggendo il vecchio Conte di Montecristo?"

    Era una di quelle domande dall’ovvia risposta che Isa era solita ignorare, soprattutto quando era impegnata, e questo era uno di quei momenti. Infatti, si stava chiedendo in quale stanza cenare.

    Alda, fissando l’amica e intuendone i pensieri, improvvisamente disse: E se mangiassimo davanti al caminetto, sedute per terra sopra i cuscini, secondo la moda degli orientali?

    Isa sorrise e si avviò a fare i preparativi. Alda la seguì in cucina dicendo: "Sto cercando di fare riaffiorare alla memoria la storia del Conte di Montecristo; ricordo che da ragazzine ne restammo soggiogate."

    Lo saresti di nuovo, credimi rispose Isa, poi aggiunse: Questa storia contiene tutto: la giovinezza traboccante di speranze, malignamente distrutte dall’umana abissale ignoranza; la conseguente sofferenza, che porta quasi alla pazzia; la preghiera e l’aiuto inaspettato e magico; la fuga dalla prigionia; la scoperta del tesoro; il desiderio di vendetta; la riconquista del mondo e il castigo dei malvagi. Infine il perdono e la pace con se stessi e col mondo. Tenebre e poi finalmente luce. Insomma: la rinascita.

    Insomma, un finale che vorremmo tutti disse Alda.

    Isa, avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma lo spezzatino di soia doveva essere collocato nella cavità scavata nella montagna di purè di patate; e la montagna di patate doveva essere incorniciata con rosette di broccoli in agrodolce; e la scodella di verdura cruda sistemata a fianco.

    Il Conte di Montecristo però, di nuovo abbandonato ai piedi del divano, non si rassegnò a essere messo in disparte e quando le due amiche, ognuna con la cena sul vassoio, cercarono di sistemarsi sui cuscini davanti al caminetto, si permise di mettersi tra i piedi, vivacizzando la scena. Solo gli ottimi riflessi di Alda le consentirono di non vedere la sua cena volare per aria, e un rossore le tinteggiò impercettibilmente le guance e il collo. Sì, ora era proprio necessario brindare al loro compleanno e lo fecero con ardore e allegria.

    Mentre si gustavano il pasto, improvvisamente Isa pregò Alda di aprire a caso il libro e di leggere un paio di righe: Forse il libro si è messo tra i piedi perché vuole passarci un’informazione.

    Perbacco, sarebbe il secondo messaggio in arrivo: prima il quadro e adesso il libro. Voglio vedere se ne arriverà un terzo. Non si usa dire: tutte le cose buone sono tre? canzonò Alda che, pressata dalle lamentele del suo stomaco, non desiderava lasciare raffreddare il puree per leggere due righe a caso. Alla fine però cedette alle insistenze dell’amica, che pareva convinta dell’eccezionalità di quella serata. Dopotutto perché non stare al gioco, si era detta Alda, in fondo cominciava a non dispiacerle quella leggera atmosfera di aspettazione. Così, dopo essersi schiarita la voce, dopo aver fatto un paio di boccacce ed emesso qualche gorgheggio, aprì il libro a caso e cominciò a leggere:

    Conte, disse Villefort voi mi confondete, non ho mai sentito parlare di queste cose misteriose.

    È perché siete sempre rimasto chiuso nel cerchio delle convenzioni abituali, perché non avete mai osato innalzarvi con un batter d’ali nelle sfere superiori che sono popolate di esseri invisibili ed eccezionali.

    Credete dunque, signor conte, che vi siano queste sfere, e che gli esseri eccezionali e invisibili si mischino a noi?

    E perché no? Vedete voi forse l’aria che respirate, e senza la quale non potreste vivere?

    Allora non vediamo questi esseri di cui parlate?

    Voi li potete vedere ogni qualvolta quegli esseri si materializzano, voi li toccate allora, li urtate, parlate loro, essi vi rispondono.

    Ah, disse Villefort sorridendo vi confesso che vorrei essere avvertito quando uno di questi esseri si metterà in contatto con me.

    Le due amiche si guardarono e poi scoppiarono a ridere.

    Perdincibacco, disse Isa esseri invisibili come l’aria che respiriamo!

    Perdindirindina, disse Alda che si materializzano per parlare con noi!

    Ed entrambe ricominciarono a ridere.

