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La Scultrice: Genesi
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La Scultrice: Genesi
E-book498 pagine7 ore

La Scultrice: Genesi

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Info su questo ebook

“Un libro di amore e morte accompagnato da una sua colonna sonora”

Siamo nella splendida regione Marche negli anni ‘80. Quindici anni prima la famiglia Gentili, potentissima e ricchissima dinastia nel settore minerario, aveva adottato una bambina.

Nella sua nuova vita, la protagonista Antea Gentili scopre il suo immenso talento nell’arte scultorea.
Antea Gentili aveva come unico scopo nella vita quello di essere amata nella sua dorata solitudine a discapito delle relazioni sociali e degli stili di vita. Il suo amore non poteva essere condiviso con nessuno e un eventuale abbandono la rendeva schiava della sua psicopatia.

Questo fatto sconvolgerà il futuro di tutta la famiglia Gentili, che verrà catapultata in una spirale di eventi moralmente deprecabili.

Antea Gentili stava accrescendo la sua alienazione allo stesso ritmo della sua celebrità nel mondo dell’arte moderna. Celebrità che la porterà a diventare una delle più famose artiste contemporanee del mondo ma anche una assassina alla ricerca dell’amore assoluto.


***L’AUTORE

Mauro Reschini è nato il 1° ottobre del 1964 a Montegranaro.

Sposato con due figlie, ha una formazione commerciale lunga quasi 30 anni. Ha avuto diverse collaborazioni con famose Aziende nel mondo della moda italiana e internazionale, come Direttore Commerciale e Business Development Director.

Il suo sogno però era scrivere romanzi e finalmente c’è riuscito, lasciandosi alle spalle il mondo economico, di cui era profondamente innamorato. Spinto da questa nuova passione, ha iniziato da poco la sua carriera da scrittore che vedrà pubblicato a breve il suo primo libro.

Ora sta preparando e progettando il suo secondo romanzo, spinto come sempre dal suo entusiastico temperamento.
LinguaItaliano
Data di uscita4 set 2019
ISBN9788834180594
La Scultrice: Genesi

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    Anteprima del libro

    La Scultrice - Mauro Reschini

    Mauro Reschini

    La Scultrice

    Genesi

    UUID: 0ab047b6-ce5b-11e9-9215-1166c27e52f1

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice

    PROLOGO

    AMORE ALL’IMPROVVISO

    AMORE A TUTTI I COSTI

    ANTEA GENTILI

    L’ARTISTA ANTEA GENTILI

    AMORE E MORTE – CAROLINA

    LA TEMPESTA

    NESSUNO TOCCHI ANTEA

    L’ARTISTA SPICCA IL VOLO

    LA SPIRALE

    LE PRIME OPERE

    IL MURO CONTRO

    IL SUCCESSO

    AMORE E MORTE – JANETTE

    L’INIZIO DELLA FINE

    IL DECLINO

    IL DESTINO DELLA FAMIGLIA GENTILI

    AMORE E MORTE – LUCIA

    RITORNO A VILLA GENTILI

    LA FINE

    RINGRAZIAMENTI

    LE OPERE CITATE NEL LIBRO

    ATTENZIONE CARO LETTORE

    Nel romanzo verrai accompagnato dalla colonna sonora con le canzoni più amate da Antea Gentili.

    È mio desiderio fare in modo che possa immergerti nella storia permettendoti così una connessione sensoriale con la protagonista.

    COSA DOVRAI FARE?

    È molto semplice.

    All’inizio di ogni capitolo troverai un codice QR che potrai scansionare con il tuo smartphone.

    Verrai indirizzato a un video musicale presente nella piattaforma YouTube in cui potrai ascoltare la relativa canzone e provare le sensazioni che Antea sta vivendo in quel momento.

    Con Affetto

    Mauro Reschini

    Facebook: www.facebook.com/mauro.atwork

    Linkedin: https://www.linkedin.com/in/mauroreschini/

    Copyright © 2019 Mauro Reschini

    Tutti i diritti riservati.

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta

    senza il preventivo assenso dell’Autore.

    1 a edizione Agosto 2019

    Titolo | La Scultrice

    Autore | Mauro Reschini

    Questo romanzo è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.

    A me, a Cinzia, a Lucrezia e a Ludovica

    L’amore assoluto si contempla solo attraverso la morte

    (Antea Gentili)

    PROLOGO

    Holly came from Miami F.L.A.

    hitchhiked her way across the U.S.A.

    Plucked her eyebrows on the way

    shaved her leg and then he was a she

    She says, hey babe

    take a walk on the wild side…

    Lou Reed – Walk on the Wild Side (Transformer)

    RCA Records 1972

    1

    I granelli di sabbia cadevano in un moto cadenzato e continuo.

    Particelle minuscole di roccia color rossomarrone che poco alla volta si depositavano al suolo. La caduta era dapprima contenuta, lenta, costante. Pochi granelli per volta come lacrime di sabbia, che gradualmente stavano occupando tutto lo spazio. Frammenti di minerale che emettevano dei flebili luccichii.

    La sabbia cominciò a cadere in un crescendo vertiginoso e ridondante, come un turbine. Nessuna luce veniva più riflessa e tutto aveva perso luminosità. Il vuoto si andava riempiendo con estrema rapidità. Era una caduta incessante e continua. Tutto si stava riempiendo. Tutto lo spazio si stava consumando.

    Non c’era odore, non c’era sapore.

