Passione Europa. Storie di viaggi da una città all'altra
Di Gary Bruni
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Anteprima del libro
Passione Europa. Storie di viaggi da una città all'altra - Gary Bruni
Gary Bruni
Passione Europa
Storie di viaggi da una città all'altra
B&B Edit. Publishing
Titolo l Passione Europa – Storie di viaggi da una città all'altra
Autore | Gary Bruni
ISBN | 978-88-27854-74-7
© Tutti i diritti riservati all'Autore
Nessuna parte di questo libro può essere
riprodotta senza il preventivo assenso
dell'Autore.
B&B Edit. Publishing
… everywhere…
Indice
Introduzione 4
Porto Revolving Doors 8
Iberia pasión Final 15
Burian Lumière 21
Tecno amici sugli antichi pavé 28
La mia Wembley 37
One night in Soho 46
Liverpool streets 52
Scure, rosse, bionde 58
Save the night 69
Glasgow colors 73
Donne, fumo e disco dance 82
Due facce di un Muro 92
Copenhagen downtown meeting people 101
L'Islanda e noi 108
Notti brevi tra i fiordi 116
Viking café 125
Mare scuro e cieli grigi 133
Ostaggi in una favola 140
Baciccia di ogni mare 147
Brodvejus show 156
Misteri rossi 164
Kiev drama frames 176
Varsavia buskers 185
Gambrinus way 191
Sulle due sponde del Danubio 198
Nuovi sudditi e Imperatori 205
Birre di Ottobre 212
Valicando lingue e dialetti 220
Verso la città eterna 229
Calcio al confine 236
Balcanica 1 243
Balcanica 2 253
Traffico, Templi e Dei 261
Istanbul express 265
Sofia day and night 272
Gara de Nord A\R 281
Introduzione
L'Europa vista come un giardino, dove risplendono i fiori differenti e multicolori delle buone genti. Immagini, aneddoti e riflessioni attraverso i luoghi e le persone del mosaico di popoli che la compongono e che vi si intersecano. Mi piace definire questo insieme di racconti delle Little road stories
, in quanto ciò che conta è essere sempre in viaggio e goderne di ogni attimo, in treno come in aereo, in bus come in nave, in auto e persino in bicicletta ma soprattutto a piedi (walk), essendo sempre consapevoli di dover ringraziare il cielo per poterlo fare. Con nella sacca soltanto il necessario e lasciando un po' di posto per le essenze da portare a casa dai variegati siti. Una serie di racconti su combinazioni di incroci umani sugli sfondi delle differenti città, un cercarsi o trovarsi per una voglia o un bisogno di comunicare e dove spesso emerge la passione per il calcio, che diventa un linguaggio universale, un punto di partenza per dialoghi e confronti, seguendo la squadra dei Marinai, viaggiatori per definizione. Verso i Grandi Centri partendo da Trieste, la mia città, terra di confine e di passaggi storici di genti e di culture diverse, che agevolano e abituano nella ricerca e nel confronto delle diversità. Little road stories
sulle strade d'Europa, spesso partendo in solitaria e trovando compagni di viaggio lungo il cammino. A scoprire, chilometro dopo chilometro, tutto ciò che si presenti sul proprio passaggio, dai variegati paesaggi della natura agli anfratti dei labirinti urbani. Rimanendo spesso avvolte dal frutto della sua terra che si trasforma in quello schiumoso liquido biondo, rosso e scuro, che nel tintinnio di incontri di vetri tra boccali di birra negli infiniti cheers, è artefice, per quanto vissuto, di grande forza d'unione tra le genti. Una raccolta di situazioni viste e vissute, in viaggio e dentro le città del Vecchio Continente, dagli anni novanta ai giorni nostri. Passando dalle Penpal via posta alle chat internet, dalle cartoline alle foto inviate da whatsapp, dalla ricerca di una cabina telefonica agli smartphones sempre connessi. L'indice analitico diventa una guida, per il quale in ogni capitolo ci si ritrova in una storia, in un tempo e in un'area geografica differente. Tutto il libro è un giro di lancette a 360 gradi sull'Europa, dal Mediterraneo alle terre del Nord, dal suo Cuore fino ai Balcani. Tre sono i suggestivi spostamenti temporali, ovvero le medesime situazioni poste in un altro tempo, nei capitoli Due facce di un Muro
, Calcio al confine
e Misteri rossi
, perché ho pensato fosse divertente ritrovarmi con quegli stessi compagni di viaggio in una diversa epoca storica in quei medesimi luoghi. Casualità, incontri effimeri e altri più profondi, che avranno però tutti un loro posto in fondo al cuore. Un abbraccio sincero alle città e alle genti d'Europa, dedicato a chi voglia aprirsi, a chi ha già percorso quegli stessi luoghi e a chi riuscirà a sognare immaginandoli.
