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L’Angioletto col Pisello
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L’Angioletto col Pisello
E-book233 pagine3 ore

L’Angioletto col Pisello

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Info su questo ebook

Odiato o amato?

Gentile signore e gentili signori che mi state osservando, datemi un minuto per spiegarvi la mia situazione. Quasi trenta anni or sono io mi chiamavo “L’Uovo Azzurro”, raccontavo una storia che piaceva a tutti fuorché ai preti, ero una favola di fantascienza sugli angeli custodi che si comportavano in modo diametralmente opposto alle favole da loro raccontate a scuola e alle lezioni di dottrina. All’epoca era appena annullata la tabula dei libri all’indice, se avessero potuto mi avrebbero messo anche al pollice, al medio all’anulare e al mignolo.

In fondo avevano ragione, i bambini credono davvero che ci sia un angelo custode a proteggerli, anche molti adulti la sera prima di dormire recitano angelo di Dio che sei il mio custode, è delinquenziale disilluderli. Però ero così bello e tenero che piacevo a tutti e mi compravano in massa.

Il mio stolido scriba voleva ripubblicarmi tale quale, io invece volevo un’altra cosa perché ripetersi è noioso e ti fa sembrare senza idee. Mi sono imposto e adesso mi chiamo “L’angioletto col pisello” la traccia della storia è rimasta viva, ma il resto è molto diverso.

Se i preti di allora mi detestavano, adesso mi odieranno ma chi se ne frega?

Gentile signora, gentile signore apritemi e datemi un’occhiata, non potrete fare a meno di portarmi con voi. Vi assicuro che in ogni caso è meglio tenere in tasca me anziché un angelo custode appollaiato sulle vostre spalle.

Recensione dall’uomo della strada

Conosco Gianluigi da una vita, il primo libro che ho letto da ragazzino è stato “La piazza delle vanità” che è stato anche per lui il primo libro. Ho ammirato le sue inchieste e invidiato la sua temerarietà; ho riso fino alle lacrime per le sue micidiali “Noterelle” che facevano il pelo e contropelo a chiunque se lo meritasse, un anzianissimo storico ascolano suo collega soleva dire “Se Gasparri ti piglia di mira ti conviene legarti una pietra al collo e buttarti nel Tronto” fiume che taglia in due la città; mia moglie voleva divorziare perché di notte leggevo “Strafalciopoli” e ridevo così forte da far traballare il letto.

Tre settimane or sono ci siamo incontrati per caso, è un tipo di poche chiacchiere anche se dopo alcuni anni rivede un vecchio amico, dice ciao come stai, sentiamoci, ma lo dice solo per cortesia. Invece questa volta mi ha telefonato, mi ha chiesto una recensione pre-stampa per il suo ultimo libro “L’angelo col pisello”. Io non ho mai scritto una recensione. Ovviamente gliel’ho detto. Lui ha risposto che proprio quello voleva, la valutazione di un semplice lettore anziché critici di professione e letterati.

Non so come iniziare e tantomeno come finire, però due righe posso buttarle giù. Ho letto in due giorni “L’angelo col pisello”, via via che leggevo mi sono trovato a dire non finire per favore, non finire mai. Invece è finito. Mi è entrato nel cuore e nella testa. Sicuramente è uno dei più bei libri che abbia letto, si sa che Gianluigi scrive da padreterno, visto che si parla di angeli custodi, di Paradiso e di molto altro. Non riassumo il contenuto perché da qualche parte ci sarà una sinossi, ma confesso che questo libro mi ha fatto star bene, mi sento migliore come a Natale. Ho una vita complessa, stressante quindi spero che il suo prossimo libro esca a Pasqua, mi farebbe comodo.
Roberto Gennari
Lettore e basta
LinguaItaliano
Data di uscita27 nov 2018
ISBN9788829560943
L’Angioletto col Pisello

