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140 Quattromani
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E-book140 pagine1 ora

140 Quattromani

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Info su questo ebook

140 QUATTROMANI - Frammenti di pietra e di dialogo tramano un tessuto millenario e contemporaneo lungo tredici passeggiate. La statua del Mosè fa amicizia con Pietro la cui unica missione è sorridere alla vita mentre un’erma del Pincio può solo piangere e tacere, e qualcun altro mette su carta il progetto dell’agitatore di coda per cani pigri. Ricordi imperiali e presenti confusi, fusi in un mosaico che si legge lungo il filo unidimensionale dell’indice, e di cui nulla perde il flaneur che, entrato in un punto a caso, a caso passeggia sul filo dei suoi ricordi, delle statue parlanti e dei messaggeri alati.

Una dichiarazione d’amore per Roma: città eterna e assoluta.
LinguaItaliano
Data di uscita5 set 2019
ISBN9788834181096
140 Quattromani

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    Anteprima del libro

    140 Quattromani - Laura Franco

    Alessio Di Simone

    Laura Franco

    140

    QUATTROMANI

    Casa delle Traduzioni

    Indice

    140 QUATTROMANI

    Prologo e diegesi

    Doppia Esposizione

    Inquadratura e oggettiva irreale

    Esterno/Giorno

    Super 35 millimetri

    Intercalazione

    Mediometraggio

    Passo uno

    Piano sequenza

    Persistenza della visione

    Regime narrativo

    Cambio di fuoco

    Titoli di coda

    Epilogo, stacco e dissolvenza

    Ringraziamenti

    Il libro

    Alessio + √144 = 1 + 12 Mini biografie

    Copyright

    140

    QUATTROMANI

    Alessio Di Simone

    Sequenza 1

    Prologo e diegesi

    All this running around

    Trying to cover my shadow

    An ocean growing inside

    All the others seem shallow

    All this running around

    Bearing down on my shoulders

    I can hear an alarm

    Must be morning.

    Tame Impala – Let It Happen

    La città eterna, Roma, è chiamata in questo modo perché, sin dal giorno della sua fondazione, diversamente da altre città che nel tempo si sono evolute da accampamenti a villaggi fino ad agglomerati più articolati e complessi, è sempre stata come la vedete oggi sotto l’aspetto delle problematiche che una città deve affrontare già solo per potersi chiamare città. Potete anche non crederci o avere al riguardo un’opinione differente dalla mia, però già Plinio il vecchio, mica il giovane, il vecchio appunto, nei suoi scritti, ammorbava il lettore con discorsi sui costi degli affitti, sul sovraffollamento, sul turismo, l’acqua, l’immondizia, l’ATAC¹ e la storia del traffico nelle zone ZTL che non si parcheggia mai, neanche se uno è residente. Questi testi poi sono ritracciabili in tutte le raccolte di versioni e di esercizi di traduzione per gli alunni delle scuole dove si studia il latino, così mi hanno detto. Agli studenti, chiamati in causa a tradurre la saggezza di un tempo, così saggia da cogliere appieno i problemi dell’uomo moderno, l’interesse per tutta questa faccenda penso sia appena poco sopra i battibecchi ignoranti tra i potenti riportati da tutte le testate giornalistiche, cartacee e non, del globo terraqueo. Sto divagando.

      Potete anche non crederci, ma io sono in città da un po’, quindi fidatevi. Se non è eterna possiamo dire quantomeno Roma è longeva. Molto longeva. Arroccata sui suoi sette colli da prima che Gesù Cristo ritenesse opportuno scendere a terra per spiegare de visu agli uomini, prodotto sublime del creato, che non ci avevano preso benissimo nell’interpretare le direttive del suo papà, Roma è considerata importante un po’ da tutti.

    Indubbiamente è stata un sacco di cose: è stata dimora degli Dei, prendi ad esempio Giano Bifronte che abitava al Gianicolo², di Imperatori, di generali e di folli, molti folli. Ecco, sui folli ci sarebbe un discorso a parte, spesso infatti si confondono con imperatori e generali, i folli dico.

      A Roma ci sta tutto, vi direbbe uno di quelli che a Roma ci abita. Persino uno stato ci sta, dentro la città. Infatti dentro Roma è ospitato lo Stato Vaticano, dimora del papa. A Roma ci sono anche un mucchio di parchi, di aree verdi, di ville. Io vivo dentro una di queste, una grande area verde, una villa. Villa Borghese.

      Il mio nome è ‘Statua di Francisco de Paula Santander di Carlos Viejo, 1960’. Questo è il mio nome, fate attenzione, non Francisco de Paula Santander, non so chi sia questo tizio, io sono la sua statua, ma di questo non ne sono del tutto sicuro³. Sicuramente mi potete trovare in Villa Borghese, appunto, in Viale Madama Letizia che non so chi è ma è un bel nome. Letizia poi, /le-ti-zia/ è un sostantivo femminile che sta per intima e serena gioia spirituale ⁴, mica male. È infatti è un bel posto per starci. Io ci sto bene, piccioni a parte, perché c’è da dire ce ne sono di scostumati! Eppure tra tutti gli abitanti disgraziati dell’Urbe, sono i piccioni quelli che permettono a quelli come me⁵ di seguire lo svolgersi degli eventi o anche, semplicemente, di comunicare con tutte le altre statue in giro.

      L’altro giorno, un gruppo di giovani, in giacca e cravatta, tutti tirati a lucido che neanche io al mio matrimonio⁶, discutevano animatamente proprio sul mio nome. Santander. Uno di loro diceva che era una banca, un gruppo, un istituto di credito insomma. Mi hanno preso per il suo fondatore. Cercavano su internet, sui loro telefonini, che adesso si collegano tutti ad internet, delle notizie a conferma.

      Una banca! Figurarsi, io sono stato ge-ne-ra-le! Ho combattuto contro gli spagnoli per difendere Bogotà. Sono stato Vicepresidente della Grande Colombia e poi Presidente della Repubblica della Nuova Granada. Io ho giocato a scacchi con Simon Bolivar!

      Poi adesso sono costretto qui, a farmi raccontare le cose dai piccioni o ad ascoltare i discorsi dei turisti, degli studenti o degli innamorati che vedo passeggiare qui intorno⁷. Che destino miserando, io che avevo tutte le carte. Guardatemi, guardatemi bene. Con la mano sinistra stringo un rotolo di carte; il mio incredibile progetto.

    Statue of Francisco de Paula Santander by Carlos Viejo, 1960

    Viale Madama Letizia, Villa Borghese gardens

    Mi maravilloso proyecto

    Fin da quando cominciò a infestare i miei pensieri ho capito che sarebbe stato il progetto definitivo. Lo stilai a lume di candela, una sera. Era il 1812 e da poco ero diventato segretario di Castillo. Manuel Castillo y Rada, che il diavolo se lo porti. Fu lui a sottrarmi tutti gli appunti, mischiati assieme ai piani per la campagna in Venezuela. Finirono nelle mani di Simon Bolivar. Ma di certo era solo una bozza, c’era già la cappelliera, ma

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