Sole e luna - L'inizio: Libro primo
Di Dylan Berro
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Info su questo ebook
Dylan Berro, classe 1992 è laureato con lode in Relazioni internazionali all’Università la Sapienza di Roma, a gennaio 2015 è stato selezionato per una Scuola di Alta Specializzazione nelle Politiche pubbliche organizzata dal Ministero, che ha concluso a luglio 2015, redigendo un elaborato sull’energia rinnovabile che è stato pubblicato online perché tra i migliori della Scuola. Al momento frequentando un MBA promosso dalla fondazione Italia-Usa, di cui è professionista accreditato. Da 9 ottobre al 13 novembre 2015 ha svolto uno stage formativo presso nottetempo edizioni di Ginevra Bompiani e Roberta Einaudi. Ha pubblicato due libri e un racconto e coltiva la passione per la lettura e la scrittura sin da quando aveva dodici anni, quando ereditò un forum di scrittori esordienti che diventò per lui e tanti altri una palestra per la scrittura e tra i più importanti del circuito Forumfree. Ad oggi gestisce il Sole e Luna Blog per scrittori, che si propone di promuovere scrittori e case editrici emergenti attraverso segnalazioni, interviste, recensioni e concorsi, pubblicizzat anche attraverso i social.
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Anteprima del libro
Sole e luna - L'inizio - Dylan Berro
DYLAN BERRO
SOLE E LUNA
L’inizio
Dylan Berro
Sole e luna – L’inizio
©Editrice GDS
Via pozzo 34
20069 Vaprio d’Adda-MI
www.gdsedizioni.it
TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI
Illustrazione in copertina di Marika Fusetti & Le Muse
Sito web: www.soleeluna.altervista.org
Pagina Facebook: Sole & Luna di Dylan Berro
Per informazioni sul seguito del romanzo, contatta l’autore all’indirizzo: soleeluna@altervista.org
Ogni riferimento descritto in questo romanzo a cose luoghi o persone e altro sono da ritenersi del tutto casuali
NOTA DI LETTURA
Circa cinque anni fa lessi la prima versione di Sole e luna - l’inizio per amicizia con l’autore, per caso e perché curioso di ciò che aveva scritto.
Poi tutto ebbe un senso e, come spesso accade quando un libro affascina, il tempo volò.
La mia prima reazione fu quella di vivere la storia, quasi in prima persona; i protagonisti – Daniel ed Amily – le situazioni e l’emozione trapelavano dalle pagine. Un romanzo particolare, dove le chiavi di lettura erano, per me, diverse: quella di me da bambino con le fantasie, le speranze e le paure; quella di uomo che invece ritrovava significati più profondi e cercava di capire – e capiva – quello che vivono i ragazzi d’oggi.
A distanza di anni il tempo e le vicende della vita hanno cancellato tanti dettagli, di quella lettura è rimasto oggi l’essenziale, un essenziale particolare, che ha superato tutto quello che in me è noto, è esperienza quotidiana: quello che mi è rimasto dentro è qualcosa che va oltre la caducità della vita. Sono le emozioni, sono i miei sogni da bambino, è quello che abbiamo paura di (di)mostrare: molti lo chiamano amore, altri coraggio, altri voglia di mistero e di nuove sfide.
Insomma quella parte più profonda di me, un pizzico di anima, ha ritrovato le sue origini e per questo sono grato a chi ha scritto parole intense, emozionanti e senza limiti.
Renato Dacquino,
Sindaco di Borgio Verezzi
A tutta la mia famiglia
Di’ un po’: com’è che tu misuri il cosmo e i limiti della terra, tu che porti un piccolo corpo formato da poca terra?
Misura prima te stesso e conosci te stesso, e poi calcolerai l’infinita estensione della terra.
Se non riesci a calcolare il poco fango del tuo corpo, come puoi conoscere la misura dell’incommensurabile?
Antologia Palatina, XI 349
SOLE E LUNA I
L’INIZIO
DYLAN BERRO
Caro diario,
ferma il tempo, non farlo più correre. È stato più volte un assassino senza che nessuno potesse condannarlo. Scivola via troppo in fretta perché qualcuno possa prenderlo, è sabbia tra le dita.
Il tempo è qualcosa di terribile, perché scorre incessante, sebbene noi soffriamo, nonostante lo supplichiamo di rallentare. Non guarda in faccia nessuno, continua per la sua strada, non conosce il perdono, è spregiudicato.
Spesso è stato colpevole di alcuni drammi. Ma non gli importa quante vittime possano cadere durante il suo cammino, è insofferente.
