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L'Equazione di Majorana - Steampunk Zeidos volume settimo
L'Equazione di Majorana - Steampunk Zeidos volume settimo
L'Equazione di Majorana - Steampunk Zeidos volume settimo
E-book590 pagine7 ore

L'Equazione di Majorana - Steampunk Zeidos volume settimo

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Info su questo ebook

Marzo 1938. Ettore Majorana, mente prodigiosa della fisica teorica scompare in circostanze misteriose. L'argomento è assai dibattuto: ipotesi, motivi e illazioni si sprecano. Gli inquirenti non risolvono.

Ettore non è morto. Ci narra che cosa gli è accaduto. Si trova in un'altra dimensione, dove gli impongono di risolvere un problema di suprema importanza. L'hanno catturato perché credono abbia le capacità di eliminare un difetto intrinseco del Messia di quel mondo, in lotta contro l'atavico nemico. Cercare la soluzione diventa il suo lavoro più sentito, faticoso, difficile, sofferto. Matematica, fisica, scienze occulte, elementi divini e Poteri universali mettono a dura prova lo studioso, che deve

indicare la nuova via della fisica.

La sua avventura è l'elemento di spicco nell'enorme affresco della millenaria lotta fra il Bene e il Male che logora il mondo dove è capitato...
LinguaItaliano
Data di uscita18 dic 2020
ISBN9791220309776
L'Equazione di Majorana - Steampunk Zeidos volume settimo

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    Anteprima del libro

    L'Equazione di Majorana - Steampunk Zeidos volume settimo - Evandro Straccini

    Mondo.

    7.0

    UNA LACRIMA LEGGENDARIA

    Attraverso le vetrate infrante della cupola del Ponte di Comando irrompeva il frastuono dei caccia a reazione nemici.

    Tankhard era in piena fase di riparazione. Avevano già rimediato a molti danni, ma nessuna materia poteva sostituire i cristalli della gigantesca cupola; vi era solo la nuova intelaiatura, nuda e inutile. Un giorno era piovuto e a Exodus era quasi scoppiata una vena in fronte: sfogò ancora una volta il suo burbero carattere.

    Il Grande Otyg si concesse un istante per volgere lo sguardo su Wilbur Wright.

    L'aviatore lo fissò a sua volta. - Motori a reazione - confermò.

    La matita di Roger Stonehill s'inchiodò all'istante sul blocco degli appunti.

    Senza dubbio pensò. L'ho capito subito.

    Exodus alzò la voce. - Il nemico ci anticipa sempre. Ma pensiamo a difenderci, ora -. Lui era già nella sua postazione e stava coordinando le difese con tutte le armi in dotazione alla fortezza volante.

    Chissà quando tornerà a volare? rimuginò fra sé.

    Ormai privo di carburante, Tankhard era atterrato in un luogo qualsiasi dell'Ultimo Mondo. Non sapevano dove fossero, e a nessuno importava. Avevano constatato che nei dintorni non erano presenti avamposti, comandi o strutture belliche del generale Marduk; solo pertugi e accessi per Dagorast, la sotterranea base nemica, che non tardarono a tappare. Ma non importava nemmeno quello: erano già stati raggiunti.

    Grengost, il colosso degli Zeidos pilotato da Danko Regon, emerse sul ponte più elevato di Tankhard, pronto per l'ennesima battaglia.

    La nuova gamba brillava più degli altri elementi del corpo d'acciaio. Anche l'elmo con l'alto cimiero era nuovo, e nuova ogni parte danneggiata durante le battaglie nell'etere e a Munkur, le ultime che aveva combattuto.

    Danko Regon, detto il Mezzatesta, osservò con l'unico occhio il cielo straripante di nemici. L'altro occhio, quello di rubino, brillò colmo di consapevolezza.

    Mitragliato a profusione dai caccia nemici, King Condor era riuscito a decollare dalla pista di lancio di Tankhard, rispondendo al fuoco nemico. Volava in cerchio, cercando di schivare proiettili fitti come una grandinata. Tutti vedevano quanto fosse lento con i motori a elica, rispetto agli aviogetti di Dagorast.

    Dorian Gallop, ai comandi del velivolo, osservava Grengost con la coda dell'occhio: il colosso era immobile; su di esso i proiettili rimbalzavano producendo numerose scintille.

    Nessuna possibilità di unione pensò. Bisognerebbe inventare qualcosa per tenere sempre King Condor sulla schiena di Grengost, altrimenti tentare un agganciamento in queste condizioni oltrepassa la pazzia. Ed è capitato tante volte. Troppe.

    - Danko! - strillò nell'interfono. - Devi buttarti, lo sai o no?

    - Blip! - rispose il Mezzatesta.

    Il ponte più elevato di Tankhard distava dal suolo più di cento metri, sufficienti per demolire Grengost; troppo pochi per tentare un tuffo e l'aggancio con King Condor. Danko lo sapeva, ma...

    Con i motori che ruggivano, il colosso degli Zeidos fece due passi sul ponte. Tre caccia bombardieri lo sorvolarono a velocità impressionante. Era finita l'epoca nella quale Grengost poteva acchiappare i caccia nemici con le mani e distruggerli come giocattoli: contro aerei dotati di motori a reazione, quel tipo di difesa era tramontata. In qualche modo Danko riuscì a comprendere. E fece l'unica cosa fattibile.

    Senza aspettare King Condor, bersagliato dai nemici, Danko manovrò sul volante e il terzo passo di Grengost cadde nel vuoto. Non poteva scalare Tankhard e scendere a terra: avrebbe impiegato troppo tempo. Si tuffò giù, piedi uniti, come un macigno inerte.

    I caccia bombardieri nemici ne attutirono la caduta. Tre di essi erano passati radenti al suolo, con l'intento di aprire nuovi squarci nelle murate della fortezza volante.

    Con un'azione che sembrava programmata dal destino, una volta tanto favorevole, Grengost vi franò sopra con miracoloso tempismo. Squassò i caccia nemici come se frantumasse noci.

    Fu l'unica mossa ammissibile. Fenditure e crepe si diffusero sul terreno, quando gli enormi piedi di Grengost tuonarono al suolo. Nello slancio, il colosso franò bocconi, demolendo ogni cosa sotto di sé.

