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Linda
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E-book379 pagine9 ore

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VITE DA SALVARE

TRE LIBRI PER UN PROGETTO DI SOLIDARIETA'

LINDA

*Linda ha poco più di 15 anni,verrà ingannata dal suo ''ragazzo'' che le userà violenza assieme ad un branco di amici, verrà anche minacciata,che se parlerà verranno uccisi prima i suoi e poi lei. Non riuscendo più a sopportare l'angoscia che l'attanaglia, Linda scapperà dal paesino nel sud Italia dove vive. Arriverà in Inghilterra dove incontrerà Jimmy, ''dall'aria perbene'' che la convincerà a fare da aupair a casa sua, ed aiutarlo nell'accudire i suoi che sono in ospedale infortunati in conseguenza di un incidente stradale. Sarà ancora ingannata Linda, ed infatti, questo Jimmy la costringerà a prostituirsi rendendola anche schiava della droga.**

Molti eventi drammatici anche di altri personaggi,di cui man mano si scoprirà la verità, si incroceranno nella storia di Linda,finché per caso,solo per caso riuscirà ad incontrare qualcuno che l'aiuterà ad uscire dal tunnel, fino al finale dove finalmente come in una catarsi,la ormai giovane donna riuscirà a ritrovare sé stessa...

*Ho inserito in modo fantasioso l'incontro di un personaggio con l'imprenditore Robert Bosch che si è dato molto da fare nel far scappare ebrei durante il reich.*

*Uno dei suoi motti più conosciuti è: "Non dimenticare mai la tua umanità e rispetta la dignità degli altri uomini."(Robert Bosch, 1931).*

*Altri protagonisti di questa storia sono anche i tanti cari 4 zampe che sempre sono in aiuto nostro,e tra loro ecco: Neve, Nebbia, Luna, Stellina, Tommy, e poi ancora Sayen, Billy e poi

Pamouk...*
LinguaItaliano
Data di uscita13 apr 2018
ISBN9788827825518
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    Anteprima del libro

    Linda - Danielarosa Basile

    c'è...rimasto...

    PROLOGO

    Se fosse un film, si potrebbe dire: campo lungo, paesaggio di un quartiere qualsiasi di una città qualsiasi, solo qualche scritta in americano, un certo stile, fanno capire che siamo in America. Poi la camera si avvicina si comincia a vedere un primo piano: solo occhi, intensi ma un po' impauriti, e poi una figura intera, ecco:

    una ragazzina, potrebbe avere 15 o 16 anni , ha una camminata attenta, è guardinga, sta cercando qualcosa o qualcuno, ogni tanto si ferma davanti a qualche vetrina, ma si vede che con la coda dell’occhio cerca di osservare i passanti senza però che se ne accorga nessuno. Sta cercando qualcuno è sicuro. E’ vestita con un giaccone, sembra un po’ grande per lei, pantaloni neri, un cappello tipo berretto sempre nero, degli stivali si notano sotto i pantaloni.

    Riprende a camminare, sempre guardandosi intorno. All’improvviso scorge un gruppetto di ragazzi, uno sta fumando con la testa abbassata, ascoltando quello che gli sta dicendo un altro ragazzo vicino quasi addosso a lui. Questo sembra piuttosto concitato, gesticola, infatti un certo punto, un altro gli prende il braccio, e gli fa come un cenno di calmarsi.

    Il ragazzo che sta fumando è ben vestito con un completo grigio, camicia bianca e sopra un giubbotto simil pelle ha anche un cappello floscio, quello che gesticola è completamente diverso ha jeans tipo moderni a cavallo basso, si intravedono delle mutande colorate, sopra ha una maglietta con maniche lunghe e sopra questa un gilet imbottito con una scritta scolorita, ha degli stivali neri, l’altro quello che stava fermando con il braccio i suoi gesti diventati eccessivi, anche è vestito simile, con jeans con strappi, ha un giubbotto anche di jeans, scarpe tipo Clark marroni Questi due non hanno cappello, i capelli di quello che gesticola sono lisci, un po' lunghi quasi alle spalle, un po' appiccicosi, dell'altro invece sono corti con anche un buon taglio. L’età di quello che sta ascoltando potrebbe essere sui 35 anni, mentre i due sono molto più giovani, intorno ai 18, 19 anni.ma forse pure meno.

