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Arte e bellezza in Hegel
Arte e bellezza in Hegel
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E-book174 pagine2 ore

Arte e bellezza in Hegel

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Il saggio s’impegna nell’affrontare la relazione che l’arte intrattiene con lo spirito assoluto nella visione estetica di Hegel. L’arte è il momento di manifestazione sensibile del vero, che si fa carico del ‘passato’ dello spirito; l’opera è lo scarto del reale necessario alla logica affinché il compimento dialettico avvenuto non sia una semplice costruzione del pensiero stesso. L’avvenuta dello spirito assoluto implica la necessità di ripercorrere le tappe superate: l’Estetica si rivela una parte vitale del sistema hegeliano, il bisogno di riflettere sull’ultima traccia dell’esterno che trapassa nell’assoluto attraverso l’invenzione artistica. L’autonomia dell’arte è allora scandita dal ruolo che detiene nel processo d’idealizzazione del mondo. Un’autonomia imposta, una libertà forzata.
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2018
ISBN9788899819989
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    Anteprima del libro

    Arte e bellezza in Hegel - Giacomo Pasotti

    INDICE

    1. Il fine dell’arte

    2. Il bello, parvenza sensibile dell’idea.

    3. L’articolazione dell’ideale

    4. L’arte nella triade dello spirito assoluto

    5. Conclusione. L’autonomia dell’arte nell’Estetica di Hegel

    Bibliografia

    Sitografia

    NOTE

    Temperino rosso edizioni

    Prima edizione 2018

    Grafica Afo-TR designer

    Immagine di copertina

    Giovanni Sala

    © 2018 Temperino Rosso Edizioni Fortini

    ISBN 978-88-99819-98-9

    ARTE E BELLEZZA

    1. Il fine dell’arte 

    1.1 Il regno dell’arte bella

    Nello studio dell’arte è naturale chiedersi quale sia lo scopo di un’opera. La domanda filosofica può vertere sul contenuto che una certa produzione artistica esprime, interessandosi sul fine che desidera raggiungere, sul ruolo che l’arte ricopre nella cultura di un popolo. A questo quesito Hegel propone una soluzione complicata, che si articola tramite i concetti d’essenza, verità e spirito. Per capire la sua posizione dobbiamo interrogarci su questi temi centrali e sulla loro relazione con l’arte. In primo luogo dobbiamo recuperare i caratteri generali dell’opera artistica, delineati nelle pagine introduttive dell’Estetica. Il nostro autore assume come oggetto di studio il regno del bello e nello specifico quello dell’arte bella1. Non è presa in considerazione l’arte che adorna le cose della vita o che intrattiene per il piacere, quella strumentale, che dipende da altro. L’arte ‘bella’ è quella che non è mezzo per uno scopo esteriore, ma trova in sé stessa la propria sostanza incarnando così la libertà. Solo in quanto libera l’arte è in grado di portare il vero alla coscienza dell’uomo. Questo è il compito dell’arte, per il quale è posta nella sfera dello spirito assoluto accanto alla religione e alla filosofia. L’opera si fa carico dei più profondi interessi dello spirito e ne dà espressione attraverso la rappresentazione sensibile. Tale presa di posizione conduce ad escludere il bello naturale dalla sfera della scienza estetica. Le considerazioni sul bello naturale sono però utili: ci permettono di individuare le proprietà generali del bello artistico, in modo da poterlo inquadrare con maggiore precisione. La differenza tra bello naturale e bello artistico è essenziale, poiché in quest’ultimo si riconosce l’unico vero senso del bello in quanto ideale. Da ciò segue che la produzione artistica è un’attività umana improntata sul ritmo dello spirito. Come ogni attività, anche l’arte risponde ad un bisogno, non identificabile con quelli di cui si occupano prassi e teoria, ma specificamente spirituale. L’arte non ricade nella rete degli impulsi finiti e materiali: non risponde ad un fine particolare. Data la dialettica tra arte e il concetto generale di finitezza, il nostro autore critica ogni considerazione che valuti l’opera secondo un criterio di utilità o che la pensi come strumento per la realizzazione di uno scopo esterno all’ambito stesso dell’arte. Anche le argomentazioni, che analizzano le posizioni che pensano l’arte come imitazione o strumento del perfezionamento morale, riflettono tali assunzioni. 

