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L’occupazione e i nuovi soldi: La flat tax, il denaro complementare,  e gli equilibri macroeconomici regionali
L’occupazione e i nuovi soldi: La flat tax, il denaro complementare,  e gli equilibri macroeconomici regionali
L’occupazione e i nuovi soldi: La flat tax, il denaro complementare,  e gli equilibri macroeconomici regionali
E-book220 pagine2 ore

L’occupazione e i nuovi soldi: La flat tax, il denaro complementare, e gli equilibri macroeconomici regionali

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Info su questo ebook

"Mancano i soldi", "ce lo impone l'Europa", queste sono le giustificazioni ricorrenti e monotone con le quali le pubbliche amministrazioni giustificano le loro inadempienze verso i cittadini, l'ambiente, e le generazioni future; "eppure ci sarebbero, e dipende solo da voi", è la tesi, rafforzata da una proposta, che percorre questo libro. Non c'è contrapposizione: l'intento è quello di suggerire un embrione di piano strategico fattibile, pensato con spirito collaborativo. Serve predisporre nuovi e potenti strumenti monetari, legati alla creazione di valore attraverso la produzione, e per questo sottratti all'influenza della speculazione finanziaria e al rischio d'inflazione; strumenti che non facciano più dipendere i governi da una moneta europea antiquata e monopolista, affiancata da monete private innovative e oligopoliste, com'è nel caso dei bitcoin, e come saranno la libra di Facebook, e le altre che verranno. Non si tratta di contrastare l'Europa, ma di creare le condizioni necessarie per realizzare una politica di finanziamento dell'economia che realizzi nuovi equilibri macroeconomici sia internazionali sia regionali. Con il Quantitative easing in scadenza, il ventilato aumento delle aliquote Iva, un debito pubblico impossibile da rimborsare alle condizioni attuali, i minibot contestati, e le promesse elettorali da mantenere, ogni ritardo causerà costi rilevanti. In particolare, è forte il rischio che si accentui, con esiti disastrosi, il clima diffuso di sfiducia e di conflitto, che già si percepisce e influenza le scelte di vita e il comportamento elettorale; lo spazio per essere ottimisti sembra esiguo. In questo spazio si colloca un tema politico di nuova concezione; questo: la flat tax, finanziata integrando la moneta legale con denaro complementare, può "arricchire il grande/ paese di cuccagna ch'è il domani".
LinguaItaliano
Data di uscita26 lug 2019
ISBN9788834160800
L’occupazione e i nuovi soldi: La flat tax, il denaro complementare,  e gli equilibri macroeconomici regionali

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    Anteprima del libro

    L’occupazione e i nuovi soldi - Alessio Lofaro

    Alessio Lofaro

    L'occupazione e i nuovi soldi

    La flat tax, il denaro complementare, e gli equilibri macroeconomici regionali

    UUID: a83f6bcc-ad56-11e9-8295-bb9721ed696d

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Citazione

    Nota dell'autore

    Prefazione

    Premessa

    Una questione di approdi

    LE MACRO-REGIONI E LE LORO DIFFERENZE

    1. L'Italia delle cinque macro-regioni

    Disomogeneità delle economie regionali in Italia

    Le disomogeneità persistenti

    2. Elezioni e lezioni

    Alle origini delle preferenze politiche regionali

    I dati

    Una rilettura che tiene conto del voto 2019

    Le promesse da mantenere

    I tanti soldi che ci sono

    DENARO MONETA DENARO

    3. Denaro e ricchezza, moneta e debito

    Denaro e moneta

    I privati creano valore con le loro monete

    La moneta come strumento di potere

    4. Manifestazioni della moneta

    La metamorfosi delle monete

    Esperienze di moneta complementare

    La compensazione è un metodo universale

    Le missioni delle monete complementari

    5. Maastricht, il bottone e la maniglia

    Distorsioni nella gestione dell’euro

    Inflazione interna e principio della rarità

    Parametri (assiomi) distorti e inaccettabili

    L’euro: se è moneta unica fa solo il bene di pochi

    IL MONDO DELLE COSE CHE SI POSSONO FARE

    6. La Helicopter money, i minibot, e la libra

    La liquidità necessaria

    Monete, minibot, libra e centrali di compensazione

    Le monete macroregionali, il bruco e la farfalla

    7. Beni collettivi generatori di benessere

    Cose che attendono d’essere fatte

    Avvio di brainstorming per un piano industriale

    CONCLUSIONE

    Il pesce non vede l'acqua

    Bibliografia

    Note

    Citazione

    Se piango è un controcanto

    per arricchire il grande

    paese di cuccagna ch’è il domani.

