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Gloria al Bravo Pueblo
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E-book146 pagine1 ora

Gloria al Bravo Pueblo

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Info su questo ebook

Dalla morte di Chavez, avvenuta nel marzo 2013, ad oggi nell’America indiolatina è stata realizzata una vera e propria controrivoluzione che ha riportato quasi tutti i paesi della regione sotto l’ombrello protettivo di Washington. La grande eccezione continua a rimanere il Venezuela di Nicolas Maduro, da anni sotto attacco da parte della comunità internazionale. Il libro ripercorre le vicende della presidenza del delfino del “novello Bolivar” per capire quella che è la reale situazione del paese tra crisi economica e politica e come si è arrivati all’autoproclamazione di Juan Guaidò, politico di secondo piano dell’opposizione locale, che dall’oggi al domani si è nominato “presidente ad interim” venendo subito riconosciuto come legittimo capo di Stato da Washington e quasi tutti i paesi dell’area e da quelli europei. Portando di fatto Caracas alle soglie di una guerra civile.

LinguaItaliano
Data di uscita17 apr 2019
ISBN9780463336670
Gloria al Bravo Pueblo
Autore

Fabrizio Di Ernesto

Fabrizio Di Ernesto, classe 1976, è un giornalista e saggista. Ha scritto per numerose testate nazionali tra cui i quotidiani Rinascita e La Notizia, i periodici Area ed Eurasia, e per Agenzia Nova. Attualmente è componente della redazione del giornale on-line Agenzia Stampa Italia. È autore di diversi volumi tra cui “L’ALBA del nuovo mondo. Come il continente Indio-Latino ha smesso di essere il giardino di casa degli Usa” pubblicato, sempre per i tipi della Fuoco edizioni, nel 2011 e di cui questo libro si pone come la naturale continuazione.

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    Anteprima del libro

    Gloria al Bravo Pueblo - Fabrizio Di Ernesto

    Introduzione

    Torna all’indice

    A distanza di oltre sette anni da L’ALBA del Nuovo Mondo – Come il Continente indiolatino ha smesso essere il giardino di casa degli USA, ho deciso di dedicare un nuovo libro al Sudamerica perché, di fatto, quel mondo che avevo raccontato oggi non esiste più, sia per motivi interni sia per causa esterne.

    Ho iniziato a pensare a questo volume nel febbraio 2019, ovvero in un momento storico in cui tutta la regione, ed il Venezuela in particolare, stanno vivendo giorni tormentati che rischiano di riportare tutto il continente indietro di decenni, soprattutto per quanto riguarda i grandi progressi economici e sociali compiuti in questo primo quinto di XXI secolo.

    Nei giorni in cui ho iniziato a lavorare a questo volume il Venezuela aveva due presidenti: uno eletto in una tornata elettorale cui le opposizioni non hanno voluto, ed in parte potuto, prendere parte ed uno autoproclamatasi e subito riconosciuto dagli Stati Uniti e da numerosi altri paesi che vivono sotto il cono protettivo di Washington e della NATO, eccezione in tal senso la posizione italiana che non ha riconosciuto il presidente non eletto ma ha anche fatto sapere di non riconoscere, nel gennaio 2019, le elezioni presidenziali tenutesi nel maggio 2018.

    In meno di un decennio quell’America indiolatina che aveva smesso di essere il giardino di casa di Washington praticamente non esiste più; uno dopo l’altro i protagonisti di una stagione che aveva visto milioni di persone rialzare la testa sono usciti di scena, per vari motivi, e così l’imperialismo statunitense nell’area è tornato a farla da padrone e riportato un intero continente indietro nel tempo. Le tante conquiste sociali fatte nel continente indiolatino stanno venendo via via cancellate ed il liberismo economico è tornato ad essere la regola.

    Il venezuelano Hugo Chavez è morto.

    Il brasiliano Ignazio da Silva Lula è stato imprigionato e impossibilitato a correre alle presidenziali del 2018 nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria condotta da un magistrato che oggi riveste la carica di ministro; sempre nel paese carioca Dilma Rousseff, pupilla e successore di Lula, è stata esautorata della carica di capo dello Stato sempre dalle toghe.