    La ragazzina all’improvviso visto il gruppetto, l’espressione le cambia la faccia, quasi che un’altra persona le fosse entrata nella sua testa e le ha cambiato anche i connotati. Ecco allora che di corsa va verso quello che sta fumando, il ragazzo ‘’ben vestito’’, a cui si rivolge ormai fuori di sè: ‘’Adesso voglio proprio sapere cosa hai da dire, quello che mi hai dato l’altra settimana faceva schifo, poi pensa un po’, non era nemmeno per me ma per uno che si è proprio incazzato e con me. E allora adesso tocca a te.’’

    Silenzio anche fra tutti gli altri del gruppetto.

    Lei, allora si muove veloce, cerca di andargli addosso, tira fuori il coltello a serramanico che gli aveva dato ''il barbone'' alla mensa, ma lui la schiva. Lei cerca di nuovo di andargli addosso, ma gli altri all’unisono scattano e la bloccano. Uno riesce a prendere il coltello, la colpisce con un pugno, e con un calcio la getta a terra, lei sbatte la testa e rimane vicino a una pozzanghera con il sangue che man mano si mischia all’acqua. I tre le danno un breve sguardo di sbieco, e poi vanno via correndo senza più girarsi.

    Improvvisamente da una stradina che sbuca sulla piazzetta arriva un cane che man mano si avvicina fin dove si trova la ragazza. Le va vicino, l'annusa, le si accuccia accanto e comincia a leccarle il viso, poi ci si mette quasi sopra come a volerla coprire. Da lontano si sente una voce che chiama :’’Neve.. dove sei, Neve..’’ Il cane guaisce ma non si muove. Arriva un giovane che la vede, e correndo.: ‘’ Neve che c’è ?‘’L'uomo,con accanto un altro cane nero e bianco, si avvicina ancora di più, vede la ragazzina, si inginocchia, sta un attimo fermo, cerca leggermente di toccarle il viso, sente il polso, è debole ma c'è. Veloce, si toglie il giaccone, e lo mette piano sotto la testa della ragazzina spostandola dalla pozza d'acqua. Poi si rivolge al cane bianco:’’Neve sta ferma così’, torno subito, non far avvicinare nessuno.’’Luna, va bene, sta vicino a Neve, ''poi chiama: 'Nebbia..’’Un altro cane bianco come Neve, si era avvicinato verso di loro, l’uomo dice a Nebbia di stare lì seduta, attenta, mentre gli altri due sono accucciati proprio vicino alla ragazza, quasi a volerle dare tepore. E poi va via di corsa . Dall' angolo della strada, arriva qualcuno, un passante, questo cerca di avvicinarsi a quel corpo , di cui si è accorto è steso a terra sul marciapiede, ma Nebbia come lo vede, si alza, mostra i denti e ringhia. Piano, il ragazzo, prima indietreggia e poi girandosi di scatto scappa. Il cane torna a sedersi davanti al gruppo degli altri due e alla ragazzina. Arriva un’auto, una Jeep, verde scuro, si ferma accanto al gruppetto, il guidatore scende, i cani lo riconoscono, questo piano si inginocchia vicino la ragazza, vede del sangue che si sta cominciando a raggrumare, prova di nuovo a farla riprendere, la guarda, tocca leggermente le gambe, tocca il collo, con fare attento, metodico e professionale, allora la prende in braccio, e la mette in auto mentre i cani le si accucciano accanto. Nebbia, invece si mette sul sedile davanti vicino al conducente.

    Rapidamente arrivano all’ospedale,il conducente dell'auto entra nel pronto soccorso e chiede della dottoressa Juliette Parker, qualcuno lo saluta, gli chiede cosa succede, lui risponde:’’Niente, solo un’amica che si è sentita male’’.Arriva la dottoressa, che, l'uomo che ha accompagnato la ragazzina e che si chiama Alan Kruger , sapeva essere di turno. Alan le spiega cosa è successo, e poi le dice che visto il quartiere dove l’ha trovata, ha preferito, non far rumore e portarla lui.

    Subito visitano la ragazza, è ancora incosciente, viene messa sotto flebo, decidono di fare una risonanza total body. Subito si accorgono di una ferita alla testa e vari tagli su altre parti del corpo, superficiali, e sofferenza generale, decidono di intervenire immediatamente. La risonanza alla testa fa scoprire un ematoma che non si può lasciar riassorbire, inoltre si vede sempre all'interno un continuo fluire eccessivo del sangue, probabile ferita interna, o emorragia in atto .Va operata subito. La dottoressa, chiama l'equipe che si occupa degli interventi al cervello, e proprio lei è uno dei chirurghi.

    Il capo equipe in servizio quella sera, è uno dei più bravi o comunque uno dei più stimati proprio dalla dottoressa Parker, almeno così era capitato che raccontasse proprio ad Alan, durante una delle loro serate che ultimamente stavano diventando sempre più frequenti.

