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Di Claudia Fofi
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Anteprima del libro
Post-Post - Claudia Fofi
POST-POST
di Claudia Fofi
Copertina: Marta Fofi
Prima edizione: aprile 2019
Tutti i diritti riservati 2019 ©BERTONI EDITORE
Via Giuseppe Di Vittorio, 104 - 06132 Chiugiana (Perugia)
Bertoni Editore
www.bertonieditore.com
info@bertonieditore.com
È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la copia fotostatica se non autorizzata
Claudia Fofi
POST-POST
PROLOGO
Mattina. Ecco la sveglia, anche se non ce n’è bisogno. Vivo sotto la campana di una chiesa e alle sette e mezza quella suona. Forte. Dopo le solite mosse, bagno, cucina, tappeto per esercizi, cucina, bagno, radio tre, radio due (a seconda dei giorni), do la prima occhiatina al cellulare. Entro nella home di facebook, scorro i post della mia cerchia di conoscenti più stretti (che comprendono anche persone mai viste di persona). Mi fa una bella compagnia, devo ammetterlo, questa finestra nelle menti degli altri, nei loro umori. Tizio critica il governo, Caio risponde con ironia amara. E poi c’è quella che sfotte i preti, quella che fa citazioni letterarie, chi mette i gatti, chi si sfoga, chi racconta i suoi viaggi in treno, chi divulga le tensioni in Medio Oriente, chi celebra un amore, chi si indigna per l’ennesima battuta volgare di un ministro, chi racconta passeggiate, chi come me tenta una scrittura, accenni di poesia, pensieri. Sono i miei influencer preferiti. Hanno tutti un loro stile, una grammatica, una voce. Per me i famosi sono loro, non qualche lontano attore o tronista della tivù. Questo mi pare rivoluzionario. In una rete di conoscenti che scrivono si crea un legame, una continuità. Si sta in contatto in un modo nuovo, misterioso. Ci si sa. E infatti si chiede: sei su facebook? Esisti in quel luogo che non esiste?
Dopo avere letto, messo mi piace e scritto qualche commento a volte scrivo un post. Ci ho messo un po’ ad accettare che in certi casi bisogna mettere un cuoricino. Ci ho messo un po’ a capire cosa volevo scrivere su facebook. All’inizio avevo più paura, il mezzo mi intimoriva, mi inibiva. Poi si è fatta chiara in me la voglia, legata soprattutto al divertimento che ne ricavo, di raccontare piccole storie quotidiane. Tipo che esco, vado a passeggio, incrocio un quindicenne rappettaro che aiuta una signora col bastone a salire su per la strada. Faccio una foto, scrivo un post. Una piccola storia sulla gentilezza. Mi piace postare piccole storie, storie che nascono dal niente. Ma anche stati d’animo, riflessioni più o meno serie. E poesie. La poesia su facebook sta fiorendo e questo per me è un buon segno, un segno di vitalità.
Per trasferire i post sulla carta ho fatto un viaggio nel registro attività
di quasi dieci anni, scoprendo che nel tempo la mia scrittura è cambiata tantissimo e che facebook mi ha aiutata ad aprirmi. Di questo soprattutto sono rimasta sorpresa. È un lavoro che consiglio di fare a tutti, quello di riguardare il registro attività
. Ci trovate voi stessi, cioè il lato che volete mostrare al mondo. E così, da soli, nel vostro intimo, saprete anche riconoscere e guardare con una certa tenerezza in che modo si è evoluto ciò che di voi su facebook non si trova.
Questo mondo che scorre muto
i miei post e i tuoi post e i post dei post
i commenti del post di ieri e dell’anno scorso
del selfie della foto sgranata della faccia che cambia
del vestito del piatto del gatto
la strada per la telepatia passa da qui
e anche quella per l’ubiquità
Ai miei amici di facebook
CAPITOLO I
POST SPARSI
Questi post spaziano dal 2008, anno di iscrizione a facebook, fino al 2018. Non sono stati inseriti seguendo un criterio cronologico.
STRANEZZE
I nostri nipoti (se avremo la fortuna di averne) ci diranno, nonna, che facevi tu da giovane? Chattavo su facebook, navigavo su internet... Mia nonna invece mi diceva, sapevo riconoscere tutte le erbe dei campi, sapevo che con un impacco di malva si curano i calli. Per carità, va tutto bene, ma che stranezza.
ALLA GRANDE
Come stai? Alla grande, vorrei dire. Ce l’ho sulla punta della lingua, eccolo, sto per tirarlo fuori. Lo invito, lo adesco, lo seduco. Niente. Non esce. Rimane lì appostato, di vedetta. Alla grande è un tipo tutto impettito che sa il fatto suo, e non lo smuovi. Al posto suo viene fuori un pallido: bene grazie! Oppure un pessimo: non c’è male! Quando non un: potrebbe andare peggio! Il massimo è quando cerco di trattenere un cerchio alla testa che vuole per forza buttarsi addosso al primo che passa. Come stai? Ho un cerchio alla testa che non ti dico. Eccolo, uscito. Saltato dalla lingua a fuori in un batter d’occhio. E il malcapitato ti guarda con aria contrita per nascondere un grosso chissenefrega che a sua volta vuole uscire, obbligandolo a serrare le mascelle per evitare brutte figure. Se poi incontri qualcuno che ha un herpes è la fine. Gli chiedi come va? E quello, tutto bene, ma guarda oggi mi è venuto fuori un herpes gigante! E subito penso: mai avuto un herpes. Questo pensiero è meglio non trasferirlo sulla lingua che poi lo trasforma in ah sì eh? Adesso te lo faccio vedere io. E, tan! Herpes. Meglio tacere, dire frasi di circostanza tipo mettici il dentifricio e poi fare le corna nelle tasche. Le tasche contengono parecchi scongiuri, non so le vostre. Le mie sì. Una mia cara amica mi ha insegnato a tenerli sempre a portata di mano. Servono. L’altro giorno ho incontrato una signora che mi fa, oh ma è vero che tua zia è in fin di vita all'ospizio? Ho sprofondato le mani nelle tasche momenti le buco. Comunque una delle regole del galateo è di non dire mai che si sta male. Neanche malino. Sempre benissimo e se avete un mal di schiena e state piegati in due e quindi non potete nasconderlo dite che avete perso le chiavi di casa.
ORARI
Io mangio presto. Mi piace mangiare presto e iniziare a digerire quando tutti gli altri si mettono a tavola, mi pare una specie di sgambetto. Il mio stomaco già riflette sul da farsi mentre gli altri si apprestano a riempirsi, c’è una bella differenza. In questo senso mi sento un po’ inglese. Se fosse per me mangerei verso le sei del pomeriggio, poco dopo l'ora del te, che in quel caso avrei fatto verso le tre e mezza. Il pranzo mi viene un po’ scomodo alle undici, e