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Laurasia
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E-book193 pagine2 ore

Laurasia

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Info su questo ebook

La Terra, settecento milioni di anni fa. Le tre stirpi dei Borei, Atlan e Lemuriani - esiliati da remote galassie cui non posseggono più la scienza per ritornare - si contendono il continente Laurasia abitato da grandi rettili e mostruose entità primeve. I tre popoli, dotati del Terzo Occhio, condividono la pratica delle arti occulte e l'impiego di spaventose e arcaiche tecnologie, in un conflitto tra antitetiche civiltà che minaccia l'esistenza del pianeta.
LinguaItaliano
Data di uscita21 giu 2020
ISBN9788894469639
Laurasia

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    Anteprima del libro

    Laurasia - Alessandro Forlani

    Indice

    ADOMPHA 4

    LAURASIA - Alessandro Forlani

    Copyright

    Heroic Fantasy e preistoria

    Carlomanno Adinolfi

    Alessandro Forlani

    Uguali nella Morte

    Terrore Blu

    Nemico Senza Volto

    L’Androgino

    Prigionieri del Futuro

    Una lettera dalle colline

    Il più stupido dei servi

    Fantocci del Potere

    9.

    ADOMPHA 4

    Alessandro Forlani

    LAURASIA

    A cura di Francesco La Manno

    Introduzione di Carlomanno Adinolfi

    Copyright

    ISBN: 978-88-944696-3-9

    Adompha n. 4

    Curatore: Francesco La Manno

    Illustrazione: Andrea Piparo

    Progetto grafico e impaginazione: Mala Spina

    Prima edizione giugno 2020

    Copyright (Edizione) ©2020 Italian Sword&Sorcery Books

    Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e delle convenzioni internazionali. Nessuna parte di questo ebook può essere riprodotta e diffusa con sistemi elettronici, meccanici o di altro tipo senza l’autorizzazione scritta degli autori.

    Questo libro è un’opera di fantasia. La sua pubblicazione non lede i diritti di terzi. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale.

    Associazione Culturale Italian Sword&Sorcery

    Via Lanza, 40

    15033 – Casale Monferrato (AL)

    C.F. 91033550061

    Cell. 3384480217

    https://hyperborea.live/negozio/

    Email: francescolamanno@hotmail.it

    HEROIC FANTASY E PREISTORIA

    Carlomanno Adinolfi

    Molto lontano a sud c’era una misteriosa civiltà per nulla collegata con la cultura thuriana e all’apparenza di natura pre-umana. Sulle lontane sponde orientali del continente viveva un’altra razza, umana, ma misteriosa e non-thuriana, con la quale i Lemuriani entravano in contatto di tanto in tanto.

    Robert E. Howard – L’Era Hyboriana

    Una delle caratteristiche più frequenti del cosiddetto heroic fantasy è quella di ambientare le storie non altrove come accade quasi sempre nel fantasy classico, bensì in un altro tempo, generalmente preistorico e avvolto nelle nebbie dell’oblio e del caos. Classico esempio ne è Conan, che affronta le sue avventure in un’era appena successiva al cataclisma atlantideo. Nella meravigliosa trasposizione cinematografica di John Milius, il Cimmero vive tra il tempo in cui l’Oceano inghiottì l’Atlantide e il sorgere dei figli di Aryas ovvero in quel periodo che secondo la dottrina induista degli Yuga dovrebbe coincidere con il Dvapara Yuga e che nella ripartizione esiodea corrisponderebbe all’Età del Bronzo. In entrambe le tradizioni questa Età era caratterizzata dal dominio di uomini vigorosi e potenti, il cui potere però sfocia nella violenza, nella ferocia e nella sopraffazione. È un’era in cui l’allontanamento dalla perfezione aurea e dall’unità col divino era contraddistinto non dalla rettitudine ma nell’utilizzo iniquo della forza, così come l’Età d’Argento culminata con lo sprofondamento di Atlantide nelle tradizioni Ario-Occidentali – o nel Diluvio Universale in quelle vicino orientali – era contrassegnata dall’adozione corrotta della sapienza. In sintesi, mentre l’Età d’Argento fu caratterizzata dalla decadenza della classe magico-sacerdotale, l’Età di Bronzo fu differenziata dalla corruzione della casta guerriera. E questo è proprio il tratto distintivo della maggior parte delle storie di heroic fantasy. Un’era nata dal collasso per uso smodato e dissennato della magia, ora vista con diffidenza e usata soprattutto da negromanti e affiliati a culti oscuri; un’epoca sorta sulla sopraffazione e sul dominio di grandi re, guerrieri e conquistatori, spesso predoni e avventurieri saliti al trono al culmine della loro poco limpida carriera; un periodo in cui la guerra è la condizione normale della società, con un’umanità che corre nel grigio e poco definito confine tra barbarie primordiale e grandi civiltà in decadenza. È questo lo scenario con un potenziale narrativo infinito che fa da sfondo al genere letterario che convenzionalmente si vuole nato dal genio di Robert Ervin Howard – il padre di Conan e del purtroppo meno noto Kull di Valusia – e del contemporaneo Clark Ashton Smith, ma le cui radici affondano nella cosiddetta "weird fiction" di inizio Novecento e ancora più indietro fino ai poemi epici di tutte le tradizioni imperniati sulle lotte di eroi mitici contro mostri ancestrali.

