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Viracocha e il mistero delle linee Nasca: Le ceramiche della cultura Nazca svelano il segreto delle misteriose linee
Viracocha e il mistero delle linee Nasca: Le ceramiche della cultura Nazca svelano il segreto delle misteriose linee
Viracocha e il mistero delle linee Nasca: Le ceramiche della cultura Nazca svelano il segreto delle misteriose linee
E-book637 pagine6 ore

Viracocha e il mistero delle linee Nasca: Le ceramiche della cultura Nazca svelano il segreto delle misteriose linee

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In questo libro evidenzio l'ipotesi che siano stati degli esseri evoluti chiamati “Viracochas” a coordinare i lavori per la realizzazione delle prime linee di individuazione dei luoghi di atterraggio per i loro mezzi volanti a Nazca. Piste realizzate con la collaborazione della popolazione indigena di Nazca. A mio parere, alcune linee furono realizzate dai Viracochas come piste di atterraggio e successivamente ne realizzarono altre, con anatomie animali, anche i sacerdoti che erano stati istruiti dai Viracochas; le realizzarono per invocare il ritorno del dio che se ne era andato. Del resto Luis de Monzón, magistrato spagnolo funzionario a seguito dei conquistadores, nel 1586, compilando un rapporto sulle misteriose linee tracciate sull’altopiano di Nazca, afferma: “...giunse un altro popolo chiamato Viracocha; non erano numerosi, furono seguiti dagli indios che vennero su loro consiglio e adesso gli Indios dicono che essi dovevano essere dei santi. Essi costruirono per loro i sentieri che vediamo oggi”. Non è un caso che nel maggio del 1975 il geologo Klaus Dikudt dell’Università di Lima affermò di avere rintracciato, lungo le linee di Nazca, “frammenti di un materiale scuro, traslucido, infrangibile, leggero ma estremamente duro, tanto da rigare il quarzo. Il materiale analizzato aveva reagito in modo anomalo a tutti gli esami, ed era rimasto intatto perfino sottoposto ad una temperatura di 4000 gradi. Non si trattava di frammenti di meteoriti, e la composizione e provenienza di questo materiale rimangono ancora ignote. Quindi a noi dovrebbe apparire chiaro chi fu a realizzare quelle linee, come appare chiaro che, secondo gli indigeni, gli autori di questi “sentieri o linee” non sarebbero stati solo gli uomini, bensì una razza di “semidei” chiamati “Santi Viracochas”. Per cui anche con questa ricerca voglio dimostrare che il mistero di Viracocha, colui che giunse dal "Mondo di sopra," chiamato dagli Inca "Hanan Pacha" o “Hanaq Pacha” e dei geoglifi nazca, trova la sua risoluzione nell’ormai, per me, “ovvia teoria” che vede l’esistenza di un’arcaica civiltà evoluta che un tempo discese dal cielo, dal “Mondo di sopra”, sulla Terra a interagire con l’uomo primitivo, civilizzandolo, trasformandolo e rendendolo così come oggi lo conosciamo. Di recente, particolari ritrovamenti di corpi mummificati "alieni" a Nazca confermano tali verità che pochi conoscono; a tal proposito vi propongo in questo libro un interessante contributo concessomi da Pier Giorgio Caria. In questo testo, analizzando le varie culture precolombiane, porto il lettore a comprendere che questi popoli avevano religioni simili dove si evidenzia sempre quella stessa schiera di “Dèi e Archetipi" che scesero dal cielo a creare e civilizzare l’uomo, donando la sensienza che, come tutti sappiamo, è il prerequisito della stessa coscienza umana e che, a mio parere, avvenne con particolari ritualità, accoppiamenti e interventi di natura genetica con "Esseri giunti dalle stelle”; si ricordino ad esempio, sempre in Perù, le “Pietre di Ica con le rappresentazioni di animali pilotati dall’uomo” o la “Porta degli Dèi”, chiamata anche portale di Aramu Muru, detto anche Hayumarca, “città degli spiriti”; e non scordiamo i numerosi tunnel preincaici segreti, inesplorati, con porte che si aprono poggiando su cuscinetti di pietra di fattura alquanto incredibile, che conducono in luoghi sotterranei sconosciuti e leggendari.
LinguaItaliano
Data di uscita29 set 2019
ISBN9788834191194
Viracocha e il mistero delle linee Nasca: Le ceramiche della cultura Nazca svelano il segreto delle misteriose linee

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    Viracocha e il mistero delle linee Nasca - Tarzariol Lucio

    VIRACOCHA E IL MISTERO DELLE LINEE NAZCA

    Le ceramiche della cultura Nazca svelano il segreto delle misteriose linee 

    Con Tiqui Viracocha. Opera artistica di Lucio Giuseppe Tarzariol da Castello Roganzuolo.

       Prefazione

    Pista a Nazca.

      Notare sopra l'Astronauta di Nazca, a confronto con una statuina precolombiana. Notare i particolari del manufatto. I cocci maya, invece, sembrano rappresentare tecnologie di velivoli preposti al volo.

