Nuda. Diario di una donna ferita
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Sonia è una donna forte che ha dovuto superare molte prove sin dall’infanzia. Ha cresciuto un figlio da sola e ha sempre orgogliosamente contato sulle sue forze finché non è entrato nella sua vita Giacomo, l'uomo che ha saputo abbattere tutte le sue barriere e poi l’ha abbandonata. Inizia il declino di una donna ferita che cerca consolazione e amore a poco prezzo, senza rendersi conto che il prezzo che sta pagando è troppo alto: la sua dignità. Quando sembra che cominci a riconquistare un po’ di serenità, la sua vita viene nuovamente messa a dura prova...
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Anteprima del libro
Nuda. Diario di una donna ferita - Stefania Rivoltini
s.
PROLOGO
era un pomeriggio
c’era il sole
il cielo era azzurro
l’aria trasparente
profumo di fiori nell’aria
uccellini
campanelli
e caramelle
era un pomeriggio
c’era il sole
l’aria trasparente
e tu
hai rubato
tutto il colore
Era un pomeriggio d’estate. Il periodo più bello per una bambina come me. Prendevo la mia bellissima bicicletta azzurra e via : con i codini al vento incontro alla vita! Quel giorno ero più felice del solito perché indossavo i miei zoccoletti nuovi. Finalmente la mamma me li aveva regalati! Un pomeriggio caldo e afoso. Afoso
. Una parola che mi affascinava molto , suonava così bene e la sentivo dire dai grandi. Per me il pomeriggio d’estate era perfetto. Caldo? Si! Almeno credo. Nemmeno me ne accorgevo, tanta era la voglia di vivere e giocare e ridere! L’estate era bella perché trascorrevo liberamente tutto il tempo con i miei amici.
La mia bicicletta.
I miei amici.
Il gelato panna e cioccolato.
Il sole.
E le campane.
Oh! Le campane ! I rintocchi del campanile cadenzavano le mie giornate e mi ricordavano quando era ora di tornare a casa. Don ..don ..don ..don … ecco! Sette rintocchi! Dovevo correre a casa , era l’ora del mio coprifuoco estivo. Inforcavo la mia biciclettina e partivo di corsa. Mi piaceva pedalare rimanendo in piedi, perché guardando la mia ombra proiettata sull’asfalto sembravo più alta e slanciata, ed io …. beh, non vedevo l’ora di crescere. Diventare grande! Quante aspettative in quelle due semplici parole. Ero una bambina felice, fiduciosa, le braccia aperte ad accogliere la vita! Con il mio solito sorriso stampato sulla faccia stavo correndo a casa, se avessi fatto tardi avrei dovuto subire i rimbrotti della mamma ! Appena arrivata di fronte alla porta, ho messo la bicicletta sul cavalletto e il campanello che avevo attaccato al manubrio faceva din .. din .. din!Era divertente!
scusa..
mi sono sentita chiamare, mi sono voltata e ho visto una macchina grigia, una ritmo, come quella di mio cugino. C’era un uomo al volante e stava chiamando proprio me.
scusa ho bisogno di un’informazione
. Io ho sorriso e mi sono precipitata accanto al finestrino.
mi dica?
È stato un attimo. Non indossava i pantaloni. Non indossava gli slip. Era nudo. Si stava toccando. Non ho capito cosa stesse facendo o perché . Ho sentito istintivamente un brivido di paura. Nel profondo sentivo che era brutto. Che era sbagliato. Ho urlato. Sono scappata. Ho perso uno zoccoletto. Sono caduta. Mi sono sbucciata le ginocchia. Mi sono rialzata. Sono entrata in casa. Piangevo, terrorizzata. Non potevo parlare. Mia mamma e mio papà sono corsi da me. Non capivano. Non potevano capire. Vedevo il terrore nei loro occhi. Coglievo il panico nelle loro voci. Ma io … io non riuscivo a proferire parola. La voce non usciva. Cos’avrei potuto dire? Cos’avevo fatto? Perché? Sento ancora l’abbraccio di mia mamma, le dolci carezze di mio papà. ho perso uno zoccolo
. E’ l’unica cosa che sono riuscita a dire.
Il resto era troppo. Troppo. Troppo per una bambina come me.
Era oscuro. Era incomprensibile. Il resto era la mia fiducia perduta.
Il resto era, la scoperta che i grandi a volte sono cattivi.
E ti fanno male. Tanto male.