    Si riusciva a sentire solo il rumore stridente e graffiante del vortice. Si percepiva la fine di tutto. I granelli riempivano il silenzio delle tenebre. Cominciava ad avvertirsi la soffocante e ruvida sensazione della sabbia che stava colmando voracemente tutto lo spazio attorno. Poi iniziò a compattarsi. Tutto si stava saturando. La tempesta stava diventando quiete. Pochi attimi ancora e tutto sarebbe finito. Pochi istanti ancora.

    Non rimaneva più spazio. Non rimaneva più tempo.

    Era la fine… era la morte!

    2

    Mi svegliai di soprassalto sopraffatto dal terrore, ma non riuscivo a capire se fossi ancora nell’incubo perché tutto intorno era completamente buio e soffocante. Lo stesso buio che mi aveva terrorizzato, la stessa sensazione dello spazio che si era esaurito. Sembrava che nulla fosse cambiato, che tutto fosse finito e che l’oscurità avesse preso il sopravvento.

    Passarono secondi o forse minuti, prima che riuscissi solamente a intravvedere un piccolo e sottile segno di luce. Il buio era ancora troppo denso per distinguere i dettagli. Ero ancora atterrito da quello che era accaduto. Riuscii solamente a concentrarmi su quel punto minuscolo di luce.

    Era la mia salvezza. Era solamente un’esigua luce che però mi fece comprendere che non ero morto.

    Ero vivo!

    3

    Il suono del ritmo sincopato della sabbia che cadeva su stessa non mi aveva ancora abbandonato. Non ero ancora in grado di respirare bene e la fatica del mio respiro non riusciva a tranquillizzarmi. Riuscivo però a percepire il battito del mio cuore. Mi resi conto sempre di più che avevo vissuto un terribile incubo.

    Avevo le mani intorpidite e i crampi avevano annientato le mie gambe. Sentivo un freddo gelido avvolgermi tutto il corpo, cominciavo ad avvertire le gocce di sudore ghiacciate sulla mia fronte. Mi stavo lentamente riprendendo da quella sensazione terrificante, riuscendo a metabolizzare che ero ancora presente.

    Provai a muovermi, ma ero in grado di farlo solo con fatica. Prima i piedi, poi le braccia e infine provai a spostare tutto il corpo. Volevo riuscire ad alzarmi da quel letto che mi sembrava essere di marmo gelido. Sentii la sensazione calorosa del sangue che stava riprendendo a circolare, come se il mio cuore avesse ripreso a pomparlo di nuovo. La mia bocca era arsa e dolorante, le gengive mi facevano molto male, come se i miei denti avessero dato dei potenti morsi che avevano compromesso la mandibola.

    Avevo la sensazione di aver ingoiato della terra. La gola mi bruciava così forte da non permettermi di deglutire. Non riuscivo assolutamente a placare quella sensazione. Una sensazione che sembrava raschiarmi via via tutta la laringe fino alla trachea, giù verso i polmoni.

    Piano piano cominciai a respirare in modo regolare accettando quella benefica percezione di vita. Ritrovai la forza dei muscoli e con calma riuscii a sedermi sul letto. Le dita delle mani e dei piedi sembravano ritornare a muoversi, anche se, per ora, la sensazione era quella di un forte formicolio che ne comprometteva il loro movimento. Il buio ora non era più così opprimente, i miei occhi si stavano abituando a esso. Cominciai anche a sentire i primi piccoli e insignificanti rumori a cui di solito non si fa mai attenzione. Anche il mio olfatto si stava riprendendo, riuscendo a percepire una nota di profumo che mi era familiare. Appoggiai le mani sul letto e sentii la sensazione morbida di finissime lenzuola di cotone.

    Finalmente ero in grado di capire e di godere quelle poche sensazioni che le tenebre mi stavano nascondendo. Cominciai a intravedere le sottili ombre di oggetti familiari e a riconoscere a cosa e a chi appartenevano quei deboli suoni e quella leggera fragranza così fortemente familiare.

    Riuscivo ora a pensare e dedicare quei brevi momenti a spiegare a me stesso cosa mi fosse successo.

    Era accaduto di nuovo!

    4

    L’incubo che mi tormentava sin da quando ero adolescente era inaspettatamente tornato e, come ogni volta, riusciva a farmi trasalire nel pieno della notte. Oramai le conseguenze al risveglio dall’incubo mi erano alquanto familiari. Quelle terribili sensazioni non avevano più un effetto devastante durante tutta la mattina, come, invece, mi accadeva quando ero bambino, quando esse prolungavano il loro pauroso influsso per molte ore anche dopo il risveglio. Non ero mai riuscito a frenarle neanche da ragazzo, ma ora ero in grado di attenuarle e di stabilizzarle.

    Però, la cosa che pensai subito, fu il perché del ritorno di questo incubo dopo molti anni.

    Credo che siano trascorsi ancora pochi minuti e ricominciai a riflettere sull’incubo, soffermandomi sulla sensazione nuova che avevo provato questa volta. Mi era sembrato di non essere nel mio corpo, come se non mi appartenesse più. Solo per pochi istanti provai quella tremenda sensazione. Nella mia mente, ora, mi stavo chiedendo cosa fosse successo, perché ci fosse questa spaventosa novità.

    Sin da ragazzo non avevo mai avuto la forza di piangere dopo un incubo. Ogni volta mi rilassavo e mi calmavo. Da sempre cercavo di carpirne il significato, il motivo, le cause, provando a concentrarmi su quelle spiegazioni obsolete dei traumi infantili. Ma io non ho mai avuto traumi infantili. A distanza di anni, l’incubo era tornato e questa volta mi aveva terrorizzato, aggiungendo una sensazione a me sconosciuta che, ora, non avrei saputo gestire.

