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Una strana alleanza
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E-book154 pagine2 ore

Una strana alleanza

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Info su questo ebook

Fabiana e Stefano non sono molto popolari a scuola: vengono infatti presi in giro dai coetanei, anche se per motivi diversi. Le cose cambieranno quando Anna, una loro compagna di classe, deciderà di imbrogliare Stefano: Fabiana la scoprirà e tenterà di fermarla. Questo avvicinerà i due ragazzi e con il tempo farà loro scoprire qualcosa che mai avrebbero creduto possibile.
LinguaItaliano
Data di uscita30 mar 2020
ISBN9788831664240
Una strana alleanza

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    Anteprima del libro

    Una strana alleanza - Martina Salvatori

    info@youcanprint.it

    Capitolo 1

    La metropolitana era già in stazione. Fabiana, che era appena scesa dalle scale mobili, la vide e affrettò il passo: dopodiché, si avviò velocemente verso il treno e vi entrò.

    Come al solito, aveva scelto la prima carrozza: sapeva che lì avrebbe quasi sempre trovato almeno un posto a sedere, perché la maggior parte dei pendolari era solita distribuirsi nella parte centrale e in quella posteriore del mezzo. Quel giorno, però, fu sfortunata: non c’era nemmeno un sedile libero, e così fu costretta a restare in piedi, infilandosi in uno spazio vicino alle porte e reggendosi all’apposito sostegno che si trovava a qualche millimetro da lei.

    Si vede proprio che è ricominciata la scuola, si disse girandosi prima a destra e poi a sinistra, mentre il treno, dopo aver emesso il consueto segnale acustico che annunciava la chiusura delle porte, ricominciava la sua corsa.

    Speriamo che quest’anno possa andare meglio!

    Fabiana non aveva una storia familiare facile alle spalle: i suoi genitori erano morti in un incidente stradale quando aveva undici anni, e così lei era andata a vivere con i nonni materni, non avendo altri parenti.

    Alle scuole medie nonostante il lutto aveva avuto una vita tranquilla e aveva sempre avuto ottimi voti, ma con l’ingresso alle superiori, avvenuto l’anno precedente, le cose erano notevolmente cambiate: il suo rendimento scolastico era calato, e i suoi compagni non ci avevano messo molto a soprannominarla Fabiana la palla nana per via del suo metro e cinquanta di altezza e della sua figura non proprio filiforme.

    Non era riuscita a farsi un solo vero amico nella classe, quindi figurarsi il trovare un fidanzato! Le sue coetanee avevano già avuto le loro esperienze, mentre lei no; sua nonna le aveva detto che aveva tempo per trovare la persona giusta, ma Fabiana non ci credeva molto, così come non le credeva quando le diceva che non era grassa e che non aveva bisogno di diete. Però non se la sentiva di seguire quelle fai da te contro i voleri dei suoi nonni e non poteva certo andare da una nutrizionista da sola, essendo minorenne; quindi, tutto ciò che poteva fare era augurarsi che i suoi compagni quell’anno avessero di meglio da fare che prenderla in giro, e che le sue compagne si sforzassero di farla entrare nel loro gruppetto anche sapendo che era tanto, forse troppo diversa da loro.

    ***

    Stefano salì sulla metropolitana, facendo a gomitate per conquistarsi un po’ di spazio: gli ultimi vagoni erano sempre i più affollati e la stazione dove si trovava era quella in cui si intersecavano le due linee metropolitane della città, per cui a maggior ragione la gente era tanta.

    Nonostante ciò, non si poteva lamentare: doveva viaggiare solo per pochi minuti prima di giungere a destinazione, quindi in un certo senso era molto più fortunato di tanti altri pendolari!

