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Legami di sangue: Un'indagine di Giorgia del Rio e Doriana Messina
Legami di sangue: Un'indagine di Giorgia del Rio e Doriana Messina
Legami di sangue: Un'indagine di Giorgia del Rio e Doriana Messina
E-book231 pagine2 ore

Legami di sangue: Un'indagine di Giorgia del Rio e Doriana Messina

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Info su questo ebook

A Valsolda, ai piedi di un ponte, sul greto del torrente quasi asciutto viene trovato il cadavere di un ragazzino. Le indagini portano frettolosamente alla conclusione che si sia trattato di un suicidio. Non per i genitori che, attraverso il parroco della valle, chiedono aiuto alla psicologa detective Giorgia del Rio. Dopo le prime indagini nella scuola del ragazzo, Giorgia decide di spostarsi a Torino, da dove la famiglia si è trasferita poco prima. Inizia così una serrata indagine che porterà Giorgia, affascinata dalle bellezze sabaude, ad addentrarsi in un mondo parallelo, gestito dalla criminalità di origine albanese. Nel frattempo, in un parco poco distante da Milano, viene trovato un altro cadavere, su cui investiga la Capitano dei Carabinieri Doriana Messina. Le due indagini proseguono a ritmo incalzante, finendo ben presto per incrociarsi e portando alla luce imprevedibili “legami di sangue”.

Emiliano Bezzon ha pubblicato il racconto noir La notte del boss in Delitti e canzoni, edito da Todaro nel 2007. Assieme a Cristina Preti ha pubblicato i romanzi gialli Breva di morte e Le verità di Giobbe, entrambi editi da Eclissi, nel 2015 e nel 2016. Con i racconti Incubo di una notte di mezza estate, Lo sguardo del pesce, La mancia è gradita e Cala di Morte è risultato finalista dei concorsi “Giallolaghi” e “Garfagnana in Giallo” e pubblicato nelle relative antologie, edite da Morellini e Tra le Righe. Nel 2017 ha pubblicato il romanzo Il manoscritto scomparso di Siddharta con Robin, vincitore di diversi premi e concorsi e la raccolta di racconti I delitti della città in un giardino con Macchione. Quest’ultimo ha ottenuto il premio speciale per l’antologia di racconti al concorso “La provincia in giallo 2018”. Nel 2020 con Fratelli Frilli Editori ha pubblicato il romanzo Il delitto di via Filodrammatici e il racconto La villa della Regina nell’antologia I luoghi del noir.
LinguaItaliano
Data di uscita29 set 2021
ISBN9788869435638
Legami di sangue: Un'indagine di Giorgia del Rio e Doriana Messina

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    Anteprima del libro

    Legami di sangue - Emiliano Bezzon

    Capitolo 1

    Giorgia era ormai legatissima a Valsolda e al suo Parroco. Si erano conosciuti qualche tempo prima, quando era arrivata in quel borgo, di cui non conosceva nemmeno il nome, perché una donna le aveva chiesto di investigare sulla morte del marito, avvenuta lungo uno dei sentieri che congiungono le frazioni di montagna con quelle adagiate sul lago.

    Valsolda è così: nemmeno la conosci, poi ci capiti una volta e vorresti tornarci sempre, magari anche per restarci, in una delle bellissime case bagnate dalle paciose onde del lago Ceresio, come quella in cui visse Antonio Fogazzaro, ambientandovi i suoi capolavori.

    Era a cena col fidanzato in un luogo esclusivo e con una vista impagabile sulla città di Milano illuminata nella notte d’estate, quando il prete le aveva telefonato chiedendole di raggiungerlo appena possibile. Il suo commensale non l’aveva presa bene ma, alla fine, aveva acconsentito alla proposta di passare qualche giorno di vacanza al lago.

    Guarda che ho visto benissimo il tuo sguardo indugiare sui palazzi del peccato! così Giorgia aveva provocato Alberto, che ormai da quasi un quarto d’ora guidava in silenzio, più o meno da quando avevano oltrepassato la frontiera a Chiasso.

    Ma che dici? È solo che non vengo da queste parti da un pezzo e non ricordavo questo pullulare di centri commerciali, che hanno praticamente riempito la valle, senza lasciare nemmeno lo spazio di un’aiuola le aveva risposto, quasi piccato.

    Comunque, tra pochissimo lasciamo l’autostrada e ci troviamo di fronte il lago e vedrai che sarà molto meglio. Anzi, sai che ti dico? Lasciamo l’auto nel parcheggio sotto il nuovo palazzo del Lac e ci facciamo due passi sul lungolago, se ti va. Don Cesare ci aspetta per pranzo e siamo parecchio in anticipo…

    Certo che mi va Giorgia. Lugano ha sempre avuto il potere di intristirmi con le nuvole ed entusiasmarmi quando splende il sole, quindi…

    Quindi oggi ti renderà più che mai entusiasta, soprattutto perché sei con me, giusto?