    Forse non bisognerebbe utilizzare troppo i libri, come vedi si prendono delle libertà. Ti mettono strane idee in testa: ti allargano la mente! disse Alda alzando il bicchiere ridendo.

    È vero rispose Isa alzando il suo. Scavano e scavano, impudenti e subdoli, nelle tue opinioni forti come granito, anche solo con un cucchiaio. Cincin.

    Giusto, disse Alda e non si danno pace fino a quando non hanno aperto una breccia e scaraventato a mare tutte le tue convinzioni. Cincin.

    Bevettero. Dopo aver masticato con cura qualche boccone, Alda aggiunse: I libri sono pericolosi. Non per niente qualcuno ha detto che sono come gli amici: sai dove sono, ma è meglio ricorrere a loro il meno possibile.

    D’accordo, disse Isa ma è anche vero, come qualcuno ha detto, che le parole – e i libri ne contengono tante – sono come il vento, aiutano a spingere innanzi la barca della vita.

    Buona questa similitudine, disse Alda "non l’avevo ancora sentita. A proposito di libri, senti questa. Pare una barzelletta, ma è cruda realtà. Una signora che conosco, ipnotizzata dalla suocera che le continuava a dire che il marito va preso per la gola – un vecchio detto che si tramanda di generazione in generazione –, ha pensato bene di approfondire le sue conoscenze d’arte culinaria attraverso riviste e libri di cucina. E fin qui, niente di strano. Solo che la suocera era convinta che le critiche fossero come il condimento nella minestra, che più ne metti più saporita diventa.

    Si era venuto così a creare un forte spirito di competizione e, con quel giudice severo che le alitava sul collo, la povera nuora si ritrovò a passare e ripassare i libri di cucina, come una scolara ripassa le lezioni prima degli esami.

    Ha letto libri di cucina per venti anni! Solo di quelli!

    A quel punto, dopo venti anni, il marito ha pensato che doveva fare qualcosa per salvare quelle due povere donne, ed è scappato di casa con una giovane inserviente di un fast-food della città. – Oggi, la poverina, legge solo libri sulla salute e credo anche sulla preparazione di cocktail."

    Caspita! disse Isa. Se tanto ci dà tanto, addio salute e sobrietà!

    E ridendo alzarono i calici e, vuotando il bicchiere peraltro già quasi vuoto, brindarono alla moderazione.

    Pian pianino un velo di silenzio calò sulla festa, e i colori, nel salotto, si sciolsero in calde tinte grigio-marrone. Solo nel caminetto la coppia di faggio e larice, uno un po’ taciturno e l’altro vivace, continuò la sua conversazione intensa e scoppiettante. Poi un pensiero dal sapore di cannella, cardamomo e miele serpeggiò gagliardo nel molle torpore di Isa, che aveva abbandonato gli occhi al gioco delle fiammelle e, rianimata da quell’improvviso ricordo, di scatto si sollevò per tirare a sé un delizioso piatto stile vattelappesca, come diceva solitamente Alda, e scoprì una montagna di profumati dolcetti ripieni.

    L’aria di quella stanza, così farcita di profumi, corroborata dalle esclamazioni di soddisfazione e dal vinello liquoroso, aveva preso a pavoneggiarsi davanti ai vetri delle finestre, quando Alda, con la bocca non del tutto vuota, disse: Per ritornare al discorso di prima...

    La vecchia pendola però la interruppe. Per lei era arrivato il momento di dire la sua, e non se lo sarebbe di certo lasciato scappare, e austera batté undici colpi senza omettere il solito preliminare acchiappa attenzione.

    Alda, che aveva leggermente reclinato la testa e teso l’orecchio, disse: Non so se sbaglio, ma la tua pendola oggi si esprime come un maggiordomo compìto e inamidato.

    Temo che Evaristo si stia prendendo delle libertà disse Isa, scuotendo la testa.

    Non dirmi disse Alda sdegnata che lo hai scoperto in cucina attaccato alla bottiglia?!

    No, ma ha introdotto nel suo impeccabile secolare servizio la non trascurabile scostumatezza d’appisolarsi, qualche secondo qui, qualche secondo là, che sommati…

    Ecco disse Alda da dove proviene questo lento strascicare di piedi.

    Eh, sì, Evaristo non è più al passo coi tempi ribatté Isa.