    1.2 Arte e Natura 

        1.2.1 L’inferiorità del bello naturale 

    L’orientamento adottato nell’apertura delle Lezioni conduce in direzione di un chiaro prevalere del bello artistico su quello naturale. La scelta si pone per stabilire il contenuto di verità che compete all’arte. Per Hegel unicamente lo spirito è il vero e solo la bellezza artistica reca il segno di un’elaborazione spirituale. La libertà dello spirito sta ‘più in alto’ rispetto alla mera natura: allora un’opera può essere veramente bella solo in quanto partecipa al principio di verità dello spirito. Il nostro intento è proprio quello di capire in che senso lo spirito e la produzione artistica siano superiori, il motivo per cui possa essere considerata arte ‘vera’ solo quella che ‘partecipa allo spirito’. Per ora però limitiamoci ad assumere tale posizione: il bello trova fondamento solo nello spirito, che diventa così il criterio tramite cui si studia scientificamente l’arte e le sue produzioni. Da questo presupposto Hegel nega che il bello naturale sia oggetto di un’esposizione sistematica2. Una classificazione scientifica per il mondo naturale è certamente possibile, ma si dovrebbero assume altri strumenti di valutazione. Possiamo porci dalla prospettiva dell’utile ed elencare una lista di materiali più o meno efficaci contro una certa malattia. Un elenco del genere si rivelerebbe però arido e poco interessante per i nostri obiettivi: in questo caso non stiamo considerando il bello, ma l’utilità di certi oggetti per un determinato scopo3. Anche se parlassimo di bellezza naturale, Hegel evidenzia l’impossibilità di interpretarla obiettivamente e sistematicamente da un punto di vista speculativo. Perciò predica a questo tipo di bellezza l’indeterminatezza.

    «La natura è concepita come inferiore allo spirito, proprio nella sua qualitatività, in quanto, cioè, manca di un vero e proprio principio soggettivo interno, e in quanto essa non può, secondo Hegel, realizzare l’universale, se non imperfettamente; solo lo spirito, nella sua storia, può identificare il reale e il razionale»4.

    Quest’operazione garantisce la supremazia dello spirito, del soggetto autonomo e libero sul meccanismo esterno della natura. Il bello naturale non può che risultare impoverito e degradato, poiché immediato e soprattutto indeterminato, privo del principio del pensiero. Causalità ed indeterminatezza sono attribuite alla bellezza natura, così da svalutarla. L’argomento è trattato dal punto di vista superiore dello spirito così che il bello naturale possa essere salvato solamente dalla coscienza che gli si oppone: «il bello naturale ottiene giustizia solo con la propria morte, laddove la sua mancanza si pone come raison d’être del bello artistico»5. La contrapposizione tra bello artistico e naturale è tale che Hegel non riconosce a quest’ultimo l’essenza del bello stesso, ridotto ad essere un semplice «modo imperfetto, incompleto, un modo che secondo la sua sostanza è contenuto nello spirito stesso»6. Il concetto di bello non trova allora la propria verità nella natura dato che quest’ultima è priva di consistenza autonoma. I rapporti neutrali, puramente formali del mondo naturale, sono contrapposti alla creazione dello spirito soggettivo, alla sua libertà ed alla sua inventiva. L’identificazione del reale con il razionale configura la natura come momento dell’alterità della libertà dello spirito: non un’alterità a cui lo spirito possa ritornare, ma piuttosto un esser-altro a cui resta legato come a qualcosa che trova eternamente diverso da sé7. La natura è considerata oggetto pre-estetico, non completamente dominato e trasvalutato dal vero spirituale8. Poiché dipende sempre da altro, vincolato da principi esterni e formali, quali l’asimmetria e la regolarità9, il bello naturale risulta muto e privo di una lingua propria. L’incoscienza della propria situazione ne determina l’astrattezza. Difatti è solo «nell’arte come opera dello spirito che si esibisce quella struttura dialettica della realtà, cioè la verità, che appare muta e incomprensibile nel divenire della natura»10.

        1.2.2 L’arte e l’attività umana

    «La bellezza artistica è la bellezza generata e rigenerata dallo spirito, e, di quanto lo spirito e le sue produzioni stanno più in alto della natura e dei suoi fenomeni, di tanto il bello artistico è superiore alla bellezza della natura»11. La scelta di Hegel di limitare l’oggetto della propria ricerca al bello artistico, escludendo quello della natura, si riflette nelle considerazioni sulla creazione artistica. Le produzioni umane sono, rispetto a quelle della natura, superiori. Gli enti della natura, considerati in sé, in quanto oggetti di un meccanismo necessario, non hanno un contenuto proprio, autonomo. Di conseguenza non possono essere considerati liberi. Dato ciò Hegel nega loro la possibilità di essere ‘belli’. L’arte è così prodotto dell’attività umana e mai della natura. Implica una coscienza, un soggetto che agisce. La produzione artistica è infatti connessa al riconoscimento dell’elemento universale, che è interno alla natura, ed alla esteriorizzazione di tale elemento. È necessario che l’immediatezza sensibile della natura sia trasformata in oggetto della visione, in immagine o parvenza, affinché si offra alla contemplazione estetica. Perché si possa parlare di bellezza è necessario un libero atto produttivo che superi tanto la cieca legalità naturale che l’accidentalità delle sue manifestazioni. «Il bello è sempre, per Hegel, creazione umana che emana da una interiore necessità spirituale. A parere di Hegel, non è possibile postulare la bellezza indipendentemente da una coscienza che la intenzioni»12. 