    Era ormai quasi un anno che si frequentavano, e stavano decidendo, almeno Alan, stava cercando il modo di chiedere a Juliette di ...di... va bene poi ci avrebbe pensato come dirglielo, intanto gli veniva da sorridere cercando le parole più adatte.''Va, beh'', si disse infine, '' ma sarà meglio se non ci penso...''Juliette che ne dici di andare a vivere assieme.. oppure, oppure, è meglio, è meglio che non ci pensi, quello che verrà al momento.. verrà spontaneo da sé, si.''...Tornò, dentro l'ospedale, non c'erano sale per fumatori, e si era messo fuori a fumare una delle sue rare sigarette, capì, da un'infermiera che stava uscendo dal blocco operatorio dove si trovava la ragazzina, che ancora ci voleva un po'. Si avvicina alla macchinetta delle bevande calde e fredde e trovati un po' di spiccioli nella tasca, li mette nella fessura apposita e sceglie un caffè.....a cui ne seguirono altri, finché Juliette uscì dalla sala operatoria dicendogli che era tutto a posto ed avevano portato la ragazzina in camera per il decorso post operatorio. Gli disse, poi che lei aveva il turno fino alle 6 quella notte, e se lui voleva star a prendere caffè su caffè nel frattempo, e non gli avrebbero certo fatto bene, altrimenti, ed era proprio ciò che lei voleva, si sarebbero visti a pranzo il giorno dopo, prima del suo nuovo turno notturno, ne aveva così per tutta la settimana. E mentre le sta dicendo questo, Alan si ricorda di una sera a cena che parlando del suo lavoro, specie al pronto soccorso, le aveva detto delle parole che si stava ricordando proprio in quel momento :''E' di prassi, sai fare questi turni terribili, al pronto soccorso, e non ci si può negare, e comunque a me non dispiace, si impara ad agire all'improvviso, a trovare subito una soluzione, insomma si sviluppa lo spirito di comprensione e la capacità di agire immediatamente senza lasciare nulla d'intentato, e senza aspettare, a domani. Sai troppe volte potrebbe essere troppo tardi e purtroppo troppe volte lo è stato, ma questo bisogna anche imparare ad incassarlo, altrimenti non ti rialzi più, e non servi più a quelli che ogni giorno ti chiedono di essere aiutati, e per loro ci sei solo tu, in quel momento ci sei solo tu, e Dio, si Dio, è sempre vicino...''Alan, ricordò di una sera in cui Juliette gli raccontò di un suo paziente che aveva in affidamento. Questo era stazionario, l'avevano portato in camera, la dottoressa stava finendo di verificare i suoi parametri, la terapia già effettuata e se c'era ancora da fare qualcosa che potesse essere necessario, quando al cellulare la chiamò, un'amica. Juliette, invece di dire di richiamare, o che l'avrebbe richiamata lei, si soffermò in quella stupida conversazione inutile che la stava trattenendo al telefono senza che se ne accorgesse, forse il troppo stress della notte, avevano avuto parecchie emergenze gravi e non si era fermata un minuto, era stata continuamente tra la sala operatoria e il verificare vari pazienti che arrivavano in stati spesso semi coscienti, c'erano stati degli incidenti a catena, e parecchie vittime. Ma quello, di cui adesso si stava occupando, invece era un paziente che era stato trovato vicino casa, svenuto, avevano chiamato l'ambulanza, e non era stato facile capire cosa gli fosse successo. Quando. la dottoressa Juliette Parker, tornò dalla sua conversazione, finalmente ricordandosi, che doveva finire di verificare ancora il paziente arrivato svenuto, trovò il segnale della macchina attaccata al suo cuore che dava segni sempre più deboli, nulla.. ormai, era troppo tardi, doveva intervenire prima con un farmaco da somministrare con urgenza, indispensabile a quel paziente...''.... e da allora non mi presto più a nessuna distrazione, il cellulare, è comunque acceso, se ci sono emergenze, ma sto attenta , cerco di stare attenta..'' E proprio in quel momento, mentre erano a cena in un ristorante, dopo settimane di turni pazzeschi, all'improvviso suonò il cerca persona, Juliette rispose ''Si, va bene, arrivo.'' '' Devo andare, un paziente ha difficoltà e devo andare, prendo un taxi, tu resta, resta qui..'' '' Ma a fare cosa, dai, su Juliette, andiamo che ti accompagno almeno, potrò starti vicino ancora un po', e magari se appena vai e non ne avrai per tutta la notte, posso anche aspettarti?''E così Alan ricorda che l'aspettò, non si dovette trattenere molto. Dopo circa un'oretta, infatti arrivò nella saletta dove lui stava, e sorridente disse:'' Problema risolto, siamo riusciti a rimettere il paziente in sesto, avevano bisogno di me perché avevo fatto l'intervento, e il chirurgo che era di turno, non aveva trovato nessun altro dell'equipe, poi aveva visto che l'avevo diretto io, e mi ha chiamata, sembrava una conseguenza, e voleva essere certo se c'era bisogno di rioperare...''

