Della tolleranza
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Anteprima del libro
Della tolleranza - Pietro Pancrazi
Della tolleranza
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1955, 2022 SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788728552872
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.
www.sagaegmont.com
Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.
PREMESSA
Potrà forse un poco stupire la nostra scelta di proporre agli amici queste brevi e dimenticate pagine di Pietro Pancrazi.
Gentiluomo di campagna, lettore vorace e scrittore elegante, critico dal gusto sicuro, Pancrazi visse quasi sempre appartato, distante da palcoscenici e posizioni di potere che forse avrebbe meritato più di altri Alla vita culturale italiana dell’mmediato dopoguerra partecipò con una discrezione ed un disinteresse di cui vanamente cercheremmo esempi migliori. Fu, autenticamente e in tutto, un moderato: cosa che allora gli fu spesso rimproverata, giudicata un po’ come il limite caratteriale di un’intelligenza brillante, e che oggi magari gli attirerebbe corali consensi.
Da questa costituzionale moderatezza
di Pancrazi, dalla sua insopprìmibile e istintiva disponibilità a comprendere la legittimità delle ragioni altrui senza minimamente rinunciare alle proprìe, nascono le pagine migliori di questo libretto: quelle, che gli danno il titolo, sulla tolleranza. Una tolleranza che si arrestava solo ai limiti del suo contrario: l’intolleranza. Una tolleranza che gli permise di lavorare, portando e rìcevendo generale rispetto, negli anni della liberazione e del dopoguerra, difficilissimi ma anche ricchi di promesse e di buone disposizioni. Una tolleranza che divenne poi il superato e ingombrante bagaglio di un’ anima bella
, tale da costringerlo progressivamente ad appartarsi man mano che le rigide scelte di campo rendevano sempre più intollerante e diviso il nostro paese.
Pancrazi, che attraversò con sommesso ma acuto dolore gli anni delle prime lacerazioni e contrapposizioni ideologiche, morì senza aver potuto vedere il periodo successivo, quello della falsa tolleranza che risolveva i conflitti sul piano del reciproco scambio di vantaggi. Dubito assai, comunque, che in tale situazione avrebbe considerato una vita più lunga come un regalo della buona sorte. Men che meno – penso – avrebbe apprezzato il clima di rissa quasi permanente, di sollecitazione continua e spesso strumentale dell’indignazione popolare, che nell’ultimo biennio ha caratterizzato la rinnovata
vita sociale del nostro paese.
Forse, se proprio dobbiamo arruolare post mortem Pancrazi in un partito o movimento, lui così individualista, allergico alle etichette e alle tessere, possiamo considerarlo come il precursore di coloro che auspicano per l’Italia un destino di paese normale
. Magari di coloro che non ne parlano troppo spesso e non se ne vantano, pensando in fondo che si tratti di un desiderio troppo normale
per doverlo necessariamente sbandierare; di coloro che normali
sono sempre stati e un po’ si stupiscono (piacevolmente, per carità!) quando la normalità
diviene quasi un programma politico. D’altronde il presupposto di questa normalità
, in cui normalmente
fra avversari non ci si odia, non ci si insulta e ci si sta pure, con pazienza, ad ascoltare, è, appunto, la tolleranza.
Di questa modesta e normale
attitudine civile possiamo davvero considerare Pancrazi come un piccolo maestro (lui per primo non avrebbe voluto essere chiamato grande) ed il suo scritto non come una Bibbia ma come un’onesta e intelligente vulgata. Forse per questo merita uno sguardo non distratto.
L’EDITORE
INTRODUZIONE
L’entusiasmo del buon senso
Sono tanti i motivi per i quali è opportuno rilanciare Della tolleranza, antologia postuma e ormai introvabile di Pietro Pancrazi, a poco più di cent’anni dalla nascita dell’illustre critico letterario. L’ampia gamma e la sorprendente attualità dei temi, sempre affrontati con elevata cultura e insieme naturalezza arguta
. L’adamantina onestà intellettuale che permette all’autore di allentare complessità e di tagliare nodi intricati. La capacità di trasmettere in pagine veloci, generosamente, con limpida semplicità, un sapere antico e un’umanità alta, senza stagioni. Una lingua ammirevole, incorrotta come i giudizi che esprime: Pancrazi scrive chiarozo chiarozo
come il suo San Bernardino.