    Perché il mio corpo non mi apparteneva? Perché questa terribile novità? Perché era successo ora? Perché era ritornato a distanza di anni?

    Avevo ripreso appieno tutte le mie funzioni vitali, il battito e il respiro erano regolari e rilassati, il panico se ne era andato insieme al terrore. Tutto stava tornando alla calma di una mattina d’estate. Era sicuramente trascorso del tempo, perché stava entrando nella stanza la luce del mattino. Cominciavo a scorgere gli oggetti che mi circondavano, rendendo tutto così armonioso da farmi concentrare sulla bellezza di un risveglio dei sensi, dopo una notte buia.

    Era successo di nuovo e non mi chiedevo più il perché. Almeno per ora.

    Mi infilai le mie care pantofole di pelle, che erano ordinatamente riposte nella parte inferiore del comodino. Come sempre, sopra il piano erano appoggiati una brocca d’acqua, un bicchiere, un libro che leggevo prima di addormentarmi, e i miei fedeli occhiali da lettura. Versai dell’acqua nel bicchiere e ne bevvi un sorso, assaporandone la freschezza. Questo significava che non era trascorso molto tempo da quando mi ero coricato. Sentivo tutti i miei arti lavorare di nuovo. Questa bella sensazione mi accompagnò alla finestra, dove aprii subito l’anta di legno per fare entrare un po’ di luce mattutina. Il chiarore del primo mattino riuscì a riportare nella stanza la serenità e la tranquillità che avevo lasciato la notte prima di addormentarmi. I rumori della natura che mi aiutavano a prendere sonno ogni notte, ora, stavano di nuovo favorendo il mio risveglio, facendomi lentamente dimenticare del turbamento di pochi minuti prima. Un bellissimo bagliore iniziò a diffondersi lentamente nella stanza, creando un fascio di luce che sembrava quasi divino.

    La luce iniziò a rischiarare la parte destra della stanza, creando un magico movimento simile a un’eclissi. I soprammobili, che andava lentamente a sfiorare, creavano un riverbero che sapeva di magico. Il bianco delle pareti rilanciava un riflesso aureo. Gli affreschi del soffitto che stavano iniziando a illuminarsi, sembravano muoversi di vita propria. Tutti i soggetti davano la percezione di un movimento verso la vita.

    La mia sensazione oramai non era più di paura, ma di meraviglia. Meraviglia per quanto la luce potesse cambiare lo stato delle cose. Come tutti gli oggetti sfiorati da essa, potessero beneficiare di questa stupefacente rifrazione. Feci attenzione a non farne entrare troppa o troppo velocemente, per non disturbare quella magnifica creatura che dormiva alla sinistra del mio letto.

    5

    Il bagliore del giorno cominciò a sfiorarla, ponendo il suo fascio di luce sulla vestaglia di seta bianca che aveva indossato per ripararsi dalla frescura notturna. La seta bianca creava un effetto cangiante, che dava l’impressione di vivere di luce propria. Stephanie stava ancora dormendo profondamente e i miei movimenti non l’avevano per niente disturbata.

    Così mi misi a osservarla in tutta la sua bellezza. Le lenzuola erano ormai al capo del letto. Aveva solamente i piedi coperti. I suoi bellissimi piedi che tutte le notti prima di addormentarsi mi chiedeva di riscaldare. La sua vestaglia da notte era aperta ed era risalita fino al pube, creando un sensuale gioco di vedo e non vedo. Il suo volto era rilassato. Si vedeva che stava riposando bene, ma da lì a poco quell’espressione, come ogni mattina, sarebbe cambiata con una di disturbo e di seccatura. Distesa nel letto e così piacevolmente serena formava una figura quasi mitologica, le sue forme davano l’impressione del soggetto di un meraviglioso quadro del tardo ‘800. Quell’incantevole quadro apparteneva a me e io ne ero il massimo estimatore.

    Aprii finalmente tutte le ante delle finestre che circondavano la stanza da letto. Il sole cominciava a dare un colore più intenso a quella bellissima giornata. Lo sfolgorio del giorno invase la stanza, e come già sapevo, i primi brontolii vennero emessi da quella magnifica creatura che non aveva nessuna intenzione di svegliarsi. Rimasi un po’ a osservarla da vicino la finestra. Il sole mi dava ristoro e mi stava asciugando tutto il sudore di un risveglio così caotico e così confuso.

    Ero immobile a osservarla e quella vista, unita al calore del sole, mi rinvigoriva tutto il corpo. Ora, mi sentivo vivo, a differenza di alcuni minuti fa, dove il buio, la morte, il nulla avevano preso il sopravvento su di me. Ero ancora nudo e mi misi a guardare per un attimo fuori dalla finestra.

    Era una meravigliosa giornata di agosto e il panorama che riuscivo a vedere era un compendio di colori ed emozioni.

    Il grande parco che mi si prospettava di fronte sembrava non chiedere altro che essere guardato. Il mare e le spiagge in lontananza offrivano la loro straordinaria bellezza a chi le osservava. Le verdi colline e le ocra piantagioni di grano che si mostravano alla mia sinistra, parlavano allo spettatore con toni intensi di meraviglia. Tutto questo era la perfetta cornice per quella incantevole creatura che non voleva ancora destarsi dal suo riposo.