    In questo libro evidenzio l'ipotesi che siano stati degli esseri evoluti chiamati Viracochas a coordinare i lavori per la realizzazione delle prime linee di individuazione dei luoghi di atterraggio per i loro mezzi volanti a Nazca. Piste realizzate con la collaborazione della popolazione indigena di Nazca. A mio parere, alcune linee furono realizzate dai Viracochas come piste di atterraggio e successivamente ne realizzarono altre, con anatomie animali, anche i sacerdoti che erano stati istruiti dai Viracochas; le realizzarono per invocare il ritorno del dio che se ne era andato. Del resto Luis de Monzón, magistrato spagnolo funzionario a seguito dei conquistadores, nel 1586, compilando un rapporto sulle misteriose linee tracciate sull’altopiano di Nazca, afferma: ...giunse un altro popolo chiamato Viracocha; non erano numerosi, furono seguiti dagli indios che vennero su loro consiglio e adesso gli Indios dicono che essi dovevano essere dei santi. Essi costruirono per loro i sentieri che vediamo oggi.  Non è un caso che nel maggio del 1975 il geologo Klaus Dikudt dell’Università di Lima affermò di avere rintracciato, lungo le linee di Nazca, frammenti di un materiale scuro, traslucido, infrangibile, leggero ma estremamente duro, tanto da rigare il quarzo. Il materiale analizzato aveva reagito in modo anomalo a tutti gli esami, ed era rimasto intatto perfino sottoposto ad una temperatura di 4000 gradi. Non si trattava di frammenti di meteoriti, e la composizione e provenienza di questo materiale rimangono ancora ignote. Quindi a noi dovrebbe apparire chiaro chi fu a realizzare quelle linee, come appare chiaro che, secondo gli indigeni, gli autori di questi sentieri o linee non sarebbero stati solo gli uomini, bensì una razza di semidei chiamati Santi Viracochas. Per cui  anche con questa ricerca voglio dimostrare che il mistero di Viracocha, colui che giunse dal Mondo di sopra, chiamato dagli Inca Hanan Pacha o Hanaq Pacha e dei geoglifi nazca, trova la sua risoluzione nell’ormai, per me, ovvia teoria che vede l’esistenza di un’arcaica civiltà evoluta che un tempo discese dal cielo, dal Mondo di sopra", sulla Terra a interagire con l’uomo primitivo, civilizzandolo, trasformandolo e rendendolo così come oggi lo conosciamo. A prova di questo pensiero, oltre agli innumerevoli artefatti archeologici, specie le ceramiche che con le loro raffigurazioni attestano tale teoria (vedere mio articolo uscito sulla Rivista nazionale Archeo & Misteri n. 4 Ottobre/Novembre 2013: Gli Dei Elohim Virachochas, gli Stranieri illuminati prima degli Incas e il mistero delle linee Nazca. Le ceramiche della cultura Nazca, svelano il segreto delle misteriose linee, di Lucio Tarzariol), troviamo anche gli stessi contesti leggendari, che più o meno si riscontrano in tutte le culture del mondo. Inoltre, di recente, particolari ritrovamenti di corpi mummificati alieni a Nazca confermano tali verità che pochi conoscono; a tal proposito vi propongo in questo libro un interessante contributo concessomi da Pier Giorgio Caria. In questo testo, analizzando le varie culture precolombiane, porto il lettore a comprendere che questi popoli avevano religioni simili dove si evidenzia sempre quella stessa schiera di Dèi e Archetipi che scesero dal cielo a creare e civilizzare l’uomo, donando la sensienza che, come tutti sappiamo, è il prerequisito della stessa coscienza umana e che, a mio parere, avvenne con particolari ritualità, accoppiamenti e interventi di natura genetica con Esseri giunti dalle stelle; si ricordino ad esempio, sempre in Perù, le Pietre di Ica con le rappresentazioni di animali pilotati dall’uomo o la Porta degli Dèi, chiamata anche portale di Aramu Muru, detto anche Hayumarca, città degli spiriti; e non scordiamo i numerosi tunnel preincaici segreti, inesplorati, con porte che si aprono poggiando su cuscinetti di pietra di fattura alquanto incredibile, che conducono in luoghi sotterranei sconosciuti e leggendari. Ancora una volta, una lunga ricerca per svelare enigmi e misteri del passato che si ricollegano anche alla mia recente scoperta che rivela l’analogia dell’antica architettura planimetrica di due grandi città come Gerusalemme e Tenochtitlán, fondate, a quanto pare, dallo stesso profeta biblico Enock, con l’aiuto di divinità che oggi potremmo chiamare, per l’appunto, Extraterrestri.

    Perù - Machu Picchu.

    Con Tiqui Viracocha. Opera artistica di Lucio Giuseppe Tarzariol da Castello Roganzuolo. 2015 - Venezia, Premio biennale per le Arti visive Il Leone dei Dogi

    GLI DEI ELOHIM VIRACOCHAS E IL MISTERO DELLE LINEE NAZCA

    Gli stranieri illuminati prima degli Incas

    Le ceramiche della cultura Nazca svelano il segreto delle misteriose linee

    Articolo uscito sulla rivista nazionale: Archeo & Misteri n. 4 Ottobre/Novembre 2013.

    Il dio Viracocha sopra Nazca e Il ritrovamento di Viracocha, opere artistiche di Lucio Tarzariol da Castello Roganzuolo esposte alla Triennale di Roma (2014).