    A questo punto le due donne girarono contemporaneamente la testa verso la vecchia pendola, ed entrambe si misero in attesa di una metallica ramanzina. Ricevettero, però, solo un dignitoso silenzio. Allora Alda, calandosi nel ruolo di maggiordomo, disse: Mi permetto di precisare alle vostre signorie, che non sono io a perdere il ritmo, ma è il tempo che fugge.

    Scoppiarono a ridere.

    Dunque, costatò Alda sono le undici di sera... più qualcosa… E poi si fermò colta da un dubbio. Guardò interrogativamente l’amica e chiese: Di cosa stavamo parlando?

    Penso, disse Isa che tu volessi ritornare a parlare del conte o dei libri o d’entrambi o del destino o del...

    Giusto, i libri la interruppe Alda. Io credo che un buon libro dovrebbe sempre raccontarci qualcosa di noi stessi. Non credi?

    Alda però non voleva una risposta e, con uno strano guizzo negli occhi, continuò: Pertanto è auspicabile che i libri diventino nelle nostre mani attrezzi utili a scavare.

    Giusto. Dobbiamo scavare perché, guardando bene, ci troviamo tutti in una prigione, aggiunse Isa nella prigione delle nostre convinzioni.

    A queste parole nella mente di Alda passò un pensiero furtivo. Era lì, lì per coglierlo, ma le sfuggi. L’unica traccia che lasciò, fu di nuovo il ricordo di aver dimenticato qualcosa, qualcosa d’importante.

    Isa non si era accorta della leggera ruga formatasi sulla fronte di Alda e aveva continuato il suo ragionamento: "Sì, siamo prigionieri delle nostre convinzioni. Per questo abbiamo bisogno di quelle altrui. Nessuno con la sua storia può fuggire dalla propria storia. Tuttavia la storia di uno può aprire il cancello della prigione di un altro. A questo servono gli altri, così come il vecchio Faria (2)

    servì a Dantès per trovare la via di fuga."

    Allora tu dici che Faria, il vecchio saggio, è l’allegoria del nostro reciproco compito, ossia di svegliarci vicendevolmente la mente, perché da soli non riusciremmo a liberarci? chiese Alda.

    Sì, gli altri sono i nostri liberatori rispose Isa.

    È un bel pensiero:

    Credo addirittura che non si tratti solo di scappare dalla prigione, ma anche di trovare il tesoro. Credo che il mondo sia per tutti noi una mappa del tesoro nella quale ognuno è un tassello e dunque può aiutarci disse Isa convinta.

    Ancora una volta Alda vide passare l’ombra di quel pensiero sfuggente. Passò sotto la superficie della sua consapevolezza, per poi sparire nelle profondità del subconscio. Di nuovo si sentì infastidita.

    Il mondo come mappa del tesoro? La tua visione mi sembra alquanto idealistica e romantica. Non voglio dire che non sia vera, ma è molta più vera la tendenza distruttiva dell’uomo. Il più delle volte l’uomo non è informazione per il suo prossimo, ma insidia precisò Alda.

    Può darsi, ma credo che l’uomo sia solo temporaneamente cattivo. Prima o poi ognuno comprende che riesce a fuggire e a trovare il tesoro soltanto grazie alla collaborazione ribatté Isa.

    Dopo un po’ puntò il dito verso il camino e disse: Guarda quei tronchi come bruciano bene. Ogni tanto da loro si sollevano faville, piccoli, vivaci puntini di calore, eppure hanno il potere d’appiccare un incendio. È così che dovrebbero essere i libri. Da loro le idee dovrebbero uscire come faville, spaccare i chiavistelli, accendere le menti così che abbiano il coraggio di uscire.

    Sempre se si è disposti a trasformarsi, così come il legno, una volta secco, si lascia trasformare in calore.

    Dovrebbe essere così. Questo è un compito che spetta a ognuno e che nessuno può svolgere per l’altro disse Isa.

    Sì, e questo significa avere pazienza, disse Alda con un sospiro perché l’uomo porta in sé il più astuto di tutti i diavoli: la stupidità.

    Sì, ci vuole pazienza. Tuttavia un giorno il mondo riuscirà a decifrare la mappa e a uscire dal carcere disse Isa.

    Poi entrambe tacquero per seguire il proprio pensiero.

    Intanto all’esterno il mondo si stava acquietando, ninnato da una pioggerellina fine e monotona. Le due donne, nel frattempo, si erano coperte le gambe con panni caldi e i loro corpi giacevano rilassati contro un buon numero di cuscini sottratti al divano.

