Per un'abiura in meno
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Fantascienza - racconto lungo (54 pagine) - XX secolo, la Chiesa domina gran parte di un mondo cambiato dalla mancata abiura di Galileo Galilei e dalla sua beatificazione. In mezzo al deserto intorno a una Gerusalemme alternativa l’archeologo Eugenio Pacelli e l’amico Nicola Romanov si trovano faccia a faccia con una strana donna e una rivelazione sconvolgente. Riusciranno a mantenere i nervi saldi e a salvare il loro mondo?
Siamo ai primi di un Novecento alternativo dove scienza e religione coesistono grazie a Galileo Galilei, che la Chiesa non ha costretto ad abiurare, ma anzi ha santificato. La tecnologia ha potuto svilupparsi senza ostacoli in un mondo suddiviso tra Cristianità e Islam. Una donna misteriosa compare nel deserto dove l’archeologo Eugenio Pacelli, insieme con l’amico Nicola Romanov, sta per compiere una scoperta che potrebbe cambiare i destini del mondo. È il debutto narrativo di Alessandro Montoro, sospeso tra fantascienza, ucronia e un pizzico di misticismo.
Alessandro Montoro è nato a Velletri nel 1990 e vive a Roma con la sua compagna. È Data Scientist di professione per una grande multinazionale IT. Ha frequentato l’università La Sapienza di Roma, prendendo una laurea in fisica e una magistrale in matematica. Possiede una licenza triennale teorica di conservatorio, è principalmente pianista e compositore. Spinto dalla volontà di esordire come autore di fantascienza, negli ultimi mesi ha inviato alcuni lavori (sia racconti che romanzi) ai concorsi più conosciuti del genere. Ha pubblicato gratuitamente, insieme ad alcuni suoi amici, un manuale di gioco (un supplemento) per un wargame OOP.
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Anteprima del libro
Per un'abiura in meno - Alessandro Montoro
Dedico questo lavoro alla memoria di Don Tonino e Don Marco.
Prologo – Indietro
Fissai il volto di quell’uomo appena ebbi preso coscienza del mio corpo meccanico. Il Papa, lo chiamavano tutti. Ero in una grande struttura di marmo, riccamente decorata, che in futuro avrei chiamato cattedrale. Il pontefice, Leone XIII, sorrise allo scienziato che mi aveva assemblato e acceso.
– Allora come è andata? – mi chiese stringendosi le mani. Mi sentivo stordito, ma risposi lo stesso.
– Dobbiamo riprovare, Santità – Parve irritato.
– Va bene figliolo. Come disse il nostro signore Gesù, alzati e cammina adesso.
I suoi occhi brillarono e io seppi cosa fare. I capelli bianchi spuntavano da sotto un curioso copricapo a calotta. Mossi le giunture metalliche in avanti e subito trovai l’equilibrio. L’eco di quei movimenti si perse nella Chiesa, e alcuni preti applaudirono di gusto. Compresi che era l’anno 1879, secondo il computo corrente.
– Santità, Lazarus è pronto per iniziare il suo lavoro – affermò un uomo vestito di viola chinando il capo. Le sue mani erano riccamente decorate da anelli dorati.
– Eccellente – rispose il papa.
Guardai a destra e vidi una mappa, rappresentante quello che realizzai essere il pianeta Terra. I miei dati interni me lo confermarono. C’erano due colori visibili sulle terre del globo. Le zone bianche erano sotto il controllo dello Stato della Chiesa, quelle nere erano invece le Nazioni Islamiche Unite. Notai che Gerusalemme era contesa, come sempre. Vagliai ulteriormente quel concetto scavando nei dati.
– Sia lodato San Galileo, eccoci finalmente, nostra creatura.
Il pontefice mi fissò. Cercai nel mio archivio quel nome, Galileo Galilei. Padre della scienza, processato in Vaticano, evitò l’abiura. Venne accolto nel seno della Chiesa e nel corso dei secoli questa guidò il processo scientifico, unificando con la sua supremazia tecnologica quasi tutto il mondo. Mi chiesi se il mio silenzio stesse arrecando fastidio al Papa: decisi di sì.
– Cosa devo fare, Santità?
La mia voce era strana, meccanica e piena di echi.
– L’Oracolo ci ha detto che la Grande Guerra sta per abbattersi sul mondo intero. Perderemo vite, ma soprattutto dobbiamo essere sicuri di avere il completo dominio nel futuro. Abbiamo seguito le sue istruzioni e ora sei qui. Pensa, rifletti. Poi dicci cosa ti serve per il tuo piano, e noi te lo daremo.
– Che cosa sta per accadere?
Ero confuso. Il pontefice posò una mano sulla mia spalla e mi indicò la mappa.
– Tu, sarai la nostra ancora di salvataggio, Lazarus, sei la nostra speranza più grande.
Allora non compresi queste parole. Mi parvero ridicole e senza senso. Adesso so che cosa significassero e cosa si volesse da me. Tuttavia, obbedii.
1
La meraviglia
La malattia l’aveva uccisa. Poi venne il nulla.
Aprì gli occhi dall’oblio. La prima cosa che percepì fu la luce del sole che la illuminava. Sanguigna, come quella di un tramonto.
Sbatté le palpebre. La seconda cosa fu la temperatura: bassa. Capì di essere nuda. La terza cosa fu l’odore della pioggia sulla terra, come dopo un periodo senza precipitazioni.
Questo è il profumo che si sente dopo la pioggia. Come conosco questo odore?
La quarta cosa fu la sete. La lingua era riarsa nella bocca, secca come un deserto. Una sensazione familiare.
Acqua, acqua! Dove sono?
La quinta cosa fu il silenzio. Dopo qualche secondo, reagì. Si sentiva completamente vuota. Era distesa sulla sabbia. Si piegò per alzarsi, e lentamente, con uno sforzo immenso, ci riuscì. Si aiutò con le mani e vacillò, come se fosse la prima volta che si levava sulle gambe. Ci mise qualche minuto a stabilizzarsi. Si guardò intorno e vide solo desolazione. Montagne in lontananza, sabbia e rocce ovunque intorno a lei. Guardò quell’astro luminoso e si fissò per qualche secondo su una serie di promontori, e lì identificò il Sud.
Questo è un deserto. Come conosco il concetto di Sud? Anzi, come conosco il significato di ‘concetto’? Le ho mai viste da vicino le montagne?
In lontananza vide un cratere. Al centro c’erano delle strutture grigie, brillanti. Tossì. Era intontita, e non capiva perché. Nella sua mente c’era solo un vuoto immenso. Tossì ancora, e notò che l’aria era strana. Inspirò ancora, e ancora, fino a che non si abituò a quello strano senso di pesantezza. Cominciò a camminare in direzione della fantomatica città. La sabbia si alzava con il vento freddo, turbinando intorno alle sue gambe nude. I sassi le escoriavano le piante dei piedi.
Arrivò su un crinale roccioso, e si sorprese nel provare un po’ di spavento. Cominciò a scendere lentamente, un passo dopo l’altro. Le pietre erano instabili e si aiutò con le mani.
Fece un passo in fallo e scivolò lungo quel fianco di collina, rotolando e sbattendo con la schiena in terra. Arrivò, in questo modo, sul fondo. I dolori la assalirono.
La terra mi ha urtata! La terra è salita dal basso per picchiarmi!