    Sperava che, almeno per quell’anno, le cose potessero migliorare: il suo primo anno di liceo infatti non era andato esattamente a meraviglia, anzi … fino ad allora era stato il peggiore della sua vita. A differenza dei suoi compagni, infatti, non era interessato alle partite di calcio, tanto che non aveva una squadra del cuore; non gli piaceva fare a botte, non attaccava mai nessuno per primo e in generale non era un tipo competitivo, ma questo non voleva certo dire che fosse un pappamolle e che le ragazze non gli interessassero, come invece dicevano i suoi coetanei. In verità, gli interessavano parecchio, ma con loro purtroppo non aveva mai avuto un gran successo, forse anche per colpa dei suoi brufoli e degli occhiali che gli davano il classico aspetto da secchione imbranato. Ma cosa poteva farci? I brufoli erano dovuti alla sua età, e di certo non poteva spalmarsi il viso con ogni tipo possibile di crema per mandarli via; quanto agli occhiali, senza di essi era miope e quindi di certo non poteva fare a meno di portarli!

    A tutto questo, bisognava aggiungere che era entrato nell’adolescenza senza avere una figura maschile di riferimento: suo padre non aveva certo avuto l’intenzione di morire d’infarto cinque anni prima, lasciando una moglie e tre figli, la più piccola dei quali all’epoca era una bambina di appena un anno! Sua sorella maggiore, Sabrina, l’anno prima aveva preso il diploma, e pochissimo tempo dopo aver concluso gli studi si era messa a cercare lavoro per aiutare economicamente la madre; così lui spesso e volentieri doveva badare alla sorellina Susanna, che proprio quel giorno avrebbe iniziato a frequentare la prima elementare. L’idea di dover stare spesso con una bambina di sei anni quando sua madre e Sabrina non c’erano e sacrificare eventuali uscite con gli amici non gli era mai andata a genio, ma non poteva fare altrimenti: Susanna era troppo piccola per stare sola a casa! E inoltre, lui di veri amici non ne aveva, quindi non avrebbe comunque avuto molta scelta.

    Il segnale acustico della metropolitana interruppe i suoi pensieri, e lo indusse a girarsi, per quanto gli era possibile data la calca, per vedere in quale stazione si trovava; si accorse così che era giunto alla fermata che precedeva quella a cui sarebbe dovuto scendere.

    Devo muovermi in fretta e cercare di raggiungere la porta il prima possibile, altrimenti non riuscirò ad uscire in tempo!, si disse, mentre cominciava a farsi largo tra gli altri viaggiatori.

    ***

    «Ehi, Fabiana!».

    La ragazza si girò, sorpresa: a parlare era stato Giacomo, il ragazzo che l’anno prima la prendeva in giro più di tutti. Come mai la chiamava per nome? Aveva forse deciso che era ora di smettere di tormentarla? Le bastò guardarlo, però, per capire che non era affatto così.

    «Noto che sei cresciuta molto durante l’estate … in larghezza! Sei proprio una palla nana», disse infatti il ragazzo, sghignazzando; e gli altri, come era prevedibile, lo imitarono.

    «Piantala! Non cambi proprio mai, ma quando ti stuferai di fare il bambino? Hai quindici anni, non cinque!», protestò esasperata, sperando di farlo ammutolire: invece, ottenne solo un aumento delle risate generali, mentre Giacomo la scimmiottava con una voce acuta che avrebbe dovuto simulare la sua.

    «Scusate, ragazzi? È questa la seconda B, vero?».

    Fabiana si voltò verso la porta, da cui lei stessa era entrata qualche istante prima, e si ritrovò a fissare il ragazzo più bello che avesse mai visto: moro, occhi scuri, fisico atletico ed abbronzato, aveva l’aria di uno che sapeva esattamente come comportarsi in ogni situazione.

    «Ehm …», cominciò a rispondere, cercando di ignorare il battito impazzito del suo cuore.

    «Sì, la classe è questa!», la interruppe Anna, avanzando verso il nuovo arrivato con fare sicuro e dando alla compagna una gomitata violentissima che non poteva assolutamente essere casuale.

    «Ahia!» protestò Fabiana, massaggiandosi le costole. «Anna, stai più attenta! Io non sono…».

    Le ci volle poco per capire che nessuno la stava ascoltando: tutte le sue compagne avevano circondato il nuovo arrivato e lo stavano subissando di domande: volendo ascoltare anche lei, si avvicinò al capannello con fare incerto, riflettendo tra sé. Anna era sempre la solita! Era la più ammirata, e se ne rendeva conto: amava essere al centro dell’attenzione, e ogni scusa per lei era buona per mettersi in mostra; però, la gomitata era stata proprio una cattiveria gratuita. Cosa temeva, che se Fabiana avesse rivolto la parola a quello che evidentemente con molta probabilità era un loro nuovo compagno, lui si sarebbe incenerito all’istante?