Gary Bruni
... a travelmate
Porto Revolving Doors
È un lunedì sera che si trascina un po' fiaccamente nel centro storico di Genova e dopo aver consumato una pizza accompagnata da una buona birra, finalmente esco dal locale e inizio a muovermi tra i caruggi, gli stretti vicoli della città vecchia. Ma evidentemente mi devo essere dilungato un po' troppo al mio tavolino con internet al cellulare perché mi accorgo che è quasi mezzanotte, molti locali stanno chiudendo e in giro c'è ormai poca gente. Mi dirigo allora sotto i portici verso il Porto Antico, dove sulle panchine circolari sotto alle alte palme ci si può rilassare al fresco serale di queste calde giornate estive. Di giorno, come di sera, il posto pulsa di vita, un vero alternativo centro cittadino, con quell'ampia passeggiata ad arco, costeggiata da una miriade di barche e con sullo sfondo le navi grandi e la Lanterna. Di notte rimane tutto illuminato e c'è sempre comunque un mini via vai di persone. Controllato da forze dell'ordine e da steward del servizio privato, come è giusto che sia. E proprio uno di questi steward sedendo piuttosto vicino a me, aveva attirato la mia attenzione, sia per la pettorina fluo, sia per un dialogo che stava intrattenendo che a me sembrava surreale. Stava parlando con un altro ragazzo che si trovava lì con dei disegni fatti su dei fogli il quale diceva di fare anche tatuaggi. Il tatuatore gli aveva mostrato le sue braccia, facendo vedere come sulla sua pelle i tatuaggi fossero venuti male, ma a lui non interessava tanto perché a farglieli, diceva, erano stati gli amici suoi, ma sottolineava che se fosse lui a farli, li farebbe per bene. Io però mi chiedevo quale pubblicità sarebbero state le sue braccia. In risposta lo steward gli fa vedere i propri, che più che tatuaggi sembrano delle macchiette sulla pelle e infatti dice di averseli fatti da solo, quando era ubriaco, aggiungendo sorridente: guarda che merda!
. Guardo sorpreso verso di loro e gli dico: ma siete incredibili... ed io che ho sempre pensato che un tatuaggio dovesse essere uno stupendo disegno, che rappresenti qualcosa per la persona stessa e che sia da portare con orgoglio per... tutta la vita!
, ma loro non sembravano preoccuparsi troppo di questa cosa. Ma poi
, gli dico, come l'avresti fatto? ce l'hai l'attrezzatura?
