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Professore... lei è felice?
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E-book324 pagine4 ore

Professore... lei è felice?

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Narrazione e riflessione si alternano, per raccontare esperienze di scuola inclusiva, in grado di integrare allievi con difficoltà e allievi eccellenti, con risultati migliori per tutti. Situazioni nelle quali gli studenti sono impegnati nella costruzione attiva del proprio sapere e nello sviluppo di competenze significative, in una dimensione di tipo cooperativo che vede il dominio, la competizione esasperata e la prevaricazione, lasciare spazio allo sviluppo di legami di solidarietà e alla capacità di sviluppare relazioni costruttive, basate sull'ascolto e il rispetto reciproco. Momenti che permettono di andare al di là del senso di frustrazione e impotenza, spesso vissuto dagli insegnanti e a cercare in sè, nella formazione, nella passione per la conoscenza e la scoperta, nella capacità di trasformare il proprio lavoro in un’attività di ricerca costante, la forza per contrastare le difficoltà che si incontrano, diventando così un modello di resilienza per i ragazzi stessi.
LinguaItaliano
Data di uscita18 ott 2012
ISBN9788867552436
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    Anteprima del libro

    Professore... lei è felice? - Claudio Berretta

    Ricchiardi

    Presentazione

    Una scommessa per l’educazione:

    apprendere insieme per il successo

    Dott.ssa Paola Ricchiardi – Università di Torino

    Il testo presenta uno spaccato di vita scolastica, che ne evidenzia in maniera lucida problemi e risorse. Il volume fa riferimento in particolare alla scuola secondaria di primo grado, che pone all’insegnante, oggi più che mai, una serie di sfide importanti. Si tratta infatti di un momento in cui le difficoltà di apprendimento e personali, spesso già presenti, in qualche misura, nei livelli scolastici precedenti, si manifestano con chiarezza e rischiano di ampliarsi e cristallizzarsi. L’adolescenza incipiente porta da sempre in primo piano problemi personali e familiari. La complessificazione dei programmi e delle richieste esacerbano poi le differenze. A questi tradizionali fattori di difficoltà si aggiungono però oggi nuovi elementi. Prima fra tutte, occorre citare, la pressione migratoria, che ha portato nelle nostre scuole una varietà di etnie, culture, lingue e usanze. Si tratta di un’immane ricchezza, se si hanno però le possibilità e la capacità di rispondere alla varietà di bisogni che si presentano e di colmare gli inevitabili svantaggi dei nuovi arrivati. Secondo i dati del Rapporto MIUR 2008, per esempio, il passaggio alla secondaria di primo grado è drammatico per gli alunni stranieri: la percentuale di soggetti non allineati per età passa dal 21,1% della primaria al 51,7% della secondaria di I grado¹. Ciò significa che almeno un alunno straniero su due tra gli 11 e i 14 anni presenta un ritardo scolastico. La recente recessione economica ha aumentato poi le fasce deboli e ha ridotto le risorse da mettere in gioco, anche nell’educazione. A questo si aggiungono le difficoltà che colpiscono sempre più frequentemente le scuole secondarie, quali l’incremento della violenza, delle manifestazioni di bullismo, dell’uso e abuso di sostanze… Tali fenomeni si possono ricondurre in parte anche alla ben nota relativizzazione dei valori attuali che ha tolto punti di riferimento alla generazione educante lasciando i ragazzi in uno stato di forte disorientamento².

    La preadolescenza è però anche un periodo in cui l’individuo comincia ad elaborare in maniera consapevole le sue convinzioni, i suoi valori, i suoi progetti di vita, i suoi obiettivi. La scuola secondaria di primo grado ha la possibilità e la responsabilità dunque di agire in un momento particolarmente delicato, ma anche particolarmente fertile, per stimolare la formazione della personalità individuale e la costruzione dei valori sociali.