    Si rialzò cigolando.

    - Blip!

    Danko alzò lo sguardo e vide un cielo solcato da caccia nemici simili a croci nere; si buttarono in picchiata su di lui.

    Gli apparati di contraerea di Tankhard erano inservibili: colpire oggetti volanti che solcavano il cielo a quella velocità era impossibile. Immaginò che Exodus stesse bestemmiando a profusione.

    Il Mezzatesta impugnò il Khalesh che portava al collo e richiamò la Ars Magica. Non ne ricevette molta.

    Recuperati quei Poteri, oltre i Cieli del Varco Abissale, lui, e tutti i soggetti dotati di Khalesh, ne disponevano di circa metà. L'altra identica porzione l'aveva fatta sua Dodheimsgard; l'aveva rinchiusa nella Spada Nera e la sfruttava da solo. Gli Zeidos dovevano accontentarsi di suddividerla fra chi poteva richiamarla attraverso il Khalesh, invero troppo poca per ciascuno.

    Danko non fece in tempo a ottenere il Potere del Creato dell'Acciaio, il più idoneo per proteggere Grengost, che già era bersagliato dai caccia.

    Mani sulle semisfere luminose, il Supremo Reggente pilotava il mechazaurus Trinity Crown.

    - Tieni duro, Danko!

    Barriere di Luce di Endors avevano protetto l'uscita di Trinity... e già la Ars Magica, richiamata dal Mezzatesta, ne riducevano lo spessore.

    Benedirò il giorno che quegli sciagurati Zeidos, o i loro tirapiedi, risolveranno questo diabolico inghippo.

    Il Supremo Reggente era proprio stanco di essere menomato dal misterioso fattore che obbligava la dannatissima Ars Magica a sfruttare la Luce di Endors, la divina potenza che solo lui possedeva.

    Come una scia luminosa, una cometa ardente, il mechazaurus passò attraverso lo stormo dei caccia nemici. Non uno riuscì a colpirne. Quelli che si erano gettati su Grengost si dileguarono con larghissime virate; il resto dello stormo si era aperto a ventaglio e ogni singolo apparecchio disegnò in cielo lunghe scie di fumo.

    La velocità estrema dei caccia non permette loro manovre agili. Bene.

    Sarà anche stato così, e con quel pensiero il Supremo Reggente non era lontano dalla verità, ma la realtà non lo supportava più di tanto: riuscì a contare non meno di una trentina di bombardieri; intercettati alcuni, gli altri erano liberi di agire.

    Le nuove armi di King Condor, in speciale modo i missili, non potevano nulla contro la velocità dei motori a reazione; il velivolo, che una volta agganciato a sé Grengost lo faceva volare, era più maneggevole ma, al confronto, lento come una lumaca.

    Dorian richiamò la Ars Magica, e fu appena sufficiente per deviare i proiettili dei nemici. Non aveva alcuna possibilità di affrontare l'impegnativa manovra per agganciare Grengost.

    - Devo ripiegare! - gridò con voce alterata.

    Ma dove poteva andare? Di certo non rientrare in Tankhard, che subiva un attacco massiccio dai tre quarti dello stormo nemico.

    Dorian osservò i grossi danni che avevano già segnato la fortezza volante, prima che la Trasmigrazione di Tesla intervenisse innalzando schermi energetici, mescolando potenze strappate all'etere e alla Ars Magica.

    Un solo aeroplano differiva da tutti gli altri: sfoggiava un aspetto leggero, non sembrava nemmeno un aereo da guerra. Un ricognitore, forse; così interpretò Dorian. L'apparecchio si teneva ben distante dalla battaglia.

    Il Grande Generale Maldoror, una mano sulla cloche del ricognitore e l'altra sull'emittente a onde radio, aveva osservato abbastanza. Capì che le cose sarebbero andate per le lunghe. Pigiò un tasto sull'emittente e contattò Dagorast. Lanciò il segnale convenuto; non sapeva se la mechabestia fosse pronta, ma era indispensabile. Il Grande Signore aveva fretta, voleva risultati tangibili nell'immediato.

    Soffocò un pensiero malevolo, prima che la maledetta capsula sulla nuca concedesse a Dodheimsgard di leggergli il pensiero.

    Prima o poi dovrò liberarmi di questa tenaglia al collo. Corre voce che Burzum ci sia riuscito. Dunque potrei farcela anch'io... Chissà dov'è finito il Luogotenente? Non sono convinto che il Grande Signore non lo sappia.

    Abbandonò quei pensieri. Collimò l'orizzonte con lo sguardo e attese l'arrivo della mechabestia.

    I passi nervosi di Otyg erano violente stoccate sul pavimento del Ponte di Comando. Guardò la ruota del timone, non presidiata. Non serviva nessun pilota in quei momenti disperati: Tankhard era incastrato al suolo. Per il suo disappunto, la ruota era stata riparata alla perfezione; recentemente, l'ingegner Diesel aveva utilizzato una chiave a croce per pilotare la fortezza volante. Si chiese se un giorno Tankhard avesse volato di nuovo.

    Mentre la battaglia infuriava, con l'indice rivolto in alto fece segno a Rudolph Diesel di raggiungerlo.

    - Riusciremo mai a far volare Tankhard con altro mezzo che non sia carburante?

    Con la flemma che lo caratterizzava, l'ingegnere motorista si tolse gli occhiali, più volte rimaneggiati da Solefald. Succhiò una stanghetta. La domanda gli sembrò la più stupida che avesse mai sentito. Ma se la poneva Otyg, sarebbe stato meglio pensare a una risposta coerente. Il Condottiero non faceva mai domande inutili.

    Decise di rispondere con un'altra domanda. - A che punto è Eredio con il perfezionamento del suo Vettore Temporale?

    - Vuoi dire che sarebbe l'unico modo?

    - Motori che vadano ad aria non sono ancora riuscito a inventarne.

    - Secondo me potresti farcela.

    Diesel si rimise gli occhiali e fissò Otyg. - Dominate un sacco di Poteri, e non uno che riesca a far volare Tankhard. Perché? Il mechazaurus del Supremo Reggente vola grazie alla Luce di Endors, perché non anche Tankhard?

