Controstoria del franchismo: Fatti, retroscena e scomode verità sul regime del Caudillo
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Anteprima del libro
Controstoria del franchismo - Roberto Lobosco
Roberto Lobosco
Controstoria del franchismo
Fatti, retroscena e scomode verità sul regime del Caudillo
Roberto Lobosco
Controstoria del franchismo
© Idrovolante Edizioni
All rights reserved
Editor-in-chief: Daniele Dell’Orco
1A edizione – settembre 2023
www.idrovolanteedizioni.com
idrovolante.edizioni@gmail.com
introduzione
La storiografia progressista sostiene che la rivoluzione nazionale spagnola fu un colpo di stato ai danni di un governo legittimo e democratico che si difese dall’aggressione fascista. Il regime franchista mancherebbe quindi di una legitimidad de origen poiché si è affermato a seguito di una sollevazione militare.
Se tale criterio fosse sempre valido bisognerebbe negare legittimità anche alla rivoluzione russa del 1917 o al governo tedesco successivo al 1945, in quanto sempre a causa delle armi sono caduti i precedenti governi. E per rimanere in terra iberica, sarebbe stato legittimo un eventuale governo nato dopo la rivoluzione delle Asturie del 1934? È evidente che la legittimità di un nuovo governo non possa essere determinata da quello che pensano i sostenitori del precedente né un discrimine può essere la natura più o meno democratica di questi. Una rivoluzione trionfante crea un nuovo diritto e, come sostiene il professor Sigfredo Hillers de Luque¹, l’origine della legittimità (legitimidad de origen) del regime di Franco non viene direttamente dalla Rivolta Nazionale del 18 luglio, ma indirettamente, cioè dalla decisione collegiale adottata il 29 settembre 1936 dal Consiglio di Difesa Nazionale che gli concede e trasmette tutti i poteri del nuovo Stato. A sua volta, la legitimidad de origen del nuovo stato sorto il 18 luglio dovrà essere analizzata non sulla base di un approccio giuspositivista (Costituzione spagnola del 1931), ma giusnaturalistico, analizzando cioè la veridicità delle ragioni esposte nei Proclami redatti dal generale Mola (dichiarazione dello stato di guerra e rottura della legalità repubblicana), attraverso una rigorosa analisi dei fatti storici. Franco non fu il regista principale della Rivolta Nazionale, sebbene ne sia stato una pedina importante. Il regista della Rivolta fu Mola, il quale voleva compiere un colpo di stato
con un carattere strettamente militare. Franco (allora Comandante Generale delle Isole Canarie) indirizzò al Presidente del Governo, Casares Quiroga, una lettera datata 23 giugno 1936 dove esprimeva tutta la preoccupazione degli ufficiali per la situazione di anarchia e violenza che regnava in Spagna. Il suo fu un ultimo disperato tentativo per cambiare la situazione. Casares Quiroga non gli rispose e Mola decise di portare avanti il suo piano, con o senza la partecipazione di Franco. Franco non fu inizialmente nemmeno uno dei componenti della Giunta di difesa che si stabilì il 24 luglio a Burgos, forse anche per la eccessiva prudenza che aveva mostrato.
Solo ad agosto Francisco Franco iniziò a farne parte e il 29 settembre verrà nominato Generalísimo de los ejércitos de Tierra, Mar y Aire e capo dello Stato. D’altra parte anche il precedente regime nato il 14 aprile 1931, era a sua volta privo di legitimidad de origen dal punto di vista giuridico-costituzionale, vale a dire partendo da un approccio di diritto positivo analizzato dal punto di vista della legalità in vigore fino a quella data del regime monarchico. Infatti Alfonso XIII non rinuncia al trono e non abdica ("Non rinuncio a nessuno dei miei diritti"). Egli considera l’esilio una sospensione del potere regio (... sospendo deliberatamente l’esercizio del potere regio...). Il nuovo governo repubblicano rovescia la Monarchia con la minaccia della violenza. Non accontentandosi di questo vuole legittimarsi e giustificare la presa del potere trasformando il valore e il significato delle elezioni comunali in elezioni generali e in un plebiscito per decidere il regime politico: Monarchia o Repubblica. Varrà la pena ricordare che a Barcellona, il 14 aprile 1931, alle 2 del mattino, Macia proclamò la "Repubblica catalana, assumendo il potere come
Presidente e che i componenti del
Comitato rivoluzionario si recarono presso il Ministero dell’Interno situato nel centro di Madrid, dove i manifestanti convergono e si radunano, costituendo
il Governo provvisorio della Repubblica. Iniziarono - telefonicamente e tramite messaggeri - le trattative con il Palazzo Reale (distante appena 1 chilometro) dove Alfonso XIII si trovava situato. Il
Comitato Rivoluzionario del Governo Provvisorio dà un ultimatum al Re:
Se esci dal Palazzo e dal Paese immediatamente ti verrà garantita la tua sicurezza personale e quella della tua famiglia".
