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In altro modo?
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E-book109 pagine1 ora

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Divertente irriverente auto-ironico e venato a tratti di malinconia, *In altro modo?* racconta, con scrittura originale, lieve e appassionata, il "farsi donna", alla fine degli anni '70, della protagonista, voce narrante di cui igno-riamo il nome, e delle sue amiche Laura, Paola, Lia. Sono queste le prime figure femminili dise-gnate da Anna Santoro, che proseguirà nei suc-cessivi romanzi con Rossa, Nina, Renata, Carla, Mita, Mena, Giò e altre. Tenere e cocciute, inquiete e sicure di sé, tutte hanno in comune la ricerca di un "altro modo", necessariamente al femminile.
LinguaItaliano
Data di uscita14 giu 2019
ISBN9788831624268
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    Anteprima del libro

    In altro modo? - Anna Santoro

    info@youcanprint.it

    Capitolo Primo

    Stamattina Lucio ha l'espressione stravolta di quando ha passato una notte insonne. Quando sono tornata lui dormiva. Poi ho dormito io e lui non so. Si aggira silenzioso beve il caffè in piedi appoggiato al frigorifero non mi guarda. Io mi dispero guardando l'orologio (è tardi: mi sono data un orario di lavoro che prevede me al tavolino dalle otto e mezza) e considerando la mia testa pesante e il sonno.

    - Che stai rimuginando?, chiede Lucio e capisco che la mia aria cogitabonda lui crede sia dovuta a pensieri su di noi. Su di lui cioè. Come fargli capire che il problema oggi nei suoi riguardi è proprio che a lui non penso mai?

    - Niente.

    - Ma come? Hai una faccia! C'è qualcosa che non va?

    Lo butterei dalla finestra così tutti saprebbero che quando dorme se non è nudo usa una camiciona da notte di foggia cardinalizia. Fa sempre così: o non si accorge di niente e tenta disperatamente di negare che ci siano problemi o mi chiede, ogni volta come fosse la prima, se c’è qualcosa che non va, sottintendendo: tra noi. Non pensa minimamente che una possa stare tesa o triste o disperata (o anche allegra ridanciana buffoncella) per tutte le cose che succedono intorno o per altri fatti suoi. Ed io, che non riflettevo su di noi e sulle nostre insicurezze, vengo trascinata immediatamente su quel terreno e con la voglia di ferirlo.

    - Te ne vai?, chiedo tranquilla.

    - Io no, risponde subito, te l'ho detto che mi sembra una cazzata. Ma se tu vuoi.

    Se vuoi andare va è una canzone e me la canticchio meccanicamente per un secondo. Lo guardo così teso e guardingo.

    - Senti tesoro, mi mordo la lingua per quel tesoro e mi arrabbio, non si può continuare così.

    - Ma insomma che vuoi?, urla, che cazzo vuoi? vieni vai non cucini non cuci un bottone sei autonoma sei libera.

    Io smetto di ascoltarlo e vedo che via via si fa rosso. Mi fa rabbia e tenerezza insieme e poi mi faccio rabbia e paura io: che voglio?

    - Voglio star sola, rispondo a voce bassa, voglio alzarmi la mattina e vivere la mia giornata liberamente.

    - Ma non puoi! nessuno lo può in questa società di merda. Possibile che solo ora voi donne ve ne accorgiate? (!!) Voglio essere mia voglio essere libera! Brave stronze! e noi no? cosa credi? chi credi che non ci faccia essere liberi? il fatto che uno fa l'amore di sotto e uno di sopra?

    - Lo stronzo sei tu. Non capisci niente.

    - Voi invece.

    Continua ad urlare ed io mi pento di averlo ascoltato.

    Ma questo è il ragazzo con cui ho passato dieci anni di vita? con cui ho fatto decine e decine di manifestazioni? con cui ho attraversato crisi e crisi? con cui ho fatto l’amore con fiducia con gioia? con cui ho parlato di tante cose? questo è il padre di mio figlio? questo è quello che? Sì è questo ed ora non mi va bene

    1) perché sono cambiata

    2) perché è cambiato lui

    3) perché è cambiato il mondo attorno

    4) e perché non ho certezze ma nuove curiosità

    5) perché lui non ha curiosità e nega di non aver certezze

    6) perché non si batte per una complicità da vivere assieme tentando di coinvolgermi nelle sue (non) scelte di vita.

