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Pathos
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E-book360 pagine5 ore

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Info su questo ebook

Tratta l'amore contrastato fra un giovane avvocato cosentino di belle speranze e una sorprendente ragazza rom. Gladys è bellissima ed insegue un concetto di libertà che va oltre le regole del vivere civile. Italo si adegua al suo modo di pensare. Assieme sconfiggono i preconcetti e le numerose ostilità delle rispettive famiglie e del sistema in genere. Gli zingari sono stati sempre posti ai margini della società, perché accusati di essere discendenti della stirpe maledetta di Caino. Il mondo dei cosiddetti zingari è trattato in modo particolareggiato.
LinguaItaliano
Data di uscita3 mag 2019
ISBN9788831613651
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    Anteprima del libro

    Pathos - Teodora Oliva

    Indice

    Capitolo I

    Capitolo II

    Capitolo III

    Capitolo IV

    Capitolo V

    Capitolo VI

    Capitolo VII

    Capitolo VIII

    Capitolo IX

    Capitolo X

    Capitolo XI

    Capitolo XII

    Capitolo XIII

    Capitolo XIV

    Capitolo XV

    Capitolo XVI

    Capitolo XVII

    Capitolo XVIII

    Capitolo XIX

    Capitolo XX

    Capitolo XXI

    Capitolo XXII

    Capitolo XXIII

    Oliva Teodora

    Pathos

    Youcanprint

    Titolo | Pathos

    Autore | Teodora Oliva

    ISBN | 978 88 31608 57 2

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il preventivo assenso dell’Autore.

    Youcanprint

    Via Marco Biagi 6 - 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Dice un proverbio Kalderesha.

    Un uomo ha bisogno di cinque cose:

    una donna, una tenda, le sue mani,

    un occhio acuto

    e qualcosa per cui combattere.

    Capitolo I

    L’aula magna dell’ateneo di Arcavacata era gremita di gente, di amici e di parenti. Il momento era solenne. Italo Nisi vestito con il tocco e la toga nera, avanzò con la maestosità che occorreva in casi del genere. Nell’ampia sala non si sentiva volare una mosca e tutti gli occhi degli astanti erano puntati sulla persona del magnifico rettore che stava consegnando gli attestati di laurea a circa cinquanta neolaureati.

    In pochi avevano centrato il massimo dell’obiettivo e Italo era tra questi, perciò era veramente emozionato. Era arrivato il suo momento: il tempo tanto agognato di raccogliere i frutti di lunghi anni di sacrifici e di dedizione allo studio.

    – In virtù dei poteri conferitimi dalla legge, proclamo Italo Nisi, dottore magistrale in giurisprudenza con il voto di centodieci e lode. – ruggì la voce altisonante del rettore.

    Lui era il dodicesimo della fila e la formula, escluso il nome del laureando e la valutazione finale, era la stessa per tutti gli altri che lo avevano preceduto e per chi avrebbero sfilato dopo di lui, ma per Italo assunse un significato speciale: l’incoronamento di un sogno e il soddisfacimento del volere del padre, anch’egli avvocato, che lo aveva indirizzato ai suoi stessi studi. Italo ritirò la pergamena con le mani che gli tremavano dall’emozione, tra i complimenti dei professori e lo scroscio generale di un furioso battimano e il più esagitato di tutti, inutile a dirlo era suo padre.

    Il giovane si sottopose alle foto di rito, da solo, con la famiglia, con gli amici e con i professori, sempre tenendo ben evidente il sospirato attestato. Infine accolse le mani di suo padre, che con orgoglio strinsero fortemente le sue. – Complimenti, figliolo. – gli disse. – Hai davanti a te un padre particolarmente felice.

    – Ce l’ho fatta, papà e in gran parte è merito tuo, che mi hai dispensato degli ottimi consigli. – gli rispose.

    Il padre si schernì. – Il merito è soprattutto tuo, che hai studiato con impegno, tenacia e diligenza. Da domani, nello studio ti aspetta la scrivania, accanto alla mia. Sarai il mio braccio destro e il collaboratore più fidato.