Certamente il Fronte popolare andò al governo nel 1936 a seguito di elezioni democratiche, seppur con molti dubbi di brogli elettorali e solo grazie alle divisioni della destra, ottenendo una maggioranza di seggi che non rispecchiava in maniera proporzionale l’andamento del voto. Ma è pur vero che quella era la legge elettorale, giusta o sbagliata che fosse. Il problema è che la sollevazione nazionale fu determinata da uno stato di cose non più tollerabile, fu una reazione ad un clima politico di disordine e di anarchia generalizzata, una conseguenza logica della violenta e caotica situazione nazionale venutasi a creare all’indomani delle elezioni di febbraio in seguito alle quali il Fronte Popolare stava portando alla distruzione l’intera nazione. Qualunque tipo di legittimità reclamassero l’avevano persa.
Il pericolo del comunismo, l’offesa del sentimento religioso e delle tradizioni e la violenza legalizzata non poteva che avere come conseguenza una sollevazione militare.
La rivoluzione nazionale fu quindi un movimento teso a ristabilire la legge e l’ordine e porre fine alla situazione di anarchia che il governo repubblicano non era più in grado di gestire. Quella guerra civile non era una guerra fascismo-antifascismo/democrazia-dittatura. Troppo semplicistico definirla così. In primo luogo perché dalla parte dei nazionali
vi erano molte espressioni della società, della cultura e della politica spagnola: carlisti, monarchici, conservatori, moderati, borghesi, cattolici, oltre ai falangisti. In secondo luogo perché all’interno del Fronte popolare, anche prima del 18 luglio, vi erano molte tendenze al totalitarismo, velleità di dar vita ad una dittatura del proletariato, compiacenze politiche e culturali verso l’Unione sovietica e Stalin, rigurgiti anarchici e intolleranza religiosa. Per non parlare del fatto che l’intervento dell’URSS nella guerra civile avrebbe portato in Spagna all’instaurazione di un regime stalinista in caso di vittoria dei repubblicani.
In realtà la guerra civile spagnola fu un confronto armato fra due visioni dello stato e della vita inconciliabili, fra la Spagna tradizionale e l’altra
Spagna, fra la Spagna eterna e l’anti Spagna
. La stessa lotta che da sempre ha mosso gli uomini e ha determinato il crearsi della civiltà ora si combatteva in terra spagnola.
La persecuzione antireligiosa successiva al 18 luglio 1936, data d’inizio dell’"alzamiento", non fu la conseguenza dell’appoggio che la Chiesa spagnola dette ai nazionalisti. Cercheremo di dimostrare come la persecuzione religiosa fosse cominciata molto prima, anche se sicuramente trovò nel periodo successivo all’alzamiento il suo momento più tragico. Basterebbe ricordare, solo per rimanere nel periodo relativo alla Seconda repubblica, due momenti particolarmente violenti: gli incidenti del maggio 1931 e la rivolta asturiana del 1934. Franco difese la Chiesa, il clero e i credenti dalle persecuzioni. Egli riconosceva la profonda interconnessione fra il cattolicesimo e la Spagna. La religione cattolica rappresentava l’anima profonda del popolo iberico. Franco comprese come il cattolicesimo fosse l’unica tradizione viva e ininterrotta di Spagna e di Occidente, l’ultimo argine contro la diffusione dell’individualismo, dell’edonismo, degli egoismi di classe e del materialismo, elemento di ordine contro il caos e il disordine provocato dall’avanzare della Modernità. Franco salvò la Chiesa in Spagna e nel salvarla mise in sicurezza non solo tanti uomini e tante opere d’arte ma anche la storia stessa del suo paese. La Chiesa, da parte sua, probabilmente salvò Franco dai vincitori della Seconda guerra mondiale contribuendo al suo lungo potere.