    La risposta era stato un bacio a schiocco dato girando appena la testa, per non perdere il controllo della strada. Dopo qualche minuto, la Jeep Renegade di Giorgia era già perfettamente allineata a decine di altre auto, nel nuovissimo parcheggio sotto il moderno palazzo che ospitava spettacoli, mostre e concerti.

    Chissà perché ancora ci si stupisce nel constatare che all’estero non si trovano auto parcheggiate in divieto di sosta, pur non essendoci poliziotti a ogni angolo. Basta varcare di poco il confine per capire come la risposta sia nell’ampia disponibilità di parcheggi sotterranei. Anche a Milano ci aveva provato un sindaco illuminato, cui si deve gran parte dello sviluppo urbanistico di nuovi quartieri; poi sono arrivati pseudo comitati di cittadini, contrari all’abbattimento di quattro alberi ormai soffocati dallo smog e molti progetti sono stati abbandonati. Peccato che da allora siano sempre gli stessi comitati a lamentarsi dall’eccessivo numero di auto parcheggiate sui viali.

    Giorgia e Alberto non si prendevano una vacanza assieme da molto tempo: lui sempre in missione in ogni parte del mondo e lei sempre più presa con la sua nuova attività di investigatrice, senza peraltro mollare del tutto quella di psicologa di coppia e psicoterapeuta. Un uomo maturo ed elegante e una donna non più giovanissima ma sicuramente attraente erano perfettamente a loro agio seduti al tavolo di uno dei caffè della piazza centrale, proprio davanti al palazzo comunale. Sembravano proprio una coppia di turisti in totale relax, sorridenti e pieni di attenzioni l’uno per l’altra. In fondo un po’ lo erano. Alberto a momentaneo riposo prima di partire per l’ennesima missione che lo avrebbe tenuto lontano da lei per settimane se non per mesi e lei decisa a passare qualche giorno di relax al lago, seppure motivata da una richiesta di aiuto dell’amico prete. Lo avrebbe ascoltato e probabilmente avrebbero assieme deciso che tutto ciò che era possibile fare era già stato fatto dai Carabinieri. Giorgia ne era certa. Già i Carabinieri. Anche Alberto era uno di loro e che Carabiniere! Colonnello distaccato presso i servizi di sicurezza dello Stato, cioè i Servizi segreti…

    Come lo avrebbe presentato a don Cesare? Un amico, il fidanzato, il compagno? E poi come avrebbe risposto alla curiosità del prete – che curioso lo era parecchio – sulla professione di Alberto?

    Come se le stesse leggendo il pensiero, lui se ne era uscito con: Se stai pensando a come presentarmi al tuo amico prete, non ti preoccupare! Sono abbastanza a mio agio nel dover raccontare le cose più strane di me. Diciamo che, in generale, sono abbastanza avvezzo a costruire storie false, ma perfettamente verosimiglianti. Tranne che con te ovviamente… non saprei mentirti e, comunque, da buon segugio femmina, mi beccheresti all’istante.

    Non ci provare nemmeno furbacchione! gli aveva sorriso. In effetti stavo proprio pensando a quello. Ma come diavolo hai fatto a capirlo? Tra i due la psicologa sarei io, se non ti spiace.

    Certo Giorgia, ma è altrettanto vero che tra i due lo sbirro sono io, se anche a te non dispiace, quindi…

    Quindi cosa? lo aveva interrotto, a metà tra il divertito e il risentito.

    Lui aveva cominciato a carezzarle il dorso della mano con la sinistra, mentre con la destra sorseggiava dal calice di bollicine italiane, ghiacciate al punto giusto, come erano calde al punto giusto le pizzette che aveva finito di assaporare.

    Pensa a come ti troveresti in un paese estero, di cui non conosci nulla se non quello che hai potuto studiare nei dossier, dovendo necessariamente fare affidamento sui contatti locali, non sempre collaudati e pienamente affidabili, magari circondato da persone che parlano una lingua molto diversa dalla tua e da quelle che hai potuto studiare le aveva suggerito.

    In quei contesti impari a sviluppare altre capacità, che non sono certo di lettura del pensiero ma sono sicuramente di attenta osservazione dell’ambiente e dei comportamenti delle persone, anche dei loro atteggiamenti e delle espressioni facciali. Per sopravvivere aveva concluso.

    Insomma stai cercando di dirmi che osservandomi sei in grado di capire a cosa sto pensando? la domanda di Giorgia era rimasta sospesa tra la curiosità e il disappunto.

