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Racconti sul cambiamento e la diversità
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Racconti sul cambiamento e la diversità
E-book156 pagine2 ore

Racconti sul cambiamento e la diversità

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Info su questo ebook

Questi racconti nascono dall’osservazione di uno sguardo spinto fondamentalmente dalla curiosità, nonché dal desiderio di conoscenza, e che cercano di capire e anticipare quelli che sono i cambiamenti in atto nell’attuale società, con tutto lo stravolgimento dei ruoli sociali, delle abitudini, e dei comportamenti che possono essere interpretati non soltanto come modifiche destinate a durare nel tempo e che non si fermano al livello più superficiale, bensì come delle vere e proprie mutazioni antropologiche.
Ecco che queste prose hanno ad oggetto figure che oggigiorno appaiono mutate rispetto al passato, se non addirittura di nuove o, che comunque solo ai giorni nostri emergono ormai senza imbarazzi, costrizioni mentali e pregiudizi.
Figure come quelle femminili che si emancipano con tutte le esaltanti e deleterie conseguenze che da questo processo derivano, omosessualità e diversità che interagiscono nella fragilità e precarietà dei rapporti all’interno dei nuclei più semplici come la famiglia, fino a quelli più complessi quali l’intera comunità.
LinguaItaliano
Data di uscita12 mag 2020
ISBN9788835826132
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    Anteprima del libro

    Racconti sul cambiamento e la diversità - Massimiliano Pricoco

    2099

    Al crocevia delle età

    La mezza l’aveva passata da un pezzo, lui ci ritornava con due o forse tre famiglie alle spalle, lei con qualche sogno ancora da svezzare. Essendo bellissima, le era concesso sognare.

    Negli anni lui aveva avuto dei figli, e si era fatto un ottimo nome tra gli uffici del comune e della Camera di Commercio. Metteva il lavoro davanti a tutto, ma non aveva una vera passione per quello che faceva, la dedizione al dovere era dettata dall’amore per se stesso, che poteva essere nutrito soltanto dai soldi, poiché i narcisi non possono fare a meno della bellezza e la povertà imbruttisce.

    Per lei era diverso, nel curriculum della sua vita, c’era soltanto un diploma, qualche esame dato all’università e, più che sogni, pretese; era stata la madre, o forse la televisione a confonderle i due significati.

    C’era in tutti e due esibizionismo e un’ossessionata ricerca della bella vita: se in lei veniva tollerato, in lui veniva visto come qualcosa di morboso e impudico.

    «Alla sua età ci si dovrebbe raccomandare l’anima a Dio e non cercare le ragazzine».

    Erano le donne soprattutto a pensarla così, con la loro fretta di vivere e far pesare agli uomini il tempo che passa.

    Le sue ex mogli chiamandolo pervertito, gli ricordavano che la vecchiaia era il momento in cui ci si deve tirare indietro, voltare le spalle a quelli che erano i piaceri dei trent’anni.

    Lui rispondeva che non era colpa sua se ancora avvampava di desiderio quando vedeva le ventenni, e aggiungeva che mai nessuna era rimasta insoddisfatta di lui.

    Alle loro parole tuttavia, non dava nessuna importanza, non lo infastidivano; se per qualche breve momento provava un po’ di vergogna, la liquidava, avendo imparato alla sua età, a raggirare i rimorsi.

    Non aveva mai smesso di sentirsi in competizione e fin da quando aveva vent’anni portarsi a letto una donna già impegnata gli dava più soddisfazione, e gli amici quasi plaudivano queste sue doti da puttaniere.

    Da nonno invece si sprecavano gli epiteti ingiuriosi verso chi non ha nessun rispetto degli altri.

    Lei, esibizionista lo era diventata da quando aveva finito le scuole superiori e all’università, in una città più grande, s’era resa conto che per essere accettati, si doveva essere alla moda, dimostrare di saper stare al passo coi tempi.

    Fino a quel momento gli occhi nocciola e allungati, la spontaneità e la dolcezza del suo sorriso, le proporzioni perfette del corpo, l’avevano fatta diventare la più bella di tutta la scuola; ma da quando aveva cambiato città per studiare, cominciava a percepire il suo corpo, bellissimo regalo fattole dalla natura, come uno strumento; si metteva spesso davanti allo specchio e dava un prezzo ad ogni sua parte. Non aveva ancora mai baciato nessuno e quando usciva, suo padre alle nove di sera la voleva già a casa.

