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Il Libro del Gioco
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E-book179 pagine1 ora

Il Libro del Gioco

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Info su questo ebook

Un libro che è una cavalcata tra racconto, mito, narrazione, testimonianza, provocazione, pieno di risposte e di domande da legare insieme, e di divertimento e di tensione e di ricordo e di speranza: solo così si può raccontare il Gioco della Vita.

E se un Gioco non può essere raccontato ma va vissuto, allora questo libro è un invito a scoprirsi Giocatori della Vita.

LinguaItaliano
EditoreDEVODAMA
Data di uscita1 mag 2020
ISBN9788832197204
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    Anteprima del libro

    Il Libro del Gioco - Elefantina Genziana

    Introduzione

    Il libro del Gioco racconta romanzescamente un mese della nostra vita di damanhuriani, quando Falco Tarassaco lanciò il Gioco della Vita. Eravamo verso la fine dell’inverno del 1983, Damanhur era in espansione, ma forse noi non eravamo ancora del tutto aperti verso la comunità e il messaggio al mondo che Falco proponeva, forse non eravamo ancora consapevoli dei nostri sogni. Fu lui a creare dal nulla il Gioco: inizialmente – ed è il racconto di questo libro – un mese di tempo per superare tutte le proprie paure, le proprie irresponsabilità e le proprie abitudini per proiettarsi verso l’illuminazione; poi venne il Viaggio, al quale accenna l’ultima pagina del libro, e poi sarebbero venute tante altre avventure, tanti altri valori che fanno ancor oggi del Gioco della Vita uno dei corpi di Damanhur, una delle sue colonne.

    Questo libro racconta quel primo incredibile mese. Chi c’era, può comprendere tutti i riferimenti a ciò che accadde contenuti nel racconto di Elefantina, tutti i personaggi, le storie e i miti, tutte le sensazioni.

    Chi non c’era può ricostruirli dentro di sé, reinterpretarli, accoglierli nel proprio immaginario e chiedersi che cosa c’è dietro alla passione all’impegno all’entusiasmo che all’epoca ci mossero e che anche oggi fanno così spesso capolino tra le nostre scelte importanti.

    È stato proprio una follia, il Gioco della Vita.

    Non che oggi non lo sia, ma la rivoluzione che portò, in quel lontano 1983, nei nostri modi di pensare, nelle nostre abitudini, nel nostro modo di intendere la comunità e la spiritualità, sono irripetibili. Rivoluzionò perfino i nostri nomi, introducendo l’uso del nome di animale che i damanhuriani adottano, anzi oggi ci sono anche i nomi di vegetale! (e, a proposito, non pensate di poter identificare tutti i personaggi della storia dal loro nome: i nomi citati sono quelli del momento nel quale uscì la prima edizione del libro, allora alcuni non avevano ancora il nome di animale e oggi invece sì, mentre alcune persone non ci sono più e altre hanno adottato gli stessi animali…)

    Quante immagini, in queste pagine, che scoprirete leggendo: la presenza costante di lui, come Elefantina chiama Falco Tarassaco, che fu trascinatore e metronomo e arbitro unico – e come tale oggetto di ammirazione e curiosità – come mai più sarebbe stato successivamente, come mai credo abbia amato fare, se non in quella situazione.

    E la disciplina che mettemmo in quel frangente, e l’imbarazzo di usare un termine, il cinese che nulla aveva a che fare con i popoli dell’Antico Oriente ma che lì per lì ci sembrò il modo migliore per indicare – forse con un filo di sventatezza – la persona della quale non sapevi immaginare né l’identità né altre caratteristiche.

    E i continui richiami, che hanno poi fatto per molto tempo parte della tradizione damanhuriana, alla battaglia, al nemico, alla strategia, al combattimento, che è sì combattimento spirituale ma allora trattammo attraverso immagini così fortemente guerresche.

    Un sogno nel sogno nel quale sognammo di sognare, eppure molte delle cose narrate sono accadute davvero, e poco importa oggi quali. Ma che emozione ricordare, ricostruire… esserci stati.

    Si possono davvero trasmettere le emozioni?

    Si possono davvero trasmettere le esperienze? Chissà…

    Il buonsenso direbbe di no. Ma il buonsenso non pubblicherebbe mai un libro come questo, basato su una storia come questa. E poiché la storia e il libro sono reali, chissà che alla fine della lettura non rimanga addosso un brivido anche al lettore, che lo spinge a giocare con se stesso, con le parole, con la propria vita, in un gioco serio, che come tutte le cose serie sa riservare il giusto spazio all’umorismo e alla leggerezza.

    Stambecco Pesco

    Nota dell’autrice

    Questo libro è stato scritto nel 1983 e stampato con il ciclostile, cucito e rilegato a mano in 333 copie, con copertina in cartoncino grigio economico e di recupero e costi minimi.

    È stato realizzato in tempo. Il tempo massimo era 4 mesi dopo lo scadere di un anno dall’inizio del Gioco, poco tempo, una promessa a Falco Tarassaco da mantenere.

    È stato completato nel gennaio 1984. L’impegno per scriverlo era stato stipulato il 27 febbraio 1983.