Forse il ruolo della Chiesa e dell’Opus Dei finì per essere anche troppo vistoso e ingombrante e lo Stato più confessionale di quello che Franco stesso voleva, immaginava e aveva istituzionalizzato. Ma certamente entrarono in gioco anche le sue personali convinzioni religiose e quelle di molti suoi collaboratori, il particolare clima di dolore e solidarietà verso la Chiesa che si venne a formare durante la guerra civile e nel periodo immediatamente successivo. Uno spirito di Crociata che non era facile ignorare. Alcuni eccessi favorevoli alla Chiesa che si spiegano anche con motivi strategici dovuti alla situazione di isolamento internazionale. In quel necessario bilancio storico su Franco non si può non mettere nella casella dei suoi meriti la difesa della fede.
Esiste una sterminata storiografia sulla guerra civile, meno conosciuto il periodo successivo, le difficoltà economiche dovute anche allo svuotamento delle casse dello Stato da parte dei repubblicani² e le ataviche arretratezze di questa nazione che aveva dominato il mondo ma i cui tempi gloriosi erano ormai lontani. Franco tenne fuori la Spagna dal secondo conflitto mondiale resistendo alle insistenze di Mussolini e di Hitler in un momento molto favorevole all’Asse.
Paradossalmente la sua neutralità favorì gli Alleati in quanto evitò l’espansione tedesca verso l’Atlantico. Accolse e aiutò gli ebrei che fuggivano dai territori sotto la giurisdizione tedesca. Pur rivendicando le ragioni della sua parte, consentì la sepoltura nella Valle de los Caidos anche ai caduti repubblicani. Franco ristabilì l’ordine morale, proclamò il primato dello Stato, vide nella restaurazione della forma monarchica il punto di arrivo
della rivoluzione conservatrice spagnola, abolì i partiti e costruì uno stato corporativo, organico e autorevole. Guidò la Spagna nei suoi anni più difficili con cura e attenzione. Forse con troppa prudenza. Ma lasciò un paese migliore di quello che aveva preso in mano.
Durante il suo governo migliorarono le condizioni di vita, realizzò un sistema economico equilibrato ed una struttura sociale solida.
Franco fu il collante che tenne unito tutto l’eterogeneo fronte nazionalista. Lo si capì al momento della sua morte. La Spagna non ha fatto davvero i conti con il suo passato, con il franchismo.
Il re, in fondo, fu scelto proprio da Franco e giurò fedeltà ai principi del "Movimento nacional". Larghe parti della società, dell’esercito e della burocrazia avevano prosperato sotto il franchismo godendo di vari spazi di autonomia e poteri. È necessario contestualizzare le decisioni che furono prese all’epoca e gli avvenimenti accaduti durante i quarant’anni di durata del regime.
In Spagna si è aperto non un dibattito sereno, ma un processo a Franco, bersaglio ideale del mondo progressista e antifascista perché meglio di chiunque altro ha incarnato la Triade Dio, Patria e Famiglia. Non gli può essere perdonato di aver conseguito una schiacciante vittoria contro il comunismo e la massoneria. Per questo si sta consumando oggi una vendetta nei suoi confronti.
1 Sigfredo Hillers de Luque, España: Régimen jurìdico-politico de Franco (1936-1975) versus Régimen político actual de Juan CarlosI/Felipe VI (partitocracia coronda), Editorial Aranzadi, Pamplona 1993, p. 199.
2 500 tonnellate d’oro che il Governo Repubblicano versò all’URSS, come deposito (con ricevute firmate della consegna da parte dei Sovietici), non fu restituito ma tenuto pagamento delle armi fornite dall’URSS alla Repubblica spagnola.
parte i
capitolo 1: le due spagne
Per comprendere le cause della rivoluzione nazionale spagnola del 1936 e della guerra civile che ne scaturì occorre penetrare a fondo la storia della Spagna, sempre intenta a oscillare fra la sua anima tradizionale e cattolica e quella rivoluzionaria, liberale e massonica.
L’"Alzamiento nacional" fu come la punta di un iceberg, la resa dei conti di uno scontro che ormai da tre secoli dilaniava la Spagna e che dal 1931, anno di nascita della Seconda Repubblica, si acuì a causa delle politiche laiciste e quantomeno imprudenti della maggioranza progressista che si andava sempre più radicalizzando sotto l’influenza massonica, anarchica e marxista. La Chiesa in Spagna era stata sempre un punto di riferimento fin dai tempi della Reconquista. In difesa della fede e della sua unità nazionale la Spagna aveva ricacciato mussulmani (moros) ed ebrei (marranos), anche a costo di privarsi del loro enorme contributo economico nel campo dell’agricoltura e del commercio; in nome di una colonizzazione che portava in sé gli ultimi echi