    Nonostante le circostanze inidonee, Otyg si concesse un sorriso. Sapeva che Diesel avrebbe posto quella domanda. Una risposta lo Zeidos e i suoi fratelli la cercavano da parecchio tempo.

    - Già, perché?

    - Te la devo dare io questa risposta? Siete voi che avete i Poteri.

    - Non sono sufficienti. O non sappiamo come sfruttarli. Dimmi che cosa ne pensi.

    - D'accordo - rispose Diesel. - Tu sai che i motori e le ali di Tankhard sono già sovralimentati dalla Ars Magica e dai Numeri di Ariman, e questi ultimi non possiamo più sfruttarli, mi sembra di capire. Tesla ci ha dato una mano con la Trasmigrazione. Il Supremo Reggente dice che la Luce di Endors serve soprattutto ad alimentare se stesso e quel suo dannato difetto. Ma ne ha concessa un po'. Cos'altro? È inverosimile che Tankhard non possa volare con siffatti Poteri. Forse bisognerebbe sfruttarli di più, ma rimarrebbero con poca forza, così poca da non riuscire a impiegarla a dovere in tutto il resto: difese, armi, e altro ancora.

    - Una teoria che non sta in piedi, sono Poteri in grado di fare tutto.

    - Tutto cosa? Se così fosse, avremmo già vinto questa dannata guerra!

    Otyg dischiuse le labbra come se volesse ribattere, ma Diesel non lo concesse.

    - Il Vettore Temporale di Eredio, tra l'altro, non servirebbe a far volare Tankhard; semmai a spostarlo da un luogo all'altro, ma sempre per terra ricadrebbe. E per concludere, Tesla dice che la Trasmigrazione muove grandi quantità di energia, ma difficilmente un oggetto pesante come la nostra fortezza volante; al massimo mette in mano a Grengost la lancia con cui sfrutta potenze elargite dalla Trasmigrazione stessa.

    - Insomma... Stai confermando che nessuno di questi Poteri può sostituire il carburante.

    - Te lo ripeto, se vuoi

    - Non è necessario, grazie.

    - Allora pensiamo a difenderci restando con il culo per terra.

    Raramente Diesel infarciva i suoi discorsi con delle volgarità; accadeva quando doveva esplicare il concetto come si deve.

    Da una postazione del ponte provenne alta la voce di Albert Trumont. Superava appena il fracasso della battaglia, che penetrava dalla cupola infranta. - Dove sono le ragazze?

    Exodus girò la testa. - Le ho messe in groppa ai draghi, professore ficcanaso!

    - Ma è una pazzia! Non possono competere contro caccia bombardieri che sfrecciano in cielo a novecento chilometri orari.

    - Serviranno a qualcosa anche se quelle schifose bestie non volassero affatto. La potenza di fuoco di Tankhard è già al limite. Dobbiamo affidarci anche a loro.

    Otyg sollevò la testa e guardò fuori dalla vetrata infranta: i draghi cyborg volavano all'attacco; Mormugash era l'unico a non essere cavalcato, poiché Reika era stata catturata da Burzum. Nessuno sapeva dove fosse: il Luogotenente non era stato individuato fra i nemici. Ed era logico: il Supremo Reggente aveva confermato che Reika era con Burzum, ma la percepiva lontanissima.

    Niente da fare: l'ancestrale paura di volare di Svetlana Pumpkind non voleva proprio farsi dimenticare. Si consolò, scommettendo con se stessa, che chiunque avrebbe paura a cavalcare un drago, anche le sue amiche, che facevano finta di non averne e si divertivano a prenderla in giro.

    Exodus ci ha scaraventate fuori da Tankhard. Intervenite con i draghi, ha detto. Gran bella idea, non fosse che questi aerei non riusciamo nemmeno a seguirli con lo sguardo. A che cosa serviamo contro nemici così rapidi?

    Nel turbinio di eventi che accadevano nel cielo sopra Tankhard, Svetlana riuscì a scorgere le sue compagne. Ogni drago seguiva la propria strada: non era conveniente rimanere asserragliati.

    Tenendo il manubrio con una sola mano, si tastò la calotta dell'elmetto, cercando di raddrizzarlo, poiché le era caduto sugli occhi.

    Dovevo stringere di più il cinturino di questo maledetto casco.

    Tesla diceva di avere apportato migliorie. Svetlana lo sperò... per lui, naturalmente.

    Non provò a richiamare i Poteri della Trasmigrazione. La punta sulla calotta del suo elmo rimase inattiva. E doveva stare attenta: bastava un fuggevole pensiero rivolto alla Trasmigrazione, che quella si attivava senza preavviso, richiamando dall'etere le energie distruttive che Tesla metteva a disposizione, accumulandole nel chiodo dell'elmo. Il chiodo, poi, diffondeva l'energia contro i nemici. Ma si era rivelato un metodo tormentoso, un supplizio che aveva ridotto in fin di vita le ragazze. L'elmo aveva un difetto: parte dell'energia della Trasmigrazione si scaricava sulle ragazze, con tutte le conseguenze del caso. Tesla conosceva il problema, ma nelle battaglie precedenti fu necessario sfruttare quei Poteri per contrastare un destino privo di misericordia; consegnò gli elmi prima di perfezionarli.

    Lo scienziato ne rimediò un volto tumefatto, poiché le ragazze, tenute all'oscuro del problema, ma insospettite dalle confuse allusioni di Trumont, al rientro su Tankhard gli lanciarono il casco in faccia. Fu il sacrosanto motivo per cui Tesla decise finalmente di mettere mano al problema. Con quali risultati ancora non lo sapevano.

    Tuttavia, Svetlana vedeva che anche Tatiana e Katiusha non avevano attivato la Trasmigrazione: la paura di soffrire, più per lo sfruttamento di quelle armi che per quelle del nemico, le obbligava a pensarci mille volte.

    Vide Tatiana e Katiusha che svolazzavano in groppa ai draghi senza fare nulla di positivo. Forse perché i caccia nemici si stavano concentrando su Tankhard, Grengost e Trinity Crown.

    Non ci considerano? Bene, avranno una brutta sorpresa!