risponde che si, aveva comprato un kit da pochi soldi. Insomma, tutto un po' così improvvisato. Si chiama Giulio, è di Genova Sestri e lavora qui al porto, poi parliamo di tutto un po', anche del suo turno che durerà fino alle 7 del mattino. Spunta anche una chitarra nelle mani dell'altro ragazzo, Eduardo, il tatuatore, che scopro venire dal Perù, come i suoi lineamenti già lasciavano intendere di una certa provenienza e capisco così che è un buon artista di strada: tatuaggi, disegni e chitarra e dice che ciò gli permette di guadagnare per vivere. Soprattutto con i tatoos, che lui esegue direttamente a domicilio dai clienti. Interessata al dialogo riferito all'Art Street, ma molto probabilmente senza capirci una parola, una ragazza francese, sedutasi poco prima sulla panchina circolare. Auriel era arrivata oggi stesso per accompagnare il suo fidanzato al porto, da dove si era imbarcato per Tunisi. Si parla un misto francese inglese e mi dice che assieme a loro è venuto anche l'amico Maxime, che deve essere in giro qua attorno. Però l'auto era salpata con la nave assieme al fidanzato e loro avrebbero dovuto ripartire in autostop! Verso dove? Brest, città portuale della Bretagna, il luogo francese più distante dal punto in cui ci troviamo. Mi giro attorno e vedo che lo steward non c'è più. Ho pensato che avesse dovuto fare i suoi giri notturni ripetuti, in realtà non lo rivedrò più. Auriel inizia a parlare e ridere sempre più. Le dico che arrivo da alcuni giorni passati a Marsiglia e che ci vedo molte similitudini con Genova, città e genti di mare come noi, uniti da un filo che ci lega. Infatti anche là, sotto al monte di Notre Dame de la Garde, tutto ruota attorno al Vieux Port, con dei bei locali dove ricordo di personaggi bizzarri e pure una bella rissa in stile marinaresco. C'era un uomo dai capelli grigi con addosso ancora i vestiti da lavoro della sua lunga giornata appena conclusa che discuteva con tre punk seduti a terra sul marciapiedi, su chi fra loro quattro avesse i vestiti più sporchi e su chi avesse più diritto ad averli in quello stato. Una ragazza che passava lungo la banchina mi chiese di aiutarla perché aveva uno zaino sulle spalle il cui moschetto si era impigliato sul suo giubbettino e per agevolarmi mi aveva fatto camminare venti metri più avanti per poi salire lei sulla prima bitta di quella banchina affinché potessi intervenire ad un'altezza migliore. Più tardi entrai a bermi una birra in un bar chiamato Marenco
, c'era sulla porta un tipo grosso e sformato, con tatuaggi su polpacci e bicipiti e con una bandana da corsaro, che corteggiava una ragazza bassa ed esile. Un tipo magro e dal volto affilato, con un sorriso da Joker un po' ingenuo e un cappello stile gangster, sembrava saperci fare con le donne, era già la seconda con cui si intratteneva e le offriva da bere. Forse però quei bicchieri non riusciva a reggerli troppo, perché dopo un po' era apparso alticcio e lo vidi discutere con il security fuori dal locale di fronte, a pochi metri dal Marenco
, dove evidentemente voleva andare a continuare a divertirsi. Ma non era l'unico ad aver alzato il gomito, perché proprio sull’affollata stradina dove si mischiavano gli avventori dei due locali, si sentì prima alzare la voce, poi qualche spintone, bicchieri che si infransero e infine botte. Poi fuga e inseguimento tra cinque-sei persone sulle stradine del Vieux Port, ribaltando alcuni tavolini di clienti che stavano tranquillamente cenando nei ristoranti all'aperto. Tutte le persone in piedi, tra le grida, a seguire quella corsa, poi quando tutto finì, ognuno riprese a bere, chiacchierare e commentare. Allora domando ad Auriel cosa pensassero quelli del Nord come lei di quelli della città della Provenza al Sud. Uh
, lei fa, i marsigliesi te la raccontano sempre grande, di un topolino ti fanno un elefante
mimando il tutto... e giù a ridere. Un altro sguardo attorno e vedo che anche Eduardo è sparito nel nulla, assieme a chitarra, disegni e tatuaggi. Proprio al suo posto stanno luccicando, su un volto scuro scuro, nella notte del Porto Antico, gli occhi di un ragazzo di colore, Saneh, viene dal Gambia e abita in città. Non da molto sembra, perché in pratica parla solo inglese e può inserirsi nel dialogo a mosaico solo quando lo può comprendere in quella lingua. Ad un tratto, arriva uno con una camminata caracollante ma spedita, saluta tutti e parla in modo veloce con Auriel. È Maxime, dove sia stato non si sa, ma a quanto pare ora già si prepara a passare la nottata al porto. Poco prima sulla panchina adiacente, si erano seduti tre ragazzi magrebini, avevano osservato quel movimento e con un'iniziale battuta si scambia qualche chiacchiera anche con loro, uno mi invita a sedere, è Akhim marocchino come gli altri due, e mentre approfitto per chiedergli una mia curiosità e cioè quale sia la nazione araba più vicina alla lingua più pura, vedo Auriel incamminarsi e scomparire 50 metri più in là... mi domando, qui spariscono tutti, si farà rivedere?