      Con questa ricerca voglio dimostrare che anche il mistero di Viracocha e dei geoglifi Nazca trova la sua risoluzione nell’ormai, per me, ovvia teoria che vede l’esistenza di un’arcaica civiltà evoluta che un tempo discese sulla Terra a interagire con l’uomo primitivo, civilizzandolo, trasformandolo e rendendolo così come oggi lo conosciamo. A prova di questo, oltre agli innumerevoli artefatti archeologici che attestano tale teoria, troviamo anche gli stessi contesti leggendari che più o meno si riscontrano in tutte le culture del mondo, ad esempio i biblici malachim, le manifestazioni di Dio nel mondo, gli elohim, i nephilim; e non sono gli unici. I Sumeri ricordano gli Annunachi, il popolo degli Shem, quelli dei razzi che fecero esperimenti genetici sull’uomo terrestre e che possedevano navi volanti che in India venivano chiamate Vimana o Astra, condotte dai mitici Deva e Asura. Gli Egizi, non da meno, ci raccontano del luogo dove vivevano i giusti, i Neteru, gli Shemsu Horo, i segaci di Horo che risiedevano nel suo occhio che poteva solcare i cieli, i Guardiani giunti sulle barche celesti, i Vigilanti ricordati dal profeta biblico Enoch. In tutte queste culture abbiamo le stesse analogie riscontrate nei leggendari ricordi del popolo delle stelle o popolo del cielo ricordato nelle arcaiche cronache precolombiane che ricordano l’arrivo di Quetzalcoatl, Il serpente piumato, per l’appunto analogo al dio Viracocha, antichissima divinità suprema degli antichi Colla e Quechúa del Perù, anch’egli signore del cielo e degli uomini, che la leggenda vuole come giusto antagonista di Pachacámac, spirito dell'abisso e dio dei terremoti; questo dio, ufficiosamente ritenuto personificante del sole uscito in forma di giaguaro dal Lago Titícaca e rientrato nella grotta dopo aver regolato il corso degli astri, costruito il gran tempio di Cusco e scolpite statue umane che si dice animò. Gli si sacrificavano annualmente due fanciulli e godeva di un culto molto elevato.   La sua immagine fu scolpita in rilievo sul portale di Tiahuanaco, la leggendaria città la cui fondazione gli indios Aymara fanno risalire, per l’appunto, all’epoca della Chamac Pacha, o Prima Creazione, molto prima dell’arrivo degli Incas, quando i primi abitanti, dotati, secondo la legenda, di poteri soprannaturali, erano capaci di sollevare dal terreno le grandi pietre che venivano trasportate dalle cave di montagna attraverso l’aria al suono di una misteriosa tromba. Viracocha lo troviamo ancora scolpito nel monolito di Chavin, conosciuto anche come il Dio di Chavin de Huantar, e trova analogie con l’azteco Quetzalcoatl; i Maya lo chiamavano Kukulkán, i Quiché, Gukumatz; e riconducibile perfino ai Tiki polinesiani. Secondo lo scrittore Garcilaso Inca de la Vega (1539), il suo nome fu preso anche dall'8° imperatore degli Incas (come accade anche con i sacerdoti di Quetzalcoatl), il quale liberò il Cusco dall'invasione dei Chancas, conquistò Tucumán, e fu grande costruttore di acquedotti, restauratore ed edificatore di templi e palazzi.

    Viracocha sul portale di Tiahuanaco in Bolivia.

    Una serie di Elohim stilizzati secondo l’arte mesoamericana, tratte da Il Ritorno delle Civiltà Perdute di Quix Cardinale. Da sinistra: l’Uomo Aquila e Quetzacoatl raffigurati, separatamente, nel tempio dei Giaguari e nel tempio di Kukulcan a Chichen Itza. A fianco: sempre a Itza, una decorazione che rappresenta gli Elohim americani con strane attrezzature nelle mani. A Tula un’altra decorazione su un pilastro mostra le varie prospettive di questi esseri; e per ultimo una riproduzione di un bassorilievo di Veracruz, che sembra rappresentare una sorta di serpente che indossa un’armatura dotata di propulsori.

    Viracocha, o meglio Con Tiqui Viracocha, aveva anch’esso un compagno alato, l’uccello Inti, un misterioso essere piumato conoscitore delle cose presenti e future. Viracocha giunse dal Mondo di sopra chiamato dagli inca Hanan Pacha o Hanaq Pacha, il mondo degli dei del cielo, fu una divinità inca legata, per l’appunto, anche alle leggende nazca dov’era considerato il Signore splendente, il Maestro del Mondo che creò l’uomo. Anche in Egitto una leggenda analoga narra del Camminatore delle celesti vie, sorvegliato dall’Osiride che ci ha modellato con le sue mani. Questa leggenda racconta che molto tempo prima dei faraoni un dio discese dalle stelle con altri della sua specie portando in dono agli uomini il sapere e la forza, e poi tornarono nella loro casa fra le stelle, e solo uno rimase sulla terra ed insegnò al popolo del Nilo i segreti della propria gente. Poi, quando morì, fu sepolto in un luogo segreto, la Tomba del Visitatore. Questa tomba, tra l’altro, pare che sia stata trovata casualmente da due beduini il secolo scorso cadendo nelle mani del KGB, organismo dell'ex URSS che allora, con il progetto Isis, era alla ricerca di tecnologia aliena; infatti un documentario proveniente dagli archivi segreti del KGB, che gira in rete, documenterebbe questa straordinaria scoperta, dove nel sarcofago fu trovata una strana mummia, una sorta di extraterrestre di tipo grigio, alta più di due metri; e nei muri della tomba, che pare emanassero una strana energia magnetica, vi era riportata una curiosa profezia che parlava, per l’appunto, del ritorno degli dèi alati, che ovviamente non possono che ricondurci ancora una volta alle raffigurazioni di esseri alati rappresentati nelle ceramiche nazca, in onore di Viracocha conosciuto dagli aztechi come Quetzalcoatl, di cui si attendeva il ritorno.     Qui sotto una figura della cultura Chancay del Perù, che pare ricordarci proprio un grigio. A tal proposito ricordiamoci anche delle curiose mummie aliene ritrovate peroprio a Nazca.