    Ero affascinato da quella donna. Ero follemente innamorato di lei fin dal principio. Mi accostai a lei con la dolcezza che le dovevo. La sua veste si era aperta ancora di più, dopo che la luce aveva infastidito il suo risveglio. Il sole che entrava nella camera da letto le illuminava le forme toniche e armoniose. La sua pelle si mostrò così chiara che ricordava i capolavori dei grandi scultori del passato. Ma nessuno avrebbe mai potuto rendere giustizia alla bellezza di quella meravigliosa donna che mi aveva sedotto e rapito in una passione d’amore assoluto.

    Era bellissima, era la donna più bella che avessi mai visto o incontrato. Tutto di lei mi piaceva, qualunque parte del suo corpo era luce per i miei occhi. Cominciai ad accarezzare la sua pelle, i suoi capelli neri, le sue gote, per cercare di dare al suo risveglio quella dolcezza che lei meritava.

    Le prime smorfie di disappunto si intravedevano nel suo volto. Le piaceva essere svegliata dolcemente ma ogni volta doveva essere sempre spronata. Lo faceva per pigrizia mattutina e anche per gioco, sapendo che sarei stato ben felice di darle tutte le attenzioni e l’amabilità di un risveglio gradevole.

    Le diedi un bacio sulle bellissime labbra e le augurai il buongiorno, avvisandola che dovevamo alzarci perché era domenica, e, come ogni domenica, avevamo un impegno a cui tenevamo molto tutti e due.

    Né io né lei eravamo consapevoli che quella domenica sarebbe stata un giorno che avrebbe cambiato tutto. Nulla sarebbe più stato lo stesso… Il prosieguo di quella splendida mattina di agosto avrebbe trasformato le nostre vite per sempre.

    6

    Stephanie era la donna della mia vita, colei per la quale avrei messo a repentaglio anche la mia esistenza. Ora si trovava accanto a me, nel suo splendore e nella sua dolce sensualità.

    L’avevo sposata tre anni prima, nel 1963, con una bellissima cerimonia a villa Elisa, residenza di famiglia, a Massagno di Lugano. Mi sentivo un uomo a cui la fortuna aveva dato tutta la sua munificenza. Mi sentivo un uomo a cui l’amore aveva donato tutta la sua fastosa generosità. Provai a svegliarla di nuovo, anche se sapevo che ormai non dormiva più, ma voleva solamente assaporare più a lungo possibile le mie attenzioni. Così ripresi a baciarla dolcemente in fronte, accarezzai i suoi fianchi, che si erano scoperti mostrando il suo corpo nudo e sinuoso. Cercai di ricoprirla con la vestaglia di bianchissima seta, che era solita indossare per dormire, e iniziammo così un gioco affettuoso di coprire e scoprire che durò alcuni minuti, fino a che, sempre borbottando, decise di aprire i suoi occhioni neri e di alzarsi dal letto.

    Era sempre così ogni mattina. Fin dal primo giorno che decidemmo di vivere insieme. Accadde durante il periodo dell’università a Parigi. Pigramente fece i suoi primi passi e andò subito verso la finestra aperta, per godere della magnifica sensazione di tepore che quella mattina di agosto stava entrando nella nostra stanza. Si mise, senza volere, in controluce, facendo intravedere le sue forme sensuali ed equilibrate.

    I miei occhi ripresero a scrutarla con tutta la fervida immaginazione. Mi sentivo come un adolescente che scopre il corpo femminile per la prima volta. Rimasi ancora qualche istante seduto sul letto a osservarla mentre si incamminava verso la porta del bagno. Non prima però di avermi augurato una buona giornata con un bacio sulle labbra. Sembrava che non aspettassi altro. Che ero lì solamente per poter arrivare a quel bacio, come un principe azzurro delle favole.

    Le augurai una buona domenica. Poi scomparse alla mia vista, lasciando la stanza che era ritornata un luogo qualunque, abbandonando in essa il profumo della sua pelle. Chiuse la porta dietro di sé e iniziai a sentire lo scrosciare dell’acqua. Cominciai a immaginare mentre si denudava per un bagno rinvigorente.

    Mi alzai dal letto, presi i giornali che erano fuori dalla porta e mi accomodai nella poltroncina di stoffa davanti alla finestra, osservando quel cielo limpido che mostrava tutta la sua purezza.

    L’incubo ormai faceva parte del passato. Mi sentivo una persona vigorosa e felice. Felice di sentire la mia passione per quella donna meravigliosa di cui ero così fieramente innamorato e alla quale ero immensamente grato, perché la sua presenza rallegrava e rischiarava il mio mondo.

    Erano trascorsi all’incirca venti minuti. Me ne resi conto perché avevo già sfogliato tutti i giornali di quella domenica, senza però approfondire nessun argomento in particolare. Avrei riletto le cose più interessanti più tardi, dopo la colazione nel nostro giardino.

    Dopo la colazione eravamo soliti dedicare una parte della nostra giornata proprio alla lettura e ai nostri commenti sugli articoli dei quotidiani.

    Erano le 7,30 del mattino di una bellissima giornata di agosto. Una giornata che si prospettava cocente, ma che a quell’ora era perfetta per assaporare tutta la sua straordinaria bellezza. Io insieme alla donna della mia vita, ci sentivamo i protagonisti di quegli incantevoli momenti. Avevamo l’incredibile e piacevole sensazione di essere in una scena di una bellissima opera cinematografica, in cui i due interpreti erano innamorati davvero e stavano vivendo il loro sogno felici e contenti.

