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L’educazione possibile
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E-book119 pagine1 ora

L’educazione possibile

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Info su questo ebook

Rossana Cetta è un’insegnante di lettere che per decenni ha lavorato in un liceo scientifico. Ora che è in pensione ha trovato il tempo per parlare della sua esperienza, per parlare di come la scuola è cambiata e peggiorata comportando una profonda impreparazione degli studenti.
Rossana Cetta ci invita a riflettere sulle conseguenze di questa involuzione, perché i giovani di oggi saranno gli adulti di domani. La considerazione è banale, certo, ma questo implica che se vogliamo conservare dignitosamente il nostro Paese dobbiamo partire necessariamente da coloro che lo dirigeranno, amministreranno e svilupperanno.
Senza cultura, senza senso critico, senza capacità di autonoma elaborazione interdisciplinare, senza rispetto per se stessi e per chi è diverso da noi non c’è futuro.  

Rossana Cetta, nata a Sant’Angelo dei Lombardi (AV), si è laureata in Lettere Moderne all’Università “Federico II” di Napoli con una tesi sul Viaggio elettorale di Francesco De Sanctis, ha insegnato nei licei materie letterarie e latino per 44 anni. Nel contempo ha collaborato da pubblicista a giornali e riviste locali con articoli culturali e d’opinione. Appassionata da sempre ai problemi dell’insegnamento, ha pubblicato nel 2008 un saggio sulla pedagogia desanctisiana “La ginnastica dell’anima”, Editore Delta tre.
LinguaItaliano
Data di uscita19 ott 2023
ISBN9791220147224
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    L’educazione possibile - Rossana Cetta

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    Rossana Cetta

    L’educazione possibile

    © 2023 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-4253-3

    I edizione ottobre 2023

    Finito di stampare nel mese di ottobre 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    L’educazione possibile

    ... il fatto educativo, il problema diremo così didattico, è uno solo: trovare un comune punto di partenza per andare insieme di pari passo nel lavoro di chiarificazione della coscienza.

    G. Lombardo-Radice.

    Presentazione

    La pubblicazione di un nuovo libro costituisce sempre un atto d’amore e, al tempo stesso, di incoscienza: ci vuole davvero coraggio a pensare di aumentare il volume del sapere con una nuova goccia di inchiostro.

    Un libro su tematiche scolastiche, poi, è un gesto ancora più temerario, considerata la vastità di analoghi volumi che affollano gli scaffali. Eppure.

    Eppure, bene ha fatto l’autrice, Rossana Cetta, a dare alle stampe il volume che state sfogliando, perché questo non è l’ennesimo libro sulla scuola, scritto da esperti, magari universitari, che si intendono di pedagogia e di didattica, da proporre come in un laboratorio astratto ad altri attori impegnati sul campo, oppure da sociologi ed economisti che ne vivisezionano gli aspetti funzionali e strutturali per coglierne gli esiti e gli effetti sul mondo circostante.

    No, questo è un libro scritto da una insegnante, protagonista in corpore vivo, che parla di scuola, come di un luogo vissuto e amato giorno per giorno, di cui si conoscono gli angoli bui e le finestre che si vorrebbero metaforicamente aprire, per far entrare luce e aria nuove.

    E il primo messaggio che mi sento di raccogliere è proprio quello che esprime una critica serrata alle riforme calate dall’alto, quello che invita i decisori a non agire sulla scuola senza tener conto dei protagonisti che quotidianamente la vivificano.

    E questo vale a partire dalla struttura fisica di uno spazio scolastico (primum vivere), troppe volte disegnata a tavolino, in ambienti asettici di studi tecnici, su decisione essenzialmente amministrativa, di enti locali o strutture burocratiche similari.

    Ebbene, dice l’autrice, c’è bisogno di una nuova architettura per creare spazi di apprendimento efficace. E chi dovrebbe dare le indicazioni ai tecnici, se non i componenti della comunità scolastica, DS, docenti, ATA, alunni?

    Purtroppo, non accade quasi mai e così si ripropongono – quando si realizzano – strutture fatte in serie, con aule, corridoi, laboratori eternamente uguali: il confronto con le strutture scolastiche del Nord Europa (Finlandia in particolare), e la polemica che ne è seguita sui mass media, dice che le indicazioni che l’autrice fa, seppur sommarie, colgono nel segno!

    Il libro, anche ad una lettura di superficie, lascia subito trasparire uno smisurato amore per l’insegnamento e l’autrice cerca di assumere su di sé tutto il peso di una scuola sempre più in disarmo rispetto ad una serie di agenzie della comunicazione di gran lunga più pervasive ed accattivanti: "Oggi ci troviamo di fronte a problemi del tutto inediti, dobbiamo fare i conti con Internet, la televisione, e tutte le altre componenti che mirano alla formazione dell’individuo in un modo trasversale e spesso subdolamente contrapposto rispetto alle strutture educative tradizionali".

    E, come in una sorta di ‘ricerca della scuola perduta’ si chiede come sia mai possibile che nessuno si accorga della lenta e sofferente agonia della scuola italiana.

    Con queste premesse, il libro prende forma e toni sempre più gravi, per dimostrare che una sorta di cupio dissolvi abbia portato la scuola a smarrire la sua vera missione, fino a disperdere ogni significato profondo dell’apprendimento come valore formativo del futuro cittadino, mentre la società dà peso ad altri significati, "a cui si dà sempre più spazio, quali l’Utilità economica, il Consumismo, la Tecnologia".