    Agì sul manubrio. Il drago Lantarion tese le ali nere per virare. Svetlana si ritrovò quasi a testa in giù. Gridò terrorizzata. Fu un solo istante, poiché lei e il drago si gettarono all'attacco e pensieri e timori non ebbero più modo di proporsi.

    Una nuvola d'argento solcava il cielo troppo velocemente per essere naturale.

    In un batter d'occhi inseguì e inglobò in sé il mechazaurus del Supremo Reggente.

    Per qualche istante la nube proseguì nel suo tragitto, ma dal Ponte di Comando di Tankhard notarono bagliori purpurei che si generavano dal suo interno e si riflettevano sulla superficie vaporosa, brillando come fossero detonazioni invisibili.

    Avvolto nella nube, il Supremo Reggente aveva la visuale offuscata; gli altri sensi in allerta ma inservibili.

    So cosa nascondi, nembo oscuro.

    Una macchia nera, che provocava un fragore assordante. Qualcosa che lo teneva prigioniero, e che ora doveva affrontare...

    Un boato tremendo investì il mechazaurus. Un terribile contraccolpo fece distaccare le mani del Re dei Re dalle semisfere luminose.

    Privo di guida, Trinity Crown fu sputato fuori dalla nube; precipitò al suolo come un sasso. Si schiantò a terra, non distante da Grengost, con uno stridore metallico da far temere il peggio.

    Dorian osservò per qualche istante il mechazaurus a terra. Lo vedeva in posizione scomposta, tanto da fargli pensare che il Re dei Re non avesse adottato nessuna precauzione per proteggersi dallo schianto.

    Trinity non si mosse.

    Non poteva aiutare il Supremo Reggente: Dorian era troppo impegnato a difendere se stesso dal fulmineo attacco dei caccia nemici.

    Allora pensò di gettarsi all'inseguimento della nuvola, che dopo aver compiuto una larghissima virata tornava all'attacco.

    Lasciato da parte, King Condor poté sfoderare le sue armi: un reticolo energetico, scoccato dalle antenne sulla carena dei motori, colpì miracolosamente la nebulosa argentea, e quella si disperse, lasciando bene in vista la mechabestia che celava.

    Per Dorian fu impossibile denotarne le fattezze. La mechabestia zigzagava in cielo: era molto più maneggevole dei caccia bombardieri; i suoi motori basculavano sul loro asse, assecondando la direzione di volo; non erano fissi come quelli degli aviogetti.

    Scricchiolando, Trinity compì il miracolo di rimettersi in piedi.

    I draghi volteggiavano in aria senza prendere alcuna decisione. Anche Svetlana era rientrata nei ranghi dopo il tentativo d'attacco: i caccia nemici erano imprendibili. Le ragazze cavalcioni sulle bestie stavano ben attente a non richiamare alcun Potere della Trasmigrazione. Sicché il loro intervento in battaglia non sarebbe servito a nulla, ed Exodus stava già perdendo la pazienza.

    Il cielo divenne un inferno.

    I nemici volanti dispiegavano le loro numerose armi. Da terra, Tankhard, Grengost e Trinity rispondevano senza risparmiarsi. King Condor, volteggiava fuori dal raggio d'azione dei nemici, finché una coppia di aerei non gli diede la caccia.

    La mechabestia ebbe modo di concentrarsi su Tankhard, Grengost e Trinity: a ogni passaggio sganciava le sue bombe. A ogni passaggio Grengost e Trinity finivano rovesciati a terra in un turbinio di macerie scagliate dalle esplosioni. Un denso polverone non permise a nessuno di capire che cosa stesse accadendo.

    I draghi cyborg uscirono dalla nube; erano sanguinanti. Nonostante fossero dotati di motori supplementari non potevano competere contro i caccia a reazione. Rimasero impotenti a osservare, volando intorno a una disfatta certa. Le loro amazzoni non avevano nemmeno lacrime da versare; solo sangue e disperazione.

    In questo scenario, precipitato in un incubo apocalittico nel volgere di qualche istante, il Grande Otyg trovò un luogo nella sua mente per formulare un pensiero buio come la notte.

    Mille e poi ancora mille battaglie sono in grado di affrontare. Eppure questa presenta peculiarità tali che m'inducono a considerarla fatale. Perché, Padre? Perché il tuo progetto di salvezza non si sviluppa con gli stessi tempi dei progressi del nemico?

    Alzò gli occhi al cielo.

    Strinse i pugni con impotente furore.

    Era così stanco...

    Una solitaria lacrima di rabbia, frustrazione e dolore scese sulle gote e si disperse nei peli della barba.

    Mai si era vista una lacrima del Grande Otyg. Non in pubblico, perlomeno.

    Nei bassifondi delle memorie dell'Ultimo Mondo, circola una leggenda: a Roger Stonehill non sfuggì l'istante singolare; fu l'unica creatura vivente ad aver visto la lacrima del Grande Otyg, e immancabilmente segnò fra i suoi appunti questo evento straordinario.

    7.1

    IL DONO DELL'UBIQUITÀ

    Il Grande Generale Maldoror non pregustò la vittoria, nemmeno quando dal ricognitore riuscì a comprendere con un solo sguardo l'intera panoramica della battaglia. Lui non cantava vittoria prima del tempo, lui era uno scienziato dalle straordinarie capacità. La malcelata strafottenza, sfoggiata il giorno che presentò il motore a reazione a Dodheimsgard, era stata ridimensionata dalla realtà dei fatti, da una battaglia che in ossequio alle parole dette doveva vincere a ogni costo.

    Avrebbe voluto avere l'appoggio di Volkablast, ma la fortezza volante del Grande Signore era ancora in riparazione; i danni subiti nei Cieli del Varco Abissale erano davvero consistenti.

    Be', non posso fare mille cose tutte insieme. Ormai sono in ballo, e devo vincere anche senza Volkablast. Avanti, ancora uno sforzo... Tutti i nemici sono riuniti qui.

    Ed erano impotenti, alla mercé dei caccia e della mechabestia. Osservava Grengost sfoggiare ogni arma, ogni Potere; diramava la Ars Magica, imbracciava la lancia della Trasmigrazione. Niente da fare: nessun laccio poteva imbrigliare Radoxan.

    Dopo essersi nutrita di ogni sostanza lasciata dagli Zeidos nell'avamposto di Varashta, l'armata del Grande Generale Marduk abbandonò il luogo, ormai incenerito, per scendere in guerra.