    A Cuba, Fidel Castro, che da anni preparava la successione in orizzontale con il fratello Raul, è defunto nel novembre 2016.

    In Argentina l’epoca Kirchner si è chiusa e l’attuale presidente Macri sta lentamente riportando il paese ai tempi della crisi economica vissuta da Buenos Aires a cavallo del Millennio.

    L’unico protagonista di quella stagione ancora al potere è il presidente della Bolivia Evo Morales, sempre più isolato alla guida di un paese che si è scoperto ricco di litio, ovvero del metallo indispensabile per realizzare tutte quelle apparecchiature elettroniche, smartphone e tablet su tutti, che stanno diventando sempre di più appendici del nostro corpo.

    In questo quadro di incertezza e di instabilità il colonialismo americano è tornato a puntare al prezzo pregiato: quel Venezuela che con Chavez aveva guidato la rinascita del Nuovo Mondo, e che per questo va punito; inoltre Caracas possiede enormi riserve di greggio, le più ingenti del mondo, e come quasi tutti i paesi che galleggiano sul petrolio, è guidato - secondo Washington - da un pericoloso dittatore da rimuovere per ridare ai cittadini la libertà e la democrazia.

    Gli Stati Uniti, fin dai tempi della Dottrina Monroe, hanno sempre considerato l’area che si estende dal confine con il Messico alla Terra del Fuoco il proprio giardino di casa ed hanno sempre preteso di scegliere chi dovesse amministrare queste colonie e spesso lo hanno fatto in modo cruento e violento, basti pensare alle tante dittature atlantiche imposte tra gli anni ’70 e gli anni ’80 dal Cile di Pinochet all’Argentina di Videla, con il mondo sempre pronto a voltarsi colpevolmente dall’altra parte.

    In questi ultimi sette anni se non altro non si sono più viste quelle scene, ma per molti versi il copione rimane lo stesso ed il fine anche, riportare all’ordine quei paesi che non si vogliono piegare ai desiderata di Washington, ieri Santiago oggi Caracas.

    E proprio sul Venezuela, il paese che più duramente sta pagando il regresso di tutta la regione, si incentra questo volume che idealmente riprende da dove si era chiuso il precedente per raccontare una nuova storia, già vista a quelle latitudini, nella speranza che il finale non sia già scritto e soprattutto possa essere diverso. Anche perché altri attori di primo piano, la Russia e la Cina, non vogliono rimanere a guardare e come già accaduto in Siria potrebbero mettere i bastoni tra le ruote alle politiche a stelle e strisce a tutto beneficio del popolo venezuelano.

    Il Venezuela è il paese che oggi sta sicuramente peggio nella regione. Gli USA e l’autoproclamatosi presidente Guaidò vorrebbero scatenare una guerra civile per poter intervenire nel paese e portare a termine quel cambio di regime che Washington sogna da anni.

    In questo libro cercheremo di capire come si è arrivati alla crisi attuale ripercorrendo i gesti di Maduro, alcuni anche sbagliati, e le manovre atlantiche per affamare il paese ed indebolire il governo.

    I grandi mutamenti geopolitici solitamente non avvengono dall’oggi al domani, ma sono prodotti da vari fattori, molti dei quali esterni agli stessi paesi, che si verificano nell’arco di 5/10 anni e che sovente sfuggono all’occhio meno esperto o attento.

    Nel caso della regione indiolatina e del Venezuela tre di questi fattori si verificarono più o meno in contemporanea nel marzo 2013. Furono tre gli avvenimenti molto importanti, e diversi tra loro, cui i media diedero grande importanza senza però dare loro il giusto peso a livello geopolitico.

    Nell’ordine:

    5 marzo morte di Hugo Chavez;

    10 marzo referendum nelle isole Malvinas/Falkland per la permanenza di queste nel Regno unito;

    13 marzo elezione al soglio di Pietro di Jorge Mario Bergoglio, primo pontefice sudamericano della storia.