    Proprio la lotta tra l’eroe e il demone ci porta a un altro cardine su cui ruota l’heroic fantasy. Come ha magistralmente sintetizzato lo studioso di mitologia indoeuropea Paul-George Sansonetti nel suo "Chevaliers et Dragons. Esotérisme d’un combat", oltre ovviamente a Julius Evola nella maggior parte dei suoi scritti, questa lotta ancestrale e archetipica rappresenta il conflitto tra un principio olimpico, uranico e solare contro le forze caotiche, sotterranee e oscure che ancora non hanno ricevuto una spinta regolatrice che le riporti a un cosmos ordinato. Ebbene il mondo in cui prendono vita le avventure dell’heroic fantasy preistorico è esattamente un luogo ancora avvolto nel caos primordiale, sconvolto da eventi tellurici che cambiano costantemente e brutalmente la conformazione di coste e continenti, devastato da eruzioni prorompenti dal sottosuolo magmatico e in continua ebollizione. Un pianeta che ricorda molto da vicino quello raccontato dai teorici del cataclisma tirrenico che portò alla fine della civiltà dell’Atlantide italo-mediterranea, come Guido Di Nardo e il neo-pitagorico Evelino Leonardi, autori rispettivamente dell’affascinante quanto misterioso Il preistorico culto infero del Vulcano laziale e del trattato Le Origini dell’Uomo; testi che tra simbologia, richiami alchemici, pseudo-etimologie celanti verità arcane ma anche richiami storico-scientifici narrano di una prima umanità che convive con gli sconvolgimenti vulcanici, tellurici e marini che modificano costantemente la conformazione del nostro pianeta e costringono le prime civiltà a navigare per salvarsi dai cataclismi, diffondendosi nel globo partendo da un centro assiale italo-atlantideo.