    A fronte di ciò, specie nei cosiddetti contesti di frontiera, come quello descritto nel testo, l’insegnante è chiamato, fin dal primo giorno, ad operare una scelta fondamentale. Può decidere di occuparsi prioritariamente dello svolgimento del programma, puntando all'acquisizione della maggior quantità possibile di conoscenze. Può decidere invece di prendere (per alcuni perdere) tempo, da un lato, per conoscere i suoi alunni, comprenderli e stimolarli a rivolgere lo sguardo dentro di sé e, dall’altro, per cercare di passare loro la passione per la conoscenza. Se l’insegnante decide di occuparsi della formazione completa dei suoi alunni, insieme ovviamente alle altre agenzie formative, gli si rivela un mondo appassionante quanto complesso e una serie di bisogni che lo interpellano direttamente come essere umano e come cittadino responsabile (nell’accezione datane da Lévinas: l’io di fronte all’altro è infinitamente responsabile)³. Si trova così, spesso a far fronte alle situazioni più svariate, ricorrendo alle sue competenze, alla sua creatività, alla sua empatia, alla sua motivazione, ma soprattutto ai suoi valori e alla sua voglia di cambiare il mondo per la parte che gli spetta. Le sfide fondamentali diventano dunque quelle di sostenere il successo scolastico di ciascun studente, anche di coloro che sono più a rischio, e contemporaneamente di formare cittadini consapevoli, capaci di integrarsi proficuamente nella società per dare il loro contributo alla crescita della stessa. A tal fine l’Autore effettua una proposta interessante e originale. Egli suggerisce di puntare sulla collaborazione, attuando interventi che utilizzano un approccio integrato di cooperative learning, peer education e tutoring. In una società in cui predominano l’individualismo e la ricerca del successo personale, inteso come superamento dei livelli e delle prestazioni conseguite dagli altri, puntare sulla collaborazione, trasformando anche l’apprendimento in un gioco di squadra, risulta una scelta decisamente controcorrente. A fronte dell’accrescersi delle differenze individuali, se la scuola decide però di puntare sulla competizione, privilegiando chi ha di più, lascia inevitabilmente indietro chi, per motivi linguistici, socio-culturali o di dotazione intellettuale non riesce ad apprendere adeguatamente nei tempi e nei modi degli altri. Se, al contrario, sceglie di puntare sulla collaborazione, può diventare un luogo di apprendimento per tutti e consentire a ciascuno studente di acquisire i requisiti minimi per la cittadinanza. La cooperazione permette di individuare risorse nascoste anche in chi è più in difficoltà, che può diventare risorsa per gli altri, recuperando così anche la sua autostima. L’apprendimento cooperativo è però anche un modo per apprendere tutti meglio. Nonostante il diffondersi dei metodi cooperativi⁴ le resistenze a questo proposito rimangono ancora molte. Risulta difficile infatti convincere alunni, insegnanti e genitori che sprecare tempo per apprendere tutti insieme non è solo un’opera caritatevole da parte dei primi, che pazientano in attesa degli altri, ma, significa realizzare un apprendimento qualitativamente migliore. Gli esiti di numerosi studi educativi convergono ormai in questa direzione. I metodi cooperativi risultano efficaci per favorire un’elaborazione più in profondità⁵ e per incoraggiare l’utilizzo di strategie di problem-solving più complesse⁶. L’approccio cooperativo sembra favorire anche lo sviluppo della capacità di utilizzare proficuamente il tempo (abilità ormai indispensabile!), l'incremento di alcune competenze relazionali (negoziazione, ascolto, suddivisione dei ruoli…), della motivazione intrinseca (interesse per l’apprendimento, orientamento al compito piuttosto che alla prestazione), della fiducia in sé, oltre che di valori educativi fondamentali per fondare una società.

    L’Autore fornisce un apporto di ricerca significativo, riuscendo a documentare con dati empirici, oltre che con apporti qualitativi, l’efficacia dell’impiego sistematico di un approccio integrato di cooperative learning, peer education e tutoring per favorire il successo scolastico. Il testo riporta gli esiti di una ricerca-azione originale, condotta rigorosamente, attenta a tenere sotto controllo i numerosi fattori di disturbo presenti nelle ricerche scolastiche longitudinali, in cui intervengono, per esempio, variazioni di insegnanti, cambiamenti di scuola dei ragazzi… Gli esiti della sperimentazione, condotta in una scuola secondaria di primo grado la cui popolazione frequentante è sottoposta a numerosi fattori di rischio, risultano positivi e promettenti. Dopo solo sei mesi di sperimentazione si è verificata infatti, nei gruppi sperimentali, una riduzione delle insufficiente del 6,35% tra i frequentanti i laboratori. Con un piano ciclico istituzionale ricorrente si evidenzia inoltre che, dopo un anno di lavoro, si passa dal 7% di bocciati su tutta la scuola dell’anno 2008-09 al 5,1% dell’anno 2009-10, in cui la scuola ha adottato la metodologia suddetta. In itinere l’Autore ha registrato le prestazioni degli studenti dei gruppi sperimentali, sottolineandone in maniera analitica lo sviluppo delle competenze. Si evidenzia così una via per lottare realmente contro l’insuccesso e non ridursi a coprire le lacune con sufficienze non meritate.

