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Discorsi dell'arte poetica
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E-book67 pagine1 ora

Discorsi dell'arte poetica

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Attorno alla metà degli Anni Sessanta scrisse i quattro libri dei Discorsi dell'arte poetica ed in particolare sopra il poema eroico, letti all'Accademia Ferrarese e pubblicati molto più tardi, nel 1587, dal Licino. Il testo fornisce una chiara visione della concezione tassesca del poema eroico, piuttosto distante da quella ariostesca, che dava la prevalenza all'invenzione e all'intrattenimento del pubblico.
Perché possa essere giudicato di buon livello, deve basarsi su un evento storico, da rielaborare in modo inedito. Infatti, «la novità del poema non consiste principalmente in questo, cioè che la materia sia finta, e non più udita; ma consiste nella novità del nodo e dello scioglimento della favola».
Al verosimile deve essere unito il meraviglioso, e Tasso trova l'unione perfetta di queste due componenti nella religione cristiana. Intiera, l'opera deve essere una, ossia prevedere l'unità d'azione, ma senza schemi rigidi: ci può essere largo spazio per la varietà, e per la creazione di numerosi racconti nel racconto, e in questo senso la Gerusalemme liberata costituisce una piena realizzazione delle idee dell'autore. Lo stile, infine, deve adeguarsi alla materia, e variare tra il sublime e il mediocre a seconda dei casi.
LinguaItaliano
Editoreepf
Data di uscita23 giu 2020
ISBN9788835853893
Discorsi dell'arte poetica
Autore

Torquato Tasso

Ralph Nash obtained his Ph.D. from Harvard University. He has published numerous articles on Renaissance literature.

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    Discorsi dell'arte poetica - Torquato Tasso

    Ebook realizzato da Litterae.eu informatica umanistica a partire da un'opera di pubblico dominio.

    Torquato Tasso

    DISCORSI DELL'ARTE POETICA ED IN PARTICOLARE SOPRA IL POEMA EROICO

    Al signor Scipion Gonzaga

    DISCORSO PRIMO

    A tre cose deve aver riguardo ciascuno che di scriver poema eroico si prepone; a sceglier materia tale, che sia atta a ricevere in sé quella più eccellente forma che l'artificio del poeta cercarà d'introdurvi; a darle questa tal forma; e a vestirla ultimamente con que' più esquisiti ornamenti, ch'a la natura di lei siano convenevoli questi tre capi dunque, cosí distintamente come io gli ho proposti, sarà diviso tutto questo Discorso; però che cominciando dal giudicio ch'egli deve mostrare ne l'elezione de la materia, passare a l'arte che se gli richiede serrare prima nel disporla e nel formarla, e poi nel vestirla e ne l'adornarlo.

    La materia nuda (materia nuda è detta quella che non ha ancor ricevuta qualità alcuna da l'artificio de l'oratore e del poeta) cade sotto la considerazion del poeta in quella guisa che 'l ferro o il legno vien sotto la considerazion del fabro; però che sí come colui che fabrica le navi, non solo è obligato a sapere qual debba esser la forma de le navi, ma deve anco conoscere qual maniera di legno è piú atta a ricever in sì questa forma; cosí parimente conviene al poeta, non solo aver arte nel formare la materia, ma giudicio ancora nel conoscerla; e sceglierla dee tale, che sia per sua natura d'ogni perfezione capace.

    La materia nuda viene offerta quasi sempre a l'oratore dal caso o da la necessità; al poeta da l'elezione; e di qui avviene, ch'alcune fiate quel che non è convenevole nel poeta, è lodevole ne l'oratore. E ripreso il poeta, che faccia nascer la commiserazione sovra persona, che abbia volontariamente macchiate le mani nel sangue del padre; ma del medesimo avvenimento trarrebbe la commiserazione con somma sua lode l'oratore; in quello si biasma l'elezione, in questo si scusa la necessità e si loda l'ingegno; perciò che sí come non è alcun dubio, che la virtú de l'arte non possa in un certo modo violentar la natura de la materia, sí che paiano verisimili quelle cose che in sé stesse non son tali, e compassionevoli quelle che per sé stesse non recarebbono compassione, e mirabili quelle che non portarebbono meraviglia; cosí anco non v'è dubio che queste qualità, molto piú facilmente, ed in un grado piú eccellente, non s'introduchino in quelle materie che sono per sé stesse disposte a riceverle. Onde presuponiamo che co 'l medesimo artificio e con la medesima eloquenza, altri voglia trarre la compassione d'Edippo, che per semplice ignoranza uccise il padre; altri da Medea, che molto bene consapevole de la sua sceleraggine, lacerò i figliuoli: molto piú compassionevole riuscirà la favola tessuta sovra gli accidenti d'Edippo, che l'altra composta nel caso di Medea; quella infiammarà gli animi di pieta, questa a pena sarà atta a intepidirli, ancora che l'artificio ne l'una e ne l'altra usato sia non solo simile, ma eguale. Cosí similmente la medesima forma del sigillo molto meglio fa sue operazioni ne la cera che in altra materia piú liquida o piú densa; e piú sarà in pregio una statua di marmo o di oro, ch'una di legno o di pietra men nobile, benché in ambedue parimente s'ammiri l'industria di Fidia o di Prassitele. Questo mi giova aver toccato acciò che si conosca quanto importi nel poema l'eleggere piú tosto una ch'un'altra materia. Resta che veggiamo da qual luogo ella debba esser tolta.

    La materia, che argomento può ancora comodamente chiamarsi, o si finge, ed allora par che il poeta abbia parte non solo ne la scelta, ma ne la invenzione ancora; o si toglie da l'istorie. Ma molto meglio è, a mio giudicio, che da l'istoria si prenda; perché dovendo l'epico cercare in ogni parte il verisimile (presupongo questo, come principio notissimo), non è verisimile ch'una azione illustre, quali sono quelle del poema eroico, non sia stata scritta, e passata a la memoria de' posteri con l'aiuto d'alcuna istoria. I successi grandi non possono esser incogniti; e ove non siano ricevuti in iscrittura, da questo solo argomentano gli uomini la loro falsità; e falsi stimandoli, non consentono cosí facilmente d'essere or mossi ad ira, or a terrore, or a pietà; d'esser or allegrati, or contristati, or sospesi, or rapiti; ed in somma, non attendono con quella espettazione e con quel diletto i successi de le cose, come farebbono se que' medesimi successi, o in tutto o in parte, veri stimassero.

    Per questo, dovendo il poeta con la sembianza de la verità ingannare i lettori, e non solo persuader loro che le cose da lui trattate sian vere, ma sottoporle in guisa a i lor sensi, che credano non di leggerle, ma di esser presenti, e di vederle, e di udirle, è necessitato di guadagnarsi ne l'animo loro questa opinion di verità; il che facilmente con l'autorità de l'istoria gli verrà fatto: parlo di quei poeti che imitano le azioni illustri, quali sono e 'l tragico e l'epico; però che al comico, che d'azioni ignobili e popolaresche è imitatore, lecito è sempre che si tinga a sua voglia l'argomento; non repugnando al verisimile, che de l'azioni private alcuna contezza non s'abbia fra gli uomini ancora, che de la medesima città sono abitatori. E se ben leggiamo, ne la Poetica d'Aristotele, che le favole finte sogliono piacere al popolo per la novità loro, qual fu tra gli antichi il Fior d'Agatone, e tra noi altri le favole eroiche a del Boiardo e de l'Ariosto, e le

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