    L’idea di cominciare a mercanteggiare il corpo, le faceva accettare anche il rischio di sacrificare l’amore, se non fosse stata abile e fortunata a incontrare qualcuno che le permettesse lo stile di vita che aveva in mente.

    Su questo era fiduciosa; da qualche anno il suo paese era diventato la nuova meta di moda tra italiani e spagnoli che apprezzavano le donne scure del nord Africa, e molti di loro, le avevano anche sposate.

    Bastava volare sul Mediterraneo, e da entrambe le sponde si trovava quello che si stava cercando.

    Sawssen ne parlava sempre più di frequente con le amiche, anche se fino ad allora non aveva trovato nessuna a supportarla in questi suoi nuovi propositi gaudenti.

    «Non è così facile come pensi Sawssen; non è che gli uomini arrivano e ti riempiono di regali senza voler nulla in cambio. Perché ti sei fissata di voler provare questa esperienza con i turisti?».

    Sawssen non tardò a risponderle.

    «Tra la gente del posto è impossibile trovare uno disposto a mantenermi, i turisti non sono tirchi, ti riempiono di regali e poi se ne tornano al loro paese».

    «Sembri ancora una bambina; abbiamo già vent’anni e dobbiamo cominciare a pensare a come farci strada da sole».

    «Io da donna, ti posso dire che mi stuzzica l’idea di essere comprata, di concedere sempre di più a un uomo, a patto che mi dia sempre qualcosa in più. È come se tutti i regali, mi spogliassero poco per volta di tutto il mio pudore; il desiderio di una donna, non può essere mostrato o concesso troppo facilmente, per me è più eccitante l’idea di spogliarmi non solo davanti a un uomo ma soprattutto davanti a quello che rappresenta, e quanto più è disposto a spendere per me, tanto più mi dà l’idea che mi desideri davvero. Non credo faccia molta differenza stare mezz’ora a letto con uno piuttosto che con un altro, ho sentito dire che a letto gli uomini sono tutti bravi e si danno da fare, quindi preferisco che mi ci porti qualcuno che oltre al piacere fisico mi lasci dell’altro, non mi interessa che sia qualcosa di bello e profondo, meglio qualcosa di materiale, che si possa toccare e che tutti possano vedere; certo, se riuscisse anche a farmi provare dei bei sentimenti, che ben venga».

    La sua amica avrebbe voluto farle i soliti discorsi un po’ appesantiti di morale e mal odoranti di perbenismo, ma erano ormai davanti l’aula e si limitò a dirle che stava diventando pazza e che ne avrebbero parlato meglio a fine corso. Poi, prima di entrare, si misero d’accordo con altre due amiche che quella stessa sera sarebbero andate un po’ in giro per i locali. L’università era al centro della città e immersa in un campus pieno di verde e profumatissimo in primavera; vicino ci stavano tre alberghi che, per attirare più clienti, pubblicizzavano la possibilità di accedere ai bellissimi giardini del campus universitario e godersi i giochi d’acqua delle fontane, e le statue di gesso bianco. Sawssen era vestita come suo solito coi jeans aderenti, scoloriti sulle cosce, aveva scarpe basse ma era un palmo più alta delle altre, impossibile per gli uomini, fossero studenti o professori, non osservarla e guardare la sua fluente e corvina chioma sciolta sulla schiena. Tra una pausa e l’altra, camminava nel cortile che collegava il campus a uno degli alberghi più frequentato da italiani. A una prima occhiata rimase un po’ delusa perché c’erano soltanto uomini eccessivamente adulti, il più giovane sembrava avere l’età di suo padre. Quasi tutti però erano disposti a pagare per poter avere una come lei.

    Lui aveva prenotato l’albergo fino a quando non gli avrebbero consegnato un appartamento che aveva preso in affitto in centro con due amici. Camminava nella direzione opposta a quella di Sawssen per attraccare qualcuna al campus, e appena le passò accanto, non perse l’occasione per avvicinarla dicendole che quella era la sua prima volta a Sfax.

    Le disse che era italiano e che era in Tunisia per lavoro; al suo invito a bere qualcosa, lei propose il gazebo dell’albergo, perché al bar della facoltà non si trovava mai un posto libero. Gli status simbol che aveva addosso, la colpirono.

