Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Katerina io ti salverò
Katerina io ti salverò
Katerina io ti salverò
E-book307 pagine4 ore

Katerina io ti salverò

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Pur non essendosi mai considerato un paladino degli infelici, il giovane industriale del periodo vittoriano Christopher ha sempre avuto molto a cuore il benessere dei suoi conterranei. Così, quando sua madre gli presenta una donna bisognosa d'aiuto, si sente subito coinvolto.


Katerina, quasi annientata dai sempre più violenti maltrattamenti del padre, teme che le prossime percosse possano esserle fatali. Non ha altra scelta che affidarsi a Christopher perché la salvi con l'unico mezzo disponibile - il matrimonio.


Ma potrà fiorire un rapporto nato da una situazione così disperata? Ci vorrà pazienza, coraggio e un amore che supera tutto, perché Christopher riesca a tenere la moglie al sicuro, sana e salva.


Questa storia d'amore d'epoca, dolce e sexy, è molto coinvolgente emotivamente e riserva un intenso lieto fine, molto soddisfacente.

LinguaItaliano
Data di uscita8 mar 2023
Katerina io ti salverò
Autore

Simone Beaudelaire

In the world of the written word, Simone Beaudelaire strives for technical excellence while advancing a worldview in which the sacred and the sensual blend into stories of people whose relationships are founded in faith but are no less passionate for it. Unapologetically explicit, yet undeniably classy, Beaudelaire’s 20+ novels aim to make readers think, cry, pray... and get a little hot and bothered. In real life, the author’s alter-ego teaches composition at a community college in a small western Kansas town, where she lives with her four children, three cats, and husband – fellow author Edwin Stark. As both romance writer and academic, Beaudelaire devotes herself to promoting the rhetorical value of the romance in hopes of overcoming the stigma associated with literature’s biggest female-centered genre.

Leggi altro di Simone Beaudelaire

Correlato a Katerina io ti salverò

Titoli di questa serie (1)

Visualizza altri

Ebook correlati

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Katerina io ti salverò

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Katerina io ti salverò - Simone Beaudelaire

    CAPITOLO 1

    "T u vuoi che faccia... cosa ?"

    Christopher Bennett guardò scioccato la madre.

    Lei gli restituì uno sguardo deciso: Non ti sto chiedendo granché, figliolo. È una ragazza deliziosa e io voglio soltanto presentartela.

    Christopher alzò gli occhi al cielo con aria disgustata. Sua madre era così emotiva, a volte lo faceva impazzire. Contò mentalmente fino a dieci sforzandosi di non aggredirla, vagando con lo sguardo su quanto aveva intorno. Si trovavano davanti alla fabbrica di famiglia, un edificio in mattoni a vari piani, con molte ciminiere da cui uscivano colonne di fumo acre. Perfino lì in strada si sentivano forti i rumori delle caldaie a vapore e lo sferragliare dei macchinari. All'interno, poi, il frastuono era assordante. Le strade attorno alla fabbrica erano ricoperte di cenere e fuliggine e gli edifici che le circondavano – per lo più baracche – giacevano senza speranza sotto una coltre di immondizia e lerciume. L'aria fredda e umida avvolgeva madre e figlio, fermi al di fuori del grande edificio, e bagnava loro la pelle con una brina dal vago sentore di muffa. Si alzò una leggera brezza, che fece serpeggiare il freddo sotto il mantello di lei e sotto il cappotto di lui, che l'aveva solo gettato sulle spalle lasciandolo sbottonato. Entrambi rabbrividirono. Il vento, passando sulla baraccopoli, raccoglieva un orrendo odore di rifiuti umani e corpi non lavati. Era un posto terribile per vivere, così vicino alla fabbrica, ma per migliaia di poveri di Londra non c'era altra scelta. Nessuna di quelle anime disperate, però, lavorava per i Bennett. Christopher e il padre pagavano salari troppo alti per quel posto. I loro operai, al confronto, vivevano abbastanza bene.

    Dall'altra parte della strada, seduta su un gradino c'era una bimbetta smunta, con indosso solo una vestaglietta leggera, nonostante il pungente freddo di gennaio. Giocava con qualcosa di non identificabile raccattata tra i rifiuti. La scena non ebbe alcun effetto calmante sulla collera di Christopher, e la sua voce, quando parlò, suonò più aspra di quanto avrebbe voluto. Madre, sono troppo giovane perché tu cominci a combinarmi incontri. Non sono neanche lontanamente pronto a sposarmi.