    L’Autore propone inoltre, tra le righe, con alcuni esempi significativi, di valorizzare l’apporto diretto e indiretto dei ragazzi diversamente abili, di chi è tradizionalmente considerato un emarginato, un perdente, cercando così di salvare i primi con il contributo degli ultimi. Egli evidenzia come la cura degli altri, specie di chi ha più difficoltà, possa diventare uno stimolo, oltre che per chi viene aiutato, anche per chi aiuta. Consente infatti spesso di recuperare la motivazione ad apprendere, il gusto e il significato dell’apprendimento in chi ha perso la voglia di imparare (da un brano del testo: c'è molto da imparare da quei ragazzi che accolgono i compagni disabili o che si sentono in difficoltà nei loro confronti, ma sono comunque disponibili ad imparare a comunicare con loro e che si meravigliano e gioiscono quando vedono che il loro compagno, che non parla ed è su una sedia a rotelle, è in grado di capire più di quanto immaginassero). Diventare tutor di chi ha difficoltà è anche un modo per incrementare indirettamente la consapevolezza sulle strategie utili per apprendere e sui propri processi cognitivi. L’aiuto dell’altro favorisce inoltre l’autostima. Significativi a tal proposito sono i brani del testo in cui si descrivono, per esempio, ragazzi stranieri che si affiancano ai più piccoli per aiutarli ad apprendere! Il sostegno di un compagno in difficoltà o di un ragazzo più piccolo spinge poi al decentramento, passaggio fondamentale nel percorso che conduce alla maturità umana.

    Trasversalmente il testo mostra come la soddisfazione professionale (Professore lei è felice? È la domanda con cui inizia il testo) derivi dal trovare un significato profondo nel proprio operato e dal mettersi in gioco totalmente per la realizzazione di valori superiori⁷. Gli incontri unici che l’insegnante realizza con i suoi alunni diventano il significato principale, dell’atto educativo, in quanto occasione per formare i soggetti non solo dal punto di vista cognitivo, ma anche emotivo-affettivo e relazionale.

    Il libro richiama gli adulti ad abbandonare la ricerca instancabile di motivi al di fuori di sé che inficiano il loro lavoro, per passare a cercare in sé, nella formazione, nella passione per la conoscenza e la scoperta, nella capacità di trasformare il proprio lavoro in un’attività di ricerca costante, la forza per contrastare le difficoltà che si incontrano, diventando così un modello di resilienza per i ragazzi stessi.

    Premessa

    La vita è una storia in corso di narrazione.

    La realtà prima è il racconto.

    L'ho scoperto facendo il meccanico.

    (John Berger)

    Documentare è un verbo che di solito suscita sensazioni di disagio negli insegnanti, che spesso associano questa parola alla redazione di relazioni considerate un noioso, quanto inutile, adempimento burocratico. Cionondimeno avere una traccia scritta di ciò che progettiamo e realizziamo significa costituire un patrimonio di conoscenze e di esperienze che possono essere condivise per contribuire a creare un archivio di buone pratiche a cui attingere.

    Spesso questa condivisione si realizza in modo informale nei reciproci racconti in sala insegnanti o nei corridoi. E forse è proprio la narrazione la forma più spontanea di documentazione. La narrazione scritta, frutto di riflessione sull'azione, può aiutarci a cogliere sfumature, emozioni, sentimenti, in grado di condurci verso una comprensione più profonda delle vicende e del motivo di certe scelte; verso la realtà prima dell'insegnamento, che non può ridursi al meccanico svolgimento del programma o alla scelta del metodo considerato più efficace, ma è fatto anche di relazioni, di conoscenza di sé e di narrazioni più o meno autobiografiche; senza con ciò escludere gli aspetti metodologici, rendendoli anzi più chiari.