. In ogni caso loro mi rispondono, non proprio all'unanimità, che l'Egitto ma anche l'Arabia Saudita si avvicina di più alla lingua araba pura. Parliamo anche di fidanzate e cuori in pena, ci confessiamo debolezze, ma dopo un po' arriva una coppia di giovani locali e chiede qualcosa proprio ad Akhim, lui si alza e con la coppia si allontana. Realizzo in quel momento che stavo parlando con dei pushers. Improvvisamente ricompare Auriel, così ho un motivo in più per alzarmi e lasciare i due tipi rimasti. Altre risate, Maxime che sembra ancora cercare il giaciglio giusto, ma ormai è tardissimo e non mi resta che salutare. Sono rimasti solo i francesi e finiamo col salutarci ripetendoci più volte reciprocamente : Bonne chance!
Bonne chance!
mentre già mi ritrovo a indietreggiare, per poi voltarmi e camminare, infilandomi di nuovo tra gli stretti caruggi, fino a ritornare alla mia stanza.
Iberia pasión Final
Salgo sul treno Trieste-Milano, direzione stadio San Siro. Milano, la città del derby per eccellenza, Milan e Inter, dove oltre alla città, da sempre proiettata verso l'Europa, le due società si dividono anche lo stadio. E a giocarsi la Champions questa volta è venuta tutta Madrid con la massa di tifosi di Real e Atletico. Ci sono le due rispettive fans zone dislocate in due punti diversi della città, quella biancorossa dell'Atletico è situata proprio sul piazzale della stazione centrale. Già al mio arrivo, dal grande atrio del piano superiore, si sentono rimbombare i cori dei tifosi colchoneros, i materassai
dalle maglie a strisce biancorosse, che riempiono il piazzale fin dentro al grande porticato della stazione stessa. Canti collettivi e grande entusiasmo, si sente parlare spagnolo ovunque ed è un tuffo nella penisola iberica, che mi fa ripercorrere un viaggio attraverso le sue differenti regioni. Quelle più inquiete, come i Paesi Baschi con il suo Euskadi o la Catalogna, Barcellona con la sua rambla che ti porta fino allo sguardo verso il mare della statua di Cristoforo Colombo. Oppure il passaggio a Valencia, dove proprio davanti al maestoso stadio Mestalla, fuori da un negozio incrociai Manolo, il popolare tifoso della nazionale spagnola, visto tante volte in Tv, che al mio sguardo sorpreso fu lui a salutarmi con un hola
. Hola
, Manolo. Passando poi per il Sud, Cordoba e poi Gibilterra, isola anglofona, con quel passaggio a livello alla sua entrata, dove non vi è nessun binario di treno, ma una pista invece per permettere il decollo degli aerei... e poi ancora Algeciras, il porto e il suo sbocco per l'Africa, da cui attraverso lo stretto con la nave raggiunsi la sponda di Tangeri, la città africana più prossima all'Europa, ma orgogliosamente mediterranea, con i suoi notevoli contrasti tra povertà e costruzioni moderne. Il porto per gli arrivi delle grandi navi, un'immensa spiaggia che sembrava l'inizio del deserto, poi la parte vecchia e la casbah, ma anche i grandi e recenti palazzi del centro. Oppure quel mancato arrivo a Siviglia al ritorno dal Marocco, per colpa di treni già prenotati ed esauriti almeno con due giorni di anticipo, che non permettevano programmazioni in giornata. Ma un altro potente coro Atleti, Atleti
mi riporta alla realtà del momento e tra tanto biancorosso attorno a me, improvvisamente una bandiera blucerchiata si staglia. Mi avvicino e vedo che a sostenerla è un ragazzo in maglia colchonero. Ma sei italiano o spagnolo?
