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Il libro delle fate del Galles (e altre storie)
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Il libro delle fate del Galles (e altre storie)
E-book86 pagine1 ora

Il libro delle fate del Galles (e altre storie)

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Info su questo ebook

Nell'inverno del 1891 il fotografo Peter Henry Emerson passò alcuni mesi sull'isola di Anglesey, nel Galles del nord, dove raccolse fiabe e leggende popolari che poi riunì in questa opera, integrandole con racconti tratti da "Observations on the Snowdon Mountains", un libro di inizio XIX secolo di storie fantastiche della tradizione orale gallese.
LinguaItaliano
Data di uscita8 ott 2019
ISBN9788834195840
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    Anteprima del libro

    Il libro delle fate del Galles (e altre storie) - Peter Henry Emerson

    NOTA DELL'AUTORE

    A Leonard, Sybil, Gladys e Zoe

    Ho raccolto queste fiabe nel corso del mio soggiorno sull’isola di Anglesey, nel nord-ovest del Galles, durante l’inverno del 1891-92.

    Ad eccezione della storia francese, mi furono tutte raccontate ed io, all’epoca, le misi per iscritto.

    Alcuni particolari su chi me le ha raccontate sono stati raccolti nelle note al termine di ciascuna storia.

    Nella maggior parte dei casi ho mantenuto inalterata la sintassi ed io ho compiuto una mera trascrizione di ciò che mi è stato riferito oralmente.

    Ho acquistato il libro antico a cui mi riferisco nelle note da un libraio della zona, che non fu in grado di dirmi alcunché sull’autore, né il titolo e neppure la data di pubblicazione. In seguito ho tuttavia scoperto che si tratta di Observations on the Snowdon Mountains di William Williams, pubblicato nel 1802--un libro ben noto agli studiosi di letteratura celtica.

    P.H.E.

    Claringbold, Broadstairs. Aprile 1894

    Le fate di Caragonan

    I

    Tanto tanto tempo fa l’isola di Anglesey (o Mona, come la chiamavano i Romani) era abitata dalle fate. Quando la figlia della loro regina compì quindici anni, disse a sua madre che desiderava visitare il mondo. La regina acconsentì e le permise di lasciare l’isola per un giorno, trasformandosi a suo piacere in un uccello ogni qualvolta lo desiderasse. Quando ritornò, la figlia le disse:

    Ho visitato la casa di un uomo e sono rimasta ad ascoltare. Ho udito che quell’uomo è stato colpito da una maledizione. Era molto malato e piangeva, tanto era il dolore che provava.

    Oh, devo indagare, replicò la regina.

    Dunque il giorno successivo la regina si adoperò in tal proposito e scoprì che una strega aveva lanciato una maledizione su quel pover uomo. Il giorno dopo ancora la regina andò a casa dello sventurato assieme a sei fate e vide che era molto malato.

    Entrarono nella camera dove si trovava il poveretto, trasportando un pentolino blu che si erano portate dalla loro isola, e la regina domandò all’uomo:

    Vi piacerebbe essere guarito?

    Oh, benedetta! Sì, certamente.

    La regina mise allora il pentolino al centro del tavolo e diede fuoco al liquido che conteneva. La stanza venne immediatamente avvolta dalla più soave delle fragranze.

    Intanto che il profumo si diffondeva, le sei fate si misero in fila dietro la loro regina, che fece per tre volte il giro attorno al tavolo mentre tutte in coro cantavano:

    "Giriam giriamo tre volte tre,

    Siamo qui venute per curare te."

    Alla fine del terzo giro, la regina estrasse una bacchetta magica e con essa toccò prima il profumo che bruciava e poi la mano dell’uomo, ed esclamò:

    Guarisci!

    In men che non si dica l’uomo riacquistò le forze e, balzando fuori dal letto, si rivolse grato alla fata:

    Oh, cara regina, cosa posso fare per te? Farò qualunque cosa tu desideri.

    Non desidero soldi, rispose la regina, ma c’è un piccolo appezzamento di terreno, proprio a strapiombo sul mare, che vorrei che tu mi mettessi a disposizione. Lì disegnerò un anello e in quel punto l’erba morirà. Poi tu dovrai costruire tre file di mura attorno all’anello, lasciando però aperto il lato verso il mare: in questo modo noi fate potremo andare e venire a nostro piacimento.

    Sarà un piacere, disse l’uomo che si mise subito di buona lena a costruire i tre muri di pietra attorno al punto indicato.

    II

    Non lontano da dove abitava l’uomo, c’era la casa di una strega. Questa vecchiaccia aveva la capacità prodigiosa di trasformarsi in una lepre in qualunque momento lo volesse. L’uomo era un gran cacciatore di lepri ma i suoi segugi non erano mai riusciti ad acchiapparla; riusciva sempre a scomparire in un mulino, correndo tra le ali e saltando dentro attraverso una finestra aperta, malgrado ci fossero sempre di guardia due uomini con un cane. Una volta all’interno, in quattro e quattr’otto si ritrasformava nuovamente in vecchia strega. Il vecchio mugnaio non sospettò mai niente perché lei si era sempre portata appresso un sacco di mais da macinare pochi giorni prima di ogni battuta di caccia, dicendo che sarebbe poi tornata a riprendersi il sacco con la farina il giorno della caccia stessa. In questo modo nessuno si era mai sorpreso per il fatto che uscisse all’improvviso dalla costruzione.

    Un giorno prese persino in giro il pover’uomo dicendogli che non era neanche in grado di acchiappare una lepre. Stizzito dalla provocazione, l’uomo la colpì con la frusta ed intimò: Vattene, strega!

    A quel punto lei lo maledì e lui si ammalò, finché non venne curato nel modo che abbiamo visto.

    Una volta rimessosi in forze, l’uomo iniziò a tener d’occhio la strega e notò che si recava spesso in visita da un vecchio avaro, che abitava nelle vicinanze assieme alla bella nipote. Tutti quanti nel villaggio salutavano con timore questo avaro perché si sapeva che era amico della strega ed avevano paura di lei tanto quanto di lui. D’altro canto tutti amavano le bella e gentile nipote.

    III

    Quando le fate fecero ritorno a casa, la regina disse alla figlia: Per dodici mesi a partire da oggi io non avrò alcun potere nei confronti della vecchia strega e quindi non posso attentare alla sua vita. Dovrà perderla per mano di un uomo.

    Il giorno seguente la figlia venne inviata nuovamente nel mondo, questa volta per cercare una persona che potesse svolgere l’ingrato compito.

    Nel villaggio viveva un fattore che non aveva paura di niente: era l’uomo più coraggioso di tutta la regione e un giorno ebbe l’ardire di incrociare il vecchio avaro senza salutarlo. Questi, furente, si rivolse alla strega.

    "Stanotte colpirò

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