La doverosa riproposta nasce anche da una ragione particolare. L’Italia ha celebrato negli ultimi mesi con varie iniziative il mezzo secolo dalla fine della seconda guerra mondiale, dalla resistenza e dalla liberazione. Questi brevi saggi, scritti o pubblicati in versione giornalistica tra il 1944 e il 1947, fanno rivivere le tragedie del ventennio fascista, le intense atmosfere della riscossa morale e civile, le contrastanti passioni e le radiose speranze
della lunga attesa, le prime brucianti amarezze di una generazione matura che ha tanto sofferto e non si fa soverchie illusioni, che avverte il permanente pericolo della menzogna pubblica e privata, che non si stanca di ammonire. Pancrazi non crede nell’automatismo salvifico del nuovo
e nel progresso come fatalità cronologica
. Sa bene che la lotta contro il malvivere non può avere soste e neppure prescindere da un rigore sincero e da un impegno che vada oltre isolate élites. Ugualmente sa che gli anni bui sono legati a un cedimento di carattere e di intelligenza. Insomma, il ritorno alla democrazia e alla politica non può, non deve avere risultati deludenti. E il suo lavoro di critico perbene
, con la vicinanza ai sommi spiriti di ogni tempo, accompagnato da un’accorta esplorazione delle realtà circostanti, anche umili, gli ha insegnato a comprendere nelle più intime sfumature l’animo umano, le sue nobiltà e le sue debolezze.
È vero, Pancrazi medita continuamente sulle relazioni che intercorrono tra i grandi libri e la vita, così illuminanti nella ricerca delle prioritarie dignità dell’uomo e nella separazione dell’etemo dal caduco. Ma il nostro autore non è figura da lasciarsi chiusa nelle vetrine dei letterati
, come sottolinea il fraterno amico Piero Calamandrei. Soprattutto il moralista asciutto e vigile
di quest’antologia che non si fa incantare dai furbi e dagli affabulatori. Il novello Esopo
mai mette la sordina ai suoi liberi convincimenti, mai teme di differenziarsi, di restare solo o quasi solo, anche se evita di crogiolarsi nel dissenso. Qua e là si frena. Sembra dire che la letteratura non può prendere il posto della politica e della filosofia, diffidando di ogni sistema ed evitando ogni collare
, pur comodo. Guai però se uno scrittore che discetta intorno alla res publica non riesce ad essere un po’ filosofo e un po’ politico. Come potrebbe convincere, come potrebbe aiutare le anime pusille
?
I confusi rumori del post-moderno, così come i suoi fragorosi silenzi, non hanno attutito la voce serena e severa di Pancrazi, perché i suoi valori etici affondano le radici nel pensiero classico e discendono da un senso forte della comunità. Mentre ricordiamo i disastri del secolo
(quasi fossero uno spettacolo, terribilmente rovinoso ma sempre spettacolo) e continuiamo a temere pericolose avventure, i vigorosi ragionamenti di questo libro ci portano a riflettere in profondità, certe frasi sembrano scolpite, intorno ad argomenti tuttora decisivi: la difesa della libertà dai servaggi
, l’invadenza di quella che un tempo si chiamava propaganda
, la necessità di un’autentica tolleranza, i vizietti del rinato giornalismo, i principi liberali… A chi ha vissuto la seconda metà del secolo, le sue numerose crisi, l’attenta lettura dell’antologia fa emergere le origini culturali di non pochi errori e inadeguatezze degli ultimi decenni. Anche le ombre del presente trovano una comprensione meno effimera. Profezie? No, una penna concreta raramente scende nell’oracolare: è il