    Che peccato - replicò Julia Bennett scostando dalla fronte una ciocca ribelle e infilandola sotto la cuffietta. - Hai ventiquattro anni, proprio l'età che aveva tuo padre quando ci siamo sposati. Per favore, figliolo. Non ti sto chiedendo di sposarla, solo voglio presentartela.

    Ma perché? insistette Christopher.

    Questa volta fu Julia a esitare per un momento. Non le piaceva per niente stare lì. Quello che il marito e il figlio facevano in quella fabbrica lo accettava, ma detestava il calore, il rumore e la sporcizia del luogo, per non parlare degli squallidi dintorni. Quei quartieri non erano altro che ricettacoli del colera. Rabbrividì disgustata. Perché diavolo mi trovo qui? La risposta la conosceva già, anche se non poteva ancora spiegare tutto. Poco prima, Julia aveva preso il tè con la sua giovane amica, aveva ascoltato la dolce musicista suonare il clavicembalo - bello come sempre - e poi qualcosa aveva attirato la sua attenzione... scosse la testa. Non era la prima volta che si accorgeva di quei segni strazianti sulla poverina, e sentì di nuovo il desiderio di portarla via, di tenerla con sé. Ma purtroppo Kat era solo un'amica, non sua figlia, e lei non aveva alcun diritto di interferire. Quel giorno, però, le era balenata un'idea. C'era un modo per trasformare Kat in sua figlia, per strapparla alle attenzioni di quel mostro. Il suo era un piano tutto d'impulso, gravido di potenziali disastri, ma comunque era un piano. Appena andata via l'ospite, lei era uscita di casa per andare alla fabbrica. La carrozza con la quale era arrivata ora la stava aspettando poco più in là.

    Christopher la guardava e aspettava che parlasse. Che cosa poteva dirgli? Qualcosa della verità... ma certo non tutta. Non ancora. Sai, è che non è molto popolare, anche se non ce n'è ragione. E io voglio che tutti vedano che non c'è niente di sbagliato in lei.

    Ma perché t'interessa tanto? chiese lui.

    Gli lanciò uno sguardo di disapprovazione, condannando il suo sarcasmo. Poi però rispose: È un'amica.

    Quanti anni ha questa donna? Aveva stretto gli occhi, con un'espressione di sospetto.

    Julia agitò le mani con un gesto che lasciava trasparire la sua educazione tutt'altro che raffinata. Non guardarmi in quel modo esclamò. La bambina di là dalla strada si voltò a guardarli. Julia abbassò la voce. Katerina non è una vedova. Mi pare abbia diciannove anni, ed è molto carina. Ti prego, figliolo, non potresti farlo per me? Solo incontrarla?

    Christopher sapeva che sarebbe stato inutile rifiutare. Sua madre era una donna dolce, ma poteva diventare molto testarda. Se aveva deciso che doveva conoscere la sua amica, non lo avrebbe lasciato in pace fino a quando lui non avesse acconsentito. Meglio togliersi il pensiero al più presto. Oh, va bene, allora le disse scontroso. Immagino che tu possa organizzare le presentazioni per stasera. Ci sarò. Però non ti prometto che vorrò ballare con lei. Se è una specie di emarginata…

    Oh no - rispose rapida sua madre, facendo un altro dei suoi gesti incontrollati - è solo un po' timida, un po' il tipo da tappezzeria. Ma niente di più.

    Katerina e poi?

    Valentino. Julia gli teneva gli occhi inchiodati addosso, le fu chiaro che quel nome non gli diceva nulla.

    Italiana? chiese Christopher senza interesse.

    Il padre è italiano - spiegò lei. - Katerina, per quanto ne so, ha vissuto in Inghilterra per tutta la vita. Ha l'aspetto di un'italiana, ma il comportamento e il modo in cui parla sono molto inglesi.

    Capisco replicò Christopher. Dentro di sé ancora inorridiva per quell'evidente manipolazione, ma conservò una voce neutra. Bene. Stasera, al ballo, lascerò che tu ci presenti, ma questo è tutto. Sarò io a decidere per qualsiasi altra azione da parte mia.

