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Moby Dick: la balena bianca
Moby Dick: la balena bianca
Moby Dick: la balena bianca
E-book179 pagine2 ore

Moby Dick: la balena bianca

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Info su questo ebook

... Melville si basa sulla sua esperienza personale per scrivere Moby Dick. Un capolavoro letterario per ogni età.
Il Capitano Achab fa subito capire che sarà una spedizione insolita, tesa alla vendetta contro Moby Dick, la grande balena bianca che gli aveva divorato la gamba. Al primo avvistamento di una balena, Achab porta con sé su una lancia il suo equipaggio privato, rimasto nascosto fino a quel momento.
La lancia di Ismaele si capovolge attaccata da una balena, ma il gruppo scampa al naufragio. Tempo dopo la nave incontra un calamaro gigante, scambiato per una balena. Successivamente la caccia è più fortunata, e vengono uccise diverse altre balene. Il Pequod incontra diverse imbarcazioni nel suo viaggio, alle quali chiede informazioni su Moby invano, finché non incontra la "Rachele", che lo informa della vicinanza del mostro. Inizia così la caccia a Moby, che dura tre giorni, durante i quali sono frequenti i litigi tra comandante e ufficiali e le lance sono calate più volte nel tentativo di avvicinarsi alla grande balena.
Non viene detto esplicitamente quando si svolgono i fatti, ma si deducono da come viene descritto l'ambiente e le baleniere: il periodo coincide con quello della vita dell'autore, perché Melville si basa sulla sua esperienza personale per scrivere Moby Dick.
 
LinguaItaliano
Data di uscita9 lug 2018
ISBN9788899481254
Moby Dick: la balena bianca
Autore

Herman Melville

Herman Melville (1819-1891) was an American novelist, poet, and short story writer. Following a period of financial trouble, the Melville family moved from New York City to Albany, where Allan, Herman’s father, entered the fur business. When Allan died in 1832, the family struggled to make ends meet, and Herman and his brothers were forced to leave school in order to work. A small inheritance enabled Herman to enroll in school from 1835 to 1837, during which time he studied Latin and Shakespeare. The Panic of 1837 initiated another period of financial struggle for the Melvilles, who were forced to leave Albany. After publishing several essays in 1838, Melville went to sea on a merchant ship in 1839 before enlisting on a whaling voyage in 1840. In July 1842, Melville and a friend jumped ship at the Marquesas Islands, an experience the author would fictionalize in his first novel, Typee (1845). He returned home in 1844 to embark on a career as a writer, finding success as a novelist with the semi-autobiographical novels Typee and Omoo (1847), befriending and earning the admiration of Nathaniel Hawthorne and Oliver Wendell Holmes, and publishing his masterpiece Moby-Dick in 1851. Despite his early success as a novelist and writer of such short stories as “Bartleby, the Scrivener” and “Benito Cereno,” Melville struggled from the 1850s onward, turning to public lecturing and eventually settling into a career as a customs inspector in New York City. Towards the end of his life, Melville’s reputation as a writer had faded immensely, and most of his work remained out of print until critical reappraisal in the early twentieth century recognized him as one of America’s finest writers.

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    Anteprima del libro

    Moby Dick - Herman Melville

    Herman MELVILLE

    MOBY DICK

    la

    Balena Bianca

    Table Of Contents

              Capitolo I 4

             Capitolo II 20

              Capitolo III 49

              Capitolo IV 100

             Capitolo V  153

              Capitolo VI 178

              Capitolo VII 201

               EPILOGO 217

                    Bio Autore 219

    BORELLI EDITORE                                                                    

     Copyright © 2018 Gian Franco Borelli

              Capitolo I

    Ismaele questo è il mio nome, e questa è la storia della mia vita. Diversi anni addietro, trovandomi a corto di denaro e senza impiego, presi la decisione di imbarcarmi e di andare a vedere il mondo.         Mi comporto così, quando mi assale la depressione, e d'altra parte il mare è cosa importante nella vita di noi umani, non vi pare?