    Alan, adesso sta ascoltando Juliette che gli spiega cosa è stato fatto in poche parole alla ragazzina. Lui, le chiede dove l' hanno portata, vorrebbe vedere tra gli abiti se ha documenti o altro, che possa identificarla. Juliette lo fa accompagnare da un infermiere, e lo saluta, lei deve correre, c'è qualcuno che ha ancora bisogno di lei. Alan, capisce, la bacia con delicatezza e poi le dice:''Va, non farti aspettare, e domani non far aspettare me!''

    Alan prova a cercare nelle tasche degli abiti della ragazzina se c'è qualche documento, ma niente. Va nella sala d'attesa alla segreteria lascia comunque i suoi recapiti per qualsiasi informazioni riguardo la paziente della camera 323..''..qualsiasi problema i miei recapiti li avete, e specie quando non è di turno la dottoressa Parker...'' '' Non si preoccupi Mr.Kruger. Ormai la conosciamo.''

    PRIMA PARTE

    CAPITOLO I

    Alan torna in auto dove i due bellissimi maremmani e la canetta nera Luna lo stavano aspettando addormentati. Vicino a loro c'era anche la cucciola Stellina trovata pochi giorni prima dal giovane uomo...''Adesso di corsa a casa a fare pappa, anche se è tardi...e bè anch'io ho bisogno proprio di qualcosa da mettere sotto i denti.....e poi dovrebbe essere tornata Gemma è tornata, vero Luna?Altrimenti resti anche a cena. Dopo la corsa che avete fatto al parco, e pure quella fuori. Per fortuna siete proprio dei bravi, che devo dire cani detective. E si, se non era per la vostra ''fuga'', non avremmo mai trovato quella povera ragazza e credo anche proprio appena in tempo.''

    Alan Kruger è un giornalista free lance, lui preferisce così, si occupa di giornalismo investigativo, e d'inchiesta. Il suo caro fratello Arthur, spesso lo aiuta, specie quando c'è necessità di trovare informazioni attraverso canali a cui difficilmente altri potrebbero accedere . Arthur ha la possibilità di consultare archivi, ed altro perchè era un detective della polizia di New York,e sono passati diversi anni da quando il maggiore dei Kruger, si era occupato di un serial killer, che stava decimando giovani donne, un'indagine molto difficile e pericolosa.

    Senza che nessuno della squadra potesse accorgersene, l'assassino era riuscito a sapere l'indirizzo del detective che dirigeva l'indagine. Nonostante, dove abitava chi voleva colpire tutto intorno fosse sorvegliato, il serial killer era, in qualche modo riuscito ad entrare in casa del detective Kruger mentre era assente, perché stava investigando con i colleghi proprio sull'ultima vittima di questo omicida.

    Quando Arthur tornò a casa, si sentì immerso in un altro tempo, in un'altra casa..non poteva essere la sua c'era un errore..si era un'errore...Entrò, sentendo un odore di sofferenza, di paura. Trovò la moglie stesa a terra in cucina, era girata su un fianco come se stesse cercando di proteggersi, il sangue che scorreva da quel corpo che rimaneva fermo in modo impossibile, non lasciava dubbi. Corse nella cameretta del piccolo figlio, nella culla c'era solo, solo...uno scempio, un dolore assurdo, ed Arthur sentì l'annientamento che prendeva ogni sua cellula, mentre un urlo continuava ad invadere la sua mente, la sua voce..non era la sua, era un altro che stava gridando. Finché qualcuno arrivò in quella casa. Il suo vicino Ruben, lo trovò prostrato dai singhiozzi in ginocchio davanti alla culla del suo bambino.