    D'accordo, figliolo.

    Christopher si voltò e rientrò, con gran rumore della pesante porta di quercia.

    Appena lui fu fuori vista, Julia sospirò con sollievo. Aveva accettato di conoscere Katerina, era già qualcosa da cui partire. Doveva fare qualcosa per aiutare quella povera ragazza che le era diventata tanto cara. Aveva intenzione di mobilitare tutte le sue risorse, compreso suo figlio primogenito, per riuscirci. Sperava solo di poter fare abbastanza.

    CAPITOLO 2

    Uno degli amici, James Cary, apostrofò Christopher tendendogli un bicchiere di brandy: Bennett, mi fa piacere che tu sia riuscito a venire.

    Ma certo, Cary. Che pensavi? Era solo mia madre che voleva parlarmi. Christopher alzò gli occhi, accettò grato il bicchiere e prese un sorso. Si lasciò cadere in un divano dallo schienale alto di legno intagliato e imbottito con velluto azzurro, che era il mobile migliore della casetta di mattoni chiari affidata a Cary, come parte del suo salario da vicario di una piccola cappella nel quartiere di lavoratori. La retribuzione era adeguata ai suoi bisogni, ma lui aveva gusti austeri e interessi esoterici. Avrebbe speso più volentieri un po' di denaro extra per un libro di poesia e per una costosa bottiglia di vino da gustarci assieme, piuttosto che per qualche arredo, e quindi il suo salotto era ammobiliato con semplicità: c’era un tappeto orientale azzurro e nero piuttosto logoro sul pavimento sotto al tavolo di mogano, su cui aveva sistemato la sua preziosa collezione di bottiglie e caraffe in vetro al piombo. Nella luce del tramonto rilucevano appena le sfumature bordeaux e marroni dei liquori all'interno delle bottiglie.

    Di cosa? disse una voce proveniente da una delle poltrone vicino al caminetto. Collin Butler, visconte di Galway, l'unico nobile della comitiva, stava sorseggiando il brandy un po' troppo velocemente.

    Una donna. Che altro? replicò Christopher, prendendo un sorsetto del suo.

    Non dirmi che alla fine è venuta a sapere della tua cantante lirica? chiese Collin ammiccando. Era stato lui a presentare al suo amico l'adorabile signorina Montford.

    James rise. Christopher fece una smorfia. Quella sera aveva bevuto più vino di quanto desiderasse, e se ne stava pentendo.

    Sapete - biascicò - voi due avete parlato anche troppo per una sola sera. Era otto mesi fa. E ad ogni modo, lei non ne valeva la pena. No, non è lei.

    E chi è, allora? chiese Collin.

    Christopher alzò gli occhi al cielo. Mi vuole presentare ad una sua giovane amica. Temo che mi voglia far fidanzare.

    Oh, Signore! Chi è? chiese James portando il bicchiere alle labbra.

    Katerina Valentino.

    Collin era rimasto a bocca aperta alle parole di Christopher e James si mandò il brandy di traverso.

    Che c'è? - chiese. - È tanto brutta?"

    No – disse cautamente Collin – è solo … tremendamente timida.

    Una cosa seccante, per la verità - aggiunse Cary. – Una volta ho provato a ballare con lei. Se ne stava lì tutta sola, mi faceva tristezza. Però non credo di aver visto i suoi occhi nemmeno una volta per tutto il valzer, e se ha detto una parola, io non l'ho sentita.

    La cosa non sembrava affatto promettente. Christopher si gettò all'indietro sulla spalliera e guardò fuori dalla finestra, assorbendo tutti i dettagli come faceva sempre. Nello splendente riverbero purpureo del tramonto, i mattoni rossi delle case a schiera dall'altra parte della stradina acciottolata sembravano brillare, per la luce diffusa dalle particelle di fuliggine di cui l'aria era sempre piena. In quella città la cui popolazione era destinata a raggiungere i sei milioni in poco più di un decennio - con le case riscaldate quasi tutte a carbone - lo smog e l'inquinamento erano inevitabili. A questo si aggiungeva, peggiorando la situazione, la fuliggine delle fabbriche alimentate a vapore. Il vicariato inoltre era spiacevolmente vicino al Tamigi. Da più di un millennio nel fiume si scaricavano liquami e, nel mezzo secolo da quando in Gran Bretagna era iniziata la rivoluzione industriale, si erano aggiunti anche gli scarichi inquinanti dalle fabbriche. Il fetore a volte diventava insopportabile, e vivere vicino al fiume era certamente una maledizione.