    – Ci sarò senz’altro. – gli rispose nonostante fosse stordito.

    Il padre era su di giri, disse elettrizzato dalla situazione. – Insieme, figliolo, faremo faville e disperderemo la concorrenza, ma di questo parleremo domani. Ora bisogna festeggiare, come merita un evento simile.

    In quel momento si fece avanti una bella ragazza dai vaporosi capelli biondi, per congratularsi a sua volta. Stringeva tra le mani un’elegante borsetta grigio-perla. Lui la scorse e le sorrise. Si trattava della sua ultima fiamma. La ragazza era alta, snella, con un volto dai tratti regolari. Vestita all’ultima moda e con i capelli appena freschi di parrucchiere incedeva alla maniera di un’indossatrice. Era sapientemente truccata: fard, labbra rosse- carminio, palpebre azzurro cielo e mascara extra allungabile. Si vedeva lontano un miglio che apparteneva a una famiglia dalle condizioni economiche più che agiate.

    Con Benedetta, questo era il nome della ragazza, Italo ci stava assieme oramai da otto mesi, in precedenza nessun’altra donna aveva resistito a stargli accanto per un periodo tanto lungo. Lui era un impenitente dongiovanni e le sue storie amorose erano durate sempre pochissimo, il tempo per lui di prendere fuoco, conoscere la persona che aveva riscosso il suo interesse nel modo più intimo e poi arrivava l’irrimediabile successivo spegnimento della passione.

    – Complimenti, Italo, sei stato grande. – esclamò abbracciandolo con affettuosità.

    – Grazie, Benedetta, ho cercato di dare il mio meglio.

    – Ne so ben qualcosa io, che a causa dello studio mi hai trascurata.

    La polemica era fuori luogo ma Italo era troppo confuso perché le prestasse attenzione, anche perché s’intromise la voce stentorea di un uomo che gli diede una vigorosa pacca sulle spalle. – Obiettivo pienamente raggiunto, giovanotto.

    Era il padre della ragazza, un grosso industriale come pochi.

    – Signor Gaudio, c’è anche lei? – chiese Italo, stupidamente.

    – Sono nella lista degli invitati, nevvero? – chiese a mo’ di conferma.

    – Ovviamente, signor Gaudio. Dicevo così, perché lei è sempre molto occupata con il lavoro.

    – Il lavoro è molto importante, il mio punto fermo, ma come potevo mancare quando il ragazzo che mia figlia ama, ci copre di siffatto orgoglio. – asserì con tono pomposo. – Mi sento onorato di poter partecipare a tal evento.

    – Signor Gaudio, l’onore è mio e la ringrazio infinitamente.

    – Lascia stare le formalità. Piuttosto di signor Gaudio, chiamami Giuseppe. Oramai siamo di famiglia. – disse sorridendo, dopo aver notato come la mano del giovane si fosse intrecciata con quella della figlia.

    – Papà, io salgo in macchina con Italo e i suoi. – squittì Benedetta. – Tu ci segui con la mamma. Te ne dispiace?

    – Naturalmente no, figliola.

    La ragazza baciò il padre sulla guancia e si apprestò a seguire il fidanzato, quando lui la fermò. – Aspetta, Benedetta, ho appena avvistato Boris, uno dei miei più cari amici.

    Benedetta si rannuvolò. Il ragazzo, citato come il miglior amico del suo ragazzo, era un vero guastafeste, una persona ligia al dovere. Era troppo serio, pedante, probabilmente nato già vecchio. Boris poteva anche essere considerato un ragazzo perfetto, ma aveva il grosso difetto, di provenire dal basso. Era uno di quei pochi poveracci che si erano elevati per l’amore verso lo studio e la voglia di emergere.