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    Anteprima del libro

    L’Angioletto col Pisello - Gianluigi Gasparri

    Gasparri

    Biografia

    Gianluigi Gasparri, già caporedattore del Resto del Carlino. Giornalista d’assalto e collezionista di querele, specialista in battaglie contro i mulini a vento nonché botolo con la fissa di attaccarsi alle caviglie dei potenti di turno. Ha pubblicato La Piazza delle vanità (Ponte Nuovo Bologna, 1983) ritratto di una città piena di niente; L’harem delle brutte (Mondadori 1985) storia di un uomo che corteggia solo donne cozze; L’Uovo azzurro (Mondadori 1990) nella nursery del Paradiso, da un uovo azzurro nasce un angioletto col pisello, viene buttato di sotto e il mondo diventa più interessante; Strafalciopoli (La Lepre, Roma, 2012), satira sull’inesplorato mondo del giornalismo di periferia; SEM (Leone editore, Monza 2015) storia di uno spermatozoo allevato in provetta, va da un avvocato di Manhattan per citare in giudizio suo fratello il quale durante la corsa alla fecondazione lo ha massacrato di botte e gli ha rubato il posto; Racconti di ordinaria libidine (editore Librati giugno 2017) breve raccolta di racconti pizzichini prodromici a un libro erotico completo; L’Illibato (giugno 2018 SPV), storia vera di un Robinson Crusoe dei sentimenti avvenuta in Sardegna; Pallide Lussurie (novembre 2018 SPV), raffinato ossimoro ironico, eretico, erotico in uscita; L’Angioletto col pisello (novembre 2018 SPV), rifacimento di un grande successo l’Uovo Azzurro.

    Introduzione

    Nel 1990 la Mondadori pubblicava L’Uovo azzurro, storia di un angioletto che nasce con il pisello e per questo viene buttato di sotto. Sugli angeli e angele in terra sono stati scritti migliaia di libri e girati centinaia di film, eppure per quanto ne sappia a nessuno era venuta l’idea di un angioletto con il pisello. Forse per questo L’Uovo azzurro suscitò l’interesse dei migliori critici letterari, perfino un cattolicissimo quotidiano gli dedicò il paginone centrale nonostante il libro non fosse tenero nei confronti dei credenti. Un solo dispiacere mi dette quel libro, mi scrisse una mamma che aveva appena perduto il figlioletto di tre anni che somigliava in tutto e per tutto al mio angioletto, una lettera straziante che non ebbi il coraggio di conservare ma che ancora ricordo parola dopo parola. L’ho chiusa in una busta indirizzata a Paradiso, Via del Cielo numero 3, gli anni del figlioletto perduto. Non è mai tornata indietro, forse Via del Cielo numero 3 esiste veramente e lì vivono sereni insieme i due nostri angioletti.

    Qualche anno fa, su Ebay ho trovato per caso una copia del mio Uovo azzurro offerto da un venditore di libri al triplo del prezzo originale, l’ho comprato così come ho continuato a comprare tutte le copie che sono riuscito a trovare, cinque in tutto. E ne ero felice perché per varie peripezie non ne possedevo più nessuna, lo avevo fatto riprodurre in anastatica ma non è la stessa cosa. È considerato un libro molto raro per cui mi ritengo fortunato, uno dei cinque reca la mia dedica a un caro amico di Bologna, quando lo racconto inevitabilmente mi domandano se la cosa mi abbia offeso. Invece è l’esatto contrario, considero bellissimo quel gesto, perché anziché tenere la mia creatura chiusa in chissà quale cassetto il lontano amico gli ha ridato nuova vita.

    Nel corso degli anni ho ricevuto molte richieste impossibili da soddisfare, per cui ho pensato che sarebbe stato bello ristamparlo. Non ricordavo come lo avessi scritto, mi è bastata una occhiata per innamorarmene di nuovo, in effetti è un libro straordinario con una storia straordinaria, c’è un Paradiso che non somiglia né a quello della Divina Commedia né agli imbonimenti della casta sacerdotale, anzi è un Paradiso rigido severo e burocratizzato al punto che non dico l’Inferno, ma almeno il Purgatorio sembra preferibile per viverci da morti.