    Il bivio è arrivato e mi piacerebbe affrontare tutto questo con l’amore che, diverso, ho per lui ma Lucio si sente tagliato fuori, escluso. E in fondo è vero. Perché, caro stupido ex compagno di strada, il fatto è che il bene che ho per te comincia ad essere minore di quello che ho per me, della passione che ho per la vita, della consapevolezza che così muoio e devo cambiare.

    Questo vorrei dirgli ma c'è anche la delusione il pudore la coscienza che le parole non spiegano nulla a chi non vuole capire. O non può.

    Per un attimo mi tornano le immagini di quando Lucio ed io ci alzavamo alle quattro di mattina e in fretta ci salutavamo e ognuno andava alla sua fabbrica a far propaganda, a megafonare comizi, a volantinare, a vendere giornali, e poi ci ritrovavamo per caso, ciao amore, e così fino a tarda notte quando, dopo un attacchinaggio, eravamo troppo stanchi per parlare e facevamo l'amore con dolcezza e a volte con disperazione.

    Il mondo attorno a noi ci comunicava un sentimento di emergenza continua, di ansia, di necessità di far presto, che coinvolgeva tutto il nostro essere, la nostra vita. Non avevamo problemi tra noi perché noi, noi due, non esisteva e dunque non poteva costituire un problema: lo era il partito la lotta la riunione l’assemblea la fabbrica il quartiere Mao Fanfani Berlinguer Stalin. TUTTO tranne noi.

    Questo per anni. Ora noi è tornato ad essere noi e cioè io più tu in un mondo dove il resto è estraneità. Qualcuno ha deciso tutto anche per me.  Non mi piace questo mondo.  Neanche questi compagni che parlano di continuo di rivoluzione. Ma quale? Qual è il mio posto? Che voglio? Non posso che partire da me. Ma da me chi?

    Cosa c’è che non va nel modo in cui mi sono mossa fino ad ora? E che cosa mi fa dubitare di ogni tentativo? Ci sono prima i giudizi i gusti i desideri la voglia di vivere la disperazione di non saperlo fare la sensazione di essere fuori da tutto il bisogno di scegliere di nuovo e che questa volta sia chiaro autonomo la paura di scegliere il rifiuto a scegliere ancora il bisogno di prendere tempo di non sentirsi obbligati.

    - Tu insomma vuoi dire una cosa semplice, mi fa Lia alla quale mi ritrovo a raccontare queste cose e mi stupisco che la mia confusione le mie contraddizioni siano una cosa semplice, vuoi dire che prima non c’era motivo non c'era tempo di chiedersi perché Lucio e comunque non lo facevi

    - mi ero innamorata e

    - e ora diventa essenziale, perché scopri che la vita è imperniata su di lui, è determinata da lui, più di prima.

    - Hai ragione. Prima mi sembrava di averlo scelto io. Per un fine comune: la libertà da vecchie consuetudini, il desiderio di cambiare, l’insofferenza verso le ingiustizie.

    - E ora?

    - Devo capire perché Lucio, all’interno di perché la famiglia perché la coppia e questo all’interno di quale vita quali lotte quale tutto.

    Lucio ci interrompe. Arriva tutto allegro (mi chiedo perché) e vorrebbe raccontarmi qualcosa ma appena vede che, lui entrato, noi ammutoliamo e ci guardiamo le unghie lascia perdere e va nello studio. Io esco a comprare qualcosa.

    Fuori fa freddo e il cielo è coperto. Lia si avvolge nello scialle e si cala il cappello sulle orecchie.

    - Che mangi stamattina?, mi chiede.

    Io non ho idea: Giorgio è a scuola e per me e Lucio andrebbe benissimo il formaggio a mio parere ma è una settimana che ce lo sorbiamo in piedi a sottolineare l'atmosfera che c'è. Ne sono stanca: del formaggio e dell'atmosfera. Decido così di comprare carne macinata per fare degli hamburger per noi e polpette per Giorgio la sera e poi pane fagioli in scatola latte prezzemolo (per i fagioli).

    All’angolo Lia va via: ciao bella. In salumeria c'è gente e mi tocca aspettare. Rispondo al sorriso di Tonino, il figlio del salumiere, e lo guardo servire le altre donne. So che gli sono simpatica eppure non c’è verso che mi faccia sconti: anche le dieci lire segna. Ma almeno non cerca di vendermi sottilette e sofficini. Arrotondo il conto con un pacchetto di pasta visto che mancano gli spiccioli.

    Quando esco dal negozio piove. Forte. Sono pochi isolati fino a casa ma arriverei zuppa

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