    Figura appartenente alla cultura Chancay (Perù). Circa: 900 - 1300 d.C.

    Detto questo, forse non è un caso della notizia di una piccola e strana mummia che fu ritrovata pochi anni fa a 3250 metri, proprio vicino al monte Viracocha, A tal proposito l’antropologo Renato Davila Riquelme, direttore del Museo privato Ritos Andinos, che si trova nel distretto di Andahuaylillas, nelle vicinanze di Cusco, aveva ipotizzato che poteva trattarsi di un alieno. Un altro caso analogo, ricorderete, accadde anche in Egitto nel 1922, prima della scoperta della tomba del visitatore, quando sotto l’egida dell’archeologo Howard Carter si scoprì nella tomba del noto faraone Tutankhamen uno strano piccolo feto con strane fattezze che, a quanto pare, ricordavano proprio un piccolo grigio.

      Questi racconti ed eventi mi fanno ritornare in mente le parole di Diodoro Siculo, quando ci ricorda che in Nisia d’Arabia c’è una colonna scolpita con lettere sacre dedicata ad Iside e Osiride, e mi soffermo su quella frase dove Osiride dice: E sono il maggiore dei figlioli de’ Saturno, Pianta nata dalla bellezza, et dalla generosità; la quale non ha avuto dal seme l’origine sua. Ne vi ha luogo nel mondo alcuno al quale io andato non sia, insegnando ad ogn’uno quelle cose delle quali io sono stato l’inventore (traduzione autentica dal greco di Francesco Baldelli nel testo originale del 1574). Apparirà chiaro il significato di queste parole che può indicare soltanto un uomo venuto dalle stelle o una creazione avvenuta con una manipolazione genetica, che essendo andata in ogni luogo, può essere giunta anche a Nazca, Puma Punku, Tihuanaco, Teothiuacan, l’olmeca La Venta, ecc.; in tutti quei luoghi dove appare una teologia cosmologica, una religiosità rituale legata ad artefatti straordinari, edifici piramidali o comunque di incredibile e fine manifattura, spesso edificati in pietra granitica di difficile lavorazione ed in prossimità di bacini d’acqua. Infatti anche Viracocha, come l’egizio Osiride, è ritenuto un civilizzatore che insegnò l’agricoltura e molto altro sapere; fu la prima divinità degli antichi Tiwanaku, popolazione proveniente proprio dal Lago Titicaca; luogo legato anche ad una curiosa leggenda locale che parla di semidei, metà uomini e metà pesci, venuti, per l’appunto, dal lago Titicaca e chiamati Chullua e Umantua. Si narra che Viracochas fosse sorto dalle acque e che avesse creato il cielo e la terra. Secondo la leggenda incaica i Viracochas erano capaci, addirittura, di trasportare i massi facendoli spostare dal suono. Sempre secondo il mito, Viracocha non solo avrebbe creato gli umani, come l’egizio Osiride, ma li avrebbe anche distrutti per poi ricrearli dalla roccia e gettarli ai quattro angoli del mondo. Dopo aver insegnato agli uomini a sopravvivere, avrebbe preso il mantello, ne avrebbe fatto una barca e sarebbe salpato per l'Oceano Pacifico. Spesso Viracocha viene descritto in alcuni resoconti dati ai primi conquistadores spagnoli, si dice che aveva la pelle chiara e gli occhi azzurri, era alto di statura e aveva capigliatura e barba bionde o bianche, indossava una lunga tunica bianca con una cintura in vita. Sembra proprio un’apparizione angelica di stampo cristiano che ci riporta al ricordo degli Elohim di Jawè. Viracocha, oltre che con il nome azteco di Quetzalcoatl, venne chiamato con vari altri nomi dagli indigeni: Thunupa, Tarpaca, Pachaccan, Viracocharapacha. Egli era accompagnato da seguaci fedelissimi, gli huaminca, e da emissari che diffondevano la sua dottrina, hayhuaypanti, gli splendenti, ricordati dalla leggenda per la luminosità che pare emettessero. Viracocha trovò una popolazione distrutta dagli eventi catastrofici naturali ed incominciò a fondare le basi di una nuova civilizzazione insegnando, per l’appunto, come l’egizio Osiride, l’agricoltura, la non violenza, favorendo così la civilizzazione e provocando fenomeni che agli occhi dei nativi apparvero sovrannaturali, per cui tutto ciò gli procurò la fama di divinità. La leggenda dice che poi i Viracochas ripartirono diretti verso nord; si dice che il loro capo scomparve incamminandosi fra le onde del mare dopo aver fatto calare sulla spiaggia una cappa di fuoco che terrorizzò gli indios ostili presenti. A me questa descrizione pare proprio la cronaca o il resoconto di un avvistamento UFO con tanto di astronave che parte lasciando vapori e fuochi di reazione allontanandosi verso il mare, un mezzo come l’Occhio di Quetzalcoatl, o occhio di Horus, a cui ho dedicato molti scritti e la cui raffigurazione appare spesso anche nelle sculture e ceramiche precolombiane delle varie culture. Vi ricordo che questo dio, agli occhi dei nativi, aveva grandi poteri, tanto che essi ritenevano la divinità capace di far piovere, spianare le montagne, deviare i fiumi, ecc. Fu sempre Viracocha che creò il cielo, la Terra, e diede origine ai giganti, una sorta di Nephilim biblici, chiamati Waris Runa, il cui capostipite, chiamato Pirua, diede il suo nome, addirittura, al Perú. Forse non è un caso che proprio nell’altura peruviana di Sacsayhuamán ci siano quelle curiose mura ciclopiche preincaiche che sembrano fuse o modellate in un modo assai particolare, tanto da far pensare ad una lavorazione di tecnologia sconosciuta. Leggende dei nativi raccontano che Viracocha ordinò ai giganti di adorare il Wari, un mitologico essere dal corpo di una macrauchenia, una sorta di equino con muso di un felino e ali di condor, chiamato Titi. Queste cronache vedono i giganti costruttori dei primi templi in onore di Viracocha, di Wari, e del Sole (Willka, in aymara); inoltre alcune credenze riportate dal navigatore spagnolo Pedro Sarmiento de Gamboa (Alcalá de Henares, 1530 – Lisbona, 1590), affermano anche che i giganti furono irrispettosi nei confronti di Viracocha, che si vendicò con essi scatenando il Diluvio universale (Uno Pachaci). Secondo il gesuita Blas Valera il nome primordiale di Dio era Illa Tiki, che in aymara significherebbe Luce originale. Il nome Viracocha invece gli sarebbe stato attribuito solo in seguito, quando scomparve nel mare di Tumbes (Vira, spuma; cocha, specchio d’acqua), che potrebbe benissimo oggi essere  riconosciuto come un disco in metallo riflettente o disco volante, o meglio uno dei biblici malachim in uso dai  biblici Elohim, di cui faceva parte Jawè; del resto la storia degli irrispettosi giganti la ritroviamo anche nella Bibbia, per l’appunto con i Nephilim, che furono la causa del Diluvio universale voluto dal dio Jawè. In tutta l’America del Sud appare questa storia: i Chibcha della Colombia dicono che furono portati alla civiltà da un certo personaggio barbuto detto Bochica. Quest’ultimo aveva una moglie invidiosa e cattiva di nome Chia, che fece piombare sulla terra un diluvio che distrusse gran parte dell’umanità. Bochica cacciò sua moglie facendola divenire la luna. Nonostante il disastro, questo essere superiore riorganizzò i superstiti e alla fine ascese al cielo divenendo un dio. I Canari dell’Ecuador parlano di due fratelli scampati al diluvio, mentre gli Indios Tupinamba del Brasile raccontano che fu l’eroe civilizzatore Monan a creare l’umanità e distruggere il mondo tramite un diluvio. In Cile gli Araucani, e nella Terra del Fuoco gli Yamana e i Pehuenche, ricordano anch’essi un diluvio, durante il quale i sopravvissuti si salvarono sulle montagne. La leggenda di Viracocha ci riferisce che dopo il diluvio il Dio creatore divise il mondo in quattro parti, e forgiò gli esseri umani, che separò in quattro popoli che si dipartirono dal centro, ovvero dal Titicaca (Titi, giaguaro; kaka, pesce). I suoi tre discepoli, che ebbero il compito di creare gli animali, le piante e i fiori, si chiamarono Manco (legislatore), Colla e Tokay. Successivamente Viracocha si diresse a nord ovest, presso il sito di Raqchi, lì subì l’ostilità dei nativi che lo scacciarono, lanciandogli pietre. Viracocha si vendicò di questo affronto facendo piovere fuoco su Raqchi, calcinando così tutti i suoi abitanti. Nel periodo incaico a Raqchi fu poi eretto un grandioso tempio dedicato a Viracocha, anch’esso saccheggiato dagli spagnoli che cercavano il Punchau, la statua antropomorfa di Viracocha, il disco d’oro, con la sua energia del sole, un misterioso artefatto scientifico. Il cammino di Viracocha poi continuò a Cusco, dove si trova anche la misteriosa fortezza di Sacsayhuamán o Sacsaihuaman, in lingua quechua: Saksaq Waman; il nome significa curiosamente falco soddisfatto, come ad indicare, ancora una volta, la divinità soddisfatta che poteva volare. Da Cusco Viracocha poi continuò fino a giungere al mare nei pressi di Tumbes dove lo attendevano i suoi seguaci, e da li Viracocha e i suoi si allontanarono nell’immensità dell’oceano. Da quel momento fu detto per l’appunto Viracocha, ovvero: spuma dell’oceano.

