Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il Grande Processo
Il Grande Processo
Il Grande Processo
E-book208 pagine2 ore

Il Grande Processo

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

“Il poema di Elodia Rossi è un viaggio verso l'anima, l'anima come archetipo della vita.”
(dalla Prefazione di Giorgio Albertazzi)

Reale e immaginario a confronto.
E’ la storia di una donna giovane, vittima e colpevole di un passato difficile da sopportare.
All’interno di una Roma mutevole, subisce alcuni presagi che le annunciano l’imminenza di un processo, di cui non conosce né la ragione, né l’accusa, né i tempi.
Ma il processo arriva e la protagonista percepisce l’attimo in cui ha inizio.
Così diventa accusa e difesa di sé stessa, in una continua confusione tra quotidianità e sogni, che le fa perdere la percezione della separazione tra reale e immaginario.
Il grande processo evoca ricordi ed emozioni: amori, ossessioni e tradimenti riemergono e definiscono un percorso articolato e imprevedibile. All’interno di questo calvario, scandito da continui momenti di suspense, lei vive un alternarsi pericoloso di sensi di colpa e desideri d’espiazione, fino al drammatico epilogo.

"Un solo attimo può essere l’eternità.
E l’eternità può essere nulla se non c’è un attimo che le dà significato".

Qualche nota:
In questo lavoro, la scelta dello stile dei caratteri utilizzati ha un preciso significato.
Questa storia, che avrei comunque scritto con la stessa sofferenza che l'ha generata, rappresenta anche una risposta ad un certo tipo di letteratura degli anni '70, i cui contenuti personalmente disapprovo.
LinguaItaliano
Data di uscita2 feb 2015
ISBN9786050354225
Il Grande Processo

Correlato a Il Grande Processo

Ebook correlati

Arti dello spettacolo per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il Grande Processo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il Grande Processo - Elodia Rossi

    Prefazione.

    Prefazione

    Sul romanzo di Elodia Rossi:Il Grande Processo

    Un bel romanzo, che romanzo in senso stretto non è perchè si tratta piuttosto di un poema in prosa, con poche connotazioni romanzesche nel senso vagamente dispregiativo che questa definizione assume al principio del secolo XVIII, da cui discende poi il romantico. Il poema di Elodia Rossi è un viaggio verso l'anima, l'anima come archetipo della vita. Perchè la vita viene all'uomo (il maschio, secondo Jung) attraverso l'anima, sebbene egli pensi che gli venga attraverso l'intelletto. Eppure questo è uno dei temi se non addirittura il tema di fondo del libro della Rossi. Il profondo limite dell'uomo è credere che la verità sia nel razionale. Questo assioma sintetizza bene perfino con una punta di sarcasmo il senso di tutto il racconto.

    Alla protagonista l'autrice non dà un nome ( viene in mente il Pirandello dell'Enrico IV, che non dà un nome al suo protagonista forse perchè protagonista dell'Enrico IV è la follia e la sua simulazione: come vero, dice Enrico IV, soltanto così non è più una burla la verità). La verità dunque è la sentenza del processo che la protagonista intenta a sè stessa e che il sogno che si combina incessantemente con la realtà, le intenta.

    Veniamo alla pagina: un viaggio si è detto, le cui tappe o sezioni si snodano in capitoli brevi, ritmici, dove ha un senso anche lo spazio bianco della pagina, come una sospensione. Perchè lo stile è jazz, con improvvisi arresti e cesure ritmiche. E improvvise accelerazioni, in cui l'impeto (stavo per scrivere l'improvvisazione) sembra prendere la mano all'autrice e la frase si fa incalzante per cedere a surplasse mozzafiato. Ne è una prova la grande sequenza della sfida mortale fra i due cugini rivali (Francesco e Giacomo) che cavalcano le onde di Sabaudia sui loro surf come su cavalli da torneo medioevale. Una sequenza cinematografica di grande fattura dove la Rossi governa la materia narrativa con maestria, senza direi, lasciarsi coinvolgere se non spiritualmente.