    Magari questo no, mia cara. Probabilmente, però, sono in grado di percepire la tua tensione e facendo un rapido collegamento con il contesto in cui siamo, forse anche intuire qualcosa di simile a ciò che stai pensando.

    E adesso come hai capito che stavo pensando al nostro incontro con don Cesare? aveva chiesto quasi invidiosa dall’inaspettata capacità del suo uomo.

    Lo vuoi proprio sapere? aveva risposto sornione.

    Sì che voglio! aveva quasi urlato Giorgia, sfilando la mano da quella di lui.

    Alberto, dopo averla ripresa e stretta più forte per non farsela sfuggire ancora, aveva candidamente risposto: Ho tirato a indovinare e ci ho azzeccato!

    Non è vero! Sei un imbroglione e mi hai preso in giro con tutte quelle storie e…

    Lui si era alzato, l’aveva baciata sulla fronte per poi dirigersi verso un cameriere a saldare il conto, dopo aver lasciato qualche euro di mancia sul tavolo, segno evidente dell’abitudine a viaggiare all’estero.

    Lei lo aveva aspettato, al suo arrivo si era alzata e si era fatta consegnare, quasi stizzita, le chiavi dell’auto, che dopotutto era la sua. Le sembrava il momento di ristabilire un certo equilibrio, secondo lei, compromesso a suo svantaggio.

    Senza più pronunciare una parola era andata a pagare il parcheggio; salita sull’auto, dando ad Alberto giusto il tempo di fare altrettanto e imboccata la rampa di uscita, aveva finalmente fatto rotta per Valsolda. Anche perché era lei a sapere dove andare, per lo meno questa volta. La manutenzione di un rapporto è quasi sempre e solo un problema di equilibrio e misure da stabilire e conservare: cosa assai ardua a dirsi e ancor più da realizzarsi tra un colonnello dei servizi segreti e una psicologa detective in carriera.

    Capitolo 2

    Claudio non è il suo vero nome, perché quando è nato all’ospedale Sant’Anna di Torino suo padre lo ha chiamato Kledi. Ma poi i compagni di scuola hanno cominciato a chiamarlo col nome italianizzato e, alla fine, persino gli insegnanti a scuola lo facevano, per cui era diventato Claudio per tutti. A lui piaceva, lo faceva sentire a suo agio tra i compagni. Suo padre, nato e vissuto in Albania fino a quando con la moglie era sbarcato in Italia, aveva reagito malissimo all’italianizzazione del figlio, pensando che si trattasse di un tentativo di rinnegare o nascondere le proprie origini. C’erano voluti mesi di intenso e amorevole lavoro di persuasione della madre, perché Kledi smettesse di essere visto come il figlio degenere da investire di rimproveri e qualche botta ogni sera.

    Una delle insegnanti del ragazzo ne aveva raccolto le confidenze, dopo averlo visto arrivare un mattino in classe decisamente segnato in viso. Aveva però scelto di non intraprendere il percorso formale previsto in casi di maltrattamento come questo, cercando, almeno come primo tentativo, di parlarne direttamente coi genitori del ragazzo. Era stata a casa loro, in via Aosta, un pomeriggio appena finite le lezioni e aveva conosciuto la madre. Poi era stata anche dove si guadagnava da vivere il padre, aspettandolo alla fine della giornata di lavoro. Era tornata diverse volte, riuscendo a penetrarne la scorza coriacea, per parlargli di Kledi o Claudio, come ormai tutti lo chiamavano. Alla fine, era riuscita a convincere il padre che Kledi era assolutamente orgoglioso delle sue origini e non aveva mai nemmeno pensato o manifestato l’intenzione di rinnegarle.

    Non era stata una grande idea la sua: fare tutto da sola, senza avvisare i suoi superiori. Soprattutto all’inizio, più volte, era stata tentata di seguire l’iter più corretto, informando il dirigente della scuola che, a sua volta, avrebbe avvisato le autorità di polizia.

    Diverse altre volte aveva fatto in questo modo e non era nemmeno andata a finire male, anzi. Ma in questo caso aveva deciso di seguire il suo istinto, forse più di madre che di insegnante in uno dei territori più contrastati di Torino.

    Ma lei non lo vedeva così il quartiere di Aurora. Nata e cresciuta in quella parte della città, si era spostata appena più in là, oltre la Dora, verso il centro città, per frequentare l’università. Non aveva fatto a tempo a bazzicare il Campus realizzato da Norman Foster e inaugurato nel 2012. Adesso le capitava di passarci accanto, soprattutto quando pedalava con la famiglia lungo la ciclabile che dal ponte di via Bologna corre lungo la Dora fino al Po e San Mauro Torinese, attraverso il parco del Meisino. Era davvero bello e invidiava gli studenti che lo affollavano, provenienti da diversi Paesi. A lei, come ai suoi coetanei, erano toccate le aule più austere di Palazzo Nuovo, nel quartiere di Vanchiglia, poco distante da lì e appena dietro la Mole.