    Non gli chiese neanche quanti anni avesse, ma di parlare del suo lavoro e dell’Italia. Lui invece non domandava quasi nulla, era facile intuire la sua consapevolezza di essere appena sbocciata e pronta alla vita, la purezza dei suoi primi vent’anni passati a casa coi genitori; la lucentezza della pelle scura era la perfetta metafora della sua vitalità, ma essendo bravo a leggere gli occhi delle donne, capiva anche che era disposta a concedersi in cambio di qualche regalo. Prima di rientrare a seguire gli esami si scambiarono i numeri di telefono per rivedersi prima che lui partisse. Avevano parlato in inglese che lei aveva studiato al superiore e lui, nonostante fossero passati vent’anni da quando era rientrato in Italia dall’Inghilterra, lo ricordava ancora bene.

    Appena gli diedero le chiavi dell’appartamento si trasferì coi suoi amici, e quella prima sera cenarono con couscous a base di pesce, parlando di come gli era sembrata la città in quei primi due giorni.

    Gli piaceva molto fare lo spaccone a tavola, raccontando di come le donne decantassero le sue qualità di grande amante.

    Domani se avete tempo potete fare un giro al campus dell’università, è pieno di piccole zoccole che la danno per poco o niente; l’altra mattina ne ho trovata una appena ho messo piede fuori dall’albergo. Guardate qui cosa mi ha scritto… Capite l’inglese vero?».

    «Che ce ne frega di quello che ti scrive in inglese, facci vedere le sue foto» lo interruppe il più giovane, quello partito con più voglia, essendosi lasciato con la moglie da qualche mese.

    «Per recuperare tutte le scopate che non mi sono fatto ultimamente devo portarmene due alla volta; anzi, non puoi dirle di portare un’amica? Così mi aggiungo a voi?».

    «Domani no, è il primo giorno che ci rivediamo, nei prossimi giorni organizziamo con le amiche» gli rispose, riprendendo le forchettate del cous cous.

    «Te la dà già domani? Eh, qui non sono come in Italia che sembra ce l’abbiano d’oro».

    «Ma che cazzo dici, in Italia si deve solo spendere di più, qui le prendiamo con lo sconto!».

    Si erano messi a cenare nella stanza d’ingresso perché la cucina era stata riverniciata il giorno prima e puzzava di pittura. Non potevano neanche tenere le finestre aperte per via delle zanzare. La stanza era praticamente senza mobili e le loro voci rimbombavano in tutta la casa. Lui se ne andò a dormire poco dopo aver finito di cenare e aver preso una pasticca per il mal di testa.

    Tra le medicine che si era portato, c’era anche una confezione di viagra.

    Gli altri due invece uscirono per andare a farsi un giro tra i locali e le discoteche che avevano sentito dire essere i posti ideali per attraccare.

    Sawssen non ne parlò subito con sua madre di quell’italiano che poteva essere forse suo nonno, ma quando lo fece, innanzitutto le disse che suo padre doveva restare all’oscuro di tutto, poi, sentendo dalla sua voce che ne era rimasta colpita, le consigliò di non affezionarsi troppo.

    «Tu sei una ragazza volubile, hai vent’anni, sei vulnerabile su certe cose e ti piace la bella vita; per uno che ha i soldi come lui, non sarà difficile convincerti ad andarci a letto, ma tu cerca di essere più furba e non ci cascare. Se proprio vale la pena di farci qualcosa, cerca di stare attenta e non tornare incinta, altrimenti tuo padre ammazza prima te, poi lui, e se sa che io ti sto coprendo, ammazza pure me».

    La madre con queste parole, le insegnava i compromessi del vivere, perché essere genitori significava far dimenticare ai figli gli ideali da film.

    Eppure, essendo la prima volta che le si era avvicinato un uomo tanto più grande di lei, non aveva ben chiaro se lo avesse rivisto perché le mandava le fotografie delle scarpe e delle borse che le avrebbe regalato, o se invece perché dietro quelle promesse, c’era un uomo affidabile e protettivo.

    Quando si rividero, le chiese se volesse andare a casa sua perché aveva un regalo da darle.

    Lei non esitò e, in dieci minuti di macchina, erano già arrivati.

    La voglia di vedersi addosso accessori nuovi e firmati andava al di là di quella che poteva essere la sgradevolezza di un appuntamento; era ottimista di natura, e poteva anche darsi che quella sua prima volta non sarebbe stata uno schifo, se nell’intimità lui era tanto dolce quanto gentile.

    Gli occhi grandi e chiari che sembravano essere comprensivi, la facevano ben sperare; non era romantica, voleva solo che la prima volta fosse quanto meno possibile simile a una

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