    L'amico aveva già visto, quanto successo in cucina. Si inginocchiò accanto ad Arthur, lo abbracciò, e lui docile si fece alzare ed accompagnare nel salone, lui, che era stato sempre cosi' freddo in tante situazioni. Ruben, lo fece sedere, gli preparò un whisky e l'aiutò a fare un primo sorso, poi gli strinse il bicchiere tra le mani, lo fece ben appoggiare cercando di farlo rilassare sulla poltrona, e poi andò a telefonare ai soccorsi ed alla polizia. Arthur, all'improvviso, come se qualcuno gli stesse suggerendo cosa fare, posò il bicchiere sul tavolino, e si mise per un momento le mani strette sugli occhi. Nella sua testa continuava a martellargli la frase: chi poteva essere stato, chi...Era sicuro si trattasse di una ritorsione...L'ultimo assassino di cui stavano seguendo le tracce..Ma poi pensò che altri feroci ne aveva presi, forse qualche complice scappato a qualche maglia rimasta lenta nella rete della giustizia, qualcuno, poi, era anche uscito...Doveva sapere.. ed allora cominciò a guardarsi in giro, a cercare qualche segno che gli potesse indicare chi era stato.

    Ruben mentre era ancora al telefono, si accorse che Arthur si era alzato dalla poltrona e stava avanzando con passi piccoli e circolari, sembrava inebetito, stava per far cadere la cornetta pensando che l'uomo preso, vestito solo dal suo dolore, potesse fare una qualche sciocchezza, ma i loro sguardi per un attimo si incrociarono, un guizzo, e allora Ruben capì cosa l'amico aveva in mente e lo lasciò fare.

    Arthur, cominciò poi deciso ad andare nella sua stanza, nello studio, e poi nel bagno. Nel lavandino trovò tracce di sangue e sapone come di qualcuno che si era lavato le mani. La saponetta non c'era più, l'aveva gettata nel water? Paura potessimo ricavare il dna... Poi, Arthur alzò gli occhi, guardò lo specchio di fronte a lui, e quello che lesse in quella scritta tutta di sbieco, con le frasi oscene, e...non gli lasciò dubbi su chi potesse essere stato a devastare la sua famiglia. Era lui, il serial killer su cui stavano indagando in quel periodo. Avevano trovato troppe donne assassinate in modo cruento, e si era capito dalla stessa mano, e forse, quella bestia assetata di sangue e violenza, l'aveva visto su una qualche scena dei suoi delitti..e aveva voluto fargliela pagare. Aveva capito che Arthur era il detective che dirigeva quell'indagine, e poi aveva scoperto la sua debolezza ed aveva voluto colpirlo proprio nel cuore....ma non sarebbe finita così, pensò Arthur, continuando a guardarsi intorno, con meticolosa sveltezza prima che arrivassero i colleghi.

    Ruben , cercando di seguire i movimenti di Arthur finché non era uscito dal suo campo visivo, sempre al telefono, continuò a spiegare alla polizia cosa aveva trovato, così che questi potessero comprendere chi dovevano inviare, chi doveva intervenire, e dava loro informazioni precise e dettagliate.

    Ruben Biton, vicino ed amico di Arthur Kruger, era un poliziotto in pensione, viveva solo, la moglie ormai non si ricordava più, se non dalle preghiere che le offriva ogni giorno, da quanto l'aveva lasciato, era stato troppo, troppo presto, si diceva lui a volte, figli non c'erano e non c'erano mai stati.

    Ruben e Lea, si erano incontrati in Francia, quando il giovane ebreo era tornato nella sua Parigi, per sapere con certezza che i suoi proprio non erano tornati dal campo di concentramento dove erano stati deportati, e poi voleva anche recuperare il suo cognome.

    Era una mattina d'inizio primavera, i tedeschi stavano facendo un'altra delle solite razzie per incrementare i campi di segregazione che velocemente si assottigliavano. I genitori di Ruben con il ragazzino, assieme ad altre famiglie, visto cosa stava succedendo, cercarono una via di fuga attraverso le varie stradine, dietro ai palazzi spesso sconosciute ai più. Cominciarono a correre, sentendosi dietro il fiato dei loro aguzzini. Un certo punto Ruben si girò, perché non sentiva più i suoi. Fece appena in tempo per vederli messi sopra un camioncino stipato di uomini e donne con la stella di Davide cucite sul petto dei loro abiti, stava per correre da loro, quando una presa forte lo strinse impedendogli qualsiasi altro movimento, e lo fece entrare nel buio di un portone che immediatamente venne chiuso. Ruben, non ricorda come, ma si trovò a casa del prete che conoscevano da tempo, anche se ebrei lui si era adoperato per aiutarli in tante situazioni difficili. Una suora, suor Brigitte, gli stava dando dei vestiti puliti, un asciugamano, del sapone, e gli indicò dove poteva fare un bagno, per prima cosa però gli fece tingere i neri capelli, con una tinta per renderlo il più biondo possibile, poi gli diede un cambio così poteva anche togliersi la giacchetta con la stella di Davide cucita, come era d'obbligo per tutti gli ebrei. Ruben avrebbe voluto parlare, chiedere, ma era come se non ne fosse più capace, e allora seguì le istruzioni che gli venivano date. Poi sedette ad una tavola con un'altra decina di ragazzini e ragazzine. c'erano anche due o tre adulti. Mangiarono tutti in silenzio. Dopo qualche giorno suor Brigitte, lo chiamò e gli spiegò cosa doveva fare e dire.