    A causa sua, Italo era rimasto intere sere a studiare, e quella che ci aveva rimesso era lei, che aveva dovuto mancare alle serate danzanti e ai numerosi divertimenti, ma soprattutto le era stata tolta l’occasione di poter restare da sola con lui, e potergli fare le fusa e amoreggiare come piaceva a lei.

    – Vuoi invitare anche quel musone? – gli chiese senza grazia.

    Italo si stupì del tono tutt’altro che dolce della ragazza e le spiegò pazientemente. – Sento che devo farlo. Si è laureato oggi con lo stesso mio punteggio, ma è meno fortunato perché al contrario di me è solo e non ha nessuno che possa festeggiarlo.

    – Per forza! È un poveraccio che sta sul groppo a tanta gente. Hanno fatto bene i suoi a non presentarsi, avrebbero rovinato la festa a tutti. – dedusse lei con leggerezza. – Come fai a frequentarlo resta un mistero per me.

    – Benedetta non essere classista e soprattutto non trarre conclusioni affrettate. – le rispose Italo. – I suoi parenti sono orgogliosissimi di lui, ma abitano lontano e lo aspettano domani in paese per festeggiarlo come si deve. Ad attenderlo c’è anche una ragazza cui lui tiene tanto.

    – Il giorno della laurea è oggi e non domani. I suoi dovevano esserci oggi se veramente tenevano a lui, ma in fondo, li capisco. Sarebbero stati inadeguati alla situazione. – insistette Benedetta.

    – La risposta è un’altra, piuttosto semplice. I suoi sono molto poveri e hanno fatto i salti mortali per poterlo laureare. Spostandosi in comitiva ci sarebbero voluti più quattrini che non muovendosi lui soltanto. In pratica, i suoi gli vogliono un mondo di bene, ma appartengono a quella categoria di persone che danno molta più importanza alla sostanza che non alla forma. Dirò a papà di assumerlo nello studio.

    – Dio ce ne liberi! – esclamò lei. – L’avresti ognora alle calcagna.

    Italo la guardò in tralice.

    – Perché l’hai con lui? Non è male. Anzi. Ti ricorda costantemente di rigare dritto.

    – Per l’appunto. – sospirò.

    – Dai! Credi che io sia un soggetto che si lasci influenzare sino a tal punto. Lui è di emulazione, di buon esempio, ha una personalità forte, non fuorviante, ma anch’io posso vantarmi di possedere un carattere duro e i miei bravi momenti riesco a ritagliarmeli lo stesso, nonostante i suoi rimproveri.

    – Sarà! – balbettò dubbiosa.

    – Che male può arrecarci, stasera? Anche lui è di festa, infine gli sono grato, perché parecchie volte mi ha dato una mano a superare un esame. Ti dispiace davvero tanto, se lo invito a festeggiare con noi?

    – Figurarsi, fai pure! – gli rispose melensa. – Tu hai il cuore troppo tenero e conoscendoti so per certo, che non accetteresti un no, come risposta.

    La ragazza dovette ingoiare il rospo, soprattutto quando Italo dovette insistere perché Boris acconsentisse a prendere parte al ricevimento. L’amico accettò con riluttanza, come se con la sua presenza facesse un favore a tutti, invece, tranne Italo, tutti avrebbero fatto a meno della sua imbarazzante presenza.

    Benedetta digerì la farsa e si apprestò a salire in macchina dei signori Nisi, sedendo dietro, accanto a Italo e all’insopportabile amico. Arricciò il naso, ma lui non emanava alcun cattivo odore, forse Italo lo aveva aiutato a scegliere la giusta acqua di colonia con cui profumarsi. Il lungo corteo di macchine si avviò verso un grazioso ristorante, posto in cima a una ridente collina.

    La giovane bionda avrebbe voluto essere sola con il fidanzato, per abbracciarsi e finanche rispondere alle domande dei suoi genitori, vantando la florida condizione economica in cui versava, ma lo trovò sconveniente farlo, con quel miserabile intruso tra i piedi. Persino tenersi per mano con il suo uomo le parve un gesto di troppo, quando trovava lo sguardo del castigamatti su di sé.