    E' la scena che vede la morte dell'amato, mite Francesco, padre del figlio che la protagonista porta in seno e che di lì a poco tutta invasata dal suo delirio di amore universale tradito e martoriato, perderà.Non ho pensato a te, così aggrappato alla mia esistenza, così piccolo e indifeso.E lo incontra il piccolo perduto, lo ritrova o lo sogna, lo fa rivivere in un'ombra o in un minuscolo cucciolo di gatto, una creatura buttata via nella spazzatura che grida la sua solitudine, lo prende lo nutre, lo scalda. Invano. Il gattino muore. Le ultime venti pagine del romanzo sono attraversate da una parola ripetuta e reiterata: razionale e irrazionale. Sono due parole, ma la radice è una sola. Sembra questo il dilemma dell'autrice. Lo è, in effetti. Ha perciò ragione Jung quando dice che la vita, la vera vita arriva alla donna, di cui è anche vittima, arriva alla donna attraverso l'intelletto (l'animus) malgrado essa viva per così dire, abitualmente, con l'Eros.

    La protagonista impara così nel dolore d'amore, a capire la morte. Imparai a capire la morte. Imparai ad amare la morte. La mia morte. Tre volte ripetuta la parola, stilema che spesso l'autrice adotta, reiterandolo ritmicamente. E si convince che qualunque cosa abbia a che fare con lei, sia destinata a finire. Da qui, ma non soltanto, il senso di colpa che la ossessiona, fino dall'inizio del suo viaggio, senso da cui discende il sentimento del grande processo che sente incombere sui suoi giorni. In realtà il processo è la visita spettrale del guardiano della soglia. E' cioè l'interrogazione coscienziale, la sua presa di coscienza: ora potrà morire senza cessare di esistere. Il risveglio fisico e spirituale, ma dovremmo dire etico, la trova intontita. Ha dormito realmente pochi attimi, durante i quali il grande viaggio e il grande processo sono accaduti. Sono le ultime pagine dove il ritmo diventa sincopato, la prosa si scioglie in ballata. E' sola. Il bambino cui aveva offerto il gelato (altra sequenza memorabile per tenerezza e pathos, in realtà non c'è, non c'è mai stato. Non c'è. Non c'è. Non c'è. Dove sei? Dove sei?...Il cuore batte, batte.

    La pazzia che sembra investirla come un torrente furioso, in realtà è liberazione, è forse accrescimento della vita, forse è confidenza nella morte possibile e risolta. Intelligenza e ardore. Testimonianza del dolore e dell'amore. Ora potrà vivere con amore e dolore, ma con levità e con grazia.

    Un bel libro.

    Una stimolante lettura.

    Giorgio Albertazzi

    1.

    Anche per voi

    SPALANCO LA FINESTRA CHE DÀ SUL GIARDINO DELLA CASA DI FAMIGLIA, IN CAMPAGNA, E OSSERVO L’ALBERO MAESTOSO.

    POI ABBASSO LO SGUARDO E VEDO UN RAMO NON FIORITO, NON VERDEGGIANTE. UN RAMO RIBELLE, UNICO TRA TUTTI AD AVER PRESO QUELLA STRAVAGANTE DIREZIONE, QUASI A INDICARE IL CENTRO DELLA TERRA. DIETRO NON C’È UN LAGO, NON C’È ACQUA E NEPPURE UN CIELO AZZURRO. DIETRO C’È TERRA, BRUNA. C’È, IN PARTICOLARE E NELL’ESATTA DIREZIONE DEL MIO SGUARDO, UN CUMULO DI TERRA SPORGENTE RISPETTO ALL’ANDAMENTO, PER QUANTO IRREGOLARE, DEL GIARDINO.

    È LA TOMBA DEL MIO CANE. È LÍ CHE È STATO SEPPELLITO. È LÍ CHE ORA ASPETTA CHE LE SUE CARNI SIANO CONSUMATE DALL’UMIDO DELLA TERRA PER ESSERE MESCOLATE A ESSA E PER INFILTRARSI TRA LE MINUSCOLE ZOLLE FINO A RAGGIUNGERE LE RADICI DEL GRANDE ALBERO E NUTRIRLE, NUTRIRLE, QUALE PRELIBATO HUMUS, E POI SALIRE DAL TRONCO, DAI RAMI, FINO ALLE FOGLIE PERCHÉ DI GIORNO INDICHINO DRITTE IL CIELO.

    DIECI ANNI DI VITA TRASCORSI CON ME: IL MIO CANE. ORA NON POSSO CHE VEDERLO, IMMAGINANDOLO, TRA I COLORI CHE IL GRANDE ALBERO VOLGE AL CIELO E AL SOLE.