    Questo libro è stato scritto per fare rientrare giocatori espulsi dal Gioco in quei giorni. È stato scritto in circa tre mesi al rientro del primo grande Viaggio e prima di quello successivo.

    L’ho scritto a mano, con la penna stilografica, su un quadernetto cinese in carta di riso, e poi trascritto a macchina sulla mia storica Olivetti lettera 32, in un tavolo-isola posto al centro di Damjl (che allora si chiamava semplicemente Damanhur) e poi battuto per il ciclostile sui fogli cerati: scrivevo concentrata e non dovevo essere disturbata per nessun motivo.

    Le pagine del testo sono state composte in gran parte sulle rive del lago di Meugliano o davanti ad un boccale di birra al tavolo di una birreria, ad Alice Superiore, vedendole crescere e rileggendole con Medusa, che mi faceva da musa ispiratrice.

    Poiché la posta in gioco era stata scelta da tutti e a favore di tutti, doveva essere necessariamente un lavoro di gruppo... Per questo io avevo tenuto la penna, ma perché fosse un lavoro davvero di gruppo ho chiesto a tutti i coinvolti, uno per uno, di fare almeno qualcosa perché ne uscisse un’opera collettiva e non individuale. Ho chiesto consigli e idee.

    Qualcuno mi portava da mangiare mentre non mi staccavo dalla macchina da scrivere, qualcuno ha rilegato, stampato, comprato il necessario, contribuito in qualche forma, ispirando, suggerendo, e se non altro, infine, ciascuno ha apposto il proprio nome, nell’elenco iniziale, acconsentendo a che fosse scritto nome e cognome nel volume, e poi firmandone una copia.

    In questo modo, anche se un po’ stiracchiato, si è stati coerenti con il patto fatto: un lavoro corale con il tributo di ciascuno, in base alle proprie capacità e possibilità, stando nel patto anche se sul filo del rasoio...

    Ogni copia originale della prima edizione reca per questo motivo, oltre alla mia firma scritta in inchiostro verde (con la mia amata Mont Blanc dal pennino d’oro, che mi ero auto-regalata alla maturità, che poi ho donato a Falco Tarassaco per le sue scritture con inchiostri magici), anche la firma di uno dei giocatori di quel momento.

    Il primo testo è stato stampato all’interno con il marchio DevoDam, (il settore editoriale a puro uso interno, nato nel 1983, che si occupava di tutte le parti grafiche e divulgative del periodo. Comprendeva anche il video denominato Vedo Dam).

    Ogni cosa è stata fatta a mano artigianalmente e con minori costi possibili. Le scritte e la melina, simbolo del Gioco, come anche il disegno del mandala, sono stati anch’essi fatti a mano e a ciclostile.

    Tutto fu realizzato in pieno stile del Viaggio 1983, come già si era fatto con il primo marchio del Gioco (il simbolo della mela) disegnato con quello che si aveva a disposizione: una tomaia da scarpe usata come timbro.

    Una caratteristica di questo libro è di essere stato mille volte prestato, passando di mano in mano: le copie sono sempre state troppo poche rispetto alla richiesta ma non si avevano soldi per farne altre.

    È stato letto da tutti coloro che sono arrivati nel tempo, anche perché è diventato uno dei testi base per il giuramento damanhuriano di cittadinanza...

    Ha quindi sempre continuato la sua funzione di tessitura fra le persone, come trasmissione del mito e dei valori che con esso si desidera tramandare.

    È il primo libro che ho scritto e gli sono molto legata. Mi ha profondamente coinvolto ogni parola che ho narrato e ancora oggi permette a me e ai lettori di diverse generazioni di sprofondare negli insegnamenti di Falco Tarassaco, per meditare fra emozioni e racconti dove mito e realtà, storia e attualità si fondono in un unico percorso.

    Molte persone mi hanno detto che, leggendolo, hanno sentito risuonare la traccia della propria vita... potrebbe essere un richiamo per i tappi che galleggiano nell’oceano e cercano il faro, la terra madre che emette il segnale in cui approdare.

    Per tanti altri può dare un assaggio della magia di Damanhur, del senso di gioco che fra divertente e serio aiuta a sciogliere curiosità, o forse a farle crescere...

    Lungo il testo potrete trovare sovrapposizioni multiple di pensieri, perché è un racconto che spazia fra storia, sogni, mito, realtà, tempi, ritmi e linguaggi; invita a usare pensiero laterale, a non dare per scontato alla ricerca continua di significati.

    Il consiglio è di soffermarsi, magari nella rilettura, per comprendere bene ogni parola e senso dato, ma la prima volta semplicemente lasciarsi fluire vivendo e ascoltando cosa accade dentro sé lungo il racconto... percependo cosa risuona. Se senti dentro il campanellino, anche tu sei dei nostri.

    Scrivere, come insegnare, è il mio modo per essere canale e dare il mio contributo, per fare in modo che il percorso tracciato da Damanhur per il mondo prosegua.

    Dedico questa nuova edizione con grande amore a Falco Tarassaco e al mio Popolo antico, presente e futuro: Damanhur.

    Elefantina Genziana

    Il disegno

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