    AMORE ALL’IMPROVVISO

    Satellite’s gone up to the skies

    Things like that drive me out of my mind

    I watched it for a little while

    I like to watch things on TV

    Satellite of love satellite of love

    Satellite of love satellite of...

    Lou Reed – Satellite of Love (Transformer)

    RCA Records 1972

    1

    Erano già le 9,00 del mattino di quella domenica di agosto del 1966. Edoardo Gentili e Stephanie Renard erano pronti a uscire per partecipare alla funzione domenicale nella chiesa di Sant’Anna di Porto Potenza Picena, una piccola cittadina della riviera marchigiana. La chiesa distava solamente pochi chilometri dalla residenza di villa Gentili. Come ogni domenica, Edoardo e Stephanie decisero di andare alla celebrazione della messa che si svolgeva abitualmente alle 11,30 del mattino.

    Finirono la loro prima colazione. Edoardo aveva scelto di bere del caffè d’orzo accompagnato da due fette del ciambellone marchigiano fatto in casa. Un tipico dolce locale, che durante il periodo della trebbiatura era in uso essere servito nelle colazioni dei lavoratori contadini, insieme a del vino cotto. Era stato preparato da una delle cuoche della villa. Si riusciva a sentire l’odore di anice e vaniglia che lo rendevano perfetto da inzuppare nel caffè. Stephanie invece decise di bere un tè nero con una piccola quantità di latte di mucca proveniente dalla loro tenuta agricola. Lo fece seguire da una fetta di crostata alle ciliegie, sempre preparata in casa, che a lei piaceva moltissimo ed era usuale nelle sue colazioni. Per Edoardo e Stephanie era un atto piacevole che durava almeno una ventina di minuti in cui dialogavano e parlavano di solito del programma giornaliero di entrambi. Erano da sempre abituati a fare colazione insieme prendendosi tutto il tempo necessario. A differenza delle volte in cui Edoardo era fuori per lavoro e questo dolce momento non era possibile da gustare.

    Per questo, di solito, facevano durare il più a lungo possibile quei momenti di assoluto relax.

    Bevvero simultaneamente un bicchiere di acqua fresca e si alzarono per iniziare insieme a godere di quella bellissima giornata.

    Edoardo quella mattina decise di indossare un completo sartoriale di colore blu, con sotto una camicia di cotone bianco, accompagnata da dei gemelli in oro con le sue iniziali e, data la temperatura decisamente alta di quella giornata di agosto, aveva scelto di calzare dei mocassini di Ferragamo in pelle nera intrecciata. Prese anche con sé un Fedora estivo blu per ripararsi dal sole. Mise al polso il suo Bulova Accutron con cinturino in pelle e poi, come rituale quotidiano, si infilò un anello in oro cesellato con una pietra di acquamarina con taglio a cuscino. La gemma era stata casualmente rinvenuta durante gli scavi di una miniera di sua proprietà in Brasile.

    Stephanie invece aveva optato per un tubino leggero in cotone color crema di Lanvin, il suo stilista preferito. Anche lei indossò dei mocassini di Ferragamo in pelle color crema. Prese un foulard di Hermes da indossare a modo di fazzoletto, come era di gran moda in quel periodo. Era uno degli innumerevoli foulard che suo marito le portava in regalo da Parigi. Per ultimo Stephanie si mise al collo un collier con gemme di topazio gialle da abbinare a un braccialetto di stessa fattura.

    Salutarono con un cordiale buongiorno tutto il personale della villa. Come ogni mattina, i responsabili dei vari incarichi erano ad aspettarli nell’androne, in attesa di particolari istruzioni. Però quella mattina non ci sarebbero state mansioni speciali, visto che avevano deciso di trascorrere tutto il giorno girovagando nei paesi limitrofi.

    Stephanie ed Edoardo erano pronti a dare inizio a quella bella giornata da trascorrere insieme. Si incamminarono verso il garage della villa tenendosi per mano come due ragazzini. In quel garage erano custodite tutte le auto di proprietà della famiglia Gentili.

    Il grande locale era pieno di auto, che ricordavano dei momenti particolari della loro vita. C’era il Maggiolino di colore celeste che Stephanie aveva guidato durante la sua permanenza a Parigi per gli studi universitari. C’erano anche un’Alfa Romeo Giulia GTA di colore rosso, un’Alfa Romeo Spider (Duetto) di colore bianco. Tutte le altre auto in fila erano invece di proprietà della compagnia, che Edoardo faceva guidare a Roberto, il suo autista personale.

    Accanto al garage c’era anche una piccola officina, dove Stephanie si dilettava per puro hobby a riparare e fare manutenzione al suo amato Maggiolino. Stephanie aveva ereditato questa passione dal padre Claude, che aveva un’officina meccanica nel centro di Mentone. Durante la Seconda guerra mondiale, quando lei era appena nata, era stato costretto a occuparsi della manutenzione dei mezzi di trasporto del governo di Vichy. Una volta liberata la città da parte degli alleati, quell’officina per Stephanie si rivelò essere il miglior posto dove giocare da bambina.

    Una volta diventata adolescente, durante le pause dei suoi studi, le piaceva aiutare il papà al lavoro.

    Quella domenica mattina Edoardo e Stephanie scelsero di uscire con la bellissima Alfa Romeo Spider disegnata da Pininfarina. Edoardo l’aveva acquistata a Ginevra appena due mesi dopo il suo lancio avvenuto nel marzo del 1966.