    QUESTO RIMANE DELLA VITA. UN CUMULO DI TERRA DI FRONTE AL QUALE PENSARE. IL RICORDO.

    LO RICORDO. IN CERTE SUE IMMAGINI, IN CERTI SUOI MOMENTI. NEI MOVIMENTI. NELLE NOTTI DI LUNA, QUANDO NON VOLEVA ENTRARE IN CASA E PREFERIVA STARE LÍ, IN GIARDINO, PROPRIO DOVE ORA DORME PERSEMPRE. NON MI SONO MAI CHIESTA TROPPO PERCHÈ PREFERISSE RIMANERE FUORI, SPESSO AL FREDDO; PERCHÈ DI TANTO IN TANTO LO SENTIVO ABBAIARE, QUASI COME UN ULULARE. ERA IN QUELLE NOTTI CHE CORREVO FUORI A GUARDARLO E LO TROVAVO COL CAPO ALZATO E IL MUSO RIVOLTO VERSO LA LUNA. NON MI SONO MAI CHIESTA TROPPO IL PERCHÈ. CONSAPEVOLE CHE NON LO AVREI MAI POTUTO SAPERE. MA SO CHE NEL LORO MONDO, IN QUEL MONDO SELVAGGIO CHE IO TANTO AMO, C’È QUALCOSA CHE NOI UOMINI NON CAPIREMO MAI. MA, FORSE, CI APPARTIENE. QUALCOSA CHE LI AVVICINA TANTO DI PIÙ AL CREATO. QUALCOSA D’INCREDIBILE. QUALCOSA D’IMPERCETTIBILE. QUALCHE GRIDO. QUALCHE SUONO. MUSICA. MUSICA CHE A NOI UOMINI NON ARRIVERÀ MAI. QUALCOSA CHE LI PORTA LONTANO E NON FA LORO TEMERE LA NOTTE, IL BUIO, LA PIOGGIA. QUALCOSA CHE È IN GRADO DI FARLI PARLARE CON LE STELLE. EPPURE LUI, COME PER UNA PUNIZIONE, NON HA POTUTO VEDERE, NEI CENTOTTANTA GRADI DI CIELO PERCORRIBILE DAL MIO GIARDINO, L’ARRIVO DELLA COMETA, QUALCHE GIORNO PIÙ TARDI. MA NON C’ERA NULLA PER CUI DOVER ESSERE PUNITO.

    ORA, IL RICORDO.

    IN FONDO QUESTA È LA VITA. OGGI C’È. DOMANI È UN RICORDO. DOPODOMANI, FORSE, NEPPURE QUELLO. VAL LA PENA TROVARSI UN ALBERO E SPERARE DI POTER GUARDARE LA LUNA ATTRAVERSO ESSO. QUESTA È LA VITA. UN RICORDO. UN CUMULO DI TERRA. DELLE FOGLIE VERSO IL SOLE.

    I RICORDI COSTRUISCONO LA STORIA DI OGNUNO. SENZA RICORDI NON C’È STORIA NÈ PRESENTE. MA QUANTO DOLOROSI, A VOLTE, POSSONO ESSERE I RICORDI? UN SOLO ATTIMO PUÒ ESSERE UN’ETERNITÀ. E UN’ETERNITÀ PUÒ ESSERE NULLA SE NON C’È UN ATTIMO CHE LE DÀ SIGNIFICATO.

    STO PER NARRARE UN’ETERNITÀ DOLOROSA. EPPURE È STATA UN ATTIMO. È UNA STORIA DI UOMINI. EPPURE VI SI RITROVANO, COME PER INCREDIBILE RARITÀ, SENTIMENTI ED EMOZIONI DI QUEL MONDO CHE AGLI UOMINI SEMBRA NON APPARTENERE PIÙ O CHE A QUESTI NON È MAI APPARTENUTO. QUEL MONDO DOVE SI CONFONDE REALE E IRRAZIONALE, DOVE UNA STELLA FA DA GUIDA PER ESSERE SEGUITA. TUTTO STA A COME SI SEGUE LA STELLA. TUTTO STA A SENTIRNE LA VOCE, LE GRIDA, I SUONI. LA MUSICA. MA GLI UOMINI, AHIMÈ, NON SANNO ASCOLTARE LA MUSICA.

    ASCOLTATE.

