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Aleksandr Blok. Saggi apocalittici
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E-book51 pagine44 minuti

Aleksandr Blok. Saggi apocalittici

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Esaurite tutte le sue franchigie, nell'evenienza d'una rivoluzione tanto auspicata, Blok dismise i tatticismi del suo abusato simbolismo per farsi mistico del "bolscevismo integrale" (Jünger). L'esordio del suo "periodo rosso" non fu tra i più felici. Amici e detrattori si unirono in una incredula costernazione, decretando una marginalità che lo accomunava, fatti i debiti distinguo, a Belyj e Andreev.

O l'azzardo non fu consumato sino alla feccia, o l'antico simbolista continuava a vezzeggiare epifanie implausibili: sta di fatto che il misticismo ebbe in singulto di tosse e le profezie teologali delle sue Dame si sfarinarono, mal accordandosi con la bruta realtà dei governi consiliari.

Eppure, la "musica" resta un fatto assodato. Tutti i contributi marginali, licenziati avventurosamente nell'antivigilia e nell'imminenza dell'Ottobre, parlano una lingua sola: il messianismo (-missionismo) cristico, seppur volto in parodia, avvampa di una fiamma alchemica ch'era destino incorporasse la sola "tensione" rivoluzionaria, assai meno i suoi esiti, quali che essi fossero. Blok ebbe la ventura di anticipare il Passato di una calamità storica, trattenendosi sulla soglia, presaga di tempeste che non sarebbero mai venute...

Noi rendiamo omaggio al suo trattenersi.
LinguaItaliano
Data di uscita25 giu 2020
ISBN9788831681230
Aleksandr Blok. Saggi apocalittici

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    Aleksandr Blok. Saggi apocalittici - Davide Valenti

    633/1941.

    INTROITUS

    Esaurite tutte le sue franchigie, nell'evenienza d'una rivoluzione tanto auspicata, Blok dismise i tatticismi del suo abusato simbolismo per farsi mistico del "bolscevismo integrale (Jünger). L'esordio del suo periodo rosso" non fu tra i più felici. Amici e detrattori si unirono in una incredula costernazione, decretando una marginalità che lo accomunava, fatti i debiti distinguo, a Belyj e Andreev.

    O l'azzardo non fu consumato sino alla feccia, o l'antico simbolista continuava a vezzeggiare epifanie implausibili: sta di fatto che il misticismo ebbe in singulto di tosse e le profezie teologali delle sue Dame si sfarinarono, mal accordandosi con la bruta realtà dei governi consiliari.

    Eppure, la musica resta un fatto assodato. Tutti i contributi marginali, licenziati avventurosamente nell'antivigilia e nell'imminenza dell'Ottobre, parlano una lingua sola: il messianismo (-missionismo) cristico, seppur volto in parodia, avvampa di una fiamma alchemica ch'era destino incorporasse la sola tensione rivoluzionaria, assai meno i suoi esiti, quali che essi fossero. Blok ebbe la ventura di anticipare il Passato di una calamità storica, trattenendosi sulla soglia, presaga di tempeste che non sarebbero mai venute...

    Noi rendiamo omaggio al suo trattenersi.

    D.F.V.

    Popolo e intelligencija

    (novembre 1908)

    trad. di Davide Franz Valenti

    N

    ella prima riunione della Società filofofico-religiosa (1908), venne letta la relazione di Hermann Baronov Sul demoteismo (La divinizzazione del popolo nella Confessione di Maksim Gor’kij).

    Baronov scrive: "Quando l’eccitazione delle masse s’acquietò e il torrente della vita sociale tornò nel suo alveo, sulle rive rimase una gran lordura. Ora, questa si divide in onesta e disonesta. A quella onesta, appartengono soltanto coloro che riconoscono se stessi come lordura e vanno tormentosamente alla ricerca del Dio vivente. A quella disonesta, tutta quella parte dell’intelligencija, di contro, che, direttamente o indirettamente, ha abbracciato le sorti di questo o quel partito".

    Prendendo spunto da alcuni estratti della Confessione gor’kiana, Baronov identifica la visione del mondo dello Scrittore con quella dei socialdemocratici, in particolare con Lunačarskij; e rimprovera quest’ultimo e Gor’kij di divinizzare indebitamente il popolo, di identificare il progresso religioso con quello economico e di mettere il basto religioso sulla mucca della scienza.

    Senza per ora contestare la posizione del Baronov nella sostanza, e riconoscendo tutta la gravità della questione da lui affrontata, io vorrei distinguere, tanto per cominciare, la mia personale interpretazione dell’opera gor’kiana (che discorda da quella del Baronov), e passare poi alla questione, per me di maggior momento, dei rapporti fra intelligencija e popolo.

    Questi rapporti mi appaiono non soltanto anormali e indebiti: v’è in essi anche qualcosa di sinistro. L’anima è come invasa dall’orrore, non appena vi fissa lo sguardo attentamente, e subentra una cupa costernazione quando l’intellettuale comincia a sentirsi un animale sociale, proprio intuendo l’esistenza d’una qualche responsabilità collettiva fra gli uomini di cultura, e che ogni esponente della società dotta, a prescindere dalle differenze di partito, di corrente letteraria o di classe di appartenenza, rappresenta uno dei termini della sommatoria. Questo sentimento sociale, pervenuto alla consapevolezza, obbliga anche l’intellettuale a prendere atto della sua responsabilità dinanzi all’intero, che lo voglia o meno, e ad accostarsi alle questioni attinenti il malessere panrusso. Tanto più, è mio fondato convincimento, che la stessa realtà delle cose mostra come la più essenziale delle questioni sia quella delle relazioni fra popolo e intelligencija.

    Baronov liquida la questione in una sola frase; ma la sua soluzione non mi persuade. Io ho l’ambizione di porla in modo più perentorio ed inesorabile: è la più dolente, la più febbrile delle nostre questioni! Ne avrò forse timore? Non si sta forse per compiere, mentre stiamo parlando, qualcosa di tacito e terribile? Non siamo forse noi tutti irrevocabilmente destinati alla rovina?

    Ma io sono un intellettuale, un letterato, e il mio strumento è la parola. Se anche

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