    Questo slittamento di valori, fa capire l’autrice, è la causa profonda della diseducazione e ignoranza delle nuove generazioni, contro cui poca cosa possono contrapporre gli insegnanti, ormai del tutto screditati, additati come privilegiati e a maggior ragione responsabili della involuzione culturale delle nuove generazioni.

    Eppure, dice l’autrice, "Una volta essi erano maestri di vita, modelli di riferimento e di identificazione per i giovani".

    La fotografia che ne vien fuori è impietosa, con allievi demotivati, scarsamente preparati anche nelle abilità linguistiche, poco attenti in classe, esperti nell’uso del copia e incolla ma incapaci di affrontare con successo una verifica sulle capacità elaborative e critiche.

    Eccone una perfetta sintesi con le parole dell’autrice: "Vedo questa realtà tutti i giorni nella scuola dove insegno. In tutte le classi di un liceo solo un numero esiguo di allievi è in grado di rispondere positivamente agli stimoli culturali loro offerti; la maggioranza bivacca nella scuola non riuscendo neanche a capire perché si trova in quel preciso contesto".

    Probabilmente, simili analisi e denunce, tanto più puntuali perché descritte dall’interno, potrebbero non essere nuove né originali, ma è la spiegazione che ne dà l’autrice a rendere il libro affascinante e provocatorio.

    "La scuola di oggi - vi si legge - da molti decenni, ormai, sta perdendo la sua peculiarità di luogo della formazione e tende inesorabilmente a divenire luogo della socializzazione […] la scuola non è più scuola, è altro".

    Per rendere concreto un simile giudizio, all’autrice basta elencare i tanti acronimi in circolazione nella scuola dei tempi attuali: DAD, DDI, UDA, PIA, PAI, PEI, PDP, PECUP, PCTO (ex ASL) PON, BYOD, PNSD, RAV, INVALSI, PTOF, GLH, GLI, ADHD, DSA, BES. Ma ogni acronimo, lungi dall’essere un semplice suono, articola attività dei docenti, sempre più dispersi e distratti dalla reale funzione docente, e così: "l’insegnante deve vestire i panni dello psicologo, dell’assistente sociale, del prete... non è facile essere tutte queste figure in una sola volta".

    Ma l’autrice va oltre e, suo malgrado, giunge ad esprimere un giudizio di condanna senza appello contro l’istruzione di massa (almeno nella forma con cui si è venuta realizzando nel tempo, dagli anni ‘70 ad oggi) che ha preteso di uniformare gli intelletti, favorendo l’appiattimento culturale, l’aridità della ricerca e l’individualismo dei giovani, sempre più omologati, passivi e poveri di coscienza critica e di creatività.

    In termini pratici, è la scuola di massa che ha determinato la crisi della scuola contemporanea con la sua presunta volontà di garantire il ‘successo formativo’ a tutti, in realtà più dichiarata che sostenuta con processi reali, evidenti ed educanti: questa premessa ‘ideologica’, sembra dire l’autrice, ha fatto sì che tutto l’impianto della scuola del passato sia stato rivisto al ribasso.

    E così pian piano gli alunni sono diventati tutti uguali sul piano dell’intelligenza; i contenuti disciplinari sono stati diluiti in maniera tale da ridurre gli obiettivi di apprendimento ad obiettivi minimi in tutte le materie; gradualmente sono stati aboliti gli esami di riparazione ridotti a debiti formativi che indicavano carenze che spesso non venivano nemmeno eliminate, e bocciare è diventato impossibile.

    Si aprirebbe una discussione complessa sul tema delle bocciature, ma non si sfugge al quesito che l’autrice pone, facendosi forte addirittura di un giudizio di buon senso di Francesco De Sanctis: che c’è di male in questo?

    Questa scuola resa facile, sembra dire l’autrice, toglie ogni valore all’impegno e al sacrificio, al punto tale da sminuire ogni pregio allo studio, alla lettura, alla promozione e al successo scolastico, fino a "concretizzarsi nell’assenza di un qualsivoglia sentimento di stima o di rispetto nei riguardi della scuola e degli insegnanti".

    Giudizi ugualmente negativi sono espressi verso l’esperienza di alternanza scuola lavoro (oggi chiamata PCTO) che mostrano ancor di più la perdita del valore culturale degli studi a favore di una visione produttivistica e aziendalistica della scuola, e verso l’orientamento in ingresso degli alunni nelle scuole secondarie di secondo grado che, anziché aiutare i giovani a individuare i propri talenti, sostiene e asseconda scelte conformiste, veicolate dalla pubblicità, e spinte dall’unico obiettivo del futuro occupazionale e professionale.

    Per quanto riassunti, come si può vedere, i temi del libro sono diversi e tutti suscettibili di approfondimento e di ulteriori confronti. Sembra, tuttavia, prevalere in esso la pars destruens rispetto a quella costruens, ma se già non è semplice dire ciò che non va nella scuola contemporanea, ancor più difficile è indicarne le soluzioni.

    L’autrice, da insegnante di discipline umanistiche, ha gioco facile nell’indicare una possibile via d’uscita nel ritorno ai classici, ai loro insegnamenti e alle loro visioni, e infatti affida le conclusioni a un ideale ritorno a Francesco De Sanctis, di cui invita a comprendere la sua idea di Italia, di impegno morale e civile, di cultura in generale e di scuola in particolare, con al centro il suo Discorso

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