    Misero Ruben accanto ad una ragazzina dai capelli anche lei biondi, non chiese se anche i suoi erano stati tinti, avvolti in un foulard, i suoi occhi per un momento si incontrarono con quelli del ragazzino, erano occhi scuri e provati, tipico della loro gente..ma nonostante tutto quello che era successo, riuscirono a sorridersi. Arrivò una coppia occhi azzurri, lei, ma scuri il ''marito'' ma biondi entrambi, che li presero per mano ad ognuno di loro, poi arrivarono altri tre ragazzini, anch'essi biondi con occhi scuri, a parte uno che li aveva chiari, avevano tutti documenti falsi, in cui i due adulti, figuravano essere i loro genitori. Un'auto, pulmino li aspettava fuori del portone, salirono tutti. Viaggiarono per quasi 6 ore. Per fortuna, in questi casi ci vuole, dovettero esibire i documenti soltanto una volta, dove i due adulti dissero che andavano per un po' dal fratello e cognato in campagna, perché i bambini erano stati malati, e avevano bisogno di aria buona per un po'. L'ufficiale che li fermò, aveva appena avuto un bambino, e ne aveva già 3 grandicelli, fu comprensivo, e dopo qualche battuta proprio riguardo le cure necessarie per i bambini, li lasciò subito andare, facendo il solito saluto.

    Poi riuscirono, passando per zone non controllate, a raggiungere un'ansa dell'oceano, non distante da...... Era un punto, dove si riusciva ad attraccare per poche ore, vicino, c'erano alcune grotte, dove potevano nascondere le barche, a seconda della marea. Partigiani, si servivano di quelle zone per raggiungere altri e organizzarsi, o far fuggire dissidenti verso l'Inghilterra. Un uomo li guidò fino ad un barcone camuffato da peschereccio, i piccoli furono affidati e lasciati al capitano. Questo li portò fino ad una cabina sotto l'ultimo ponte, nella stiva, lì c'erano altri tre dei ragazzini che avevano conosciuto a casa del prete. Arrivarono in Inghilterra,ed alcuni rimasero nel paesino del Kent dove gli fu dato alloggio fino alla fine della guerra.

    Altri bambini poi arrivarono in Inghilterra, in modo più semplice, se così si può dire, infatti tra il 1939 ed il 1940, molti bambini, quasi 10.000, provenienti da Germania, Austria Cecoslovacchia, e Danzica, sia ebrei che non ebrei poterono raggiungere l'Inghilterra, attraverso il ''Kindertransport.

    Dopo ''la notte dei cristalli''l'opinione pubblica mondiale si interessò alle sorti delle minoranze ebraiche tedesche, austriache e cecoslovacche e soprattutto a quella dei bambini. La Gran Bretagna decise di rimuovere i controlli sull'immigrazione dai paesi interessati per i bambini, che non erano in grado di influenzare il delicato mercato del lavoro. I leader della comunità ebraica britannica avevano rivolto nel novembre del 1938 un appello al primo ministro Neville Chamberlaine, i quaccheri avevano presentato un programma di soccorso per i bambini, finanziato da organizzazioni umanitarie e religiose. Il 18 novembre 1938, la Camera dei Comuni discusse l'argomento e approvò il programma, affidato a Norbert Wollheim.

    Negli Stati Uniti vi era il programma OTC (ONE THOUSAND CHILDREN), e nel 1938 i senatori Robert F.Wagner ed Edith Rogers, proposero di ampliare a 20.000 l'ammissione di bambini sotto i 14 anni senza visto, ma la proposta fu bocciata dal senatore Robert Rice Reynolds, fervente nazionalista antisemita, così la proposta non fu accolta.