    Questo in cui vive la prima umanità è un mondo ancora non regolato, in cui l’uomo ancora giovane si trova a dover combattere per la propria sopravvivenza in una terra antica, adattandosi a vivere in un contesto ostile e temprante. L’uomo di questa epoca non è padrone del pianeta ma anzi ospite piccolo e insignificante in un universo già vecchio e soprattutto già teatro di forze e numi antichi, terribili, come il Moloch divoratore di sacrifici umani o il Vulcano infero e il misterico Demogorgone di Di Nardo, o addirittura dei estranei che provengono dagli abissi del tempo e dello spazio. In questo contesto riecheggiano le parole di Howard Phillips Lovecraft, che paragona gli uomini a insetti brulicanti su un sasso gettato alla deriva in un abisso senza fine, ignari delle entità che milioni di anni prima della loro nascita dominavano il pianeta. E riecheggia soprattutto l’intero complesso della mitologia lovecraftiana, fatta di dei abissali, terribili, pazzi, famelici, caotici e incontrollabili. Così come lo è la maggior parte degli dei che agiscono nelle storie heroic fantasy ambientate in quest’era, numi pazzi e che portano alla pazzia, spesso evocati dalle arti oscure e negromantiche eredi decadenti della magia nata prima del Cataclisma. Lontani anni luce dalle divinità delle tradizioni che conosciamo, quelle di dei che generano Eroi e che aiutano i loro figli nel tentativo di ordinare il caos e portare luce tra le tenebre. Non solo le divinità dell’heroic fantasy quasi mai sono amici degli uomini – se vogliamo fare un’eccezione vi è il Mitra adorato dai popoli hyboriani, il cui principio metafisico è magistralmente descritto dall’ancella Yasmela nel racconto di Howard Colosso Nero – ma l’idea stessa che l’uomo sia stato creato dagli dei non è praticamente presa in considerazione. L’umanità dell’heroic fantasy preistorico sembra più un incidente evolutivo, figlia di razze scimmiesche che escono dalla loro natura animale con ferocia di conquista e affermazione. Eppure la loro storia è ben più complessa di quella narrata da Darwin e dalla teoria evoluzionista. Quello dell’uomo preistorico dell’heroic fantasy è un susseguirsi di cicli di evoluzione dagli antropoidi all’uomo e di regressioni– riecheggiano quindi anche le teorie devoluzioniste di cui forse Giuseppe Sermonti è stato il nostro esponente più importante – con nuove razze fiere e guerriere che emergono dallo stato animalesco e selvaggio e nuove razze belluine in cui recedono le civiltà in decadenza che in seguito a grandi sconvolgimenti, come la caduta dei continenti di Atlantide, Mu, Lemuria e Gondwana regrediscono fino allo stadio primate. Questi continui cicli di evoluzione e devoluzione differenziano fortemente i vari gruppi umani tanto che si può quasi parlare di diverse umanità, ognuna con la sua storia, che proprio a causa di questi cicli affonda la propria nascita nelle brume dei millenni passati, rendendola oscura e pressoché inconoscibile. Questa poca chiarezza sulla reale storia evolutiva dell’uomo trova tra l’altro riscontro nella scienza ufficiale. È quantomai curioso il fatto che più la ricerca avanza e più progrediscono le tecniche di analisi genetica, più la preistoria dell’uomo diventa complessa e meno chiara. Recentissimi ritrovamenti di ossa e impronte di sapiens e di ominidi molto più vecchi di quanto finora si fosse ipotizzato e in luoghi ben lontani da quella sinora considerata accademicamente come la culla dell’uomo, ovvero l’area compresa tra l’Etiopia e la Tanzania – reperti recenti sono stati rinvenuti principalmente nel bacino mediterraneo, sulla catena dell’Atlante, nell’area balcanica e a Creta, mentre altri meno recenti in Asia orientale – hanno messo in discussione la teoria dell’origine africana dell’uomo e soprattutto sembrano voler retrodatare la stessa nascita dell’umanità sulla terra. Inoltre recentissimi studi hanno trovato nelle popolazioni subsahariane tracce di dna di una specie di homo finora sconosciuta, diversa sia dal sapiens che dal Denisova – i cui geni sono presenti soprattutto nelle popolazioni dell’Asia sudorientale e nell’Oceania – che dal Neanderthal – presente soprattutto nei geni delle popolazioni europee, mediorientali e dell’Asia centrale. E anche la riabilitazione del Neanderthal, non più considerato il rozzo cavernicolo eliminato dal superiore sapiens ma ora anzi considerato molto più progredito sia socialmente che tecnicamente di quanto si pensasse fino a qualche anno fa, rende la narrazione heroic fantasy delle diverse umanità, la cui civiltà progredisce in modo diverso nello spazio e nel tempo, meno fantasiosa di quanto si possa pensare. Questa retrodatazione della nascita dell’uomo e questo ulteriore velo di oscurità e inconoscibilità che nonostante il progresso della scienza sembra farsi sempre più fitto va ad unirsi ai misteri delle più antiche civiltà ora conosciute. Lasciando da parte le varie teorie fantarcheologiche di cui la rete o è sempre più piena, sono molti i reali enigmi che interrogano gli studiosi. Partendo ovviamente dal sito di Stonehenge, che ogni studio retrodata progressivamente di qualche secolo, e che ancora fa chiedere a storici ed archeologi come sia stato possibile che l’umanità di allora abbia potuto trasportare dei blocchi di pietra così colossali dall’Irlanda dove sono originari fino alla regione del Wiltshire. Ma andando ancora più indietro negli anni la recentissima scoperta in Bulgaria di uno swastika di nefrite vecchio di 8000 anni, perfettamente intagliato, levigato e con foro centrale dalla forma assolutamente priva di difetti artigianali ha sbalordito gli studiosi che mai avrebbero pensato che in quel periodo l’uomo avesse una tale capacità tecnica e soprattutto utensili capaci di levigare in quel modo un minerale duro come la nefrite. Per non parlare del ritrovamento dei resti di un mammut vecchio 45000 anni nel circolo polare artico, in Siberia, che presenta segni di ferite inferte dall’uomo che dimostrano un’organizzazione di caccia molto avanzata, nonché segni di macellazione e asportazione del grasso fatto da utensili molto precisi. Ulteriore dimostrazione del fatto che l’umanità preistorica era molto più avanzata di quanto si sia mai creduto finora, anche in ambienti che presentavano condizioni estreme come il nord artico.