    Isa, per un po’ incantata dal braccialetto di Alda che, come una musica di minuscoli cristalli, brillava e trillava colori, disse a un tratto: Noi siamo come tessitrici...

    Queste parole s’intromisero nelle mute riflessioni di Alda e, mentre fissava ipnotizzata il fuoco, ripeté macchinalmente: Due tessitrici...

    Proprio così, disse Isa sottovoce tessitrici al telaio. Tutto è pronto, pronto per dare un vestito alla nostra mente. Noi stessi siamo il filo col quale dobbiamo tessere la nostra storia…

    Poi alzò la testa, fece con gli occhi un giro per la stanza, e le parve di vedere una grande morbida, fluente tela a trama larga. Riappoggiò serena la testa sul bordo del divano. Si stava ricordando: i pensieri, i desideri, le azioni erano fili colorati con i quali la mente tesseva il suo disegno nell’anima.

    E Alda, colta da ispirazione, disse adagio: E le nostre giuste azioni, un giorno, saranno fiorami di un lucente e vittorioso vessillo.

    Le pantofole intanto avevano deciso di prendere un’altra direzione da quella indicata dai piedi di Alda. Avevano tutta l’aria di voler riguadagnare strada verso il focolare, anche se, a forza d’essere strusciate, stropicciate l’una contro l’altra temevano d’aver perso l’orientamento.

    Approfittando di quel profondo silenzio, i crisantemi avevano abbassato la tonalità del loro giallo e si stavano silenziosamente cullando verso il sonno, mentre la dama d’argilla cominciò a sbadigliare. Si udì uno scricchiolio, qualcuno aveva iniziato a stiracchiarsi.

    Era giunta l’ora. La pendola suonò mezzanotte. Il tempo cominciò a rallentare fino quasi a fermarsi, fissando quell’immagine nella sua mente infinita. E in quella cornice notturna, la scena fu inghiottita da un altro universo che viaggiava su un’altra lunghezza d’onda.

    Il quadro s’intitolava Il compleanno. Le due giovani donne, dipinte con molta attenzione da un’abile mano, sedevano comodamente davanti al caminetto.

    La pittrice le aveva circondate di tinte autunnali che si raccoglievano così adeguatamente attorno ai loro volti da far traspirare il carattere di quel periodo dell’anno: un riposo vigilante, freddo fuori, ma caldo e intimo al suo interno.

    A prima vista il quadro trasmetteva un’atmosfera di sazio torpore, eppure, anche se la scena era in sé semplice, racchiudeva un segreto. I numerosi dettagli andavano oltre la prima impressione, e parevano invitare l’osservatore alla scoperta di un mondo più vasto.

    Eduarda questo lo sapeva. Lo aveva scoperto occupandosi, come infermiera privata, della vetusta signorina Maudi.

    Il quadro, Il Compleanno, come le aveva raccontato la signorina Maudi, era stato fonte di litigi col padre. Lei lo aveva voluto comprare, il padre invece no.

    Il signor Maudi, pur apprezzando il dipinto, si era intestardito a non voler pagare la cifra richiesta, perché dalla firma della pittrice, uno pseudonimo, non si poteva risalire a nessun nome di fama. La sua mente di mercante non gli lasciava intravedere, in un futuro, la possibilità di un guadagno, nel caso lo si fosse rivenduto. Il gallerista, a sua volta, pur ammettendo che quel quadro non aveva mercato, era stato irremovibile sul prezzo. Aveva ricevuto dall’artista il chiaro ordine di non venderlo a una cifra inferiore da quella da lei stabilita.

    Anche se il signor Maudi poteva tranquillamente permettersi di pagare quella somma, si era sentito infastidito da tanta arroganza artistica. Dal suo punto di vista, chi era così inflessibile, meritava una punizione. Aveva rinunciato al quadro e aveva pronosticato che mai e poi mai qualcuno lo avrebbe acquistato per quell’importo. Ebbe torto, perché sua figlia comprò non solo quel quadro, ma anche altri due della stessa pittrice.

    Il compleanno era un quadro grande, circa centocinquanta centimetri per centosessanta, e, poiché era il preferito della signorina Maudi, stava in bella mostra nella sua grande stanza da letto.