    Già fornito di caccia a reazione, il generale non ci aveva messo molto a scoprire dove Tankhard fosse atterrato. Aveva già inviato uno stormo in appoggio a Maldoror. Intanto, il resto del Mondo era in mano sua.

    Tuttavia non era nella sua indole adagiarsi sugli allori: la telescrivente a onde radio della postazione semovente di comando aveva ricevuto da Maldoror le coordinate esatte della battaglia in corso, pertanto fu chiamato a intervenire anche con i mezzi terricoli.

    Andiamo a completare l'opera si disse. A Burzum penserò dopo, quando ogni resistenza degli Zeidos sarà polverizzata. Quando il Grande Signore mi avrà ricoperto di gloria.

    Non aveva più notizie del Luogotenente. Fu costretto da lui a riparargli la mechabestia Krankor e dopo che se ne fu andato, per un certo tempo sparì dai suoi pensieri. Se ne era liberato, ma ora che aveva il Mondo in pugno gli tornò in mente, perché ucciderlo avrebbe rappresentato una vittoria completa. Covava vendetta. Come sempre, l'agognava fin dagli albori del Mondo.

    Richiamò tutte le macchine belliche nel raggio di parecchi chilometri. Quando lo schieramento fu compattato, impartì l'ordine.

    Sollevando un polverone impenetrabile, le mostruose macchine da guerra si mossero alla volta di Tankhard. Ruote dentate, cingoli e arti meccanici fecero tabula rasa sul loro percorso; artigliavano il suolo come fosse l'ultimo ostacolo da rimuovere.

    Exodus aveva perduto la voce a furia di urlare gli ordini; sul Ponte di Comando di Tankhard il rumore della battaglia penetrava come se l'intero pandemonio stesse agendo proprio lì.

    Si concesse un istante per guardare il Condottiero: sembrava stare sulle sue, pensieroso, con lo sguardo fisso sulla tragedia che si consumava fuori. Ma le spalle erano dritte e questo accertava il vizio, ben radicato nel Grande Otyg, di non arrendersi mai. La sua leggendaria lacrima era già evaporata.

    - Eredio! - sentì gracchiare la propria voce.

    Dalla sua postazione, il Patriarca sollevò lo sguardo.

    Exodus gli fece cenno di avvicinarsi.

    - Sarebbe giusto che te lo chiedesse Solefald, ma è impegnato su mille fronti, come puoi vedere. Perciò ascolta: a che punto sei con lo studio della nuova modalità di sfruttamento del Vettore Temporale del Vento?

    - Teoricamente funziona, ma non chiedermi di portare via Tankhard. È presto, non so se ce la farei. Rischiamo di polverizzarci nel...

    - Capisco - l'interruppe lo Zeidos. - Ma ho un'idea diversa. Ascolta...

    Nella cabina di pilotaggio di Grengost regnava il caos. Danko manovrava il colosso a casaccio, e a casaccio sfruttava i Poteri della Ars Magica e della Trasmigrazione. Udiva voci gracchianti nell'interfono; voci allarmate che lo pregavano di stare attento a quello che faceva.

    Quella del Supremo Reggente era la voce più preoccupata, poiché il suo mechazaurus era già stato colpito dalla lancia della Trasmigrazione che Grengost vorticava in aria a caccia di aerei nemici.

    - Blip! Grengost distrugge i nemici - rispose Danko.

    - Sta distruggendo me, dannato Mezzatesta!

    Non avevano notizie di King Condor e Tankhard era immerso in un polverone tale che non vedevano più nemmeno le esplosioni delle bombe nemiche. Palazzi diroccati crollarono tutto intorno, aumentando ancora di più lo spessore della nube di detriti.

    Danko accese i riflettori di Grengost.

    - Ma bravo! - ironizzò il Supremo Reggente. - Così sei l'unico bersaglio visibile.

    - Attirare su di me, blip! Voi colpire.

    - Non fare l'eroe! Quelli che ci hanno provato sono morti tutti.

    Mi fa piacere che stia imparando a parlare meditò il Re dei Re. La pazienza e le peculiari capacità di Dorian stanno portando buoni risultati. Ma chi può insegnargli a ragionare? Il tocco di Esos, il suo occhio di rubino e il mistero del suo verso... quando riuscirà a svelarci qualcosa? Quando avverrà, Padre?

    La mechabestia Radoxan solcava il cielo come una scheggia impazzita. A ogni passaggio bombardava i mezzi degli Zeidos: sganciava missili e bombe custodite in gran numero nelle stive. Un compito facile: bastava colpire nel mezzo del polverone. Non un'arma energetica, o meccanica l'aveva ancora sfiorata.

    Al contrario di quanto potesse pensare Wilbur Wright, Radoxan non aveva una forma affusolata. Era piuttosto panciuto; solo la testa sembrava il muso di un aeroplano. Ai lati di essa due grosse prese d'aria alimentavano i rotori dei motori a reazione, che erano ben quattro a giudicare dagli scarichi posteriori; questi ultimi sputavano fiamme e fumo a profusione. Le ali erano rastremate, missili erano agganciati sotto di esse. Non aveva gambe o altri sostegni che potessero farlo combattere a terra. D'altro canto, possedeva lunghissime braccia estensibili, armate di artigli colossali. Da un singolare puntale sopra la testa si dipanavano tutte le armi energetiche di cui era dotato. Nella parte inferiore della fusoliera quattro portelli circolari scaricavano bombe al tritolo ad alto potenziale.

    Il Patriarca Eredio comparve nella cabina di pilotaggio di Grengost.

    - Blip! - esclamò Danko.

    - Non distrarti! Continua a combattere.

    Eredio scrutò fuori dalla vetrata dell'occhio di Grengost. Solo lampi, scoppi, fumo, polvere... Non vedeva nulla.

    L'idea di Exodus non mi sembra buona per niente.

    Non poteva sfruttare il Vettore Temporale del Potere del Creato del Vento, non sapendo nemmeno dove spostare Grengost.

    Così rischiamo di fare peggio!

    Era stato un compito facile per il vettore trasportare Eredio nella cabina di Grengost; le difficoltà cominciavano adesso.