    Il ristorante era un posto esclusivo e arredato con gusto sopraffino. Sui tavoli coperti da tovaglie immacolate, spiccavano degli splendidi candelabri rossi. I camerieri nella loro livrea giallo-oro, si muovevano cerimoniosi, come in una processione. Ovunque si posava lo sguardo s’incontrava uno stile impeccabile. Vi erano dei lampadari scintillanti, quadri alle pareti e piante floreali di ogni genere.

    Furono serviti liquori, bibite varie e libagioni raffinate. L’atmosfera era distesa, piacevole, tutti brindavano alla salute del neo laureato e gli auguravano una carriera brillante. Lui faceva in modo d’inglobare anche l’amico, in questi buoni auspici. Italo e i suoi compagni si lasciarono andare a un bicchiere di troppo, e anche Benedetta non fu di meno. Gli anziani chiusero un occhio. Una volta tanto, concessero loro di fare follie.

    L’occasione era unica, che ben giustificava quel senso generale di euforia e quando il luculliano pranzo scemò, alcuni giovani amici non ancora paghi dei festeggiamenti, suggerirono di fare un salto in discoteca, invece di chiudere lì la serata. Il padre di Italo, l’avvocato Riccardo Nisi acconsentì anche a tale richiesta.

    Si defilò raccomandando prudenza e motivandone la scelta di non seguirli. – Mi sento stanco. Ballare sino a notte tarda non è più cosa per me. Proseguite voi che siete giovani.

    – Allora posso fare le ore piccole, papà?

    – Stasera, non posso dirti di no. Un’unica raccomandazione mi preme farti ed è la stessa di sempre.

    Italo si voltò divertito verso gli amici. – Che cosa scommettete che indovino di cosa si tratta?

    – Quale sarebbe? – chiesero in coro, fingendo di non capire.

    – Devo stare attento a non mettermi nei guai, in modo che lui possa andare sempre fiero di me. – finì sogghignando. – Solitamente tende a raffigurarmi come una mina vagante.

    – Esattamente, figliolo. Perciò non metterti alla guida se hai bevuto troppo. Piuttosto non farti scrupolo di chiamarmi a qualsiasi ora.

    – Lo farò. Voglio mostrarti come sono maturato. Mamma, tu non dici nulla?

    – Contrariamente a tuo padre che vuole tenerti ognora per mano, mi fido di te e del tuo senso pratico. Inoltre ti lascio in buona compagnia. – terminò occhieggiando verso Boris, che conosceva come una persona saggia.

    Italo ancora non lo aveva confessato ai propri genitori che Boris era senza un centesimo, proprio per evitare delle discussioni spiacevoli al riguardo. I suoi genitori erano classisti come aveva mostrato d’esserlo Benedetta. Italo ignorava soprattutto che quella sera, il destino si sarebbe divertito a mescolare le sue carte e proprio ora che il padre doveva andare fiero di lui, tra loro si sarebbe intromesso qualcosa più grande di tutto, rappresentato dal moto gravitazionale dell’amore, che avrebbe rovinato il rapporto idilliaco esistente tra padre e figlio.

    Italo dopo la partenza dei genitori, si rivolse alla sua ragazza. – Benedetta, tu che fai, rimani?

    – Se riesco a convincere il mio vecchio, rimango volentieri.

    L’industriale aveva delle remore, perché non aveva mai visto la figliola bere in maniera tanta smodata, ma lei riuscì a farlo capitolare, sbattendo gli occhi dolci. – Consentimelo papà, e ti prometto che entro un anno o due, ti sentirai altrettanto orgoglioso di me, quando mi vedrai con tocco e toga a ricevere, a prendere la laurea. – lo supplicò.

    – Lo spero tanto. In ogni modo, stasera, fai la brava.

    Finalmente dopo le raccomandazioni di rito, gli adulti se ne andarono e i giovani si scatenarono in balli frenetici. Italo dopo tempo, prese la ragazza di parte, alticcia a par suo.