    ASCOLTATE, SAPENDO CHE A NESSUNO DIRÒ MAI SE È UNA STORIA VERA OPPURE IL RISULTATO DI UN’ESASPERATA FANTASIA. NON DIRÒ MAI SE È UN FERMO RICORDO, OPPURE UN SUONO PASSEGGERO CHE IL VENTO DELLA MIA VITA TRASPORTERÀ LONTANO. FORSE.

    2.

    A volte si parla con sé stessi

    11 Aprile 1997

    Oggi ci sarà un processo. Non so dove, ma ci sarà un processo. Ho la convinzione, la sicurezza che questo accadrà. Ho lo spirito e la paura adatti.

    Ma cosa sto pensando? Cosa mi viene alla mente? Che significa ci sarà un processo?

    Non capisco, davvero. Non capisco cosa significa questa mia convinzione. È un’idea che mi balena nella mente, come un tarlo insidioso, da stamattina, da quando mi sono svegliata. Che dico? Da ancora prima. Direi da questa notte. Da quel sogno, quello strano sogno che ha interrotto più volte il mio sonno.

    Così oggi mi sento strana, un poco intontita, come una che ha dormito poco e avrebbe voluto dormire. Mi fa male la testa e ho gli occhi gonfi da non riuscire a truccare. È la seconda volta che ci provo. Vorrei nascondere questo stato. Ma non ci riesco. Un occhio mi pare diverso dall’altro. E poi sono nervosa. Forse è meglio lasciar stare. Tanto il risultato è un disastro.

    Mi lavo la faccia e decido di uscire senza un filo di trucco.

    Mi guardo disgustata allo specchio e mi chiedo come potrò partecipare, oggi, al processo. Maledizione! Mi viene ancora in mente il processo. È come un incubo che mi perseguita. Se provo a non pensarci riaffiora, come fosse un fatto assolutamente naturale, ovvio; come fosse un pensiero assorbito dal mio essere e, ormai, parte integrante e vitale della mia mente. Eppure non so nulla di tutto questo. A parte il sogno, non so un bel nulla.

    Già, il sogno. Può mai essere che un sogno, un fatto talmente irrazionale, vada a incidere in maniera così importante sulla vita di qualcuno? In questo caso, sulla mia vita? Continuo a non capire.

    Cosa significa quel sogno? Eppure non credo che i sogni abbiano un significato se trasportati al mondo reale. Questo l’ho sempre pensato. Ho sempre pensato che appartengono a un mondo diverso, all’immaginario, all’irrazionale.

    Reale e immaginario: due mondi diversi, troppo diversi per avere punti in comune! Non hanno punti in comune. Forse.

    Allora perché un fatto così irrazionale come il mio sogno riesce a diventare un vero tormento per la parte razionale del mio essere? Perché?

    Mi ritornano in mente, come in un film che si ripete inconsciamente nel mio cervello, tutte le figure di quel sogno. Tutti quegli esseri che sono passati, come tratti di una pellicola in proiezione, davanti al mio sguardo immaginario. Tutti con un volto serio, profondamente serio e preoccupante, talvolta comprensivo ma serio, a dirmi del processo. Tutti mi hanno detto del processo. Ma quale può essere, se c’è, il punto d’unione del logico con l’irrazionale? Mi sfugge. Mi preoccupa. Tutte quelle figure così irrazionali in apparenza, ma legate profondamente al mio mondo razionale, sono scorse nel mio sogno a dirmi la medesima cosa con un fare ripetitivo, snervante, imbarazzante, suggestivo e, forse, pericoloso. Ci sarà un processo: questo mi hanno detto. A nulla è valso che io chiedessi dove, quando, perché. Tutti mi hanno fornito la stessa informazione: all’alba del nuovo giorno, all’alba del nuovo giorno, all’alba del nuovo giorno. Come un disco intaccato, ripetitivo della medesima frase, irritante: all’alba del nuovo giorno, all’alba del nuovo giorno. Ma dove e perché? Nessuno mi ha risposto.

    3.

    Ho paura. Mi sento coinvolta e non ho la percezione del mio coinvolgimento. Io che sono sempre stata così razionale, così motivata nell’interpretazione delle cose che mi riguardano, ora mi trovo talmente impacciata, costretta ad accettare, pur non volendo, pur senza un motivo logico, un’informazione parziale di cui mi sfuggono le motivazioni. È come se dovessi accettare una cosa che non comprendo, non capisco.

    Più cerco di fuggire questo convincimento, il convincimento del processo, più mi ritorna alla mente, aumenta,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1