    Beh, ormai ho detto a mia madre che l'avrei incontrata, quindi accetterò che ci presenti. Se non vale la pena, almeno potrò dire di averci provato disse Christopher sospirando rassegnato.

    Cary tirò su col naso.

    Allora, signori, di cosa ci vogliamo occupare oggi? C'è qualcosa di… intrigante? - chiese poi, cambiando argomento - Quel Byron ‘scoperto da poco’?

    Io l'ho letto. Una vera e propria truffa. - Cary liquidò la cosa con un gesto del bicchiere di brandy. - Sospetto che l'autore sia un aspirante avvocato, sembra di leggere dei documenti legali. No, no. Ho qui qualcosa che non avete mai visto prima.

    Cos'è? chiese Christopher chinandosi in avanti.

    Il poeta si chiama… Browning.

    Elizabeth Barrett Browning? disse Collin in tono lamentoso – La sua poesia non vale certo il nostro tempo. Una serie di sonetti da femmina, da usare magari con le giovani donne vulnerabili. Ma io non voglio corteggiare nessuno di voi".

    No, idiota – lo riprese Cary con una risata. - È il marito. Robert Browning. Non avevo mai letto niente di suo, ma il titolo è promettente.

    E sarebbe? lo incalzò Collin.

    L'amante di Porphyria annunciò James prendendo un fascicolo dal vicino tavolino e tirandone fuori un frusciante foglio di carta stampata.

    Christopher alzò le sopracciglia. Sembra davvero intrigante. Magari sarà lui il prossimo Byron. Chi legge?

    Io si offrì Collin prendendo il foglio dalle mani di James. Iniziò immediatamente, e continuò rapido: Presto scese la pioggia alla sera/ Presto fu sveglio il vento scontroso. Man mano che la lettura procedeva, James alzava gli occhi al cielo mostrando di gradire, dato che la giovanetta veniva descritta parzialmente svestita, mentre si rannicchiava contro il suo amante. E poi arrivò una svolta inattesa.

    Capii/ Che cosa fare, e presi tutti i suoi capelli/ In una lunga bionda treccia l'avvolsi/ Tre volte attorno alla sua esile gola/ E la strangolai.

    James sbatté le palpebre e Christopher dovette stringere i denti per evitare che la mascella gli cascasse giù. No, non era una poesia d'amore lasciva. Collin guardava fisso quello che aveva appena letto, poi coraggiosamente continuò fino alla fine, quando l'assassino abbraccia il cadavere della donna che l'ha amato. E tuttavia Dio non ha detto una parola concluse Collin. Dopo l'ultima riga, i tre giovani rimasero in silenzio. Davvero terribile e violenta.

    Mio Dio – disse James alla fine – Che diavolo era?

    Non so – rispose Collin. - Non ho mi sentito niente del genere. Che... cattivo gusto.

    Guardarono entrambi Christopher. Anche lui era sconvolto dal tema, eppure… un nuovo pensiero stava germogliando, prendendo piede, crescendo.

    Credo stia provando a dimostrare qualcosa, no, non cerca di scrivere bei versi - disse Christopher cautamente. - È una denuncia della violenza sulle donne o roba simile. Riforme sociali. Cose così accadono di certo.

    Ma lo stai difendendo? - Nella voce di Collin si sentiva una pesante incredulità. - È terribile. Quasi non ci sono rime. Credo che tornerò a Tennyson. Almeno lui è elegante. E inoltre, una ragazza tanto stupida da fidarsi di un tale pazzo, si merita quello che le capita.

    Forse sì. I pensieri di Christopher erano ancora concentrati sulla poesia.

    Credo che tu abbia parlato un po' troppo con tua madre disse ridendo Cary. La rumorosa presa in giro scosse Christopher, riportandolo al presente. È solo una poesia. Non ci leggere troppe cose. E per quanto mi riguarda ne abbiamo avuto abbastanza, per stasera. Andiamo a cenare al club?

