Il Niente e il Fondamento in Martin Heidegger
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Recensioni su Il Niente e il Fondamento in Martin Heidegger
2 valutazioni1 recensione
- Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Trovo questo excursus sul concetto di Niente in Heidegger molto lucido. In questo scritto si coniugano capacità teoretica e uno sforzo divulgativo immane. In questo momento sto leggendo i "contributi alla filosofia (dall'evento)", opera di Heidegger non molto citata dall'autrice, ma devo dire che questa disamina della Ritte è stata preziosa.
Anteprima del libro
Il Niente e il Fondamento in Martin Heidegger - Manuela Ritte
IL NIENTE E IL FONDAMENTO
IN MARTIN HEIDEGGER
di Manuela Ritte
Introduzione
In questo scritto cercheremo di fare leva sul punto focale della nostra analisi privilegiando uno dei periodi che più di tutti gli altri - non meno degni di attenzione ma nel nostro caso solo marginali -, interessò e condizionò la ricerca filosofica di Martin Heidegger.
Tale scelta è il frutto di una attenta riflessione, scaturita dalla possibilità di fare convergere le diverse opinioni di molti studiosi verso una lettura neutra dei nodi tematici qui affrontati, senza cioè condizionare o limitare la corretta comprensione degli stessi, la corretta visione di questi sarà difatti indispensabile per la nostra analisi.
Risulta per noi quindi necessario avvicinare il pensiero di M. Heidegger, allontanandolo in primis da tutti i pregiudizi che oggigiorno ancora limitano una lecita comprensione della sua oramai imprescindibile filosofia.
Per questo motivo scorreremo via via tutti gli elementi per noi capitali, elementi che hanno intessuto il pensiero del filosofo tedesco.
Come dicevamo, limiteremo la nostra analisi solamente al periodo che va dal 1927 sino alla cosiddetta svolta
, all'inizio degli anni '30. I temi fondamentali di questo periodo, a partire dalla questione centrale della irriducibilità dell'essere all'ente e della denuncia dell'oblio dell'essere perpetuato dalla storia dal pensiero metafisico, dalla sua cioè ineluttabile destinazione all'oblio del suo significato, sino al problema del fondamento, della Differenza Ontologica, del senso, della gettatezza, nonché del problema capitale della verità. Da questo periodo a cui la nostra analisi affida il dovere di sondare l'abissale forza del pensiero di Heidegger, verranno da noi estrapolati molti dei significati cardine attraverso i quali, in ultimo, potremo far emergere quel significato che, a nostro avviso, può essere considerato come il più originario di tutti i significati; più originario in quanto capace di avvicinarci, come dicevamo, ad una corretta intuizione della filosofia heideggeriana stessa. Stiamo parlando del significato del niente.
Il nostro filosofo dedicò l'intera sua vita alla domanda che cosa significhi Essere
, domanda che proveremo a seguire come un filo lungo questo elaborato; la seguiremo fin dai suoi primi esordi, dai primi sviluppi a seguito degli assidui studi avvenuti nella aule dove insegnava Franz Brentano, così come a seguito dei primi insegnamenti del suo primo e grande maestro, Edmund Husserl.
Come penso abbiamo già capito, la difficoltà sta nel riuscire ad impostare bene il problema, in quanto solo impostando bene il problema ci sarà possibile chiedersi del problema stesso, ci sarà possibile chiedersi di questo in modo cioè adeguato.
Heidegger ci ha indicato come sia l'uomo a vivere nell'oblio del significato d'Essere, in quanto vive egli stesso un originario equivoco del quale non sa cogliere le inevitabili conseguenze: l'uomo equivoca l'essere, il suo significato, perché lo confonde tra gli altri enti, rendendolo ente tra gli altri enti.
Solo da qui ci sarà possibile, avendo come riferimento un orizzonte preciso verso il quale orientarsi, pervenire ad un ulteriore significato altrettanto importante, il più nascosto dei significati, ad esso la ricerca del nostro filosofo si è rivolta implacabilmente: il significato del niente.
Heidegger si chiese in merito a chi nella storia della civiltà umana avesse incontrato questo significato primo, chi avesse cioè prima di lui già saputo guardare in modo autentico l'esistente al di là di ogni possibile idea o rappresentazione, e, tra questi, vi ritrovò qua e là solo isolati esempi. Parmenide fu il primo tra i più importanti esponenti il cui pensiero riuscì ad addentrarsi nel sentiero dell'essere; sua la formula l'essere è il non essere non è
. Ma allora, come procedere?
Secondo il nostro filosofo, dopo la filosofia presocratica, la verità rimase oscurata sino ad ammutolirsi definitivamente nel mondo a lui contemporaneo, e questo a causa di un atteggiamento votato ad eclissare il significato primo di Essere.