    Si sedettero in auto, pronti a partire. Edoardo, come di consueto e di gran moda in quegli anni, indossò dei guanti da guida in pelle di pecari marrone. Erano tagliati al livello della seconda falange per una presa migliore del volante di guida. Stephanie prese il suo foulard con disegni allegorici in tonalità oro e marrone e se lo avvolse intorno alla testa per riparare la sua pettinatura durante il tragitto.

    Dopo un gesto di Stephanie, come per dare un via a una gara di auto, Edoardo mise in moto.

    Salutò il suo fedele Roberto, che era intento alla pulizia delle auto di rappresentanza e iniziò a guidare verso il tratto del vialetto che conduceva all’uscita della villa. Passarono dalla zona scura con luce artificiale dei garage, alla folgorante luce del giorno. Subito i due indossarono gli occhiali da sole che erano riposti nel portaoggetti dell’auto.

    Era tutto così bello, così romantico e vigorosamente eccitante.

    Provarono un senso di apprezzata frescura attraversando il viale alberato che raggiungeva il grande cancello di ferro della loro proprietà. Si fermarono un attimo per dare il buongiorno a Giuseppe, uno dei custodi della villa, e alla sua famiglia.

    Augurarono loro una buona domenica facendo anche un in bocca al lupo ad Antonio, figlio di Giuseppe, per la partita di calcio di una squadra locale di ragazzini. Giuseppe, la moglie e Antonio, che era già in divisa della squadra e con le scarpe da calcio, ricambiarono il loro gesto di saluto, accompagnandoli con lo sguardo fino alla fine del breve tratto stradale che avrebbe portato l’auto a incrociare la strada provinciale. L’auto dei coniugi Gentili si immise nella strada statale di Porto Potenza Picena e sparì dalla loro vista.

    Quando la Duetto di Edoardo cominciò a percorrere la strada provinciale, cominciarono a vedere un incredibile panorama fatto di tutti i colori della natura.

    A nord e a sud della loro posizione potevano vedere i vari appezzamenti di terreno agricolo. Avevano una miriade di colori. Nella stagione estiva andavano dal giallo delle spighe di grano e di grano turco che stavano per maturare, al verde degli alberi di fichi, con i frutti dal color viola che erano pronti per essere raccolti. Le piante di cece quercia davano una nuance di verde scuro a tutti i campi coltivati intorno.

    A est, proprio di fronte a loro, si apriva un panorama meraviglioso, che partiva dal monte Conero con la sua folta vegetazione, fino alle spiagge del maceratese e del fermano, che si lasciavano andare verso il mare Adriatico. A ovest invece si ergevano i bellissimi monti Sibillini, con una colorazione che toccava tutte le sfumature cromatiche del verde.

    Era una meravigliosa sensazione di assoluta bellezza donata loro dalla regione Marche, dove Edoardo e Stephanie avevano deciso di vivere. Erano rimasti colpiti dalla bellezza dei luoghi e dei borghi circostanti. Decisero di fermarsi per un attimo a contemplare questo bellissimo spettacolo marchigiano. Potevano ammirare tutte le meraviglie della Terra di Marca, che aveva dato i natali a personaggi illustri della cultura e dell’arte come Giacomo Leopardi, Raffaello Sanzio, Gioacchino Rossini, Donato Bramante, Maria Montessori e Giovan Battista Pergolesi.

    Stephanie ne approfittò per tirare fuori dal cruscotto dell’auto la sua Leica M3 che aveva portato con sé. Aveva intenzione di fare delle fotografie di loro due in quella splendida giornata. Si soffermò in particolare verso il monte Conero e suggerì a Edoardo di farci una piccola gita in auto, prima di andare alla funzione domenicale. Suo marito annuì con gratitudine. Sapeva che poteva far andare la sua nuova auto su quelle strade tortuose del Conero e godere della potenza e della affidabilità di un’automobile che aveva fortemente voluto non appena immessa sul mercato.

    2

    Arrivarono all’incrocio della statale 16 e cominciarono a notare il primo flusso dei vacanzieri domenicali che si recavano nelle spiagge di Porto Potenza Picena.

    Era una giornata caldissima e quasi tutti volevano beneficiare di quel sole e di quel mare dopo il lavoro settimanale. Vedevano le famiglie numerose raggiungere la spiaggia a piedi, per lo più attraverso ponticelli e sottopassaggi. Le spiagge di quella zona erano delimitate dalle rotaie della linea ferroviaria adriatica. Scorgevano le auto cariche di adulti con bambini e con nonni. Le auto avevano quasi tutte, o almeno in maggioranza, i portapacchi sul tettino. Portapacchi che erano pieni di ombrelloni, sdraio, materassini in gomma, confezioni di bocce, biciclette e vari giochi da spiaggia. Immancabilmente a quei tempi, erano stipati anche vari portavivande.

    Si guardarono divertiti per quel modo di godere del mare. Erano contenti di sapere che quella splendida giornata avrebbe dato riposo e beneficio ai tanti lavoratori della zona.

    Girarono a sinistra in direzione nord. Erano appena le 9,30 quando attraversarono Porto Potenza Picena, osservando il brulichio di persone che si recavano a fare colazione nei bar del paese insieme alla gente che usciva dalla funzione religiosa del mattino.

    Lasciato il centro abitato, la loro avventura domenicale a bordo della nuova auto era in procinto di iniziare. Edoardo constatò che l’aria che entrava dalla cappotta aperta della sua Duetto non recava nessun fastidio e non disturbava né la guida né la conversazione.

    Questa scoperta era veramente piacevole, perché confermò di aver fatto una buona scelta nell’acquisto di questo nuovo modello di auto. Soprattutto era felice che Stephanie stava apprezzando moltissimo quella passeggiata e che stava godendo di quel sole temperato dall’aria che entrava.

