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Il Re di Uruk e il ragazzo selvaggio
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Il Re di Uruk e il ragazzo selvaggio
E-book44 pagine22 minuti

Il Re di Uruk e il ragazzo selvaggio

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La Saga (o l’Epopea) di Gilgamesh, il grande poema di origine sumerica, è forse, la prima opera letteraria dell’uomo, di sicuro e tra i testi più antichi, risale infatti, nella versione originale, al terzo millennio a.C.
Scritta in caratteri cuneiformi, la versione più completa pervenuta fino a noi è, però, in lingua accadica, incisa su dodici tavole d’argilla fatte risalire al dodicesimo secolo a.C.
Nella Saga si narrano le avventurose vicende di Gilgamesh, il Re della città di Uruk, una figura tra storia e mitologia, un Sovrano per due terzi Dio e per un terzo uomo.
La lettura proposta è una libera interpretazione della prima tavola e di parte della seconda, in una versione adatta ai ragazzi e non solo: una specie di favola emozionante capace di coinvolgere anche gli adulti.
LinguaItaliano
Data di uscita5 dic 2017
ISBN9788827527450
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    Anteprima del libro

    Il Re di Uruk e il ragazzo selvaggio - Antero Reginelli

    Antero Reginelli

    IL RE DI URUK

    E

    IL RAGAZZO SELVAGGIO

    © Copyright 2017 by Antero Reginelli

    Via Enrico Ferri 16

    00046 Grottaferrata - Roma

    e-mail: anteroreginelli@yahoo.it

    Finito di scrivere a novembre del 2017

    Indice

    Il Re Gilgamesh

    Enkidu, ragazzo selvaggio

    I sogni di Gilgamesh

    Dai pastori

    Ad Uruk di Sumer

    IL RE GILGAMESH

    Tanti anni fa, più di mille, gli uomini abitavano in metropoli immense, risplendenti di luci colorate, popolate da molta gente. Le automobili sfrecciavano nelle strade e grandi macchine volanti tracciavano scie nerastre tra gli edifici alti fino a toccare le nuvole ma i boschi rinsecchivano, i laghi si prosciugavano, il mare era sempre più sporco ed i fiumi erano miscugli liquidi di sostanze maleodoranti: pioveva pochissimo. Fabbriche con camini fumanti, poi, avvelenavano l’aria di sostanze inquinanti, più che altro per produrre effimere ricchezze, superflue, ed i rifiuti putrefacevano in ogni angolo del globo. Insomma, uomini e nazioni gareggiavano a violentare la terra.

    Le estati erano sempre più calde, soffocanti, gli inverni miti ed aveva smesso di nevicare. I ghiacci si scioglievano, anche ai poli: il pianeta collassava.

    Ad un certo punto, però, gli Dei dissero basta: scatenarono la natura contro l’aggressività del genere umano e un cataclisma, durato sette giorni, distrusse il mondo. Dal cielo nero vennero giù fulmini, saette, tuoni, pioggia a scrosci violenti, grandine a chicchi grandi come mele e il vento spazzò via ogni cosa. I mari ribollivano, sommersero perfino le montagne.

    Le città sprofondarono negli abissi, cosicché interi popoli sparirono nei turbini delle acque tumultuose, tranne pochi, fuggiti su delle immense navi che invece del mare solcavano i cieli: emigrarono in altri pianeti.

    Solo Utanapishtim, l’illuminato che adesso abita su un’isola alla foce di un fiume ai confini della terra, si

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