Al tempo basta proseguire senza sosta, senza mete, senza obiettivi. Fa un viaggio di sola andata che non ha fine, forse. O magari ce l’ha, ma non saremo noi a vederla. Bisognerebbe che qualcuno fermasse il tempo e gli spiegasse che dovrebbe mostrare più clemenza nei confronti di noi essere umani. Lui non ha sentimenti, noi sì.
Daniel Freeman
IERI
Abbandona la ricerca di Dio, della Creazione e di altre cose simili. Cerca Dio prendendo te stesso come punto di partenza. Impara chi è che dentro di te fa proprie tutte le cose e dice: ‹‹Il mio Dio, la mia mente, il mio pensiero, il mio corpo.›› Impara la fonte del dolore, quella della gioia, dell’amore e dell’odio. Impara come sia possibile che si osservi senza volere e si ami senza volere.
Se studierai attentamente queste cose, troverai Dio in te stesso.
Citato in Eresie, 8, 15, 1 – 2 citato in Armstrong, p.104
PROLOGO
Si guardarono alle spalle. Gli uomini di Demortis erano ancora alle loro calcagna. Non desistevano.
Danny gli strinse il braccio. Il fiatone gli impediva di elaborare dei discorsi lunghi. ‹‹Dobbiamo continuare a correre. Non c’è tempo.››
Andrea annuì, anche lui aveva il respiro mozzato.
Non avrebbero lasciato loro del tempo per riflettere, né tantomeno per recuperare fiato.
Danny e Andrea continuarono a correre, l’uno accanto all’altro. Di tanto in tanto uno dei due rimaneva indietro, allora l’altro si fermava e lo aspettava. Spesso era Andrea a dover attendere Danny.
Danny soffriva di cuore, e più si sforzava, più il dolore si faceva insopportabile, come se un corpo estraneo dentro di lui gli strappasse via il respiro.
Andrea evitò la radice di un albero che sporgeva dal terreno, Danny invece no. Inciampò e cadde a terra. Imprecò.
Andrea si piegò sulle ginocchia e gli porse una mano. ‹‹Dai, amico. Quando saremo fuori da qui tutto sarà più facile. Lei ci sta aspettando.››
Lui incontrò i suoi occhi e giurò di leggervi un po’ di speranza. Si rimise in piedi e si strofinò le mani e i pantaloni. ‹‹Riprendiamo.››
E corsero ancora. E poi ancora. La luna si rifletteva sulle foglie degli alberi, rendendole argentate. Si specchiava anche nel fiume che i due pressappoco si ritrovarono davanti.
‹‹Cazzo. E adesso?›› Danny era terrorizzato. Digrignò i denti e ricercò lo sguardo dell’amico, che fissava vacuamente l’acqua.
‹‹E adesso dobbiamo tuffarci e raggiungere l’altra sponda.›› Si tolse le maglia e le scarpe infangate.
Danny era stranito. ‹‹Ma che fai? Sei pazzo?››
Andrea lo guardò torvo, con un filo di rabbia fece: ‹‹Vuoi essere catturato e sottoposto a tortura? Dobbiamo farlo. È l’unico modo per lasciare questo bosco di…››
Danny lo interruppe. ‹‹Ma non è meglio attraversare il fiume da vestiti?, l’acqua sarà ghiaccio.››
Andrea si sfilò via i pantaloni. ‹‹Se ci svestiamo è meglio, altrimenti con gli indumenti bagnati addosso faremo una fatica bestia.››
Poi alzò il tono di voce: ‹‹Ti muovi? Ci stanno raggiungendo.››
Danny annuì tremando e si guardò alle spalle: intravide in lontananza due figure che si stavano avvicinando. Si tolse i vestiti più in fretta che poté, nel frattempo Andrea si era tuffato in acqua. Riemerse un paio di secondi dopo, e gettò un urlo che squarciò la notte. L’acqua doveva essere davvero gelida.
Danny lo imitò. Il freddo gli scosse i sensi e gli fece accapponare la pelle. Riemerse boccheggiando. Andrea era davanti a lui, e aveva già iniziato a nuotare per raggiungere la sponda opposta. Ancora una volta copiò l’amico nei movimenti. Gettò in avanti prima un braccio e poi l’altro, si concentrò anche sulle gambe, muovendole con energia. Tirò su la testa. Non era neanche a metà del percorso. La ributtò giú riprendendo a nuotare. Prima un braccio e poi l’altro, prima uno e poi…
Qualcosa gli afferrò i piedi. Lui sferrò un calcio e tornò libero. Un istante dopo avvertì che i suoi piedi erano di nuovo stati avvinghiati. Pensò all’ipotesi di essere stato intrappolato dalle alghe. Alzò la testa dall’acqua, prese un respiro profondo e fece per girarsi quando venne tirato verso il basso.