    Dalla Germania Norbert Wollehim, che era amministratore delegato della gioventù ebraica tedesca, dopo la ''notte dei cristalli'', cominciò ad occuparsi di far partire il maggior numero di bambini attraverso il kindertransport, verso la Gran Bretagna e la Svezia. Wollheim, nel 1943, con la sorella Ruth, la moglie Rosa, ed il figlioPeter Uriel, furono arrestati dalla gestapo, e poi portati ad Auschwitz. Mentre Wllheim, fu scelto per il lavoro di schiavo, il resto della famiglia venne gasata nel campo di concentramento.

    Wollheim fu portato ad Auschivitz, nel campo III Monowitz, dove ha dovuto lavorare come lavoratore schiavo per IG Fabenindustrie AG, contribuendo a costruire il nuovo Buna-Factory IV fino all'evacuazione ed alla liberazione da parte degli americani il 18 Gennaio 1945.

    E proprio con il kindertransport suor Brigitte, portò parecchi bambini, anche perché nonostante le autorità naziste non si fossero opposte al programma, avevano messo alcune clausole: i bambini non potevano essere accompagnati dai genitori, ma solo da alcuni adulti responsabili della loro consegna agli inglesi, potevano portare solo un bagaglio a mano e 10 marchi(50 sterline invece dovevano essere consegnate dalle famiglie in anticipo come garanzia del rientro nel paese d'origine) .

    In alcuni casi i ragazzi fino ai 17 anni, non avevano i più una famiglia perché internata nei campi di concentramento, oppure erano orfani. Le organizzazione ebraiche che dovevano gestire la selezione di questi rifugiati diedero la priorità proprio agli orfani, ma vi erano tra questi anche bambini non ebrei provenienti da tutte le classi sociali, in fuga dalla terribile guerra che stava devastando tutta l'Europa.

    Il viaggio, con il kindertransport, era realizzato in tre tappe, prima fino a Rotterdam da dove ci si imbarcava verso l'inghilterra, fino ad Harvic, una cittadina dell'Essex, e poi in treno fino alla stazione di Liverpool street, dove ci sarebbe stato l'incontro con le famiglie, o verso il centro di accoglienza a Dovercourt Bay, prima della destinazione finale.

    Suor Brigitte, riuscì a fare parecchi viaggi, portando bambini di ogni nazionalità e religione, fu certamente più facile del viaggio fatto con Ruben e gli altri bambini nemmeno pochi mesi prima, ma poi avvisata dal prete, attraverso un contatto della Croce Rossa Internazionale, non tornò in Germania. Seppe che lui fu deportato, e Suor Brigitte, riuscì con il programma dei 100 bambini l'anno a portare Ruben ed altri proprio negli Stati Uniti, dove, la religiosa, si stabilì fino alla fine della guerra, quando tornò in Germania alla ricerca di padre Abel.

    Molti orfani dopo la guerra tornarono nei loro paesi d'origine, ma altri restarono in Inghilterra, o si rifecero una vita negli Stati Uniti, in Canada, In Australia, in Israele...

    Nel 1940, periodo in cui cominciarono anche le incursioni da parte di Hitler, verso l'Inghilterra, forse a causa della paura che tra i rifugiati che erano stati ospitati, si potessero nascondere delle spie, 1000 tra i profughi, furono internati nell'isola di Man, in Canada ed in Australia, come ''enemy aliens'', cioè '' stranieri nemici''.Tuttavia nonostante questa vergognosa discriminazione, perché non vi era nessun tipo di prove di colpevolezza nei loro confronti, molti ragazzi riuscirono comunque ad arruolarsi nell'esercito britannico, e a partecipare ad azioni di guerra, mentre alcune ragazze riuscirono a prestare servizio para sanitario.

    La situazione in Europa era ancora molto difficile, la ricostruzione visti gli ingenti danni subiti, sarebbe stata dura, e poi i tanti, troppi morti da dover seppellire anche nella memoria di quei poveri bambini. Purtroppo, suor Brigitte, aveva saputo che i genitori, di quel piccolo gruppo che era partito per l' Inghilterra, prima che la suora potesse portare gli altri con il kindertransport, e che stavano nel Kent in una loro comunità, non sarebbero mai tornati. Lo seppe grazie ad alcuni collaboratori, che erano riusciti a reperire informazioni precise, anche di quanto successo nei campi non più di segregazione ma di sterminio. Tra l'altro, a molti, non era rimasto vivo proprio nessuno. Altri, dopo varie ricerche, , erano riusciti a farli ricongiungere con parenti anche lontani, addirittura fino in Israele, Suor Brigitte, portò alcuni di questi bambini rimasti completamente da soli, tra cui il piccolo Ruben, in America, ad una loro comunità di New York, dove vi erano già orfani sia cattolici che ebrei. E fu questa l'indicazione come ultimo messaggio lasciatole proprio da padre Abel, prima di avvertirla, anche di non tornare in Germania. Ruben si laureò in giurisprudenza, e poi entrò al NYPD New York Police Department, nel Detective Bureau. Sposò Lea, che anche era ''emigrata'' in America, ma poi troppo presto la malattia la prese per non lasciarla più, fino a portargliela via...Ogni giorno Ruben pensava a lei, ed anche se aveva fede, troppe volte non riusciva a trovare lo stesso, una ragione a questo.