    Dopo la laurea, aveva sposato Stefano, il compagno di facoltà con cui si era messa già al secondo anno. Lei aveva cominciato a fare supplenze in attesa del concorso per fare l’insegnante di ruolo, lui aveva vinto quasi subito un concorso al Comune ed era diventato bibliotecario. Avevano abitato in diversi quartieri della città, sempre nelle periferie, dove gli affitti erano alla portata della loro nuova famiglia. Appena poteva, però, tornava in Aurora a trovare i genitori, nella loro casa in corso Vercelli; quando erano morti, nonostante le resistenze del marito, che si era affezionato al loro ultimo alloggio di Lucento, erano andati a vivere nella casa di famiglia, peraltro vicina alla biblioteca dove lavorava. Si era lasciato convincere soprattutto dal fatto di non dover più pagare alcuna pigione. Poi, con molta pazienza aveva atteso la nomina in ruolo come insegnante di lettere e, finalmente, l’assegnazione alla scuola del suo quartiere. Suo marito si era ormai rassegnato a convivere con questo radicamento totale al quartiere, compensandolo con il suo girovagare in bicicletta in ogni parte della città. Appena aveva del tempo libero, inforcava la bici e partiva per i suoi itinerari letterari, alla ricerca dei luoghi dove gli autori torinesi erano vissuti o dove avevano ambientato le loro storie. A volte era semplice, perché i luoghi erano indicati da targhe o comunque conosciuti, altre volte era proprio lui a scoprire case, strade e palazzi a partire dalla loro descrizione romanzesca. Per la verità nessuno certificava la correttezza delle sue scoperte, se non la moglie, pure lei lettrice accanita, che aveva così trovato anche il modo per risarcirlo del trasferimento, inizialmente forzato, in Aurora. Lei compenetrata nel suo quartiere, dal quale non si sarebbe mai allontanata nemmeno per le vacanze, lui – al contrario – sempre in viaggio, pedalando sulle pagine dei romanzi.

    Da qualche tempo anche Claudio lo seguiva nelle pedalate in città, con la bicicletta che il padre gli aveva regalato dopo la riconciliazione. Era stato un momento indimenticabile: il padre era tornato prima dal lavoro in cantiere e lo aveva portato a Porta Palazzo, dietro il Pala Fuksas, in uno dei negozi di biciclette più forniti in città. Ne aveva scelta una un po’ più grande della sua misura, nonostante le rimostranze del ciclista. Ma era la prima biciletta tutta sua e avrebbe voluto tenerla con sé il più a lungo possibile, magari per sempre, di certo anche quando sarebbe stato più grande. Quella bicicletta per lui significava molto, soprattutto era il segno concreto del rinsaldato legame con suo padre.

    A differenza del bibliotecario, vedeva i luoghi che l’amico gli faceva scoprire e subito dopo andava a leggere il romanzo che ne parlava o era stato scritto da chi era vissuto lì. La prima meta era stata la casa di Salgari a Sassi, ai piedi della collina di Superga, poi erano andati in piazza Statuto dove aveva vissuto Laura Mancinelli. Così Claudio era passato dal ciclo dei pirati della Malesia a I dodici abati di Challant: una passeggiata attraverso i secoli in poche pedalate decise, dai piedi della collina fino al quadrilatero romano.

    Che ne dici se ci prendiamo una pausa e ci mangiamo un gelato? In fondo abbiamo pedalato parecchio e ce lo siamo meritati.

    Claudio aveva accolto con la consueta timidezza la proposta di Stefano, il bibliotecario, da sempre restio ad aprirsi nei rapporti interpersonali, anche per la diffidenza che continuava a sentire nei discorsi del padre verso gli occidentali. Lui la pensava diversamente e si sentiva a suo agio a Torino, anzi ci stava proprio bene e avrebbe voluto rimanerci a vivere il più a lungo possibile. Però ogni volta la sua riservatezza prendeva il sopravvento e se qualcuno si rivolgeva a lui il mento si abbassava verso il petto e i suoi occhi brillavano all’insù, più chiari e diretti di qualsiasi parola detta.

    Allora ti propongo di percorrere tutta via Garibaldi da qui fino a piazza Castello. Se non mi sbaglio dovremmo incontrare cinque o sei gelaterie: quando trovi quella che ti piace, ci fermiamo, ci stai?

    Grazie, ma fai tu, che di sicuro le conosci meglio di me.

    "Ok, decido

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