    Il suo volto era radioso.

    Era facilmente intuibile che si sentisse felice e che stava apprezzando la piccola gita, programmata solamente all’ultimo minuto. Avevano circa un’ora e mezzo a disposizione. Questa idea di girare in auto per le strade del monte Conero doveva essere messa in atto con una velocità abbastanza sostenuta. Questo sembrava piacere e soddisfare entrambi.

    Edoardo era un buon guidatore, anche se di solito aveva a disposizione tre autisti personali per i viaggi di lavoro. Stephanie apprezzava molto di più il suono dei motori delle auto. Riusciva a intuire il numero dei giri del motore a ogni cambio di marcia e dicendolo ad alta voce. Le critiche sul modo di guidare stavano indispettendo per gioco Edoardo. Si sentiva orgogliosa di quella passione per i motori e per la conoscenza di tutte le parti meccaniche di un’auto.

    Conoscevano bene quel tragitto per arrivare alla spiaggia di Portonovo ai piedi del monte Conero dove avevano deciso di arrivare. Lo avevano fatto diverse volte in analoghe occasioni e in differenti stagioni. Sapevano quindi che tra andare e tornare, avrebbero fatto in tempo per partecipare alla messa domenicale a cui tenevano molto.

    Percorrendo per un tratto ancora la strada statale 16 arrivarono a Porto Recanati. Era una cittadina che faceva del turismo balneare la sua maggiore attività, con ben nove chilometri di spiagge. Attraversarono il paese tenendo sulla destra la piazza Brancondi con il cinema Kursaal e una piazza piena di persone sedute ai tavoli dei vari caffè e chioschi. Stavano tutti godendo del fresco di una bibita e dell’ombra offerta dalle varie piante. Sulla sinistra invece oltrepassarono il Castello Svevo, edificato nel XIII secolo dall’imperatore Federico II di Svezia.

    Si ritrovarono dopo pochi minuti sulla strada Provinciale 100, lasciandosi alle spalle lo scheletro di una struttura di forma paraboloide adibita a magazzino. Era l’armatura di un edificio della Montecatini Edison Industria Chimica, che forse avrebbe potuto fare quella costruzione in una zona più idonea e meno invasiva. Questo era il commento di Edoardo e Stephanie appena passato quel complesso che disturbava gli occhi di qualsiasi persona di buon senso. Ogni volta che passavano di lì riuscivano a trovare un aggettivo sempre più rappresentativo di quella odiosa veduta. Fortunatamente essa durava solo pochi secondi, perché subito dopo iniziava a presentarsi a loro la splendida bellezza della litoranea.

    Spiagge piene di ombrelloni già aperti con molte persone che stavano facendo il bagno in quel mare così azzurro e chiaro. Si potevano vedere i bagnanti entrare nei tipici casotti a strisce bianche e blu. C’erano i bambini che mangiavano un gelato o la pizza e giovani che si radunavano vicino ai jukebox. Percorsero tutta la strada litoranea.

    Edoardo era leggermente stizzito per doversi fermare molte volte per far attraversare i bagnanti che, in zoccoli o ciabatte di plastica, si recavano al mare.

    Alcuni portavano il cocomero in mano, altri, con la sporta di vimini, piena di chissà quanto ben di Dio. Inoltre, c’erano i bambini che erano costretti a mettere i vari canotti e salvagenti già gonfiati sopra le loro teste, rendendo quasi impossibile la vista con le madri che imprecavano di fare attenzione a dove mettessero i piedi.

    Arrivarono alla spiaggia di Marcelli di Numana e notarono come la miriade di ombrelloni con tutti i colori dei vari stabilimenti balneari dessero un effetto arcobaleno al litorale di sassi bianchi che si estendevano fino alla battigia. Finalmente lasciarono la strada della litoranea per addentrarsi verso Numana. Passarono a fianco di un villaggio turistico appena costruito, di cui si poteva notare la buona integrazione con la natura che lo circondava.

    Iniziavano ora una serie di curve, dove finalmente Edoardo poteva collaudare la tenuta di strada e le varie peculiarità della sua nuova auto. Cominciava a mandare su di giri il motore per sfruttarne al meglio la potenza e la tenuta di strada.

    Passarono anche il paese di Sirolo, che era forse il paese più caratteristico del Parco del Conero in cui si erano appena immessi. Era un borgo da cui si poteva accedere attraverso un sentiero sterrato, alle spiaggette dei Sassi Neri, di San Michele e la spiaggia Urbani. Erano piccole spiagge isolate dove spesso erano andati per trascorrere qualche ora in assoluto relax. Da quelle insenature si potevano osservare i due faraglioni chiamati le Due Sorelle, che avevano le sembianze di due suore intente a pregare. Per questo motivo a quei due faraglioni che emergevano dalle acque di questo mare limpidissimo, era stato dato quel nome suggestivo.

    Lasciata Sirolo, cominciarono ad addentarsi nel Parco Naturale del Conero, un’oasi ambientale di macchia mediterranea. Il nome derivava da Komaròs, dagli antichi greci: il corbezzolo, anche detto ciliegio marino, ovvero una pianta arbustiva sempreverde, che in autunno produce le caratteristiche bacche colorate dall’arancio al rosso vivo. Il parco avvolgeva, come una coperta verde, uno dei più importanti promontori italiani, con le rupi più alte di tutta la costa orientale. Un parco dove transitavano e si fermavano a primavera gli uccelli migratori, come il falco pellegrino, il falco pecchiaiolo e i rapaci notturni. Nei suoi boschi si potevano trovare una miriade di pini, cipressi, cedri, e alcuni tipi di latifoglie tra cui dominava il leccio. E dove, naturalmente, le numerose piante di corbezzolo facevano da padrone.