    La creazione secondo le leggende del popolo inca

    http://www.tanogabo.it/mitologia/Inca/creazione_inca.htm

    Secondo le leggende Inca, nei tempi antichi la terra era immersa nell'oscurità. Allora, da un lago chiamato Collasuyu (adesso Titicaca), emerse il dio Con Tiqui Viracocha, portando con sé alcuni esseri umani. Allora Con Tiqui creò il sole (Inti), la luna e le stelle per illuminare il mondo.

    È proprio da Inti che il Sapa Inca, imperatore del Tawantinsuyu, discende. Al di fuori delle grandi caverne Con Tiqui modellò numerosi esseri umani, incluse alcune donne che erano già incinte. Allora egli mandò fuori queste persone in ogni angolo del mondo.

    Tenne però con sé un uomo e una donna a Cusco, l'ombelico del mondo.

    Con, il creatore, aveva forma umana ma era senza ossa. Egli riempì la terra con cose buone per sopperire ai bisogni dei primi esseri umani.

    Le persone, però, dimenticarono il dio Con e si ribellarono. Così egli li punì smettendo di mandare la pioggia. La gente allora fu costretta a lavorare duramente arrangiandosi con la poca acqua che poteva trovare nei rigagnoli rimasti. Allora si affermò una nuova divinità, Pachacamac, che cacciò Con e trasformò le persone da lui create in scimmie.