    Molti giovani in buona salute, prima o poi, provano il desiderio di imbarcarsi e si appassionano molto, quando si rendono conto che la terra è ormai lontana. Preferisco contemplare una vasta distesa d'acqua piuttosto che ammirare delle praterie… Ci si sente più liberi e un poco alla volta svanisce il senso di inquietudine che la terra ci tormenta, e del resto anche gli antichi avevano attribuito a un dio il governo della parte acquea del globo.

    Comunque, quando mi imbarco non lo faccio in qualità di passeggero, perché per farlo occorre avere un denari a volontà, e poi in genere i passeggeri si lasciano prendere dai nervi e dal mal di mare e diventano litigiosi, quindi non si divertono. Poi nemmeno mi imbarco come comandante, per quanto non sia un marinaio d'acqua dolce, o come cuoco. Non amo molto le responsabilità e, quanto ai polli, nessuno li gradisce più di me, ma preferisco mangiarli che metterli allo spiedo.

    Benché non sia molto piacevole sottostare agli ordini degli altri e lavorare faticosamente, cosa alla quale, del resto, si finisce con l'abituarsi, anche se si discende da una remota e nota famiglia, e sebbene abbia una discreta esperienza, preferisco imbarcarmi come marinaio semplice.

    A quel tempo, avevo un gran desiderio di vedere da vicino una balena, creatura misteriosa e straordinaria che mi attraeva, e così partii per una caccia a questo cetaceo.

    Determinato a partire per Capo Horn e il Pacifico, cacciai dunque nella mia vecchia sacca da viaggio alcune camicie. Lasciando Nuova York un sabato notte, giunsi a Nuova Bedford, un villaggio costiero sull'Atlantico dove dovetti fare una sosta perché fino al lunedì successivo non ci sarebbe stato un postale per raggiungere la piccola isola di Nantucket, importante centro baleniero, dove volevo appunto recarmi per essere ingaggiato per la caccia alla balena.

    Era molto freddo ed anche buio e dovendo trascorrere un giorno, una notte e anche un altro giorno ancora in quel luogo in cui non conoscevo nessuno, si pose urgentemente il problema del vitto e dell'alloggio.

    Alla ricerca di una locanda, vidi l'insegna dei Ramponi Incrociati, che mi parve troppo di lusso, come del resto mi parve troppo di lusso la Locanda del Pesce Spada con le finestre tutte illuminate. Mi diressi nel sobborgo vicino al mare e percorsi viuzze oscure e squallide, pensando che da quelle parti avrei trovato qualche locanda più economica. Ben presto giunsi a un edificio largo e basso, con la porta spalancata ed invitante, dal quale usciva una luce fumosa. Vi entrai e udii un gran vociare, il che mi tranquillizzò; dopo aver oltrepassato una seconda porta, mi accorsi di trovarmi in una chiesa di negri.

     Un centinaio di persone si voltarono a guardarmi e, andandomene pensai tra me: Oh, Ismaele, hai fatto una scelta proprio disgraziata! Proseguendo, giunsi ad una fosca luce, sentii un cigolio disperato nell'aria e guardando verso l'alto scorsi un'insegna oscillante sulla quale era dipinto un getto di spuma e scritte queste parole: Alla locanda del Baleniere Pietro Coffin.                            Coffin: in inglese significa feretro.

    Feretro? Coffin? Due nomi che, accostati, facevano pensare al malaugurio, ma ricordai che Coffin è un nome abbastanza comune a Nantucket e quel Pietro doveva essere originario di tale luogo. Il lume fioco, il luogo tranquillo e la stessa insegna cigolante parlavano di miseria, per cui pensai che quello doveva essere il posto ideale per trovare un alloggio economico e un buon caffè.

    Si trattava di una vecchia casa malandata, con il frontone rientrato e battuta dal vento, le cui crepe e fessure erano riparate alla meglio. Vi entrai, pensando al mio prossimo viaggio.