    Sì, sono d'accordo - replicò Christopher scuotendo via l'umore cupo di quei versi. - Collin?

    Mi dispiace, non ho soldi.

    Pago io per te si offrì Christopher.

    Allora va bene.

    Uscendo provarono gratitudine perché, almeno in inverno, il fetore del fiume maleodorante veniva annullato dal freddo pungente.

    CAPITOLO 3

    Il ballo era già a buon punto quando Christopher arrivò. Si guardò intorno e sospirò. Che folla pazzesca! Altro che ballare, non c'era spazio nemmeno per respirare, e il caldo era già soffocante, nonostante fuori tirasse un vento gelido. Odiava queste situazioni. Il suo divertimento preferito erano le riunioni piccole, più intime, in cui ci si poteva muovere, conversare e ascoltare la musica.

    Un evento così, un tempo sarebbe stato riservato ai membri della nobiltà. Ma ora, con il declinare della ricchezza dei lord e la rapida ascesa della potente classe media, quelli in cima alla piramide del mondo del lavoro erano stati ammessi – solo un po' - nella cerchia snob e rarefatta, in cui i pochi titolati rimanenti andavano in cerca di apporti in denaro per poter restaurare le loro cadenti magioni. Queste feste spesso risultavano difficili per i nuovi arrivati, dato che i padroni di casa più altolocati continuavano a lamentarsi ad alta voce della loro presenza inopportuna, quando in realtà sbavavano dietro ai loro conti bancari.

    Ma, ahimé, era questo il ballo in cui aveva promesso alla madre di incontrare la sua timida amichetta. Già stava valutando la possibilità di tagliare la corda, non appena onorato l'impegno con la ragazza. Forse non troppo rapidamente, per evitare di scatenare i pettegoli, ma comunque si sperava che in mezzo a tanta folla ci fossero vari altri scandali a distrarli.

    Gli ci volle una buona mezz'ora per trovare sua madre nella massa di corpi sudati in movimento. Le lampade a gas tremolanti nel salone fornivano più luce delle candele, ma le fiammelle di carburo aumentavano anche il calore. D'altra parte, i fanali stradali e dei teatri erano ormai comunemente alimentati a gas, mentre per una casa privata era ancora molto raro. Il che rendeva un accessorio di lusso quelle fievoli luci. I piedi pestavano il lucido pavimento in parquet della sala da ballo, e Christopher si faceva strada verso le pareti dai parati dipinti a mano, evidentemente commissionati a un artista.

    L'industrializzazione aveva dato modo alle persone di mezzi modesti di acquistare beni dignitosi, ma la marea di beni prodotti in massa sul mercato faceva desiderare, a chi volesse ostentare il proprio status, di commissionare agli artigiani gli stessi prodotti per un prezzo molte volte superiore. Christopher aveva visto delle carte da parati orribili ordinate da persone con più soldi che gusto. Invece in questa casa almeno le pareti, dalla zoccolatura in legno verniciato fino al soffitto, erano decorate da un bel motivo di quelli che sembravano occhi delle piume di pavone, impressi a secco su un ricco sfondo argento. Il tutto era completato da un medaglione di stucco da cui pendeva un lampadario a gas.

    Se fosse stato più lucido, Christopher avrebbe trovato prima sua madre, perché il buon senso gli avrebbe consigliato di cercarla per prima cosa vicino alle porte aperte della terrazza, dove i soffi di aria invernale alleggerivano l'atmosfera afosa. Julia Bennett era accanto a una delle sue migliori amiche, la signora Turner, che, naturalmente, era la madre di Collin. Dopo un matrimonio di durata abbastanza breve con il Visconte, quando lei era davvero molto giovane, si era risposata, non con un altro nobile ma con un militare, gettando alle ortiche il suo titolo.

    Il suo secondo marito, il colonnello Turner, era il soprintendente della fabbrica di proprietà del padre di Christopher. Certamente senza nobiltà... essendo questo un rango ottenibile per nascita e raramente acquisibile con altri mezzi. Ma era anche questa una della classe media con una discreta ricchezza, tranne che per il fatto che il giovane Collin aveva uno scranno alla Camera del Lord e una proprietà che richiedeva di essere salvata dalla rovina, frutto dello stile di vita eccessivo del suo defunto padre. Ci sarebbe voluta tutta la vita.