    Pachachamac poi si impossessò della Terra e creò gli antenati del genere umano.

    Il fondatore della prima dinastia dei sovrani di Cusco fu Manco Capac. Secondo una leggenda egli emerse dalle profondità del lago Titicaca grazie al dio del sole Inti.

    Un'altra versione della storia sosteneva che egli fosse il figlio di Tici Viracocha. In uno dei due miti Manco Capac era il fratello di Pachacamac ed entrambi erano figli del dio del sole Inti, conosciuto anche con il nome di Apu Punchau. Lo stesso Manco Capac veniva onorato come un dio del fuoco o del sole.

    Secondo la leggenda di Inti, Manco Capac e i suoi fratelli di madre erano stati mandati sulla terra dal dio del sole ed erano fuoriusciti da una caverna del Pacaritambo portando un bastone dorato chiamato tapac-yauri. Essi dovevano creare un Tempio del Sole nel luogo dove il bastone sarebbe affondato dentro la terra. Essi viaggiarono fino a Cusco lungo gallerie sotterranee e finalmente trovarono il luogo adatto per costruire il tempio in onore del dio del sole Inti, loro padre. Durante il viaggio uno dei fratelli di Manco Capac e forse anche una delle sue sorelle vennero tramutati in pietre sacre (huaca). In un'altra versione di questa leggenda, invece di apparire da una caverna a Cusco, i fratelli sarebbero emersi dalle acque del lago Titicaca.

    Secondo la leggenda di Tici Virachocha, invece, Manco Capac era il figlio di Tici Viracocha: egli e i suoi fratelli (Ayar Anca, Ayar Cachi e Ayar Uchu) e sorelle (Mama Ocllo, Mama Huaco, Mama Raua e Mama Cura) vivevano vicino Cusco, presso Pacari-Tampu (oggi Pacaritambo, a 25 km a sud di Cusco). Una volta formato un popolo piuttosto numeroso riunito in dieci ayllu essi tentarono di assoggettare le tribù della valle di Cusco. Questa leggenda comprende inoltre il bastone d'oro, sostenendo che questo era stato dato a Manco Capac da suo padre.

    La leggenda inoltre narra che il giovane Manco avrebbe ucciso i suoi fratelli più grandi diventando così l'unico governante di Cusco.

    La cultura Chancay, sopra accennata, è anch’essa nota sopratutto per le sue necropoli immense che si svilupparono lungo le valli di Chillón, Chimaca, Chancay, Rimac, Ancón e Huaura. La tipologia urbanistica e costruttiva rispetta i soliti canoni tradizionali, con templi piramidali collegati da rampe e passaggi, da aree aperte e dai settori adibiti ad abitazione e necropoli, come accadeva in Egitto. Contemporaneamente, nella valle di Ica, ha luogo un analogo sviluppo culturale, anch’esso con un grande misterioso rebus: le rappresentazioni delle misteriose pietre di Ica, studiate per anni dal medico peruviano Javier Cabrera Darquea; queste pietre incise presentano raffigurazioni anacronistiche di esseri che potevano volare e capaci di operazioni chirurgiche moderne, ma del resto ancora rimane misteriosa anche la stessa cultura preincaica e prenazca dei Paracas dell’VIII secolo a.C. che praticava, addirittura, la trapanazione del cranio a persone vive; addirittura, in questi territori pare vi sia stata attività sociale già dal quinto millennio a.C., se non ancora prima. Insomma riappaiono tutti quegli arcaici racconti e misteri di un tempo pieno di accadimenti che sono la matrice di tutte le società a cui ho dedicato tanto tempo, studio e scritti.

      Prima di parlare delle misteriose linee di Nazca, che tra l’altro non sono le uniche in Perù e in America, infatti ve ne sono nelle valli di Palpa, Pisco, Ingenio e Rio Grande, nonché in California e anche in Cile, e delle curiose ceramiche che ne rivelano e chiariscono il mistero della loro realizzazione, è doveroso tracciare sinteticamente la storia culturale del popolo Nazca che vede, ufficialmente, i suoi primi arbori verso il XV secolo a.C. Questo popolo tra il Pacifico e le Ande, su una vasta area che copre più di 500 km quadrati, tracciò, o meglio collaborò o vide tracciare, da un’élite semidivina, le misteriose linee raffiguranti grandi disegni geometrici, animali, strani esseri e lunghe linee che sembrano piste di atterraggio per velivoli spaziali.

      Ufficialmente la cultura Nazca è considerata come conseguenza delle tradizioni culturali della cultura Paracas che apparve nella Costa meridionale durante il Primo Periodo Intermedio, dall'anno 0 dell'era cristiana fino all'800 d.C., quando venne influenzata dalla cultura Wari.

      Il suo territorio si estendeva fino alla vallata del fiume Chincha a nord, a sud fino all'Yauca, mentre ad est si spinse fino alle pareti delle Ande occidentali. La capitale di questo territorio è chiamata Kawachi, che si trovava nella vallata del Rio Grande a circa 50 chilometri dall'attuale città di Nazca. Giuseppe Orefici, direttore del Museo Antonini, afferma: Kawachi è il più grande centro cerimoniale del mondo. Quindi lì troviamo gruppi di templi e piramidi di dimensioni davvero enormi. La spiritualità era la cosa più importante a Kawachi. Il popolo Nazca utilizzava gli spazi sacri per elevarsi al fine di comunicare con le divinità.