    – Ti va di sgattaiolare da qualche parte noi due da soli e fare l’amore? – le chiese con occhi ardenti della passione.

    – Con te, mi piace sempre e ovunque. – gli rispose lusingandolo oltremodo.

    – Sai, Benedetta, che sei molto brava a recitare con tuo padre il ruolo della vergine pudica. – le disse ridacchiando. – Se invece ti vedesse come sei realmente in intimità, gli prenderebbe un colpo apoplettico.

    – Anche tu inganni tuo padre incanalandoti nel ruolo del bravo ragazzo. – gli rispose con lo stesso tono. – Sappiamo bene, che alle sue spalle ne combini di cotte e di crude.

    – Ebbene, abbiamo appena accertato che siamo entrambi dei cattivi soggetti, come lo vuoi fare?

    – Tu che dici? – gli chiese maliziosa.

    – Ci sarebbero diverse possibilità. Stasera vorrei strabiliare, fare l’amore come mai sinora. Potrei prenderti qui in pubblico o raggiungere il corridoio per sbatterti contro la parete o in alternativa sperimentare qualcosa di nuovo. – suggerì.

    – Temo ci sia poco che non abbiamo già provato. Ci sarebbero i rapporti sadomaso, ma io su quelli, sono nettamente contraria. Non ho l’anima della martire né della fustigatrice. In parole spicce, non provo gusto nel dartele e tantomeno nel riceverle.

    – Allora non ci resta che rifare gli stessi giochetti di sempre. Non saranno straordinari, ma ci piacciono tanto. Andiamo. – disse spingendola.

    – Che irruenza, Italo! – esclamò Benedetta con finta indignazione.

    – Tu non me la conti giusta, ragazza mia. – costatò il giovane. – Fai la sdegnosa quando invece dovresti ammettere a te stessa, che ti piace stupire, insomma dare scandalo. Che ne dici se ti siedi su di me ed io ti possiedo mentre guardiamo gli amici negli occhi? È una sfida troppo allettante da rifiutare, vero?

    – Dico che è troppo. Non lo è tanto per gli altri, quanto per Boris. Mi osserva con quei suoi occhi inquisitori avendo visto in me, sin dagli inizi, un demonio in gonnella. Lui è capacissimo di andare a sparare a zero su di me e la sua petulante voce potrebbe risalire alle pudiche orecchie del mio vecchio che metterebbe a ferro e a fuoco il terreno attorno a me. No, il rischio è alto e non mi conviene irritarlo.

    – Allora ti lancio un’altra sfida. Facciamolo nel bagno degli uomini.

    – Davanti a estranei, no.

    – Ci chiuderemo in uno di essi, in modo però che chiunque si trovi sul posto senta i tuoi sospiri amorosi. Non avranno un volto su cui fantasticare, ma tu sarai bravissima a eccitarli con i tuoi lamenti orgiastici.

    – Preferisco il bagno delle donne.

    – Vuoi ridestare l’appetito erotico di una donna, anziché quello di un uomo? – le chiese il ragazzo con tono irriverente.

    Benedetta si arrese. – Ebbene sia! Italo, ne sai sempre una più del diavolo e sai come prendermi. Le condizioni però, le detto io. – pretese la giovane con il solito sorriso malizioso.

    – Non voglio negoziare. – s’impuntò il ragazzo. – Non riesco a prenderci gusto se mi si allentano le briglie della fantasia. Voglio essere io a dirigere il tutto. Me lo devi. È la mia festa.

    – L’hai spuntata ancora una volta. Che furbastro sei, Italo! Ci riesci sempre con me. – sbuffò. – Mi sembra di capire che hai in mente delle idee ben precise. Dato che sono la parte in causa, posso conoscerle anch’io in anteprima?

    La risposta non si fece attendere. – Voglio che assistano i miei amici.

    – Ti permetto tutto, ma non questo. Nessuno dei tuoi amici deve assistere quei lamenti.

    – Perché no?