    Lo aveva appeso alla parete di fronte al suo letto così da poterlo osservare a piacimento. Ella amava addormentarsi e svegliarsi sapendo che era lì. La rassicurava sull’esistenza di un altro mondo.

    La signorina Maudi, ottuagenaria, aveva trascorso l’ultimo paio di anni nella sua stanza da letto. Eduarda aveva vissuto per tutto quel periodo in casa Maudi, occupandosi dell’inferma insieme a una colf. Così era venuta in contatto con il quadro.

    Eduarda, Eda per gli amici, fino a quel momento si era occupata poco di arte. Grazie però alla signorina Maudi, che dai due nipoti era considerata svanita se non rincretinita, cominciò a capirne l’importanza.

    Le lunghe ore trascorse insieme, grazie anche al quadro, avevano fatto sbocciare una strana intesa tra le due donne.

    Un veliero invernale aveva incontrato sul mare della mente una navicella primaverile, e per un po’avevano veleggiato insieme, ora pescando nel profondo mare dei ricordi di una, ora pescando nella fresca immaginazione dell’altra, e così, ognuna arricchita dai doni dell’altra, avevano organizzato gite in quell’immagine sospesa tra cielo e terra.

    Quel quadro conteneva strani simboli. La signorina Maudi aveva amato fantasticare sul loro significato, così anche Eduarda a poco a poco, prima solo per gentilezza verso la paziente poi per sua curiosità, aveva incominciato a interessarsene.

    Aveva, per esempio, scoperto che l’attizzatoio, pitturato vicino al camino, era un serpente attorcigliato a un bastone. E lei, che era infermiera, lo aveva riconosciuto subito: era il simbolo di Esculapio, dio della medicina.

    Sembrava un invito a osservare meglio, e ben presto scoprì altri simboli posti in rilievo sulla mensola del caminetto: una croce, un cerchio, due parentesi schiena contro schiena unite da una lineetta.

    Eda riuscì a decifrare anche tre numeri: il cinque, l’otto e il tredici. Inoltre c’erano anche una stella a cinque punte e due onde.

    Aveva dovuto convenire con la signorina Maudi che le due onde e le due parentesi con lineetta non potevano che essere, uno il segno dell’acquario e l’altro il segno dei pesci. Per gli altri due simboli, il cerchio e la croce, invece non avevano potuto formulare che ipotesi, fino a che Eda, ormai presa dal mistero, aveva deciso di andare in biblioteca a fare una ricerca. Scoprì che quei due simboli, trovati nel nord-ovest dell’Africa e risalenti a dodicimila anni fa, usati per rappresentare costellazioni zodiacali, significavano la stessa cosa: il cerchio stava per l’acquario e la croce per i pesci.

    Avevano fatto un piccolo passo avanti e regnava l’ottimismo, ma questa scoperta fece nascere altre domande.

    La teoria della signorina Maudi era che i quattro segni, inclusi la stella e i tre numeri, dovevano rappresentare una data di compleanno, poiché Il compleanno era il titolo del quadro.

    Ma perché non si riusciva a capire chi delle due fosse la festeggiata? Era azzardato pensare che compissero gli anni nello stesso giorno?

    Una cosa comunque era certa, non erano gemelle. Anzi, erano così diverse, che era perfino difficile ipotizzare che fossero sorelle.

    Se avessero però compiuto gli anni nello stesso giorno, perché non erano stati usati gli stessi simboli, invece di ripeterli con segni diversi?

    Come se ciò non bastasse Il compleanno mostrava anche un altro simbolo. Appeso sopra il caminetto, là, dove di solito troneggia lo stemma di famiglia, c’era una specie di piatto stilizzato che, invece di frutta, conteneva simboli geometrici, un particolare che continuava a non suggerire niente alle loro menti.

    La ricerca si stava arenando e la buona volontà e l’entusiasmo di Eda non bastarono più. Così, mentre la vocina della signorina Maudi diventava sempre più flebile, la frustrazione, con la sua voce stridula, aveva cominciato a ripetere: punto morto, capolinea.

    Eduarda era una solida ragazza, solida di fisico e di propositi, e demordere non era nel suo stile. Anche se non aveva molto tempo a disposizione, nel suo giorno libero aveva continuato a dedicare qualche ora alle sue ricerche in biblioteca.

    Un giorno, era ormai da un’ora che sfogliava libri, si lasciò scappare uno sbuffo.

    Il vecchio bibliotecario,

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