    Non ho mantenuto il titolo originario e ho scelto di titolare L’Angioletto col pisello. La mia intenzione iniziale era quella di ripubblicare senza cambiamenti, ma via via che le pagine correvano non ho resistito alla mia solita mania di modificare tagliare smontare e rimontare. Ne è uscito non un libro uguale ma un libro diversamente uguale che mantiene e potenzia la carica originaria, commozione, emozione, scetticismo e candore, ironia buona e critica affilata, non senza una certa ferocia su determinate situazioni.

    In conclusione posso dire senza tema di smentita che a me e al mio Angioletto col pisello, Angeli e demoni bestseller di Dan Brown ci fa un baffo.

    Capitolo I

    Caos in Paradiso per un uovo azzurro

    I tuoni disturbavano le uova allineate nella nursery, a ogni schianto le grandi forme candide tondeggianti fremevano nei nidi ovattati di tulle. A volte l’eco tremenda del fulmine rigava crepe sottilissime sulla loro superficie, ragnatela di paura.

    Accanto a sterminate file di incubatrici perse in una azzurra immensità scivolavano silenziosi custodi, accarezzavano i gusci con mani delicate, li acquietavano sussurrando tenere parole, cambiavano posizione alle uova più sensibili e inquiete. La nursery era una struttura immane di stile dorico, eretta su enormi colonne di luce. Non si riusciva a vedere dove la costruzione terminasse.

    Anche il soffitto, indistinguibile, si perdeva in un accecante chiarore. Tutto era luminoso di un brillio terso e fermo. L’aria pareva colorata pur essendo priva di colori. Dal nulla scaturiva in morbide ottave una musica lieve, stormire di vaghe melodie.

    Una saetta attraversò il nero mare delle nuvole sottostanti e scomparve con un secco fragore. Il terzo uovo nella prima fila di incubatrici sussultò. Una minuscola scheggia si staccò dal guscio con un crepitio impercettibile ma estraneo come una bestemmia in quell’ambiente di serena perfezione. Sulla fiancata del nido termostatico scattarono sensori delicati, una spia rossa si accese e un cicalino dette l’allarme, biip! biip! biip!

    Nella parte estrema della costruzione, dentro un locale immerso in una luminescente penombra una figura misteriosa sedeva immobile davanti a tre pareti di monitor, doveva essere un pezzo grosso se controllava quell’immensità di covate, infatti il computer di linea raccolse il segnale e lo smistò sulla plancia di controllo. Lampeggiò la scritta, «Danger, yellow alarm, emergency!»

    La figura enigmatica si mosse azionando alcuni pulsanti arancione. Una voce registrata scaturì dal nulla e si diffuse negli spazi infiniti della nursery, «Attention please, by Gabriele to Serafino, go immediately to number one file, number three position, emergency. Gabriele a Serafino, recarsi immediatamente alla batteria numero uno, postazione numero tre, emergenza!»

    Trascorsero pochi istanti. Una lucente macchia indistinta si diresse verso la nursery zigzagando a velocità folle. L’atmosfera pareva addensarsi al passaggio di quell’incerta meteora, dietro di essa l’aria si richiudeva stemperandosi in mille tremiti concentrici, frammenti di armonie profumi delicati. Nei pressi della prima fila di incubatrici la forma misteriosa rallentò bruscamente con un lieve arpeggio di viole d’amore per arrestarsi con precisione millimetrica accanto alla postazione numero tre. Un accordo di liuto concluse la mirabile manovra e quel fulmine luminoso si manifestò in tutta la sua straordinaria essenza.