Per Heidegger l'oblio dell'essere rispecchia l'ignoranza nata dal non sapersi più chiedere dell'essere in modo autentico, ossia dall'incapacità di portare il domandare sul filo tagliente della Differenza Ontologica, dove l'uomo non si colga più come e solo essersi, ma come Esserci - come vedremo chiaramente mostrato nella Prolusione di Che cos'è metafisica?-, solo allora, esponendosi, spingendosi in prossimità di un vero e proprio 'sbalzo ontologico', sarà a lui possibile intuire che lui stesso c'è, cioè esiste, invece di non esserci e che si trova gettato nell'esistenza.
É con la domanda perché vi è in generale l'ente e non il niente?
, domanda pronunciata nella Prolusione, che Heidegger mette in campo l'elemento più 'scomodo', l'angoscia; tonalità emotiva fondamentale, attraverso cui è possibile esperire il niente nella chiara notte dell'angoscia
.
Per Heidegger è la Angst l'unica disposizione emotiva che può rilevare all'uomo che egli esiste, perché si ritrova semplicemente gettato nell'esistenza.
Ai tempi di Essere e Tempo, seguendo l'interpretazione del filosofo Franco Bertossa, in Heidegger, non si era ancora dispiegato totalmente il significato del niente che prende tuttavia corpo solamente nella Prolusione:
"Come racconta Walter Biemel, Heidegger visse una ulteriore personale esperienza – relativa al ruolo del nulla nella comprensione dell'essere – nel 1928 sulla neve in una giornata di sci; questa intuizione del nulla gli chiarì il significato della Angst il quale in Essere e Tempo era ancora mancante."¹
Possiamo quindi dire, al momento solo introduttivamente, che l'assoluta novità nello spettro filosofico suo consiste nel fatto che Heidegger dà un peso fondamentale alle disposizioni emotive, - al contrario invece di quelle correnti filosofiche che vedevano nell'intelletto la sola facoltà capace di un'indagine filosofica - perché è l'urgenza di queste stesse 'voci' che possono richiamano l'uomo al niente. La verità dell'essere e del niente, per Heidegger, si dà unicamente in uno svelamento
, e non in una operazione logica; per Heidegger, infatti, anche la negazione logica non può sottrarsi al medesimo significato del niente e, proprio per questo motivo, fondarsi su altro che non sia, invece, originariamente il niente stesso.
In Che cos'è metafisica? egli risponderà alle molte critiche rivoltegli dai maggiori filosofi della scienza i quali, sottovalutando il significato profondissimo di questa suo originaria intuizione, non riconobbero l'importanza del niente a causa del fatto che, per loro, proprio perché inesistente, tale significato sembrava non necessitasse di ulteriori attenzioni. Heidegger cercò invece di mostrare loro come ogni negazione logica, come l'atto stesso del negare, non poteva che trovare senso se non attingendo direttamente dal niente -dal suo significato-, difatti, per Heidegger, il niente stesso è più originario di ogni negazione ed anzi, potremmo quasi dire, la 'fonda'.
Solo alla luce di un vero e proprio svelamento è possibile trovare il significato prima obliato, nessuna operazione logico-deduttiva, logico-assertiva potrà mai donare all'uomo questo dischiudimento, perché ogni asserzione, ogni epistemologia sottostanno da sempre alla verità dell'Essere, in quanto tutto ciò che è, tutte le ragioni al riguardo, così come tutti i fondamenti, sono qualcosa invece che niente.
Heidegger palesava l’impossibilità di un Dio-fondamento e di una teologia in senso classico. Se Dio c’è, ricade nella domanda fondamentale; perciò quale valore, quale sacro, quale teologia dopo la lezione dell’esistenzialismo? che è stato un momento filosofico cruciale, ma che, per i turbamenti che risveglia, resta troppo poco compreso e apprezzato.
²
Siccome la filosofia heideggeria fu tacciata di nichilismo, ci sentiamo legittimati nel sostenere, come la radicale svolta che interessò il pensiero del nostro filosofo sia stata influenzata da questo clima ostile che si era creato, 'indebolendo' e sviando la portata e gli sviluppi delle sue opere successive.
La domanda sull'oblio dell'essere prenderà così un'altra nota - lungo l'incessante ricerca di tutta una vita a lei fedele-, potremmo dire più storica (e pensando in termini di Ereignis). Questo slittamento andò ad interessarsi delle ragioni che avrebbero favorito l'annichilente oblio dell'Essere. La domanda cui Heidegger giunse fu: perché non ci si rende conto del niente ed invece solo della positività dell'ente, perché regna l'oblio dell'Essere?
Questo passaggio lo attribuiamo ad un mutamento che lo portò a rivedere la sua filosofia sino a definitivamente spingerlo verso la Svolta
, dove Heidegger aprì letteralmente il suo domandare ad una possibile storia dell'essere (qui invece definito in termini di Lichtung, di radura dell'Essere).
Il pensiero di Heidegger è l'ultima testimonianza di una vita vissuta all'insegna di una