    La Gran Pirámide de Cahuachi. El CISRAP realiza investigaciones arqueológica en este sitio desde 1983.

      Apparirà chiaro, dalle parole di Orefici, ancora una volta, il legame che hanno queste terre con quegli dèi che, a mio parere, contribuirono all’evoluzione dell’uomo univocamente in tutto il mondo, attuando una trasformazione, fondando la matrice culturale che ritroviamo soprattutto nella cultura egizia che sempre più trova analogie con la tradizione precolombiana.

    La cultura Nazca è suddivisa in 3 grandi periodi:

    Periodo antico, che iniziò al termine dell'influenza della cultura Paracas e durò fino al 200 d.C.; il cui sito più importante era Corsero Alto.

    Periodo tardo, che si affermò fino al 300 d.C. e si sviluppò a Cahuachi, Tambo Viejo e Dos Palmos.

    Periodo terminale, compreso tra il 300 e l'800 d.C., con centro Estaqueria; e corrisponde al declino della cultura fino alle prime influenze della civiltà Wari.

      La cultura Nazca generalmente fondò la propria base economica creando piccoli villaggi isolati che vivevano di pesca, caccia e principalmente di agricoltura, infatti costruirono eccelsi canali di irrigazione e un elaborato e curioso sistema di convogliamento delle acque sotterranee. I centri più interessanti dal punto di vista archeologico sono quei complessi cerimoniali che sorgevano in zone isolate e non costituivano il centro sociale della vita cittadina. Infatti la società Nazca del primo periodo aveva un’organizzazione gerarchica di tipo teocratico, gestita da una classe sacerdotale che poi pare sia stata sostituita da gerarchi guerrieri, anche se alcuni studiosi, diversamente, sostengono che il popolo fosse diviso in piccoli gruppi autonomi. Questo popolo, oltre a lavorare i metalli, eccelse nella produzione di ceramiche dove svilupparono lo stile già presente nelle ceramiche Paracas. La qualità dei vasi e le rappresentazioni, all’inizio erano molto elaborate e naturalistiche; i Nazca dipingevano la superficie dei vasi prima di cuocerli con sei, sette colori e circa 190 diverse tonalità. La forma più tipica dei vasi è a bottiglia a ponte o con staffa, ma anche vasi sferici, piatti, tazze e bicchieri. La caratteristica principale di questa pittura vascolare era il vuoto Horror, cioè spazi lasciati senza vernice e decorazioni. In questi artefatti sono stati rappresentati nella fase iniziale elementi di vita quotidiana, come fiori, frutta, uccelli, animali e insetti, e curiosi personaggi ritenuti mitologici, che uniscono la figura umana e attributi animali; ma a mio parere sono solo la rappresentazione reale di ciò che vedevano. Poi le rappresentazioni divennero sempre più essenziali, con figure geometriche comprendenti cerchi, semicerchi, linee, spirali, gradini, ecc. Per cui la curiosa ceramica che vi propongo per tipologia rappresenta, a mio parere, quello che i Nazca allora realmente vedevano e consideravano divinità, in quanto per loro un’alta tecnologia era incomprensibile.    Le ceramiche che vedete qui sotto sono incredibili, una in particolar modo rappresenta due razze di esseri con la capacita di ergersi in cielo attraverso un’apparecchiatura posta sopra la schiena che poteva essere controllata e dispiegata in base alle esigenze volute. Di fianco alla ceramica riporto l’immagine di un tradizionale tessuto della tradizione paracas con esseri che pare si librino liberi in cielo, e sotto di essi un rilievo scultoreo trovato nella giungla del Guatemala che evidenzia la stessa apparecchiatura della ceramica nazca.

    Vediamo la similarità delle immagini in queste due ceramiche Nazca che fa pensare ad una visualizzazione reale interpretata dall’artista esecutore dell’opera. Rappresentazioni reali di ciò che i nativi vedevano, non fantasia.

    Ecco i sandali alati di Horus, degli dèi viracochas. L'agenzia giornalistica Reuters ha riferito la notizia che nella giungla del Guatemala settentrionale, presso il sito maya di El Mirador, alcuni ricercatori, di recente, hanno messo in luce degli incredibili pannelli intagliati rappresentanti esseri con aspetto umanoidi in dotazione di apparecchiatura tecnologica per volare. A fianco: una curiosa statuetta ritrovata sempre in Guatemala.

    Fregi provenienti da El Mirador che ricordano tecnologie spaziali; a fianco: l'Astronauta di Nazca.

    Disegni mitologici della cultura paracas; notare i propulsori.

    Disegni sui mantelli della cultura paracas provenienti da necropoli.