    Mi ritrovai in un vestibolo basso e vasto con le pareti rivestite di tavole in vecchio legno che ricordavano le murate di una vecchia nave in disarmo. Su una di esse era appeso un grande dipinto a olio molto annerito dal fumo, per cui volendo capire che cosa rappresentava sarebbe stato necessario studiarlo a lungo o chiedere spiegazioni a qualche vicino. Vi erano tali e tante masse di ombre scure da far pensare che l'artista che lo aveva dipinto avesse voluto raffigurare il caos maledetto.

    Sarà il Mar Nero durante una bufera notturna pensai o la lotta dei quattro elementi, o una brughiera di streghe. Il dipinto rappresentava invece una nave mezza sommersa dalla tempesta e una balena imbestialita che pareva balzare su di essa, come se stesse per infilzarsi sugli alberi. Sull'altra parete erano appese delle clave e delle lance e molti arpioni. Molte di quelle armi erano famose: con una di esse, cinquant'anni prima, Nathan Swain aveva ucciso quindici balene in una sola giornata. Uno dei ramponi, lanciato nei mari di Giava, era stato trascinato per dodici metri da una balena, ed era stato ritrovato nella gobba del mostro accoppato successivamente al largo della Punta del Blanco.

    Oltrepassando il vestibolo, entrai nella sala comune, luogo ancora più oscuro con travi del soffitto tanto vecchie e rugose da far pensare all'infermeria di una vecchia nave. Su un lato vi era un tavolo basso e lungo coperto da bacheche di vetro piene di rarità polverose raccolte negli angoli più strani e remoti del mondo, sull'altro lato, nell'angolo, vi era un bar, il cui banco tentava di riprodurre una testa di balena ed era munito di mensole sconnesse, boccali sbrecciati, fiasconi e bottiglie. Qui un vecchietto raggrinzito, che faceva pensare ad un novello Giona, e infatti lo chiamavano così, vendeva bevande ai marinai, servendole in bicchieri truccati, piccoli all'interno e grandi all'esterno, segnati con delle tacche che stabilivano diverse misure a seconda di quanto gli avventori volevano spendere, cioè da un soldo ad uno scellino.

    Attorno a un tavolo vi erano tanti marinai, e chiesi al padrone se aveva una stanza.

    La locanda è al completo mi rispose, ma potreste dividere il pagliericcio con un ramponiere, tanto più che se state per partire a caccia di balene dovrete pure abituarvi a difficoltà di questo genere.

    Non ero felice della cosa, ma nemmeno dell'idea di ricominciare le mie ricerche, e così accettai.

    Lo sapevo mi disse il padrone. Se volete cenare, tra poco sarà pronto.

    Mi diressi verso la sala da pranzo dove faceva un gran freddo, per mancanza di un fuoco acceso, ma dove mangiai bene: carne con patate e gnocchi… Un giovanetto seduto vicino a me, ne mangiò moltissimi e il padrone gli predisse che durante la notte avrebbe sofferto di stomaco e avuto degli incubi.

    Preoccupato, chiesi bisbigliando:

    Padrone, è questo il ramponiere?

    Oh no rispose con aria svagata "il vostro      compagno non mangia gnocchi, ma solo carne sanguinolenta ed è un tipo dalla pelle scura.

           E dov'è ora?

           Arriverà tra poco.

    Cominciavo a preoccuparmi, quando si udì un vocio allegro proveniente dall'esterno e il padrone gridò:

    Ecco l'equipaggio dell'Orca avvistato già da stamane. Era in viaggio da tre anni. Allegri, ragazzi, ci porterà le ultime notizie delle isole Figi!

    Si aprì la porta entrò un gruppo di marinai. Avvolti com'erano nei giubbotti lanosi e con le teste protette dalle sciarpe di lana, sembravano degli orsi del Labrador. Sembravano dei pezzenti, con gli abiti rattoppati, e avevano barbe irrigidite dal ghiaccio. Appena scesi a terra, si erano precipitati al bar, dove Giona si diede da fare per mescere bevande a tutti. Ad uno che si lamentava di un raffreddore maligno, versò una mistura di melassa e gin, assicurando che si trattava di un rimedio sovrano per qualunque malattia, anche se cronica. Bevvero tutti; l'alcool salì rapidamente alle teste e, tutti ubriachi, i marinai cominciarono a eseguire delle pazze capriole.