    Ora che la Ars Magica era tornata a disposizione, si era esercitato sulla teoria che aveva elaborato, ma metterla in pratica nel mezzo di una battaglia gli fece tremare non poco le gambe: la Ars Magica non era poi molta; metà di essa, o forse più, se l'era accaparrata Dodheimsgard.

    Toccò il Khalesh e richiamò la Ars Magica, nella fattispecie i Poteri del Creato di Luce, Fuoco e Vento; quest'ultimo conteneva il misterioso Vettore Temporale. Legato Vento a Fuoco e Luce, scaturiva un Potere derivato che sondava ogni possibile soluzione degli arcani; andava alla ricerca della verità, in altre parole. Le eventuali risposte doveva legarle al Potere del Pensiero, teso alla realizzazione di ogni cosa derivante dall'intelletto. Il risultato doveva affidarlo a Vento. Aveva dunque teorizzato che il vettore potesse funzionare anche se una volta entrato nella grazia magica prodotta da Vento non avesse disegnato, con i filamenti luminosi, la destinazione o l'epoca in cui voleva spostarsi. Sarebbe bastato elaborare le immagini col Potere del Creato del Pensiero; un metodo molto più veloce e preciso. Invece che comporre figure con i filamenti luminosi della grazia magica, doveva elaborare le figure nella mente, cioè l'oggetto da spostare e la destinazione, nel tempo o nello spazio, o in entrambi.

    Dacché la Ars Magica era tornata, si era esercitato tutti i giorni. A volte funzionava, a volte no, e non capiva perché.

    Spero sia solo questione di esercizio. Oggi sarebbe meglio che funzionasse...

    Ma dove spostare Grengost, se fuori non si vedeva nulla?

    Ariman l'aveva aiutato con i Numeri, ma poi morì. Eredio aveva studiato i libri dell'Arcanum su cui comparivano i Numeri, e ne aveva dedotto che privati dell'interpretazione del vecchio barbabianca avrebbe potuto anche buttarli nel cesso.

    - Dobbiamo uscire da questo inferno e colpire alle spalle - disse a Danko.

    Il Mezzatesta si girò a fissarlo. Il suo occhio di rubino emise uno scintillio.

    - Lo so che Grengost non può volare senza King Condor. Ci penserò io a sollevarlo oltre la nube di fumo, tu pensa a combattere.

    Eredio richiamò nella giusta sequenza i Poteri del Creato da coinvolgere. Intanto Grengost fu scaraventato a terra più di una volta; non era certo la migliore situazione per concentrarsi.

    - Blip! - Il verso di Danko era più nervoso del solito.

    - Pensa per te! - ruggì Eredio. - Difendi Grengost!

    L'oscura grazia magica finalmente riuscì a espandersi e inglobò il colosso d'acciaio.

    Vediamo che cosa succede! Se andiamo a sbattere contro qualche nemico, pazienza.

    Con i Poteri attivati, Eredio pensò al cielo, ma non sulla verticale della battaglia, un poco discosto.

    - Blip! Vedere!

    Dove era apparso Grengost non c'era fumo. Il colosso era sospeso in aria per mezzo del Vettore Temporale. Per la prima volta volò senza King Condor.

    Il vettore oltrepassa le leggi della fisica! Teniamone conto.

    Erano sopra il campo di battaglia, sopra le colonne di polvere. Da lì, il Patriarca e il Mezzatesta vedevano Radoxan e i caccia nemici che ronzavano come uno sciame di vespe. Colpivano a profusione, bombardando il nucleo del polverone, dove a terra Tankhard, i draghi e Trinity Crown subivano un attacco feroce.

    Lontano nel cielo, osservarono l'aereo da ricognizione nemico, dove Maldoror poteva sfruttare una distinta panoramica per impartire ordini precisi.

    Nessuna notizia di King Condor.

    Nella cabina di Grengost la voce del Supremo Reggente proruppe adirata. - Basta con questa dannata Ars Magica!

    - Fidati di noi - rispose Eredio.

    Il mechazaurus era in grado di volare, non aveva bisogno di King Condor, ma non riusciva nemmeno a sollevarsi da terra, continuamente bersagliato dai nemici.

    Eredio capì che doveva fare in fretta.

    Un fascio infuocato investì Grengost alle spalle. Radoxan si era messo in scia e aveva colpito.

    Non avevano più tempo per alcun pensiero; dovevano combattere e basta.

    Con un frastuono assordante, Grengost precipitò al suolo, nel polverone sollevato dalla battaglia.

    Fu in quel momento che la mente di Eredio si isolò da tutto il resto.

    Rialzatosi, mezzo scassato, Grengost combatté con tutte le sue armi; se colpiva i nemici, o gli amici, Danko non lo sapeva. Non vedeva nulla, solo un continuo tuonare delle bombe nemiche. Nonostante le enormi dimensioni, anche Tankhard era invisibile. Suoni che riconducessero a Trinity Crown, i draghi e King Condor non ne udiva.

    - Patriarca, blip!

    Eredio non rispose. La sua mente era in un altro Mondo, in quello dei Poteri del Creato che aveva richiamato. Era come se si fosse fuso nella Ars Magica.

    Lavorò velocemente con Vento, Luce, Fuoco e Pensiero. Giunse al punto di attivare il vettore. Poi, farlo funzionare come voleva adesso, era un altro discorso...

    L'oscura grazia magica avvolse Grengost di nuovo. Eredio rimase distaccato dalla realtà e cominciò a formulare immagini nel pensiero. Erano due: quella di Grengost, tenuta fissa, e quella del luogo dove spostarlo, che variava di volta in volta.

    Prima di essere del tutto demolito, il colosso di ferro riapparve in cielo, sopra il polverone della battaglia. Adesso il Patriarca poteva pensare al nuovo spostamento, poiché vedeva la destinazione.

    Siccome Radoxan proseguiva i suoi volteggi senza assalire Grengost, a Eredio parve che l'equipaggio nemico non riuscisse a capire come avesse potuto liberarsi dal polverone.

    Ottimo pensò. Il mio nuovo portale cognitivo vi sorprende?

    … E Grengost incrociò la traiettoria di Radoxan.