      Io credo che furono questi esseri tecnologicamente avanzati ed evoluti a coordinare il lavoro in questo vasto e arido territorio dove furono realizzate le misteriose ed arcane linee di Nazca, localizzate, per l’appunto, nella pianura di Ingenio, di Socos e di Palpa a nord di Nazca. Queste linee, che dall’alto creano raffigurazioni che sembrano delle piste d'atterraggio per navi aliene, sono apprezzabili solo a circa 500 metri di altezza, per cui non è proprio scartabile l'ipotesi che siano stati degli esseri che potevano volare a realizzarle o a coordinarne i lavori, invece che la popolazione di Nazca, che, a mio parere, potrebbe solo averne visto o, per l’appunto, collaborato alla costruzione. Infatti, a mio parere, alcune linee furono realizzate primariamente dai Viracochas come piste di ateraggio e successivamente ne realizzarono con anatomia animale anche i sacerdoti istruiti dai Viracochas per invocare il ritorno del dio che se ne era andato Del resto Luis de Monzón, magistrato spagnolo funzionario a seguito dei conquistadores, nel 1586, compilando un rapporto sulle misteriose linee tracciate sull’altopiano di Nazca, afferma: ...giunse un altro popolo chiamato Viracocha; non erano numerosi, furono seguiti dagli indios che vennero su loro consiglio e adesso gli Indios dicono che essi dovevano essere dei santi. Essi costruirono per loro i sentieri che vediamo oggi.  Quindi appare chiaro che, secondo gli indigeni, gli autori di questi sentieri o linee non sarebbero uomini, bensì una razza di semidei chiamati santi Viracochas.    Ricordo che con lo stesso nome, numerose popolazioni andine identificano un’antica divinità che sarebbe giunta da un luogo lontano per portare la civiltà tra gli uomini. Proprio Viracocha, che pare significare schiuma del mare, forse per indicare l’effetto dei velivoli spaziali sull’acqua o forse per indicare la pelle bianca di questa élite che, come vedremo, appariva con un teschio molto più allungato dei teschi umani tradizionali. Ufficialmente Viracocha è ritenuto, per l’appunto, una divinità andina descritta come un uomo con la barba, la pelle bianca e gli occhi azzurri. Venuto proprio dal mare, egli avrebbe portato conoscenze tecnologiche avanzate e sconosciute, per poi ripartire con la promessa di un futuro suo ritorno, proprio come accade con altre divinità come la divinità azteca Quetzalcoatl, il serpente piumato, Tlaloc, Tezcatlipoca, e molte altre divinità precolombiane che qui per tempo e spazio non descrivo. Fu in base a questa promessa che alcune popolazioni precolombiane avrebbero salutato l’arrivo dei conquistadores spagnoli, ritenuti l’atteso ritorno delle loro divinità. Peter Kolosimo ci racconta: dal cielo scesero su Atlantide esseri evoluti tanto che, ai primi abitanti del pianeta, sembravano simili agli dei (MIXCOATL) vennero su astronavi a forma di fuso (SERPENTI DELLE NUBI) e si unirono ai terrestri (CHIPALMAN), guidandoli verso un elevato livello di civiltà. Poi, la nuova civiltà si trasferì in America portando il progresso agli antichi abitanti del continente, che vissero felici per tutto il tempo che durò l’influenza di Atlantide, cadendo poi sotto uno stato barbarico e malvagio di demoni. Solo con il sacrificio di QUETZALCOATL elevando il suo cuore a Venere, mondo dal quale proveniva lo stesso Quetzalcoatl, essi poterono sperare di salvarsi. Ci sono cronache che descrivono addirittura le apparecchiature per il volo, le stesse che sono rappresentate nelle ceramiche nazca e che probabilmente sono servite per la realizzazione delle stesse linee di Nazca. Nei resoconti dello studioso Michele Manher, che riporta alcuni strani scritti, come quelli del papiro di Ani, una versione del Libro dei morti di Hunefer custodito nel British Museum, che raccontano curiosi avvenimenti, al capitolo LXXVII si legge: "io volo via e poi atterro (stando) dentro il falco; il suo dorso misura sette cubiti, 3,7 metri (mentre nella traduzione del Libro dei Morti degli antichi egiziani di G. Kolpaktchy e D. Piantanida si parla di quattro cubiti e le ali risplendono come smeraldi del Sud), le sue due ali sono come di feldspato verde. lo esco dalla nave-sektet, il mio cuore va sulla montagna orientale". Al capitolo LXXVIII si legge: "io ti do il nemes di Ruty, il mio, affinché tu possa andare e tornare per la strada celeste. Gli dei del Duat, che sono all'estremità del cielo, ti vedranno, ti rispetteranno, s'impegneranno davanti alle loro porte per te, lahwed sarà con loro. Essi si sono dati da fare per me, gli dei padroni dei confini (del mondo), coloro che sono legati alla dimora dell'unico Signore. lo infatti in alto (ero) presso lui che galleggiava: dopo di ché egli prende il mio nemes, come aveva detto Ruty. lahwed apre per me un passaggio. lo sono in alto, Ruty aveva preso il nemes per me, l'aveva messo sulla mia testa, aveva allacciato per me il mio corpo nel suo schienale, per la sua grande potenza io non posso cadere nel vuoto ... io ho visto le sante cose segrete, io sono stato addestrato nelle operazioni nascoste, io ho visto ciò che c'è in quel luogo, il mio pensiero  nella maestà del signore dell'aria ... io sono come Horo tra i suoi illuminati ... ho attraversato le regioni più lontane del cielo. ... 'Un bel viaggio!' mi hanno detto le divinità del Duat". Preciso che il menes ufficialmente è creduto una sorta di cuffia di stoffa che avvolgeva il capo del faraone egizio, aprendosi lateralmente ad esso in due ampie ali per poi ricadere sul petto e sulle spalle. Il nemes simboleggiava la natura divina del faraone, figlio del dio sole Ra, venuto in terra a proteggere il suo popolo e la sua terra; c’è da chiedersi se questo menes in realtà sia stata una sorta di casco legato ad una apparecchiatura, come sembra dalla sopra citata descrizione. E se fu un’apparecchiatura simile a coordinare la realizzazione delle linee di Nazca, dato che nelle ceramiche precolombiane è insistentemente ben rappresentata. Io credo che vi siano stati due tipi di mezzi: piccoli mezzi monoposto che andavano adattati e allacciati a una sola persona che

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