    Interessato, ne osservai uno che pur non volendo guastare l'allegria generale stava in disparte. Mi incuriosì subito e, dato che gli dei marini avevano deciso che divenisse un mio collega, cercherò di descriverlo: Alto un metro e ottanta, e molto robusto. Scurissimo, i suoi denti, per contrasto erano smaglianti. Dall'accento si capiva che era del sud, forse della Virginia. Quando l'allegria giunse al colmo sgattaiolò via e non seppi più nulla di lui fino a quando divenne mio collega in mare. I compagni si accorsero della sua assenza. Andarono subito a cercarlo, chiamandolo a gran voce: Bulkington! Bulkington!

    Erano le nove circa quando mi venne un pensiero. A nessuno piace dormire con un estraneo, specialmente se è uno sconosciuto e sconosciuta è anche la locanda e la città in cui si trova.

    Più pensavo al ramponiere e meno mi andava l'idea di dormire con lui; così chiamai il padrone, dicendogli che non mi andava di dividere il giaciglio, affermai che preferivo dormire sul bancone.

    Come volete, disse mi spiace di non potervi dare una tovaglia come materasso, e il tavolo è molto sconnesso. Con una pialla cominciò a renderlo più liscio, spargendo trucioli ovunque. Allora gli dissi che non potevo immaginare il modo in cui avrebbe potuto trasformare una tavola in un piumino.

    Vidi che il banco era corto, ma avrei rimediato con l'aggiunta di una sedia. Era anche stretto e pensai di appoggiarlo al muro, ma mi accorsi che dal davanzale della finestra mi giungeva una terribile corrente d'aria per cui rinunciai al progetto.

    Che il diavolo si porti il ramponiere! pensai. Tanto valeva rassegnarsi e andare nella stanza prima di lui e chiudersi dentro. Ma chi poteva assicurarmi che l'indomani non mi avrebbe picchiato! Poi pensai che forse esageravo: era meglio attenderlo e vederlo, ma non arrivava mai, ed era quasi mezzanotte.

                 Padrone, chiesi che tipo è? Arriva sempre così tardi?

    No, mi rispose sempre ridacchiando di solito va a letto presto ed è mattiniero, ma stasera è andato a vendere e non capisco perché sia tanto in ritardo; forse non è riuscito a vendere la testa.

    Vendere la testa? Che cosa raccontate mai? Volete farmi credere che sta vendendo la sua testa nella notte del sabato o, meglio, nella mattinata della domenica?

    Proprio così rispose il padrone eppure gli avevo detto che non vi sarebbe riuscito, perché il mercato ne è saturo.

    Di che cosa? gridai.

    Di teste, perbacco, non ve ne sono forse troppe al mondo?

    Attento, padrone, dissi con calma smettetela, non sono un allocco.

    Può darsi e mettendosi a tagliuzzare uno stecchino aggiunse: quello vi friggerà ugualmente se parlate male della sua testa.

    Gliela spaccherò, la testa!

    Meglio di no è già rotta, ed è per questo che non riesce a venderla.

    "Padrone, con calma, chiariamoci. Vengo nel vostro locale e mi proponete un letto da dividere con un ramponiere, sul conto del quale mi menzionate poi le cose più spiacevoli, al punto di farmi pensare che sia pazzo. Ora, se ciò risponde a verità, sia chiaro che con i pazzi non dormo!"

    Va bene, è una chiacchierata un po' lunga, ma vi darò una spiegazione.  Arriva dai Mari del Sud, dove ha comperato un lotto di teste neozelandesi imbalsamate, e le ha vendute tutte, meno quella che sta tentando di vendere stanotte, perché di domenica certe cose non si fanno. Una settimana fa l'ho trattenuto in tempo, mentre usciva con quattro teste appese a uno spago come cipolle.

    Il discorso mi chiarì il mistero e capii che il padrone non mi aveva preso in giro. Ma che pensare di un simile lavoro nella

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