    Inspiegabilmente, la mechabestia si trovò in faccia il colosso degli Zeidos. Danko era pronto all'urto, l'equipaggio nemico non fece nemmeno in tempo a pensarlo.

    Radoxan ne uscì del tutto sbilanciato.

    - Fiamme, blip!

    Prima dell'inevitabile secondo scontro aereo, Radoxan fu avvolto dal fuoco e precipitò nel polverone sottostante.

    Chiunque osservasse, notò che Grengost non era agganciato a King Condor. Eppure galleggiava in aria come se potesse volare senza quel supporto. Soprattutto si spostava istantaneamente.

    Questa è una nuova peculiarità del Vettore Temporale del Vento! Ma Eredio non aveva tempo di approfondire.

    Intanto, Radoxan volteggiò sbilenco e finì contro Trinity Crown. Il Supremo Reggente se lo trovò di fronte all'ultimo istante. Uno sciame di Luce di Endors, seppure debole, investì la mechabestia, che rimbalzò via come colpito da un meteorite.

    Riapparve in cielo, dove Grengost, pronto a tutto, attendeva.

    - Fai fuoco, Danko! - ruggì Eredio.

    Prima ancora di capire che cosa stesse accadendo, Radoxan urtò contro energie della Trasmigrazione, richiamate dalla lancia bilama di Grengost.

    Maldoror osservava preoccupato, e ordinò ai caccia bombardieri di lasciar stare ogni altro obiettivo e di concentrarsi su Grengost.

    Uno sciame impazzito si riversò sul gigante di ferro a velocità impossibile.

    Ma non trovò Grengost.

    In un lampo, Eredio l'aveva già spostato alle spalle dello stormo.

    Altro che motori a reazione! esultò fra sé. Possiamo spostarci istantaneamente, quasi una doppia presenza in luoghi diversi.

    - Fulmini del cielo, blip!

    Il reticolo crepitante avvolse parecchi aerei nemici e li distrusse.

    Compiuta la virata, Radoxan tornò all'attacco e Grengost sparì.

    Eredio aveva intravisto King Condor, che volteggiava non lontano da lì, impegnato contro caccia bombardieri molto più veloci.

    - Dacci una mano, Dorian! - gridò.

    - Datemela voi! - giunse la voce alterata di Dorian.

    Eredio elaborò una nuova destinazione. In un baleno Grengost disperse i nemici che minacciavano il velivolo di Dorian. Si distese in aria, apparendo all'improvviso in scia a King Condor.

    - Agganciamento! - proruppe Dorian, riducendo la velocità.

    Per il ragazzo non era il momento di capire in che modo Grengost fosse apparso dalle sue parti, in scia al suo apparecchio.

    Danko e Dorian richiamarono il Potere del Creato dell'Acciaio e l'unione dei due mezzi avvenne in relativa tranquillità, poiché Radoxan, con tutta la sua portentosa velocità, ancora non li aveva raggiunti.

    - Ora siamo al completo - annunciò Eredio.

    - Blip! Completo - ripeté il Mezzatesta.

    - Ma come è potuto accadere... - cominciò Dorian.

    - Te lo spiego dopo - l'interruppe il Patriarca. - Ora tu e Danko impegnatevi a colpire la mechabestia. A spostare Grengost ci penso io.

    E il colosso apparve alle spalle di Radoxan che stava sopraggiungendo.

    Dorian e Danko utilizzarono parecchie armi all'unisono e la mechabestia fu colpita ancora una volta. Un reattore andò in fumo.

    Poiché non doveva più pensare a far volare Grengost, Eredio si limitò a spremere il Vettore Temporale del Vento, che lavorò a pieno regime.

    Grengost era qua. Poi là. Su. Giù. Poi in un altro posto ancora, in posizione sempre efficace per colpire i nemici. Quasi nello stesso istante. Più Eredio pensava velocemente alla destinazione, più Grengost lampeggiava in aria, sparendo da un luogo e rapprendendosi in un altro.

    Siamo presenti in luoghi diversi nello stesso istante. Questo pensiero aiutò Eredio a incrementare ulteriormente la velocità di spostamento di Grengost.

    - Ragazzi - disse - non so come spiegarvelo, ma io questo lo chiamerei dono dell'ubiquità!

    - Ubiquo... blip! - tentò di ripetere Danko.

    - Ubiquità - scandì Eredio. - Prestate attenzione, e limitatevi a colpire ogni volta che appariremo di fronte ai nemici.

    Quando Radoxan fu danneggiato gravemente, Eredio ebbe un solo discordante pensiero: Stiamo vincendo troppo facilmente...

    La battaglia prendeva una brutta piega. Dal suo ricognitore Maldoror osservava movimenti che le leggi fisiche non potevano spiegare. Grengost appariva, colpiva, spariva, riappariva in altro luogo e colpiva di nuovo. E King Condor si limitava a sostenerlo in aria, permettendo al vettore di Eredio di concentrarsi solo sugli spostamenti.

    Il tic nervoso che gli faceva tremolare le labbra, divenne frenetico.

    Anche questo mi deve capitare, maledetti! Quali infernali Poteri avete acquisito?

    I suoi caccia bombardieri andarono incontro a una pessima fine. Per disgrazia del suo destino, Maldoror ammise che la velocità supersonica era inutile contro un nemico che balenava da un luogo all'altro. Durante il movimento, per qualche istante Grengost era simultaneamente presente nel luogo che abbandonava e in quello che raggiungeva. Quando si rapprendeva del tutto, colpiva a morte.

    Ma il generale Maldoror non era nato ieri. Allo sconcertato equipaggio di Radoxan impartì un nuovo ordine, una manovra che poteva rappresentare l'unica possibilità di vittoria.

    La mechabestia virò all'improvviso e si buttò in picchiata, nel polverone sottostante. Un polverone che stava dissolvendosi, poiché l'attacco dei caccia era terminato: Grengost li aveva distrutti.

    Il colosso d'acciaio apparve in qualche posto nel polverone. La visibilità era migliorata, ma non abbastanza. Smise di spostarsi. Amici e nemici non vedevano nulla. Udivano solo il rumore dei propulsori dei mezzi da combattimento.

    Eredio spostò Grengost dove udiva i rumori di Radoxan, individuati per mezzo del Potere della Luce.