    Eugenio Montale [1]

    Nota dell'autore

    Non ho altro da offrire che parole; ho cercato di raccoglierle, in forma di ragionamenti, passando dalla descrizione del contesto ( Europa duale), al commento di un'applicazione brutale, in Grecia, delle norme attuali ( Europa tiranna); ho ripreso con l'inquadramento teorico del tema delle monete, seguendo un approccio non convenzionale ( L'agire monetario), e con l'inquadramento storico e la sua estrapolazione ( La moneta dissacrata); chiudo trattando alcuni argomenti della politica, ancora in fase di evoluzione ( L'occupazione e i nuovi soldi). (a.l.)

    Prefazione

    Le grandi promesse che hanno caratterizzato le recenti campagne elettorali erano concentrate su tre temi: il reddito, la sicurezza e i rapporti con l'Europa. Un reddito garantito per chi ne ha bisogno, e un reddito messo al riparo dall’attacco del fisco; un trattamento pensionistico e di sicurezza sociale meno condizionato dai vincoli di bilancio, e una maggiore sicurezza per i cittadini nella vita di ogni giorno; i rapporti con l'Europa da modificare.

    Le obiezioni a queste promesse si leggono e si sentono sempre più insistenti: mancano i soldi per finanziare un reddito di dignità o di cittadinanza, e manca la copertura per riformare il regime fiscale; le compatibilità di bilancio impongono che il trattamento pensionistico e il sistema dell’assistenza sanitaria siano ulteriormente ridimensionati; l’attività dedicata alla messa in sicurezza del territorio e all’ammodernamento delle opere pubbliche e private (viabilità, scuole, ospedali, edilizia privata) non è finanziabile, quindi non può essere una pratica abituale, ma solo un intervento d’emergenza. Si potrebbe aggiungere: non ci sono i soldi per rifornire di carburante le automobili delle forze pubbliche, per comprare la carta igienica nelle scuole, e per pagare le borse di studio già assegnate.

    Gravati da questi impedimenti non abbiamo modo di pensare agli investimenti strategici necessari per affrontare le trasformazioni indotte dalle nuove tecnologie nel mondo del lavoro; non riusciamo a finanziare un progetto organico per valorizzare i beni culturali e ambientali; non troviamo le risorse finanziarie e strumentali per contrastare le delocalizzazioni industriali e le speculazioni; non abbiamo i mezzi necessari per ridurre le diseguaglianze; ecc. ecc.: un rovello.

    Un rovello anche per chi siede in Parlamento e sente la responsabilità di dare un contributo affinché la situazione migliori; una situazione dalla quale l’Italia, se fosse stata un’azienda, avrebbe tentato di uscire da gran tempo, cambiando il gruppo dirigente e ridiscutendo i contratti. Dai risultati elettorali del marzo 2018 e del maggio 2019 viene un’indicazione in tal senso. Confortati dalla citazione di un premio Nobel per l’economia si potrebbe obiettare che un Paese non si governa con la stessa logica con la quale si gestisce un’azienda [²] ; sarebbe una citazione incompleta e contraddittoria; l’economista è Krugman, lo stesso che suggerisce alla Grecia e al sud dell’Europa di abbandonare l’euro, inteso come moneta unica.

    La situazione preoccupa; l’autore di questo libro propone una strategia per affrontarla con fiducia. Mi ha incuriosito il ricorrente Eppure si può che si contrappone al Non si può, mancano i soldi, soprattutto perché gli riconosco una provata attitudine a uscire dagli schemi, con soluzioni efficienti, aperte al confronto, e predisposte per accogliere le proposte di aggiustamento e di miglioramento suggerite da modi di pensare diversi dal suo; com'è nel mio caso.

    Con questo spirito ho seguito la stesura del libro e la sua riedizione: non per condividerlo, ma per ricavarne qualche spunto di riflessione, qualche squarcio di ottimismo nel pessimismo che ci circonda.

    La nuova edizione, con un nuovo titolo, ha messo in maggiore evidenza il tema dell'occupazione e dell'impiego strategico del valore trascurato di parti del patrimonio pubblico per finanziare interventi finalizzati alla formazione di nuovi equilibri macroeconomici regionali, prima a scala nazionale e, come conseguenza, a scala europea.