    Queste incongruenze spesso inspiegabili riguardo la storia dell’uomo preistorico ha fatto fiorire tutta una serie di teorie su civiltà pre-esistenti all’uomo stesso, da cui l’uomo avrebbe forse imparato innestandosi nel momento della loro caduta o scomparsa. Si passa da teorie su civiltà draconiche rettiliformi, forse evoluzioni dei dinosauri, di cui ci sono echi nelle storie di Howard che riguardano il culto di Seth e la civiltà stygiana – temi ripresi anche nel film di Milius con il negromante mutaforma Thulsa-Doom – ai ben più noti Giganti che trovano spazio in tutte le mitologie conosciute, dagli Jotunn norreni ai nemici di Zeus fino ai Nephilim biblici. Tutti accomunati da un fattore: l’antichità primordiale e la sconfinata sapienza da cui i primi uomini avrebbero imparato le arti e la padronanza del potere sotterraneo, insieme creatore e distruttore, fosse esso il Fuoco prometeico o il fuoco infero di Vulcano custodito dai Ciclopi e dai Cabiri o il saturnino fuoco primevo (Sat-Ur) sprigionato dal Demogorgone, tutti esempi che poi sarebbero confluiti nel Vril descritto da Edward Bulwer-Lytton, ovvero l’energia primordiale racchiusa al centro della terra e dominata da un’antica razza sapiente e la cui padronanza può donare il controllo sul mondo spirituale e materiale. Tra gli studiosi che hanno provato a dare fondamento scientifico alla razza pre-umana spicca senza dubbio l’austriaco Hanns Hörbiger, padre del Welteislehre, la Teoria del Ghiaccio Cosmico, secondo cui la Terra avrebbe avuto in epoche remote molti satelliti simili alla Luna che si sarebbero progressivamente avvicinati al pianeta, dando vita alla razza dei Giganti, fino a cadere generando i grandi cataclismi. Ma è da citare anche la teoria degli antichi astronauti, di cui il più grande fautore fu senz’altro Peter Kolosimo, teoria secondo la quale le razze pre-umane non sarebbero state altro che razze aliene venute sulla Terra in tempi remotissimi – proprio come accade nella presente antologia di racconti – fondatrici di antichissime e avanzatissime civiltà e a cui tra l’altro dobbiamo la nascita dell’uomo grazie a esperimenti di evoluzione genetica controllata sui primati ominidi. Teoria che pone le sue basi soprattutto sulla presenza dei cosiddetti OOPArt, i reperti fuori posto ovvero proprio quei reperti archeologici che non trovano spiegazioni storiche e tecnologiche – lo swastika di nefrite ne è solo un esempio ma si arriva fino a vasi boliviani che presentano scrittura cuneiforme sumera – ma anche su alcune incisioni e

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