    Splendente, meraviglioso, vestito di una tunica eterea sollevando ali candide un grande angelo si chinò a leggere la tabella video sul fianco del nido. Agile e lieve si mosse scivolando su pattini in titanio silenziosi più di un sospiro. Prese l’uovo con delicatissime mani ninnandolo piano piano. Lo osservò in controluce fino a scoprire il punto in cui era scheggiato. Frugò nell’incubatrice, trovò il pezzettino di guscio che lo scoppio della folgore aveva staccato e lo esaminò aiutandosi con una lente e una pinzetta. Dalla tunica estrasse un tubetto di mastice, incollò il frammento e vi premette le dita per qualche minuto. Poi riguardò l’uovo controluce. Soddisfatto lo carezzò e adagiò nel nido con tenera cura. Spostò un microinterruttore sul pannello dei comandi, il biip-biip s’interruppe, la spia tornò sul verde.

    L’angelo accostò le labbra a un microfono sulla testiera del nido, «Serafino, squadra di pronto intervento ad Arcangelo Gabriele, operazione compiuta, danno riparato. Amen. Passo e chiudo».

    Dal microfono emerse una voce stizzita, «Qui Arcangelo Gabriele. Quante volte devo dirle di comunicare in inglese per la registrazione digitale? E la prossima volta mi faccia la cortesia di arrivare più in fretta. Ora controlli il settore di destra. Dio sia lodato».

    Gabriele era un potente arcangelo informatico, sulla scrivania aveva sempre un giglio bianco però era irascibile e intollerante, Serafino era un angelo di livello mediobasso perché tendeva a fare di testa sua, l’arcangelo era sicuro che prima o poi avrebbe disubbidito e allora lo avrebbe spedito nel magazzino a impacchettare in eterno le anime sante.

    Serafino giunse le mani e chinò la testa, «Sempre sia lodato» rispose compunto. Dette una ultima occhiata all’uovo riparato e si avviò lungo la fila interminabile delle incubatrici.

    Pattinando teneva le mani dietro la schiena, era buio in volto e brontolava, più in fretta più in fretta, facile a dirsi, lui siede comodo alla console preme i tasti e ordina Serafino qui, Serafino lì. E Serafino pronto, scattare! Almeno ti lasciasse volare sarebbe più semplice rapido e divertente. Invece nossignori, volare non si può, le uova si spaventano per le ombre improvvise, le uova risentono delle correnti d’aria. Quindi niente ali spiegate, battere i tacchi e pattinare!»

    Svoltò dietro le gigantesche colonne di luce, infilò un corridoio secondario, si trattenne a spiare attentamente alle sue spalle. Nessun movimento, nessuna voce, nessun bzzz di computer. Sorrise beato aprì le enormi ali e si librò nell’aria con la molle levità di una vanessa salì vertiginoso per cinquanta, sessanta metri bevendo l’ebbrezza proibita, quindi si inclinò saettando verso il pavimento di luce, a brevissima distanza dal suolo accennò a una brusca cabrata che portò il suo corpo in posizione quasi verticale atterrò con un elegante rullaggio ad ali aperte. Era felice, ma proprio in quel momento si udì un minaccioso sfrigolio di sensori.

    Serafino richiuse alla svelta le grandi ali, chiotto chiotto aggirò le colonne di luce e riprese a pattinare a zig-zag sorvegliando le uova adagiate nelle tiepide incubatrici.

    Come sempre faceva durante il suo turno, rallentò all’altezza dell’ottava colonna e si chinò a studiare le indicazioni verdastre sui pannelli di controllo accanto a ogni nido. In realtà fingeva solo di leggere i dati, quelle uova stavano benissimo, al calduccio sode candide intatte.

