Trattenendo la notte
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Sono giovani, Daniele e Cecile, quando per la prima volta incrociano i propri sguardi in una notte mediterranea. La successiva aurora li consegnerà alla vita adulta: lui studierà da regista a Roma, lei da musicista in Francia. Quello che vivono è un tempo inquieto di desiderio e di mutamento – il Sessantotto sta maturando la sua convulsa fioritura intellettuale – ed entrambi possono sentire, attraverso l’arte che gli brucia dentro, la necessità urgente di una vita che non sia uno sperpero.
Le stagioni che li vedono legati in un’intimità istintuale e sfuggente sono frenetiche, vissute rincorrendosi di città in città, Firenze, Amsterdam, Berlino, e finalmente Parigi. E quando la mancanza sarà inesorabile, resterà un languore viscerale, assoluto, che la tessitura imprevedibile di un destino amaro saprà rianimare.
La cristallina dolcezza lunare non è una mera scansione temporale, ma compenetrazione profonda, perfetta nel far risuonare la grazia di un sentimento raffinatissimo in un mondo irrequieto, che non smette mai di scorrere, trascinando con sé sì gli anni ma non il senso delle emozioni.
Parole di grande eleganza magnificano il proprio potere evocativo, e del ricordo fanno nuova immagine, cucendo un passato lontano a un epilogo struggente. La malinconia ha la sfumatura di un intimismo autentico, dai riverberi preziosi della confessione.
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Anteprima del libro
Trattenendo la notte - Osvaldo Fanella
Introduzione
L’emozione e la parola
Le emozioni abitano una terra ancora in gran parte sconosciuta. […] Hanno la loro radice nella parte più antica del nostro cervello e i loro effetti nelle parti considerate più nobili del nostro sentimento, dei nostri vissuti.
Umberto Galimberti, Il libro delle emozioni
L’esperienza che creano è indiretta. Le parole ostacolano la comprensione dandoci l’illusione di capire; confinano e limitano, inducendoci a credere di aver espugnato il mistero. Le parole possono solamente rappresentare l’autentico.
Ray Grigg, Il Tao delle relazioni tra uomo e donna
Incarnano la notte i sogni e le fantasie e lanciano domande sul cielo vuoto che contiene il mistero dell’anima e del corpo, e delle parole smarrite che ne narrarono la grazia.
La luna sorveglia il viaggio notturno e governa il tempo e ciò che vive, mutante modella il mondo secondo ritmo di musica e danza, talvolta sfrenato e rotante, sempre in attesa fintanto che torni luna piena.
Soffia un’altra vita ai corpi e ai gesti d’amore, libera i pensieri che sono anche sentimenti, strappati a una melanconia che chiede di essere negata.
Della luna l’emozione ha il silenzio. E l’infinito che vi dimora.
Anche le lucciole fanno pause di luce per aderire al silenzio che sperimenta la tenerezza, l’inquietudine, l’incanto che non possono essere comunicati.
È lo spaesamento della parola di fronte all’inadeguatezza di tradurre l’indicibile, il non visibile, l’inaudibile.
L’emozione sorprende e ogni tentativo di parola tace. Trascina via verso ciò che inquieta e insieme seduce, attira nel luogo dove la bellezza vive e salva dal noioso succedere delle cose nel mondo.
Le parole parlate e le emozioni esibite. Rimaste sospese sotto lune di storie esuli e senza entusiasmo, distinte e uniche ma rese uguali dalla compassione e dalla pietà.
Poi mescolate alla vita, addomesticate tra le rughe di cronache familiari o affabulate nelle stanze di anonimi alberghi di città metropolitane.
Consumate senza meraviglia ovunque annida l’attimo sorgivo del bisogno di sentirsi attesi, là dove si immagina di esistere e resistere alle lacerazioni del presente e alle ombre del passato.
Forse non ci verrà rivelato il paese felice da cui partimmo per naufragare in questo, a decifrare l’oscurità della luna che sospende la parola.
Eppure ci ostineremo a rintracciarne gli echi fino al luogo dove si rifugia la memoria che denuda l’esperienza e la consola.
Per non lasciare che qualcosa del tempo che abbiamo attraversato sparisca come se non fosse mai stato.
E se la ritroveremo, non avrà più le voci che ebbe e niente sarà come prima. Non sarà l’ultima udita e portata via dal silenzio, la voce della mancanza, la verità concreta e ineludibile dell’incontro con la sofferenza.
Lasceremo allora che rimangano la narrazione o la scrittura a farla esistere e il ricordo ad animare il vento ruvido che evoca e interroga.
Torneremo a consentire l’inganno del percorso interpretativo, nella distanza incolmabile tra la realtà e il sogno, tra l’evento e il racconto onirico.
O ci concederemo di pensare che le piccole infedeltà che ogni interprete compie trovino senso nel tentativo di darle nuova possibilità, consentendole di continuare a mentire diventando scrittura.
Perché la menzogna perpetui la promessa, ognuno declinandola secondo avventura.
Mentre quello che resta è l’impossibilità di essere ciò che è stato immaginato, l’emozione primitiva, la follia dello sguardo che parla attraverso il silenzio che lo abita.
Sospensioni
È possibile che gli elementi iniziatici e rituali che animano i misteri della luna conservino la traccia della dimensione simbolica della parola capace di cogliere l’essenza dei sentimenti?
E questa può rappresentarli nella loro autenticità?
E i vissuti che riaffiorano dal nostro profondo come sogni e fantasie saranno comprensibili a chi non ha già sperimentato l’incontro con la matrice profonda che li ha generati? E come può accadere?
Può avvenire nel lento perpetuarsi di una coscienza legata più alla notte che al giorno, pertanto vicina all’emozione e lontana dalla logica causale e dal giudizio? Vicina alla vita e al destino più che al pensiero astratto e razionale?
Nessuna risposta e nessuna verifica da fare.
Qualcuno ci ha ricordato che il mistero e il miracolo dei sentimenti non possono essere spiegati, né sono traducibili nel linguaggio del quotidiano. Gli unici autorizzati a parlarne sono i poeti e gli artisti. I cantori del cuore, i sognatori cari alla luna.
Cammino con un santo predicatore di menzogne
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