    – Perché loro mi conoscono e non voglio che poi vadano in giro a sparlare di me. Ci sto a soddisfarti e pure a magnificarti a voce alta, a patto però che non mi si vede in faccia e i nostri spettatori non devono riconoscermi dalla voce, altrimenti niente.

    – Non vuoi farmi un regalo speciale per la mia laurea?

    – Ciò che chiedi supera la mia tolleranza.

    – D’accordo, si fa come desideri.

    – Andiamo dunque! – capitolò Benedetta. Era brilla per ragionare col cervello. Oramai priva d’inibizioni, rideva spesso senza un senso logico. Un organo ben più importante dell’encefalo le stava dettando impudiche reazioni.

    I due giovani non si erano accorti di essere sotto osservazione. Dalla mimica, gli amici in comune avevano intuito che la coppia volesse appartarsi e senza che fosse necessario alcun commento, decisero di seguirli a loro insaputa.

    I due giovani raggiunsero il bagno degli uomini, si chiusero in uno di essi, indifferente che alcuni avventori che stavano lavandosi le mani, dopo aver usato la toilette, li guardarono in uno strano modo, soprattutto alla ragazza, il cui luogo era interdetto.

    Italo, assicurò il paletto alla porta.

    – Come vuoi che iniziamo? – mormorò lei ammiccandogli con gli occhi.

    – Non devi parlare a voce bassa. Te lo ricordi il nostro accordo? Sta nei patti rendere chiunque partecipe acusticamente.

    – D’accordo. Urlerò talmente tanto da far prendere la fregola a tutti. – promise.

    Gli amici e coloro che si trovavano nei pressi, lungi dall’essere deluso perché privati dalla vista, ascoltavano estasiati i lunghi lamenti amorosi e i progressivi sospiri di passione, che i due amanti emanavano a vantaggio di orecchie ignote, talvolta persino esagerando.

    Le persone accorse s’immaginavano i due ragazzi nudi, alle prese con le più svariate posizioni erotiche, e ciò era meglio che assistere visivamente, perché ciascuno poteva ingigantire la propria fantasia, secondo l’eccitazione acquisita.

    Italo sembrava partito. Spinse la ragazza contro la parete. – Chi è il più grande amatore del mondo? – urlò.

    – Tu.

    – Chi sa fare l’amore più di me?

    – Nessuno.

    Italo andava a briglia sciolta. Era molto meno restio a farsi ascoltare rispetto alla ragazza. La morale cattolica che secolarmente gravava sull’onore di una ragazza, su lui non faceva presa.

    Infine, da quell’egoista che era, pensava che male gliene potesse derivare che altri sapessero? Alcuno. Semmai, il contrario! Il suo orgoglio di conquistatore era rivalutato, la sua quotazione saliva alle stelle. Era piuttosto la ragazza consenziente che veniva a perderci, ma se lei era contenta di aderire, a maggior ragione, era contento lui.

    – Inarcati per me, bella. – le ordinò.

    – Così? – chiese.

    – Gioia mia, come lo fai bene, sei proprio un’esperta. – disse Italo a gran voce, guardando la ragazza.

    Per delicatezza e in pieno clima di complicità con lei, omise di fare il suo nome, ma non le concesse altro favoritismo.

    – Tesoro, sai dare il piacere come nessuna. – precisò assai contento. – Mi senti come ti sondo.

    – Mm! Oh! – bofonchiò la ragazza.

    – Perché lei mugola soltanto? – chiese piano uno dei membri di quell’allegra brigata.

    – È ovvio che riesca a parlare. – gli fu risposto. – Se taci, capirai che non c’è miglior suono di una bocca intenta a far godere un uomo. Non ti far venire niente in mente?

    – Certo, immagino un ragazzo fortunato e fremente, poi immagino anche lei, soggiogata, volenterosa, solerte. Vorrei trovarmi lì dentro, al posto di Italo. – finì con un rantolo indiziario di eccitazione in corso.