    Invece lanciava sguardi obliqui alla forma tondeggiante posata nel nido numero 128 terza fila. Quell’uovo lo preoccupava, Serafino non ne aveva mai veduto uno simile. Le uova di angelo sono bianchissime di un candore assoluto, traslucido eppure abbagliante, quasi liquido perché la superficie incontaminata del guscio ingoia ogni traccia di ombra, ogni riflesso ogni vibrazione cromatica. L’incubazione dura quaranta secoli e Serafino ignorava come gli arcangeli avessero fatto per proteggere le uova dal freddo e dalle intemperie prima che fossero inventati i termostati e i computer. Lui non aveva mai visto un angelo intento a covare, però in Paradiso tutto è sterminato e poteva darsi benissimo che da qualche parte fosse esistito un reparto covature e maternità angelica. Le uova erano scaglionate in modo da schiudersi secondo ritmi precisi ogni cinquecento anni. Una volta, tanto tempo addietro, le schiuse avvenivano ogni cento anni, ma i cinesi, gli indiani e il terzo mondo avevano prolificato in misura dissennata scombinando i calcoli dell’ufficio Pianificazione angeli custodi.

    La schiusa! A Serafino vennero i sudori freddi al solo pensiero. Nel momento in cui spezzano il guscio e vengono alla luce, gli angioletti sono deliziosi, fragili miniature con le ali, dispettosi morbidi come gattini e con una voglia pazza di giocare. Non si stancano mai e la sera i custodi devono pattinare all’indiavolata per rastrellare quei mocciosetti che svolazzano dappertutto, candide libellule piene di curiosità. Gli piacevano molto quelle piccole pesti, piacevano a tutti. Perfino l’arcigno Gabriele lasciava che volassero nella sala comandi e gli pigiassero a casaccio pulsanti e microinterruttori mandando in tilt il sistema. Purtroppo, gli angioletti crescono velocissimi, nel giro di tre giorni sono adulti, perché la perfezione -un angelo adulto è perfezione- non ha tempo da perdere.

    L’uovo numero 128 aveva qualcosa di particolare, di strano. Identico alle altre uova per forma dimensione e peso quell’uovo aveva un curioso colore, un pallido azzurro che lo rendeva diverso, alieno inquietante. Serafino più volte era stato tentato di segnalare la cosa all’Arcangelo Gabriele poi ci aveva sempre ripensato, in Paradiso era come sotto le armi, mai farsi avanti, mai offrirsi volontario. In fondo gli avevano solo detto di controllare che la temperatura delle incubatrici fosse regolare e di intervenire per le riparazioni dei gusci in caso di temporale. Nessuno gli aveva parlato di uova dipinte. Poteva darsi che l’uovo azzurrino fosse del tutto normale e lui avrebbe fatto la figura del fesso. Non per niente nessun angelo guardiano degli altri turni aveva aperto bocca.

    No, non avrebbe parlato, non poteva permettersi il lusso di sbagliare, era già così difficile far carriera in Paradiso con tutte quelle gerarchie rigide fra Angeli, Arcangeli, Principati, Potestà, Virtù, Dominazioni, Troni, Cherubini e Serafini!

    Serafino sospirò, comunque la storia del guscio colorato stava per concludersi, la schiusa delle uova del suo settore era prevista per l’Angelus delle sette. Avrebbe inanellato gli angioletti appena nati, li avrebbe messi a nanna e amen. Distolse lo sguardo dal nido numero 128 e pattinò via, la tunica ondeggiante, le grandi ali con le punte incrociate in posizione regolamentare, tra armoniose vibrazioni, profumi di rose e primule selvatiche.

    Alle sette in punto un crepitio di letizia invase l’edificio, 4.999 uova si incrinarono aprendosi in mille frantumi. Guizzarono per l’aria orde di minuscole ali, sciamata di lucciole, fuga di colibrì, tintinnarono pigolii d’argento, cascate di allegria, voli di gioia. Gli angeli guardiani si affannavano a catturare quei discoli per mezzo di impalpabili acchiappafarfalle. Applicavano alle tunichette un contrassegno d’oro con un numero e un nome assegnato dall’ufficio matricola, poi li portavano nel Reparto Neonatologia e li mettevano a letto sotto ampie campane di cristallo.