Sono passati oltre dieci anni da quel giorno. Undici anni e sei mesi. Purtroppo lo so con precisione. Eppure! E’ così difficile dimenticare. Fidarmi di un uomo è impossibile, mi è rimasto addosso un senso di diffidenza che non riesco ad eliminare. Razionalmente so di essere sciocca, ma è così che mi sento. Ancora, dopo tanto tempo: una bambina impaurita. Non ho paura del buio o dell’acqua profonda, sono anzi un tantino spericolata, ma ho paura delle persone. Degli uomini soprattutto. Non so cosa aspettarmi, istintivamente temo che vogliano farmi del male. Ho costantemente la percezione di essere osservata, ed è una sensazione terrificante. E poi c’è quel sogno … non mi abbandona mai e non mi permette di liberarmi del passato. Fa paura. Dopo quel giorno, è diventato il mio appuntamento fisso della notte. Quando mi ritrovo sveglia, seduta nel letto mi sento di nuovo sporca, umiliata, sola e impaurita.
Tredici anni. Sono passati tredici anni. Daniele ci è riuscito. Non è bello, non lo è per niente: è alto e allampanato, ha i capelli biondi perfettamente pettinati come se fossero incollati alla testa, a volte lo schernisco bonariamente dicendo che ha la riga di ferro
… e lui sorride. I suoi occhi sono azzurri, il naso importante. Forse è stato proprio il suo aspetto normale
ad attirarmi. E’ riuscito a farmi sentire a mio agio sin da subito con la sua aria da ragazzo semplice e genuino. Così gli ho permesso di avvicinarsi a me, siamo diventati amici. Mi fa ridere, mi fa sentire tranquilla e protetta e senza che me ne accorgessi … mi sono innamorata di lui. E’ accaduto tutto in modo naturale ed ora mi fido. Finalmente , io mi fido di un uomo! Ci frequentiamo da sei mesi ed è tutto nuovo ed eccitante! Fare l’amore con lui è bellissimo, stare con lui è bellissimo. Abbiamo passato un weekend meraviglioso. Siamo stati al mare in Liguria, mi ha portato a cena nel Golfo dei poeti e poi in spiaggia a passeggiare. Era tutto così perfetto! Insomma: il mare, la sabbia fresca e morbida, uno spicchio di luna, ci siamo lasciati trasportare da quel quadro romantico disegnato per noi e abbiamo fatto l’amore sulla sabbia , la luna e le stelle a farci da testimoni! Ed ora ? Ecco … ora è tutta un’altra storia perché io sono qui chiusa nel bagno di casa mia, seduta sulla tavoletta del water: sto fissando un aggeggio bianco. Una, due. Sono proprio due righe rosa. Chiare. Precise. Inequivocabili. Aspetto un bambino. Sono frastornata, ho mille pensieri che mi frullano in testa, sono felice? Si. La risposta è immediata e spontanea. Si lo sono! E’ come se fosse un segno: il giusto inizio della mia fiducia ritrovata, un bambino. Il mio bambino , la vita . La mia vita nuova con Daniele. Una vita felice! Sono elettrizzata, non vedo l’ora di dirglielo! Ma Daniele non è felice, i suoi occhi si sono rabbuiati di fronte alla mia rivelazione. Ha detto che non ne vuole sapere. E’ diventato freddo e distaccato, cattivo. Ed è sparito. Puff. Daniele non c’è più. Ecco qui, la bambina impaurita è tornata. La mia fiducia? Perduta (di nuovo). La scoperta (di nuovo) che gli uomini grandi
sono cattivi e ti fanno male. Tanto male. Ora è spaventosamente chiaro. Non c’è margine di errore, non potrò fidarmi. Mai più. La lezione l’ho imparata, ormai. Porte chiuse. Stop.
Ma.. all’improvviso una notte mi ritrovo stretto tra le braccia un maschietto paffuto e minuscolo. Il mio angioletto. Ha una cresta di capelli biondi sulla testa, la boccuccia atteggiata a cuore. Il suo profumo è indescrivibile, sa di miele e di fiori. E’ perfetto in tutto. Lo amo, lo amo infinitamente. Imprescindibilmente. Sono stanca, accaldata, dolorante. Il suo viso appoggiato al mio seno. Ascolta il battito del mio cuore. Mio figlio, la mia ragione di vita. L’unica. Sento il sapore delle mie lacrime mentre gli sussurro Stefano amore mio, ti proteggerò dai cattivi. Ti insegnerò ad essere buono. Sarai il mio angelo ed io il tuo.