    Il confronto sulle esperienze, sui successi e sugli insuccessi, la riflessione e la sperimentazione possono trasformare le scuole in comunità professionali di pratica e di apprendimento, in grado di aiutare a superare la condizione di isolamento in cui lavorano di solito gli insegnanti. Comunità nelle quali sia possibile la generazione di intelligenza collettiva per individuare soluzioni utili, grazie al confronto delle idee e delle esperienze, nell'ottica dell'apprendimento cooperativo, del potenziamento delle comunità locali e della progettazione comune e partecipata.

    Questo libro vuole essere un modesto contributo in questa direzione, tenendo conto del fatto che raccontare un'esperienza non significa dare una ricetta applicabile tal quale in altri contesti, ma semplicemente testimoniare l'applicabilità di certe ipotesi e rendere disponibile all'elaborazione collettiva materiale utile alla formulazione di nuove ipotesi, che potranno, a loro volta, produrre ulteriori esperienze. Un circolo virtuoso nel quale l'interazione tra insegnanti, e possibilmente anche con la ricerca educativa in ambito universitario, possa condurre alla produzione di un sapere collettivo fondato sulla figura dell'insegnante riflessivo e ricercatore e sull'idea di comunità di apprendimento.

    CONTATTI

    Segnalo il mio indirizzo di posta elettronica per chi volesse condividere idee, esperienze, opinioni: claber11@libero.it

    Per contatti relativi a corsi di formazione su Cooperative Learning e altre metodologie innovative è anche possibile consultare il sito: www.apprendimentocooperativo.it

    Immagine di copertina

    Epistemologia e relazioni umane

    Riflessioni e riflessi. Due sostantivi che afferiscono ad un unico verbo il quale, nella sua doppia accezione, ci ricorda come il pensiero debba fondarsi, prima che sulla rielaborazione, sull'osservazione; nell'arduo, e spesso fallace, ma comunque indispensabile, tentativo di rispecchiare i fenomeni osservati.

    Analogamente, ponendosi in condizioni di ascolto attivo, tentiamo di rispecchiare il pensiero dei nostri interlocutori, per evitare di fondare la nostra riflessione esclusivamente sul proprio egocentrismo e per poter accogliere, integrare, includere e cooperare.

    Come l'acqua che, pur deformando le immagini nei suoi mutevoli riflessi, sa anche conformarsi dolcemente agli oggetti che incontra, ma mantenendo la sua grande forza nell'autonomia e nella cooperazione delle sue molecole.

    Note

    In questo libro vengono narrati episodi accomunati dalla ricerca di soluzioni a situazioni problematiche. Si tratta di storie, con nomi e circostanze modificate, liberamente tratte da vicende reali verificatesi in anni diversi e in scuole diverse,

    L'abbondante presenza di note ha lo scopo di rendere facilmente reperibili le fonti utili agli approfondimenti dei temi trattati ed alla realizzazione di esperienze simili a quelle raccontate.

    In appendice è possibile trovare alcuni dei progetti di cui si parla nel corso del libro, alcuni materiali di lavoro e il modello di progettazione adottato nella predisposizione dei progetti, con le indicazioni per la compilazione.

    RINGRAZIAMENTI

    Come spesso avviene in questi casi la lista dei ringraziamenti sarebbe molto lunga e con tutta probabilità incompleta. Per questo motivo rinuncio ad elencare i nomi delle persone verso cui sono debitore. Desidero tuttavia ringraziare:

    tutti coloro che sono stati determinanti nella mia formazione, con i testi che ho avuto modo di studiare e con le lezioni a cui ho potuto partecipare, in particolare nell'ambito dei corsi di formazione organizzati dall'Ufficio Scolastico Provinciale di Torino, dall'Unità Territoriale di Servizi Necessità Educative Speciali, e dal Centro Servizi Didattici della Provincia di Torino, nonché nell'ambito del Master sui Processi educativi in adolescenza. Gestione delle difficoltà di relazione, di integrazione culturale e di apprendimento, organizzato dalla Facoltà di Scienze della Formazione di Torino, in collaborazione con la Scuola Superiore di Formazione Rebaudengo di Torino.

    le colleghe e i colleghi insegnanti, consulenti e formatori così come i professionisti dell'ambito educativo, sociale e sanitario con i quali ho potuto confrontare idee

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