    Edoardo era su di giri perché la sua auto stava percorrendo una serie di tornanti dove poteva esprimere al meglio la sua abilità di guidatore. Passava dalle marce alte a quelle basse con avidità, come se volesse mettere a una prova di velocità, aderenza, maneggevolezza, stabilita e comfort la sua vettura. Aveva la piacevole sensazione di sentirsi un collaudatore di automobili. Ogni tanto le gomme fischiavano a causa dell’attrito e dell’aderenza. Questo, però, non sembrava turbare minimamente Edoardo e Stephanie. Anzi, era una sensazione che dava loro un brivido di eccitazione. La guida nel parco era molto piacevole, anche perché il sottobosco che circondava la strada attenuava la temperatura di quella cocente giornata.

    Transitarono di fianco all’imboccatura di un tunnel, circondato da doppie file di reti con filo spinato entro cui circolavano dei cani da guardia. C’erano delle torrette di guardia e cartelli che informavano sul divieto di fare fotografie e rilievi, anche a vista.

    In quell’esatto momento Edoardo e Stephanie cominciarono a fare delle supposizioni sulla segretezza di quel posto localizzato tra le frazioni di Poggio e Massignano. Secondo Edoardo, in quelle grotte, sorvegliate giorno e notte, c’erano dei tunnel militari, dove si sarebbero svolte azioni di spionaggio. Un progetto Nato chiamato Echelon che durante la Guerra Fredda ancora in corso sorvegliava le attività dell’Unione Sovietica. Era per lui un posto di osservazione con attenzione particolare alla Jugoslavia dove, solo tre anni prima, si era insediato il dittatore Tito.

    Invece Stephanie era convinta che in quelle grotte era presente un deposito di munizioni della Marina Militare Italiana e della Nato. Secondo il suo parere nel ventre della montagna c’erano armamenti nucleari e sommergibili, che uscivano da grotte sotto il livello del mare. Ne nacque una pacifica discussione sulla necessità di un paese di servirsi degli armamenti nucleari. Armamenti che avevano portato il mondo sull’orlo della guerra mondiale nucleare durante la crisi dei missili di Cuba del 15 ottobre 1962. Discussero un po’ anche sulla guerra degli Stati Uniti D’America in Vietnam, che ancora sembrava non trovare una soluzione pacifica. A Stephanie piaceva molto confrontarsi con Edoardo in discussioni politiche ed economiche.

    Per lei era sempre un piacere ascoltare le notizie che suo marito le forniva sulle questioni internazionali, vista la sua posizione nel tessuto sociale ed economico mondiale. La diatriba però non durò molto a lungo, perché erano già arrivati in cima alla montagna. Erano già al bivio che li avrebbe fatti scendere fino alle spiagge di Portonovo.

    Notarono con disappunto che nell’unica strada di accesso c’era un andirivieni di auto di vacanzieri. Mezzi in sosta che riempivano le carreggiate in ambo i sensi di marcia.

    A causa di ciò decisero di non proseguire oltre e di tornare indietro, guadagnando almeno una decina di minuti sull’ora programmata per il ritorno. Stephanie a quel punto chiese a Edoardo di fermarsi in una piccola area di sosta proprio in cima alla strada. Voleva poter fare delle fotografie di loro due con il bellissimo panorama sottostante.

    Videro un signore a torso nudo con i pantaloncini color marrone e delle ciabatte in cuoio camminare con degli asciugamani in mano. Stephanie gli chiese cortesemente di fare loro delle foto. Edoardo invece gli chiese affabilmente di mettere a fuoco la sua nuova auto. Quel signore, con modo garbato, gli rispose che non era capace di fare fotografie professionali, ma che avrebbe fatto il possibile per riuscire nella sua richiesta. Stephanie sorrise divertita. Sapeva che non era affatto possibile essere fotografati insieme all’auto completa. Questo a causa della poca distanza tra chi stava fotografando e loro due che erano in posa. Così, dopo aver ringraziato l’uomo, si mise in mano la sua Leica e iniziò a scattare delle foto alla Duetto con Edoardo felice come un bambino alla guida e con un panorama mozzafiato alle spalle.

    Nel viaggio di ritorno furono più taciturni dell’andata.

    Edoardo nella sua nuova auto aveva fatto installare un’autoradio della Philips con sintonia FM e AM e la sintonizzarono sul secondo programma della Radio Italiana. Si misero ad ascoltare, per quanto fosse possibile a causa dell’aria, il programma Gran Varietà, che aveva appena iniziato la trasmissione. Da poco più di un mese andava in onda la domenica mattina, dalle 9,30 alle 11,00. Era un programma molto piacevole da ascoltare durante la guida ed era condotto da Johnny Dorelli e Mina. Si concentrarono all’ascolto delle canzoni e degli sketch umoristici.

    Erano completamente trasportati dalla bella musica e divertiti dai vari interventi di Aldo Fabrizi, Paolo Panelli, Bice Valori e Alberto Sordi. Questo innovativo programma radiofonico sembrava perfetto per quella domenica mattina e per quella passeggiata in auto. Al romanticismo della breve gita aveva aggiunto l’ilarità e il divertimento scanzonato.

    Era un piacere per entrambi correre su quelle curve e

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