    In poco più di una settimana quindi si verificarono degli eventi che anticiparono i profondi mutamenti che di lì a poco avrebbe investito la regione. Qualcuno potrà obiettare ma come può un avvenimento come la morte dell’ideatore del Venezuela odierno aver influenzato tutta la regione? Oppure due eventi che riguardavano l’Argentina avere conseguenze, per dire, in Colombia?

    La risposta è molto più complessa ed articolata di quanto possa sembrare.

    Tra i tre l’evento che più ha influito sulla regione è stato sicuramente l’elezione del primo Papa argentino della storia. Subito dopo le dimissioni di Joseph Ratzinger il toto conclave aveva iniziato a parlare di un nuovo Papa che sarebbe probabilmente venuto dal Nuovo Mondo, anche se il nome di Bergoglio non era stato fatto, probabilmente per non bruciarlo visto che chi entra in conclave Papa esce cardinale; i grandi favoriti erano infatti l’italo-argentino Leonardo Sandri, già di stanza in Vaticano, e l’arcivescovo di San Paolo, Odilo Scherer.

    All’epoca la regione indiolatina era diventata politicamente indipendente rispetto agli USA ed in più molti paesi si erano avvicinati alla Russia ed alla Cina, un pontefice sudamericano poteva aiutare a richiamare i tanti fedeli a valori più occidentali e meno socialisti. Una vicenda peraltro già vista negli anni ’80 quando l’elezione di Karol Wojtyla, il primo pontefice polacco della storia, aveva avviato la caduta del regime comunista Oltrecortina ed il trionfo della cultura atlantica tutta edonismo, capitalismo e Coca cola in tutta l’Europa orientale.

    A livello geopolitico lo Stato del Vaticano ha un’importanza ed un’influenza superiore a quasi tutti gli altri paesi europei potendo contare su centinaia di milioni di fedeli/cittadini pronti a seguirne le direttive agevolando o penalizzando idee politiche o capi di Stato.

    La morte di Chavez, giunta al termine di una lunga malattia, che secondo una teoria complottista vorrebbe il cancro inoculatogli dagli USA - lo stesso vicepresidente Nicolas Maduro pochi giorni prima della sua dipartita aveva rilanciato questa ipotesi che voleva l’uomo forte di Caracas avvelenato con il polonio come già avvenuto con il leader palestinese Yasser Arafat - a posteriori ha avuto conseguenze peggiori di quelle che ci si sarebbe potuto attendere.

    Durante i suoi anni di presidenza Chavez stava tentando di fare ciò che viene fatto più o meno in tutto il mondo, ovvero preparare un delfino in grado di raccoglierne l’eredità politica e proseguire il lavoro avviato; nel caso venezuelano il prescelto era Nicolas Maduro cui però mancava, e continua a mancare, il carisma e l’abilità del Colonnello bolivariano.

    A causa della malattia però il passaggio di consegne è avvenuto in anticipo rispetto a quanto preventivato dallo stesso Chavez ed ha trovato un Maduro impreparato ed una classe dirigente che, priva della guida di un presidente decisionista, ha commesso alcuni errori ed ha permesso all’opposizione interna ed esterna di minarne il consenso mettendo in seria crisi la tenuta dello stesso governo.

    Alla sua morte il Venezuela era un paese politicamente dipendente dalla democrazia creata dallo stesso Chavez, fortemente ancorata quindi alla sua figura, con delle istituzioni ancora deboli ed un’economia in grande spolvero ma troppo legata al petrolio e quindi in balia dei mercati. Proprio l’incapacità di diversificare la politica economica del paese ha rappresentato il grande limite del compianto presidente lasciando il paese in balia degli attacchi del neoliberismo.

    La scomparsa di Chavez però non è stata dannosa solo per Caracas, ma per tutto il continente indiolatino. Nei sui quattordici anni al potere l’ex parà aveva portato avanti un piano ben preciso per sottrarre l’America Latina alla tradizionale egemonia degli Stati Uniti, ovviamente facendo del Venezuela una potenza regionale e non solo; aiutato in questo anche da altre personalità di spicco che misero gli interessi dei propri paesi a quelli di Washington e delle grandi multinazionali che operavano nel continente.

    Tra i pilastri di questo piano un’alleanza con i paesi della regione, la

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