    – Dite che la sta prendendo in maniera tradizionale o contro natura? – chiese uno della banda agli altri in ascolto.

    – Io dico l’uno e l’altro. – rispose uno dei più esagitati.

    – Si accettano delle scommesse. – propose chi aveva parlato per primo.

    Non dovettero attendere molto l’epilogo di quel fuori programma. Italo smaniava con tutto se stesso.

    – Sì. Sono qui, pronta a esaudire ogni tua richiesta. – rispose lei con dedizione.

    – Ora. – urlò lui. Seguirono dei rumori di facile interpretazione. Fuori la porta, tutti stavano all’ascolto, in un silenzio quasi irreale. Boris era tra questi. Era però l’unico a parere disgustato dall’intera faccenda. Si sentirono i colpi di carne contro carne. La ragazza mormorava di continuo. – Oh Cielo! Oh mamma mia! Italo, cosa mi fai?

    – Ragazza mia Ti sfondo. Dimmi se ti piace.

    – Mi fai male. – reclamò lei.

    – Non contare storie. Non è la prima volta che lo facciamo.

    – È vero, però la posizione è scomoda. Lo spazio è stretto e angusto e a ogni colpo, rischio di battere la fronte contro la parete, se non addirittura di cadere per terra.

    Seguì una risata mascolina. – E a parte questo, ti sta piacendo? – chiese il giovane.

    – Mm! – mormorò la ragazza.

    – Non smetterò di cavalcarti se prima non mi darai soddisfazione verbale. – minacciò lui tra il serio e il faceto.

    – Mi piace. – urlò lei.

    – Cosa in particolar modo? – chiese lui, ancora non pago.

    – Mi piaci come mi possiedi. – disse lei. – Sei un amante eccezionale e mi sento piena di te. Mi sorprende la tua foga, la presa ferina. Mi piace come il tuo membro s’innesta nelle mie profondità. Squassa e sconquassa. Mi piace come ruggisci al pari di un leone.

    – Se è questo che vuoi, prenditi questo e anche quest’altro. Io sono inesauribile.

    Italo sembrava volere mantener fede alla parola e durare veramente all’infinito. Lei lo supplicò tra le lacrime di levarsi che non ce la faceva più a reggerlo. Si sentiva vinta e stravinta, annientata quasi.

    Terminato l’atto amoroso, la coppia uscì dal bagno tra lo scroscio di un fragoroso applauso. Benedetta, nonostante stordita ed ebbra, ebbe la decenza di arrossire.

    – Eravate tutti? – chiese con sconcerto, fissando soprattutto Boris. – Siete proprio dei cretini.

    – Suvvia! – esclamò uno della comitiva, con tono ironico. – Siamo tra amici, no?

    Benedetta, si voltò con occhi di brace verso Italo. – Tu eri d’accordo con loro? Si era detto di non farlo davanti a amici comuni. Ti avevo chiesto della discrezione, ma tu non sei stato ai patti. Credevo avessi rispetto della nostra intimità. Hai voluto esibire le tue velleità amatorie, indifferente di trascinarmi nel mezzo.

    – Non è vero, Benedetta. Loro hanno agito a mia insaputa. Non credevo che ci avrebbero seguito, quando ti ho proposto di starcene per conto nostro.

    – Non ti credo. Sei un falso, un vigliacco e uno spergiuro.

    – Mi devi credere invece, perché sono sincero.

    – Sei un attore istrionesco. – rincarò la dose lei. – Ti odio per come mi hai usata. Mi hai detto di emettere dei lamenti apposta. Tutte le belle parole che mi hai sussurrato erano parti di una farsa studiata a tavolino.

    Benedetta sentì ridacchiare alcuni ragazzi e si voltò verso loro fulminandoli con lo sguardo. Il momento era greve. Non c’era di continuare a fare gli stupidi.

    – Ciò che è successo poco fa, faceva parte di un gioco al quale hai aderito di tua spontaneità. – disse Italo a sua discolpa.