, Como dices?
Ah, ok sei spagnolo, penso. E allora qui inizia un dialogo in espaliano
, come si dice in questi casi. Ma porque tieni la bandiera de Sampdoria?
mi risponde che gli gustano
i suoi colori e conosce e rispetta il mito di quella squadra arrivata fino alla finale più grande, combattendo contro i colossi, quasi come il suo Atleti. Sta aspettando suo fratello e il resto del suo gruppetto, così ci sediamo, cominciamo a parlare e gli racconto di quella che era stata la nostra di attesa, in quel pomeriggio inglese della finale della grande Coppa. Il sole è ancora alto, fa caldo.Quieres una cerveza?
porque no? gracias
, vado e ritorno dal chioschetto del lato dei tram con due Moretti. Gli chiedo se fosse stato a Lisbona, due anni prima, dove anche in quell'occasione le due squadre di Madrid si affrontarono nella finale europea. Una trasferta all'interno della penisola iberica, a loro relativamente vicina, nella quale entrambe le tifoserie poterono viaggiare, perlopiù in autostrada e ferrovia, fianco a fianco. Dice che si, ci era stato con il treno. Anch'io feci il tratto Madrid-Lisbona e ritorno in treno tempo addietro, arrivando a lambire l'Atlantico, fino alla grande Plaça do Comerço che ha un'affinità con piazza Unità a Trieste, in quanto sembra siano le uniche piazze in Europa con un lato affacciato sulle acque . Mentre sugli altri lati si allungano le stradine del centro storico lisbonese, lastricate di disegni in piastrelle bianche e nere, di cui poi ritroverò traccia a Rio de Janeiro. Una continuità che attraversa l'oceano, come anche il Cristo Redentore dominante su entrambe le città, oltreché ritrovare la medesima lingua. Il cuore della Capitale batte forte nella piazza del Rossio, sui lati una continuità di negozietti dalle insegne antiche. Entrai in uno chiamato Eduardino sem rival
che era qualcosa di più di un'enoteca, una degustazione e vendita di vini ma anche di alcolici in generale. C'erano due ragazze all'interno dietro il banco, una bianca e una di colore che servivano i clienti e che parlavano in continuazione, come a fare anche dell'intrattenimento. Mi feci consigliare da loro per una degustazione e mi dissero che oltre all'irrinunciabile Porto, un altro vino importante era il Vinho Verde e così raddoppiai l'assaggio. Quando ripartii dalla Capitale portoghese, sul treno in partenza conobbi Jorge, che faceva la spola su quel tratto tra Lisbona, la sua città e Salamanca, dove invece lavorava come restauratore di edifici storici, lavoro che lo aveva portato anche in Italia. Mi fece provare a bere il calimucho, una bevanda che più che tipica, credo fosse personalizzata, con di base del vino rosso, dal risultato complessivo più che gradevole, anche se con una discreta gradazione alcolica. Intanto al nostro posto sul piazzale della stazione adesso è arrivato il gruppetto con il fratello di Aitor, li saluto e ci presentiamo, ma nessuno ha fretta, si siedono e continuiamo ancora a chiacchierare. Domando ad Aitor se avesse fatto qualche trasferta europea al seguito dell'Atlético e mi dice che era stato ad Eindhoven, Monaco di Baviera e Barcellona. Barcellona?
dissi io, poi aggiungendo: Ah, si! Por la Champions... a l'extranjero
. Ironizzavo sul fatto che una trasferta a Barcellona per la Champions League potesse essere come una trasferta all'estero, considerando la volontà di Indipendentismo della Catalogna e Aitor ci rise su. Con chi si schiereranno i milanesi (io dico Atletico, il Real è una loro rivale storica), le sedi dove la Spagna giocò il Mondiale italiano del 1990 (le città a me vicine Udine e Verona) la prima finale di Coppa Campioni dell'Atletico nel 1974 (me la raccontò mio padre, disse Aitor), questi e altri gli argomenti che mi riportano con la memoria ancora a Madrid. Qualche anno prima, trovai un alloggio in pieno centro, a Puerta del Sol, il