    Come al solito, la tesi sostenuta dall'autore guarda il problema in modo inconsueto anche perché, a suo giudizio, i modi consueti non hanno dato buoni risultati e non consentono d'immaginarne nel medio periodo.

    Gli spunti non sono pochi; ne suggerisco alcuni:

    Gli squilibri regionali riproposti in ben chiara evidenza dai risultati elettorali sono tipici di tutte le aree monetarie non ottimali. Occorre prendere atto che ci troviamo a dover fronteggiare la crisi di un’area monetaria formata da economie non convergenti, e quindi non ottimale; la misura della mancata ottimizzazione è tale da renderla anche non sostenibile. Noi ne soffriamo due volte: come italiani nei confronti del centro Europa (a causa dell’euro), e come centro-sud Italia nei confronti del resto del Paese (prima a causa della lira, e ora anche come conseguenza dell’euro).

    L’uscita dall’euro sarebbe una risposta laboriosa, difficile, e forse inefficiente, al problema che si deve affrontare. Invece, senza negare all’euro lo status di moneta centrale, rigorosamente conforme a quanto stabiliscono i Trattati (moneta comune) e depurata dalle forzature attuali (moneta unica), nulla impedisce il ricorso a monete locali; la soluzione è già stata pensata, predisposta, collaudata, ed è già attuata legittimamente da qualche piccola (per ora) centrale di compensazione privata. Nulla vieta di far coesistere un’economia globalizzata, a circuito aperto, basata sull’euro, e un’economia locale, a circuito parzialmente chiuso, basata su monete di scopo o monete macro-regionali (preferibilmente ancorate a garanzie pubbliche).

    Nell’ambito di un circuito chiuso qualsiasi cosa può essere impiegata come moneta; e per le parti di economia nazionale che si possono considerare chiuse la moneta internazionale non serve, come non servirebbe a un uomo isolato. Le monete complementari di compensazione che alimentano un circuito chiuso esistono solo se esistono le merci alle quali sono collegate; per questo motivo non possono produrre inflazione.

    Il Paese dispone di un patrimonio pubblico ricchissimo, e può vantare un debito privato alquanto basso e, complessivamente -tra pubblico e privato- inferiore a quello di altri Paesi considerati ricchi; quindi la condizione di soffrire, fino alla quasi paralisi, a causa di una carenza di liquidità in buona misura artefatta e irrisolvibile con i metodi consueti, appare assurda. Si può uscire agevolmente da questa situazione, nel rispetto dei Trattati, impegnando una parte dei gioielli di famiglia, senza venderli; non stampando moneta, ma distribuendo ricchezza dormiente, quindi denaro, nella forma di quote di comproprietà. Ciò è indispensabile, anche per evitare che la crisi si aggravi, sia a livello finanziario sia a livello sociale, e si debba far fronte, quanto prima, a dismissioni forzate (come in Grecia) e a proteste che si levano da piazze minacciose (com'è già avvenuto in Francia).

    Per risolvere i nostri problemi di bilancio a nulla servono le alchimie finanziarie; ciò che serve è la realizzazione di un piano industriale, esteso a tutto il territorio, finanziato con denaro complementare e non con moneta, che affronti i problemi delle reti, e migliori l'equilibrio macroeconomico tra le regioni. Il resto, compreso il ridimensionamento automatico dei vincoli europei, verrà di conseguenza.

    Sulla possibilità di traslare nell’operativo questi temi, e alcuni altri che il lettore non tarderà a scoprire, mi sento chiamato a riflettere e, in quanto parlamentare, a dare una risposta.

    Gilberto Pichetto Fratin

    Senatore della Repubblica

    Roma, luglio 2019

    Premessa

    Una questione di approdi

    L’Italia arrabbiata e frammentata si ribella.

    I risultati elettorali del 4 marzo 2018 e del 26 maggio 2019 sono il segnale lanciato da un Paese in declino e la testimonianza di una crisi bifronte, schizofrenica, le cui manifestazioni spaziano dal disagio economico, alla rivendicazioni di tutele per le situazioni di benessere, e confluiscono verso la protesta sociale.

    Le cause evidenti della crisi

    Le cause economiche più evidenti della crisi sono due: la carenza di liquidità interna spendibile e la concorrenza estera; a esse si aggiungono altre disfunzioni presenti nel sistema, non trascurabili, ma non specifiche della situazione attuale.