    Scuotendo la testa, la ragazza si ricavò un posticino vicino a due sue compagne, Maria Elena e Maddalena: in condizioni normali, le due si sarebbero scansate con aria schifata vedendola arrivare, ma sembravano in adorazione e quindi per sua fortuna non fecero caso a lei.

    ***

    Stefano scosse la testa: a quanto pareva, il nuovo arrivato, che si chiamava Marco e aveva diciassette anni, sarebbe stato con loro quell’anno, e sembrava già aver conquistato tutta la popolazione femminile della classe: le ragazze erano davvero ridicole a volte!

    «Ma le avete viste, che stupide? Sembrano tante oche!».

    Stefano non andava affatto d’accordo con Giacomo, ma in quel momento non poté fare a meno di dargli ragione.

    «Sì, infatti! Sembrano le oche de Gli Aristogatti», esclamò, senza pensarci: appena il giorno prima aveva visto il cartone animato con la sorellina, e quindi l’associazione gli era venuta spontanea; ma si accorse ben presto di aver fatto un grosso errore!

    «Come hai detto, pappamolla? Non dirmi che vedi ancora i cartoni animati!», gli chiese infatti Valerio, che era il migliore amico di Giacomo ed era perfido quanto lui.

    «Non sono io che li vedo, imbecille … è mia sorella più piccola che lo fa!».

    «E tu li vedi con lei? Ma che tenerone … ti piace fare da babysitter alla sorellina, eh?».

    «Se anche fosse, non sono affari tuoi!».

    «Ragazzi, ma l’avete sentita, la femminuccia?», si intromise Giacomo, ghignando.

    «Non conviene perdere altro tempo con lei, secondo me. È solo una bambina! ».

    «Ehi!» protestò Stefano, sentendosi doppiamente offeso.

    «Cosa sono queste proteste? Taci, rammollito, che fai più bella figura!».

    «Non ti perm …»

    «Buon giorno, ragazzi!».

    La classe si fece improvvisamente silenziosa, e tutti si precipitarono verso i banchi: conoscevano bene la loro insegnante di matematica, e sapevano che non era il caso di farsi vedere troppo a chiacchierare con lei in giro.

    Mentre sedici studenti su diciotto già rimpiangevano le vacanze, gli altri due tiravano un sospiro di sollievo: le torture erano finite, almeno per il momento!

    ***

    Qualche giorno dopo, la situazione sembrava non essere cambiata affatto: e questo fu chiaro anche durante l’ora di educazione fisica.

    Durante la consueta partita di pallavolo, la palla andò a schiantarsi sulla rete, e Stefano vedendola fece un gesto di stizza; ovviamente, però, questo agli occhi dei suoi compagni non era sufficiente.

    «Ehi, schiappa!», esclamò Giacomo con un tono canzonatorio e arrabbiato allo stesso tempo, «perché non lasci perdere e chiedi a mammina di iscriverti a danza classica? Magari quella ti riuscirà meglio!».

    «Guarda che capita di sbagliare, sai? E se anche fosse, non mi sembra la fine del mondo, tanto stiamo vincendo!», ribatté Stefano, altrettanto alterato.

    «Sì, ma solo perché dall’altra parte c’è Fabiana la palla nana, che è ancora più stupida e incapace di te: altrimenti, a quest’ora avremmo perso!».

    «Ehi, rospo! Proprio tu vieni a parlarmi di stupidità?» chiese la diretta interessata, che avendo un udito finissimo aveva sentito tutto; ma, come spesso accadeva, venne ignorata, e le toccò assistere al proseguimento del battibecco tra i suoi coetanei.

    «Ma finiscila! Io ho sbagliato solo ora, tu invece ne hai mandate fuori tre di fila, oggi! Sei imbranato come me se non di più a quanto pare, quindi non puoi lamentarti».

    «Com’è che mi hai chiamato, razza di donnetta mancata che non sei altro? Hai il

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