Fu spinto sott’acqua, e mentre le bolle salivano, lui scendeva.
Provò invano a riemergere, muovendo braccia e gambe nel tentativo di riaffiorare in superficie, ma più cercava di farlo, più gli sembrava di sprofondare.
Quando meno se lo aspettò, i suoi piedi tornarono liberi. Ne profittò e li mosse. Ma all’improvviso qualcuno si mise sopra di lui, e posò una mano sopra la sua testa. Lui agitò le braccia, cercando di afferrare il braccio che gli stava impedendo di riemergere.
Magari fossero state delle alghe!
Era incredibile che lo avessero raggiunto così in fretta.
Si divincolò. Continuò a respirare sott’acqua facendo delle bolle, ma ormai aveva il fiato corto. Un’altra mano si posò sopra la sua testa impedendogli di tornare a galla. Iniziò a graffiare chi lo stava annegando, mentre col pensiero richiamava Andrea. Le due mani lo sospingevano sempre più in basso. La testa gli pulsava.
Vedeva le stelle. Poi, un groppo alla gola e il cuore che funzionava meno.
La superficie sempre più distante, pressoché irraggiungibile.
I
Il cielo era plumbeo; tuoni, fulmini e saette si stavano scatenando contro Calimpo, un paese che sorgeva nel territorio di Eirene e che contava all’incirca seimila anime. Si trattava di una località turistica, che si affacciava sul mare e che alle spalle era protetta da alcune colline che s’intrecciavano armonicamente.
Il clima era solitamente mite: non c’erano inverni troppo freddi, né estati calde. Le persone che vi vivevano conducevano una vita tranquilla, non avevano la necessità di recarsi altrove per cercare un mestiere; la maggior parte di loro lavorava a Calimpo, dove aveva una bottega, un orto, un negozio.
Qualcosa però stava iniziando a cambiare.
Era la notte di Natale del 1999 quando una donna sulla trentina scese dall’auto con un fagotto tra le braccia. Diede un calcio alla portiera per chiuderla e si diresse verso il borgo vecchio di Calimpo. Si fermò dinanzi a una porta di legno. Suonò al campanello e attese, socchiudendo gli occhi e deglutendo.
A un tratto la porta si aprì e comparve un uomo dal volto assonnato. Si stropicciò gli occhi e osservò la donna dinanzi a sé. Aveva una lunga treccia bionda, il suo viso era scarno, gli occhi nocciola. Non aveva un’espressione felice.
La donna gli porse una mano con fatica, reggendo a stento il fagotto.
L’uomo ricambiò il saluto. ‹‹Jessica. A cosa devo la tua visita?››
‹‹Andrea... Posso entrare?››
Lui restò interdetto, ma poi le fece strada. Percorse una piccola via acciottolata che la condusse in casa. Era tutto buio.
‹‹Permesso?›› sibilò Jessica, guardando all’interno.
‹‹Vieni pure.›› Richiuse la porta e invitò la donna a seguirlo nel soggiorno. Accese la luce e si sedette. ‹‹Vieni, prendi posto.››
Jessica obbedì, stringendo il fagotto contro il petto.
‹‹Bene. A cosa devo la tua visita?››
La donna inspirò. Si morse le labbra e abbassò il capo.
‹‹Ecco… ti dovrei chiedere un favore.››
‹‹Jessica. Tu mi stai chiedendo troppo ultimamente. Prima l’ospitalità, poi i soldi… e ora? Mia moglie non ne può più.››
Jessica perse una lacrima.
‹‹Scusami, scusami davvero.››
Andrea allora si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla. ‹‹È la tua bambina?››
Lei assentì, e lui fece per abbassare il lenzuolo con il quale la bimba era avvolta.
Aveva un viso tondo e pochi capelli. Dormiva rannicchiata sul suo piccolo corpo.
‹‹È bella›› osservò Andrea.
Jessica singhiozzò, e fu allora che rialzò il capo.
‹‹Mi duole molto chiedertelo, non puoi immaginare quanto.››
Andrea rimase stupefatto.
‹‹Chiedermi cosa?››
‹‹Comprenderai bene che io, da qui,