    Un’analisi appena più approfondita consente di rilevare le cause sottostanti e altri segnali: ci mancano i mezzi per affrontare il globalismo [³] e ci troviamo in un’area monetaria non ottimale [⁴] , che soffoca le economie più deboli: sembra impossibile creare nuove imprese, realizzare nuove produzioni competitive sul mercato, manutenere il territorio e le infrastrutture, salvaguardare l’ambiente, migliorare il sistema dell’educazione e della formazione, mantenere un livello di assistenza sanitaria adeguato ai bisogni, e garantire l’ordine pubblico. Perché? Non ci sono i soldi, questa è la risposta.

    Per contro, è del tutto evidente la sovrabbondanza di risorse interne inutilizzate, patrimoniali e umane, che sarebbero idonee a risolvere i problemi. Allora bisogna domandarsi: se l’ostacolo sono i soldi, che cosa sono questi soldi che mancano? Perché mancano? C’è qualcosa che li può sostituire?

    Si può anticipare gran parte della risposta, come nei telefilm del tenente Colombo, nei quali ciò che avvince non è la scoperta del colpevole, ma è il percorso logico che conduce all’assassino improbabile, che si conosce già. Nel nostro caso conosciamo il mandante, l'arma del delitto e gli esecutori materiali.

    Il mandante è il potere dominante, che si manifesta sia tra gli Stati nazionali, sia a livello della grande finanza internazionale.

    L'arma -neutra, e per questo incolpevole- del delitto è l'euro, impiegato come se fosse una moneta unica, mentre la moneta regolata dal Trattato di Maastricht è solo l'unica moneta comune [⁵] ; tutt'altra cosa, come vedremo.

    Gli esecutori sono i protagonisti della globalizzazione: che l'hanno snaturata, trasformandola in globalismo, falso liberalismo, e liberismo selvaggio; e sono i controllori dei conti pubblici annidati nella burocrazia europea.

    La pseudo globalizzazione è diventata un evidente facilitatore della concorrenza sleale basata sul dumping indiretto [⁶] , che spazia dal costo del lavoro, al costo dell’energia, alla tutela dell’ambiente e dei diritti umani, come testimonia l’esperienza che viviamo tutti i giorni, tra delocalizzazioni all’estero, acquisizioni di aziende strategiche da parte di capitali stranieri, e prodotti d’importazione, succedanei o sostitutivi di quelli nazionali, la cui qualità si scopre spesso difforme dagli standard che dovrebbero essere garantiti.

    L'euro è la moneta monopolista di un'area formata da economie destinate a convergere, e che si rivelano sempre più divergenti; gli era stato assegnato come obiettivo economico fondamentale la stabiltà, propedeutica al buon funzionamento della libera concorrenza, ed è diventato uno strumento di restrizione della libertà economica e della democrazia.

    L'euro che conosciamo non è quello degli accordi sottoscritti, ovvero l'unica moneta comune, ma è quello manomesso: è, di fatto, la moneta unica, tout court, che diventa causa di discriminazione e tradisce la finalità per la quale era stata pensata.

    I protagonisti buoni, incompresi e trascurati, sono, dunque due: è il mercato interno, che dovrebbe essere alimentato e tutelato, non protetto, e non soffocato; ed è il tutt'uno rappresentato dalla pace e dal benessere delle popolazioni, ovvero il solo motivo per il quale la Costituzione Italiana (art. 11) acconsente sia ceduta una parte della sovranità (che appartiene al popolo, non alla moneta, e non agli interessi dominanti).

    La tutela della libera concorrenza, e quella del benessere dei cittadini sono le finalità cardine del Trattato di Maastricht; almeno, così è scritto; se si vuole stabilire una gerarchia tra le due, il benessere sociale è il vero fine e l'economia di mercato è il mezzo individuato per raggiungerlo. La stabilità dell'euro è condizione necessaria per garantire l'efficacia del mezzo; questa non presuppone una moneta monopolista ma il suo coesistere con altre monete, di diverso tipo: è la concorrenza, tanto cara ai padri dell'Europa e tanto presente negli accordi di Maastricht.

    L'esperienza comune dimostra, invece, che queste finalità non sono garantite; anzi, le autorità europee strumentalizzano il concetto di stabilità e lo brandiscono come una clava contro le popolazioni in difficoltà; la Grecia insegna.

    Anche l'ostilità dilagante nei confronti dei minibot rientra in questi metodi. Lo affermo con atteggiamento distaccato, per solo

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