    Tutti fuorché uno, Serafino dava la caccia a un angioletto che giocava a nascondino tra le colonne di luce. Lo acchiappò con un paio di finte fulminee e gli mise il contrassegno d’oro. Recava inciso il nome Pulcher, cioè bello e il numero 4.997. Aggrottò la fronte, sistemò il piccolino rimboccandogli le lenzuola e tornò in gran fretta sui suoi passi.

    Nella tasca della tunica trovò un altro contrassegno con il nome Cherubino e il numero 4.999, l’ultimo della covata di cui non c’era traccia. Cercò intorno. Nulla. Controllò dietro le colonne di luce. Niente. Si chinò a sbirciare fra i basamenti delle incubatrici. Nessuna traccia.

    L’angelo si allarmò. Zigzagando velocissimo sui pattini esplorò ogni angolo dello sterminato ambiente scrutando nell’abisso di luce alla ricerca di un fremito di alucce. Tutto era immobile e sereno. Serafino perse la testa, stringendo in pugno quel marchietto d’oro vagava avanti e indietro nella nursery disperato. Sudava freddo, fulgide lacrime gli scottavano le guance, negli occhi lo spettro della rovina.

    Di colpo si arrestò, nel nido numero 128 seduto su un mucchiettino di frammenti colorati un angioletto lo scrutava con aria grave. «Tu birbante che cosa fai qua?»

    Subito pentito Serafino si morse la lingua, quel piccino era stato l’unico a non svolazzare per l’aria, era rimasto quieto quieto ad aspettare che andassero a prenderlo, certo non meritava quei rimproveri. Applicò al lembo della tunichetta il contrassegno. Respirò sollevato, Cherubino matricola 4.999, era fatta!

    Solo allora si ricordò che il piccino era nato dall’uovo azzurro. Mise l’angioletto sul palmo della mano sinistra e lo sollevò per osservarlo meglio. Era meraviglioso biondo e grassoccio, le finissime ali un capolavoro di oreficeria, il faccino irresistibile con quegli occhioni sgranati, sorrise, gli restituì il sorriso, vide le spettacolari ali dell’angelo e il pulcino aprì le sue sforzandosi di fare bella figura. Serafino non seppe trattenersi lo coprì di carezzine, non si era mai visto un neonato così sveglio e buono. Forse non sarebbe stato male dipingere di azzurro le uova della prossima infornata. Sì aveva fatto bene a non aprire bocca su quello stranissimo guscio, a quest’ora sarebbe stato lo zimbello di tutti.

    Sospirò, a nanna Cherubino sii lieto, con un nome simile farai carriera. Ridacchiando aggiunse, come me.

    Ma d’improvviso l’angioletto cominciò a ribellarsi. Apriva le alucce, sgambettava, si divincolava. Serafino meravigliato cercava di calmarlo, «Che ti piglia? Fa’ il bravo, vuoi andare all’Inferno?»

    Macché, rosso in volto il piccolo piagnucolava con una vocetta da campanellino, si dibatteva disperato per sfuggire al suo angelo che lo teneva chiuso nella coppa delle mani. Altrettanto improvvisamente smise di contorcersi, un’espressione rassegnata si dipinse su quel tenero visetto. Serafino approvò, «Oh, bravo il mio tesoro che…»

    Lasciò la frase a mezzo. Una curiosa sensazione di tepore gli colava fra le dita, un umidore sconosciuto. Schiuse le mani e si ritrovò il palmo bagnato, l’eterea veste di Cherubino era inzuppata sul davanti! Pensieri sconcertati attraversarono la mente di Serafino, pipì, sembrava la pipì degli umani! Ma era impossibile! Gli angeli non hanno problemi fisiologici e soprattutto non hanno sesso. E dunque? Cauto sollevò il lembo della tunichetta.

    Bang, una vertigine un rossore uno sbalordimento… dall’inguine morbido e vellutato di Cherubino sbocciava un pisellino timido come una virgoletta che pareva facesse di tutto per non essere notato. Colto dal panico il guardiano

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