    Il padre di Christopher e il colonnello non si vedevano in giro, e lui capì che avevano deciso di passare un po' di tempo giocando a carte prima di cena, per tornare alle danze più tardi.

    Christopher si avvicinò alla madre. Per la serata lei aveva indossato un grazioso vestito in una tonalità di celeste che metteva in risalto gli sfarzosi capelli fiammeggianti. Aveva da poco festeggiato il quarantesimo compleanno, e iniziava ad avere qualche capello argenteo nella massa incandescente e qualche zampa di gallina intorno agli occhi, ma non per questo era meno bella. Accanto alle signore c'era una donna più giovane, più alta. Doveva essere la ragazza che lui doveva incontrare.

    La valutò mentre si avvicinava. Sì, aveva proprio l'aspetto di un'italiana, con i capelli castano scuro. La pelle era di una sfumatura più accentuata di quella di Julia, non proprio scura, ma con una tonalità calda che rimandava a spiagge straniere e assolate. E inoltre non sembrava particolarmente timida. La testa era alta, gli occhi guardavano con disinvoltura in quelli di sua madre e della signora Turner. Aveva proprio un bel viso, notò compiaciuto. Il naso era forse un po' grosso, ma non tanto da essere brutto, e i denti erano bianchi e forti. Gli occhi, ebbe modo di notare avvicinandosi, erano grandi e scuri, di un marrone caldo, come cioccolata fusa. Era bella.

    Buonasera, mamma – disse baciandole la guancia. - Signora Turner e le strinse la mano. La signora Turner era più che altro una zia benevola nella mente di Christopher, e la trattava come una familiare.

    La graziosa bionda lo salutò espansiva: Buonasera, Christopher. Come va?

    Bene, grazie – rispose lui. - Suo figlio si scusa, ma non è potuto venire.

    Sì, certo. Abbassò lo sguardo. Lei e il marito facevano tutto il possibile per aiutare Collin, le necessità della sua tenuta in difficoltà erano più di quanto i suoi genitori potessero fare per aiutarlo, e la signora Turner provava un costante senso di colpa per l'impossibilità di risolvere i problemi del figlio.

    Buonasera, figliolo - disse Julia distogliendo l'attenzione dai guai senza speranza di Collin per volgerla al presente. - Posso presentarti un'amica?

    Certamente, madre. Lo sguardo di Christopher si volse dalla signora Turner alla graziosa ragazza che sua madre voleva presentargli.

    Ti presento la signorina Katerina Valentino. Katerina, mio figlio Christopher Bennett.

    Lui prese la delicata mano dalle lunghe dita e se la portò alle labbra, poi rialzò gli occhi in quelli di lei. Per un lungo attimo lei sostenne lo sguardo senza difese, quasi sbalordita, e poi sembrò soccombere a un'ombra di nervosismo, mentre puntava gli occhi a terra. Come aveva detto Collin, era tremendamente timida.

    È un piacere fare la sua conoscenza, signorina Valentino. Le piace la festa?

    Lei rispose a voce così bassa che lui non riuscì a sentirla.

    Katerina – le disse gentilmente Julia, – c'è tanto rumore, qui dentro. Non che sia necessario urlare, ma alza un pochino la voce.

    La ragazza prese un respiro profondo. C'è così tanta… gente. I padroni di casa devono essere davvero popolari. La sua voce era delicatamente acuta e ben modulata, e provocò un piacevole brivido lungo la spina dorsale di Christopher. Avrebbe potuto ascoltarla parlare per ore.

    Sì. È vero disse.

    Mi ha fatto piacere… essere stata invitata commentò lei tanto per parlare, anche se lo sforzo di volontà impegnato nel pronunciare questa semplice frase la fece sembrare più importante di quanto fosse in realtà. Lei cercò di ritirare la mano. Christopher sbatté le palpebre, non si era accorto di averla trattenuta nella sua, e la lasciò andare.

    Anch'io sono felice che lei sia stata invitata le disse, cercando di essere amabile. Una traccia di rossore le colorò le guance. Quindi era suscettibile ai

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1