    Da qui nasce lo sforzo di chiarire i caratteri essenziali dell’attività artistica. In primo luogo è escluso che la creazione artistica sia solamente prescritta da regole rigide, come se la buona realizzazione dell’opera dipendesse dalla mera esecuzione di queste regole. Solo ciò che è meccanico ed esterno può essere prodotto secondo precetti. Difatti il meccanismo nega l’abilità dell’artista in quanto richiede semplicemente un’attenzione all’esecuzione delle regole. Considerare l’arte frutto di istruzioni si dimostra inoltre inadeguato nei confronti di un’attività spirituale, poiché vincola l’agente a contenuti astratti, incapaci di sollecitare la coscienza dell’artista. I precetti potrebbero offrire consigli utili per un carattere pratico, ma rimarrebbero comunque determinazioni completamente formali. La produzione artistica non si può sottomettere a questo formalismo, anzi «come attività spirituale deve lavorare in base a se stessa e presentare all’intuizione spirituale un contenuto ben altrimenti più ricco e immagini individuali più vaste»13. 

    D’altro canto il valore di un’opera non dipende unicamente dalle capacità di un animo particolare. L’arte non è espressione della peculiarità di un soggetto14 che si possa permettere di ignorare leggi universalmente valide o sottrarre alla riflessione. Vi sono posizioni che risaltano l’aspetto naturale del genio e del talento, ritenendo la coscienza nell’attività creatrice dannosa, come se la produzione artistica potesse esser deprezzata dal lavoro della coscienza. Invece, secondo Hegel, il genio e il talento dell’artista15, nonostante un carattere indiscutibilmente naturale, necessitano di riflessione sulla produzione, d’educazione e conoscenza tecnica. L’abilità tecnica è fondamentale per vincere il materiale esterno, così da non esserne ostacolato nella produzione. Invece l’educazione permette di attingere alla profondità dello spirito e di prender coscienza del contenuto della rappresentazione16. 

        1.2.3 Opera d’arte e fenomeno di natura

    Dopo aver esposto i caratteri generali dell’attività artistica Hegel confronta l’opera d’arte con il fenomeno di natura. Alcuni sostengono che l’opera artistica sia inferiore rispetto all’ente naturale. L’arte manca di movimento, di vitalità. L’opera è un oggetto immobile, scade a qualcosa di morto, che, sebbene possa mantenere una parvenza di vita esteriormente, interiormente è materia fredda. Hegel rovescia l’argomentazione scrivendo che:

    «lato di esistenza esterna non è quello che fa di un’opera un prodotto della bella arte; l’opera d’arte è solo in quanto, originata dallo spirito, appartiene al campo dello spirito, ha ricevuto il battesimo dello spirituale e manifesta solo ciò che è formato secondo la risonanza dello spirito»17. 

    Lo spirituale che risiede in un evento, un individuo o un’azione espressa dall’opera risulta superiore a qualsiasi fenomeno naturale perché è un prodotto della coscienza. Come risultato dell’attività umana, l’arte rientra nell’ambito meramente spirituale e quindi eccelle sul meccanismo in continuo divenire della natura. Insomma «occorre superare la pura aderenza immediata alle cose, alla natura, attraverso la proiezione dell’interiorità spirituale nella esteriorità sensibile»18. Vitalità e movimento non sono perciò due termini coestensivi, poiché qualcosa può essere in movimento semplicemente per azioni esterne. La vitalità risiede solo nello spirito, nell’attività del pensiero di cui anche l’arte è espressione. In tal modo Hegel rivendica il ‘passaggio attraverso lo spirito’ da parte dell’arte, passaggio che non accade nella dimensione naturale. 

    La vitalità dello spirito si declina anche nei termini di tempo e durata. Gli oggetti della natura sono mutevoli, cangianti; mediante il ‘battesimo spirituale’, l’arte dona durata al contenuto dell’opera, testimoniando una vitalità ben superiore a quella naturale poiché perdura nel correre del tempo. In altre parole, per Hegel l’opera d’arte è più ‘viva’ della natura in continuo mutamento19.

    Vi è un altro punto di confronto tra l’attività artistica e il fenomeno di natura. Vige un’opinione secondo cui la natura, essendo risultato della creazione divina, sia migliore dell’arte, umile risultato dello sforzo umano. Hegel mette in dubbio il presupposto fondamentale di questa tesi, ovvero che Dio e l’uomo siano due entità distinte, tra di loro contrastanti ed irriducibili. In realtà l’uomo è considerato forma cosciente, vero e proprio medio attraverso cui si esercita lo spirito20. È grazie all’uomo che lo spirito prende coscienza della propria attività, si sdoppia e giunge al proprio riconoscimento, ritornando in sé e per sé. Quindi anche in questo caso la natura meccanica è inferiore, poiché l’agire umano è dotato della qualità del pensiero, carattere che in via essenziale appartiene allo spirito, ovvero a Dio. Essendo una delle modalità del fare umano, l’arte

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