    Arthur andò ad abitare proprio appresso al suo villino, grazie ad un amico che gli aveva parlato di quell'immobile disponibile, proprio vicino ad un altro collega ormai in pensione. Appena, Ruben aveva saputo della sua provenienza, cominciarono presto a rivelarsi il loro passato, Arthur, gli parlò di quanto gli era stato raccontato dal padre principalmente, e le tante loro storie li fece sentire più uniti. Ad ambedue sembrava fosse dovuto che si conoscessero, quasi proprio una volontà del destino, ed ecco che erano diventati vicini di casa ed amici....

    Dopo la pensione, l'ex detective si dedicò all'insegnamento. Aveva realizzato un'aula in una delle stanze del suo villino, così gli sembrava anche meno vuoto. E poi spesso incontrava nel suo giardino, per dei barbecue all'aperto i cari vicini Arthur e Megan che spesso cucinava lei stessa qualcos'altro di buono, che era assaggiato anche dagli altri invitati di Ruben,ovviamente ex colleghi, oltre ai nuovi studenti....

    Mentre aspettava i soccorsi e la polizia, lasciando Arthur nella sua ricerca, Ruben Biton fu preso dal ricordo di quando si occupò d'aiutare con le varie pratiche burocratiche i suoi amici Kruger per l'adozione del piccolo Emanuel, e poi della gioia quasi incredula dei due di quando nacque il piccolo Jeremy..E adesso, adesso non riusciva quasi a credere di aver trovato la moglie e il figlioletto del suo caro amico, uccisi in quel modo così..così..Ruben, non riusciva più a trovare parole, anche a lui la gola si era stretta in una dolorosa morsa d'angoscia.

    Arthur, al tempo del suo dramma, era ancora troppo giovane, aveva poco più di 30 anni, e il colpo fu duro, durissimo, a niente valsero l'aiuto dei colleghi, l'aiuto dello psicologo a cui lo costrinsero ad andare. E fece quanto avrebbe, se necessario impiegando la vita intera per realizzare: andò a cercare quell'assassino che aveva annientato le vite dei suoi cari, e distrutto la sua. E lo trovò, il serial killer, lo trovò quasi mentre stava uccidendo una giovanissima, con la solita stessa tecnica che avevano già rilevato sui tanti corpi uccisi che aveva lasciato sulla sua strada torbida, scalfita da sangue innocente. Ma non fu lasciato solo,dietro di lui,non l'aveva abbandonato un collega, che per seguirlo aveva attraversato tutto lo stato di New York.

    Il detective Arthur Kruger aveva detto- al suo capo, che si prendeva un periodo di ferie, solo il suo collega e carissimo amico aveva intuito che invece erano altre le sue intenzioni, e lo stava seguendo. Ma Arthur un pomeriggio se ne accorse, e riuscì a seminarlo. Quell'assassino voleva prenderlo da solo. Per un caso proprio solo per un caso, il collega Louis Wallace, riuscì di nuovo a trovarlo, e proprio quando il povero Arthur stava prendendo alloggio in un motel. Poco distante Louis trovò un alberghetto e si sistemò lì. Era sera, Arthur aveva mangiato un panino, una birra, in un pub poco lontano dall'hotel, sentiva che quella era la sera giusta. Si fece una doccia, si vestì di scuro, con una tuta morbida, sopra un giubbotto, la sua automatica già pronta dietro la schiena dove per lui era più comodo prenderla e una più piccola la mise invece sotto l'ascella, ed uscì. Louis, aveva intuito, che Arthur sarebbe uscito di nuovo, e sapeva che era così concentrato che non si sarebbe accorto questa volta di lui.

    Il detective Kruger, era arrivato in una cittadina, che secondo il ''profile del serial killer'', che avevano delineato, poteva essere il luogo in cui adesso si trovava, e lui aveva una possibilità in più che fosse proprio lì. L'omicida, nei suoi vari spostamenti, in cui ogni volta trovavano una vittima, aveva fatto una specie di X . Avevano studiato,

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