INIZIO DELLA FINE
ho paura
ti ho perso
non può essere vero
ho paura
non lotterai più per me
non potrò più vivere
ho paura
non potrò più vedere i tuoi occhi
ho paura
non potrò più baciare le tue labbra
ho paura
non potrò più toccare la tua pelle
ho paura
non sentirò niente di simile
mai più
ho paura
non sentirò il tuo calore
stretta tra le tue braccia
mai più
ho paura
perché so
che la mia vita senza di te
sarà un’eterna lotta
per respirare
Martedì
E’ stato terribile. Tutte le mie paure si sono avverate. Mi sono lasciata andare e l’ho perso. Evidentemente io non sono speciale. La vera me, non lo è per niente. Posso affascinare solo se sono divertente e brillante. La Sonia triste e bisognosa d’amore non piace a nessuno. E’ noiosa e impegnativa. Ho resistito due ore e poi gli ho scritto. E lui ha risposto che adesso ci deve pensare. Wow, che pugnalata al cuore. Sto così male. Lo sapevo, non avrei dovuto dire voglio di più
. La sincerità non paga , al contrario intimorisce. IO! Sono stata IO a dire basta, voglio di più non ci riesco a continuare così …. sto male …
. Dopo appena due ore sono già pentita! Ma, a quanto pare, adesso è tardi, è già troppo tardi . Sono qui a pentirmi e a piangere e a maledire la mia boccaccia! Ora è lui che dice basta, che non vuole continuare. E’ tutto capovolto. Ho fatto la dura …. (ma quale dura????? Io???? Stronzate) ed è tutto finito. sto malissimo
gli ho scritto e lui subito mi ha risposto anch’io
. L’ho chiamato di corsa, con il cuore che mi scoppiava nel petto, ed ecco il colpo di grazia. Mi ha uccisa. prendiamoci un pausa ..ci devo pensare … mi hai aperto gli occhi .. ho vissuto la nostra storia con le emozioni , le sensazioni, il cuore! Ora ho visto la realtà ..
Come? Una storia d’amore non va vissuta con il cuore? Con che cosa altrimenti? Maledetto il mio cuore e maledetta la mia bocca! Perché non riesco a mettere un filtro tra quello che penso e quello che dico? Perché non ho ragionato prima di parlare? Se l’avessi fatto per una volta nella mia vita, una dannatissima volta, ora non sarei qui a disperarmi distrutta a piangere e soffrire, lui sarebbe ancora mio; il mio Giacomo che direbbe ti amo piccola
a fior di labbra. Invece no. Stop. Finito. Mia mamma me lo dice sempre, conta fino a dieci, a cento! Non parlare d’istinto, sei pericolosa! Quanto ha ragione. Me l’ha ripetuto fino allo sfinimento, sin da quando ero bimba, sempre. Ma io no! Tenacemente orgogliosa della mia totale sincerità e schiettezza. E’ la mia dote migliore, mi vantavo. Mi odio. Aveva ragione lei, avrei senz’altro dovuto darle retta. Ora l’ho imparato. Ma a che prezzo? Ho commesso l’errore più grande della mia vita e pago le conseguenze della mia stupidità, della mia totale mancanza di autocontrollo. Che sciocca sono stata. Perché mi sono fidata? Perché mi sono lasciata andare? Ed ora, come vado avanti? Il cuore mi sta per scoppiare, sono devastata e per quanto mi sforzi, non riesco a nasconderlo. Al lavoro, il capo mi ha chiesto se stessi bene. Si
ho risposto d’acchito. Ma non credo mi abbia davvero creduta. Ha annuito, senza proferire parola, ha abbassato lo sguardo sui documenti che aveva in mano e se ne è andato. Chi se ne frega. Non ho voglia di giustificarmi e soprattutto non sono in grado di farlo. Mettere insieme una frase intera di senso compiuto, mi risulta quasi impossibile. La mia voce non esce. Ho un strozzatura in gola. Forse mi sto ammalando sul serio. Fortunatamente oggi non devo parlare con nessuno. Posso chiudermi nel mio ufficio e fare finta di avere il ciclo. Così tutti mi staranno alla larga. Ieri il mio mondo è crollato, facendomi precipitare dalla nuvoletta rosa su cui stavo comoda da qualche mese. Senza paracadute. E fa male. Fa davvero male. Vorrei, quanto vorrei poter tornare indietro. Premere rewind
e risistemare tutto. Non ho ancora deciso se vorrei riavvolgere la mia vita fino a quella mattina e scegliere di non bere il cappuccino e quindi non conoscerlo. Fino a quella maledetta
mattina. O se riavvolgere la pellicola della mia vita fino a diciotto ore fa. Fino alla mia maledetta
scenata. Fino alla mia maledetta
frase. Sarebbe stato meglio non conoscerlo e non amarlo? Stavo bene nella mia routine. Il mio bambino. Il mio lavoro. Il mio cane, Zek. La mia vita tranquilla. Senza sbalzi. Banale . Piatta. In una parola? Serena. Una vocina dentro di me aggiunge vuota
. Ma non l’ascolto. Stavo bene. E quello mi bastava. Chi non ha mai assaggiato la nutella, non può immaginare quanto sia buona e di certo non ne sente la mancanza.