    Non sapeva che la mechabestia era immobile: galleggiava nel buio, a pochi metri dal suolo, in attesa; non volava all'attacco e non stava fuggendo o virando.

    La Ars Magica indicava una presenza. Danko puntò i fari di Grengost nel polverone.

    All'ultimo istante, Eredio e Danko videro gli immensi artigli di Radoxan avventarsi su di loro.

    Troppo tardi per qualsiasi reazione. Le lunghissime braccia estensibili afferrarono Grengost e non lo lasciarono più.

    Nella cabina, Eredio udiva gli stridori, acciaio contro acciaio, delle tenaglie di Radoxan che bloccavano Grengost.

    Gli artigli penetrarono nell'acciaio delle armature esterne. Contro quella presa ferrea, ogni movimento, ogni strattone del colosso, fu inutile.

    - Ci penso io, Danko!

    Ma Eredio non aveva fatto i conti con Radoxan: Grengost sparì e si ricompose in un altro luogo... con Radoxan ancora avvinghiato al colosso.

    Noi e la mechabestia siamo un unico soggetto, ora. Il Vettore Temporale non può scomporlo. Ce la porteremo sempre appresso.

    Le cose si complicarono.

    Radoxan si sollevò in aria, le sue braccia estensibili ruotarono fino a scagliare Grengost a terra, ma tenendolo sempre imprigionato nei suoi artigli.

    Eredio fece un ruzzolone tremendo, sbatté la testa da qualche parte nella cabina e svenne.

    - Sveglia, blip! - provò a chiamarlo Danko, ben ancorato al sedile con le cinture di ritenuta.

    - Che cosa succede, Danko? - proruppe in cabina la voce spaventata di Dorian. - Non cadere di spalle, o mi distruggerai!

    Danko non rispose. Capì, chissà come, forse grazie al tocco di Esos, che non doveva utilizzare nessuna arma a distanza così ravvicinata. Il suo occhio di rubino brillò e le enormi mani di Grengost afferrarono le braccia a molla che lo tenevano saldato alla mechabestia. Tirarono, torsero, strinsero, strattonarono. Nulla da fare.

    Un altro giro. Grengost descrisse un ampio arco in cielo e ricadde a terra dall'altra parte, con un urto violentissimo. Ma nemmeno l'equipaggio di Radoxan osava utilizzare altre armi: il rischio di autodistruzione era palese per entrambi i mecha. Il pilota della mechabestia sapeva che la sua unica possibilità era di rimanere incollato a Grengost.

    Intanto, cessati i bombardamenti, il polverone continuava lentamente a dissolversi. Danko vide di sfuggita Tankhard, assai danneggiato, ma ancora efficiente, non fosse che nessuno sapeva quando sarebbe tornato a volare.

    Trinity Crown si avvicinò a Grengost e Radoxan, ma all'occhio di Danko pareva che il Supremo Reggente non sapesse come intervenire: Radoxan aveva ritirato le braccia, proteggendosi con il corpo di Grengost.

    I quattro draghi volteggiavano in cielo, finalmente sgombro dei micidiali caccia bombardieri.

    Ora che il panorama era visibile, dovevano provare a intervenire. Tatiana intuì che l'unico modo di liberare Grengost fosse stroncare le braccia di Radoxan.

    Pensò alle bestie che cavalcava insieme con le sue compagne: Avete buona mira? Ma come posso farvi intendere di agire in tal senso?

    Superata la paura, attivò la Trasmigrazione. Il puntale sull'elmo si fece incandescente e luminosa divenne lei stessa.

    Soffrì atrocemente, come già capitato. Vide che Svetlana e Katiusha si trattenevano dal compiere la sua stessa mossa.

    Quel Tesla... Solo parole! Non ha risolto il problema del casco. Ma se ne esco viva, la prossima volta ci metto lui su questa bestiaccia, infilandogli in testa questo dannatissimo elmo, ovviamente.

    A ogni modo i draghi facevano di testa loro, e questo lo sapeva; riusciva a malapena a tenerli a bada tramite il manubrio, ma in quel caso nemmeno lei sapeva che cosa fare.

    Col pensiero rilasciò la Trasmigrazione, poiché non sapeva dove sfogare quella potenza. Per lei e tutti i suoi amici, il rischio di colpire Grengost era palese. Ed era già molto danneggiato.

    Il Supremo Reggente aveva a disposizione tutta la Luce di Endors delle Tre Corone; Danko si stava trattenendo dall'utilizzare la Ars Magica. Anzi, non stava utilizzando nessuna arma.

    - Danko! Mi senti?

    La risposta fu un altro schianto di Grengost, sbattuto con estrema violenza contro palazzi diroccati.

    Poi anche Trinity Crown fu colpito. Una cortina infuocata si era diffusa in aria dal puntale sulla testa di Radoxan. Un esplicito avvertimento di non osare, di stare alla larga.

    Il mechazaurus crollò a terra, ma subito si rialzò e volò al fianco dei draghi, che volteggiavano in cielo senza fare nulla di utile.

    Possibile che quattro draghi e Trinity Crown non riescano a liberare Grengost?

    Come se i draghi avessero udito, planarono verso Grengost e Radoxan, sempre avvinghiati fra loro.

    La mechabestia li tenne alla larga, dipanando un ventaglio di energie dirompenti. Urla terrorizzate delle ragazze si dispersero in cielo.

    Durante quella breve azione, Danko ne approfittò per compiere una mossa di fondamentale importanza.

    Schiaffeggiato rudemente, Eredio aprì gli occhi. Vide solo le mani del Mezzatesta che volteggiavano assai poco rispettose della sua faccia.

    - Ci sono, Danko. Smettila di picchiarmi!

    L'aveva detto per tranquillizzarlo; in realtà la cabina di pilotaggio ruotava come una giostra. Scosse la testa, ma la situazione non migliorò granché.

    Radoxan aveva ormai rodato la sua mossa vincente e fece ruotare in aria Grengost un'altra volta, fino a schiantarlo contro un mucchio di macerie.

    Questa volta il Patriarca fece in tempo a tenersi alla spalliera del sedile di Danko.

    Il Mezzatesta riprese i comandi.

    Eredio pensò di mettere in atto un'idea e

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