    Benedetta era indignata. – Credevo che fosse per scandalizzare degli estranei, e non recitare a tutto vantaggio dei tuoi conoscenti. Avresti dovuto avvertirmi e soppesare cosa avevo da dire al riguardo. Dì un po’, ti sei sentito un grande, al centro della scena?

    – Benedetta, te lo giuro che nulla era stato preventivato. – insistette il giovane.

    – Lo dirò a papà. – minacciò lei irosa come non mai.

    – Cosa c’entra ora, tuo padre? Lui lasciamolo fuori.

    – Se non glielo dico, è per rispetto di me stessa. Tra noi è finita.

    – Benedetta, aspetta, posso chiarire.

    – Non c’è nulla da chiarire. Tutto è talmente evidente, come il fatto che due più due fa quattro. Hai voluto fare il gradasso con gli amici e hai pensato bene di mettermi in mezzo, non importandoti se ero d’avviso contrario. Sei nauseante. Niente di meno e niente di più. Chiamo un taxi che mi riporti a casa.

    – A casa ti ci porterò io, così durante il tragitto avremo modo di spiegarci, di chiarirci le idee.

    – Vai un po’ al diavolo, tu e la banda scalcagnata che ti porti appresso! – gli urlò contro la ragazza. – Trattenne le lacrime per non dar loro anche la soddisfazione di farsi vedere piangere.

    Benedetta lasciò in fretta il locale, con lui che la tampinava.

    Italo impotente, la vide salire di fretta sull’auto pubblica, senza avere avuto la possibilità di farsi perdonare. Si sentiva in colpa nei suoi confronti, per la piega che aveva preso la faccenda. Pensò di correre ai ripari, magari telefonandole il giorno seguente, quando l’ira l’avrebbe abbandonata, e se lei avrebbe messo giù, amen. Voleva dire che la loro storia sentimentale non era poi tanto importante e sarebbe finita, in ogni modo, come le altre che l’avevano preceduta.

    Capitolo II

    Italo, imbronciato tornò dagli amici. – Siete degli stronzi. – li accusò. – Avete fatto scappare la mia fidanzata. E che si fa così? Che ci pensate voi a mettere una buona parola perché possiamo fare pace?

    – Come lei, sai quante ne trovi. – gli rispose quello che aveva la fama di essere un rubacuori, rispondente al nome di Gennaro. – Per ogni ragazza che lasci, ne trovi ben dieci disponibili, disposti a fare pazzie.

    – Come no! – esclamò con ironia Italo. – Fate largo che arrivano gli uomini più belli della terra.

    – Non saremo i più belli, però abbiamo una posizione invidiabile. – gli rispose Gennaro.

    – A cosa ti riferisci?

    – Alla professione, no? Quanti avvocati ci stanno in Italia? Se i laureati sono meno dell’otto per cento della popolazione complessiva, gli avvocati non raggiungono l’uno per cento. Siamo dei privilegiati e le ragazze lo sanno. Vanno e vengono, ma con nessuna di loro, ne vale davvero la pena.

    – Se la pensi così, sei destinato a non crearti mai una famiglia e poi non è vero che Benedetta è uguale a tutte le altre. Di ragazze con la sua posizione economica e sociale ce ne sono ben poche. Il padre è un pezzo grosso dell’imprenditoria meridionale. Ha terreni e appartamenti disseminati ovunque, in città e provincia.

    – Allora si tratta soltanto di questo? Non le stai appresso per amore. – intervenne Boris assai deluso. – Italo, ti facevo una persona sensibile e non che potessi agire per calcolo.

    – Che c’entra ora questo discorso? Benedetta ed io, stiamo bene assieme. Facciamo sesso a meraviglia. Abbiamo gli stessi gusti e apparteniamo entrambi a una classe altolocata. Credo che, seguendo il calcolo delle probabilità, la nostra unione abbia un grosso margine di successo. Ogni tanto litighiamo, ma nulla che non si possa appianare in breve tempo. C’è

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